Requisito di validità - Obbligatorietà della lingua italiana ex artt. 122 c.p.c. - Ambito di applicazione - Atti prodromici al processo - Esclusione - Obbligo del giudice di nominare un traduttore - Insussistenza - Condizioni.
Le Sezioni unite civili, pronunciandosi sulla questione oggetto di contrasto - nonché ritenuta di massima di particolare importanza - rimessa dalla Sezione seconda con ordinanza interlocutoria n. 7757 del 2024, hanno affermato i seguenti principi di diritto:
«in materia di atti prodromici al processo, quale, nella specie, la procura speciale alle liti, la traduzione in lingua italiana di quest’ultima e dell’attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione di L’Aja del 5 ottobre 1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25 maggio 1987, non integra un requisito di validità dell’atto, sicché la sua carenza non dà luogo ad alcuna nullità»;
«ai sensi degli artt. 122 e 123 cod. proc. civ., la lingua italiana è obbligatoria per gli atti processuali in senso proprio e non anche per gli atti prodromici al processo (quali, in particolare, gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali: procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni), che, se redatti in lingua straniera, devono pertanto ritenersi prodotti validamente, avendo il giudice la facoltà, ma non l’obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore, del quale può fare a meno allorché sia in grado di comprendere il significato degli stessi documenti o qualora non vi siano contestazioni sul loro contenuto o sulla loro traduzione giurata allegata dalla parte».