compromesso e clausola compromissoria - nullità - clausola compromissoria - Cass. n. 18134/2013
Autonomia dal contratto nella quale è inserita - Sussistenza - Pronuncia del lodo - Implicito rigetto dell'eccezione di nullità del contratto - Esclusione. Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18134 del 26/07/2013
massima|green
Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18134 del 26/07/2013
La nullità del contratto nel quale è inserita una clausola compromissoria non comporta nullità della stessa, poiché essa costituisce un contratto autonomo ad effetti processuali. È pertanto, infondato desumere dalla affermata competenza arbitrale il rigetto implicito dell'eccezione di nullità del contratto, in cui la clausola compromissoria è inserita.
integrale|orange
Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18134 del 26/07/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 28 del 3 febbraio 2011, la Corte d'appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto - ha accolto l'impugnazione dell'ente locale e dichiarato la nullità del lodo del 4 giugno 2009 che aveva condannato il Comune di Taranto a risarcire il danno di Euro 862.670,00 alla s.r.l. Italiana Servizi, per avere ostacolato l'esecuzione del contratto del 12 marzo 2003, che regolava la concessione alla società della gestione dei servizi del Molo S. Eligio, per un corrispettivo di Euro 170.000,00 all'anno. Negata la fondatezza dell' impugnazione del lodo ai sensi dell'art. 829, comma 1, nn. 5, 11 e 12, per avere il lodo i requisiti di cui all'art. 823 c.p.c., nn. 5, 6 e 7 ed esclusa la mancanza di motivazione, di dispositivo e di sottoscrizione di tutti gli arbitri (n. 5), la Corte d'appello ha affermato che il lodo non conteneva disposizioni contraddittorie (n. 11) ed aveva deciso su tutte le domande (n. 12), procedendo poi all'esame degli errores in iudicando della decisione denunciati dal Comune di Taranto.
Ritenuto che vi era stata gara d'appalto e che essa non era stata apparente, si è quindi rilevato dalla corte in sede di impugnazione che era stata solo ipotetica, in assenza di una condanna definitiva in sede penale, la denunciata esistenza di reati nell'aggiudicazione della gara presupposto del contratto d'appalto, anche se tutti i componenti della commissione di gara erano stati imputati per fatti connessi alla aggiudicazione del contratto.
La Corte di merito ha affermato che gli arbitri non potevano che prendere atto che il Consiglio di Stato aveva dichiarato improcedibile l'appello ad esso rivolto contro la pronuncia di primo grado del TAR di Lecce, che aveva dichiarato la nullità del contratto del 12 marzo 2003 in cui era la clausola compromissoria con sentenza n. 4564 del 2003 ed aveva poi annullato la decisione del primo giudice. La corte distrettuale ha escluso che il Comune di Taranto avesse sollevato nel giudizio arbitrale una eccezione di nullità di detto contratto, invocando gli effetti del giudicato della sentenza del Tar Lecce n. 4653 del 2003 che lo aveva dichiarato nullo, affermando però che nulla impediva ad esso di valutare le ragioni di nullità del contratto già esaminate in precedenza e ritenute esistenti.
Il lodo con l'impugnazione non è stato sindacato nel merito per non avere considerato la richiamata sentenza che aveva dichiarato nullo il contratto, ma solo per non avere pronunciato sulla eccezione di nullità del contratto proposta dal comune al collegio arbitrale, eccezione la quale, anche se delibata dal Tar Lecce con sentenza poi annullata dal Consiglio di Stato, imponeva un valutazione e decisione su tale invalidità, anche al solo fine di disattendere quanto deciso dal giudice amministrativo.
Afferma la Corte di merito che il Consiglio di Stato ha considerato gli appelli contro la sentenza del Tar di Lecce che aveva dichiarato nullo il contratto in cui era la clausola compromissoria, ritenendoli improcedibili per essere stati proposti dopo che l'A.T.I. ricorrente in primo grado era ormai giuridicamente non più esistente per avere cessato l'attività prevista per le imprese associate. Gli atti posti in essere dalla capogruppo mandataria che avevano portato alla estinzione dell'A.T.I. avevano determinato il sopravvenuto difetto di interesse alla impugnazione di tale impresa mandataria del raggruppamento nei confronti delle imprese associate e mandanti; ciò non escludeva, ad avviso della Corte distrettuale, che il Comune di Taranto aveva insistito nell'eccepire la nullità del contratto del 2003, facendo proprie le ragioni a base della sentenza del TAR Lecce che l'aveva dichiarato nullo.
Conclude sul punto la Corte di merito in sede di impugnazione del lodo che, venendo in considerazione l'esecuzione del contratto di gestione del servizio ritenuto nullo dal Tar Lecce, gli arbitri dovevano rilevare anche di ufficio la nullità della gara e del contratto ai sensi dell'art. 1418 c.c., per essere stato il disciplinare di gara redatto e firmato da un ingegnere e non da un dottore commercialista o ragioniere come imposto da esso stesso (art. 17, lett. E, 2) e sottoscritto da un soggetto non legittimato, con conseguente nullità del contratto stipulato per effetto di tale gara e quindi del lodo che si era pronunciato su esso.
La sottoscrizione da un ingegnere invece che da un commercialista del contratto, come era invece imposto dal disciplinare di gara, viziava l'iter formativo della procedura di aggiudicazione per cui, indipendentemente dal rilievo penale di alcune condotte dei soggetti nella stessa vicenda, il lodo era comunque nullo, perché fondato su un contratto invalido, che escludeva la validità della decisione arbitrale emessa in base ad esso.
Con la sentenza oggetto di ricorso la Corte di merito ha accolto l'impugnazione del lodo non definitivo e lo ha dichiarato nullo per omessa pronuncia sulla eccezione di nullità del contratto in cui era la clausola compromissoria ed ha rimesso le parti dinanzi a se medesima per la precisazione delle domande di merito delle parti e delle censure mosse alle conclusioni del c.t.u. o in rapporto ad eventuali altri elementi di fatto che dimostrassero errori nella pronuncia degli arbitri, rinviando la disciplina delle spese al giudizio definitivo.
Per la cassazione di tale sentenza non definitiva della sezione distaccata di Taranto della Corte di appello di Lecce, la Italiana Servizi s.r.l. propone ricorso di sei motivi notificato il 5 maggio 2011, cui resiste, con una ed. memoria difensiva del 20 ottobre 2012 contrastante il ricorso, il Comune di Taranto.
II Fallimento della Italiana Servizi s.r.l., in persona del curatore autorizzato dal giudice delegato a subentrare o intervenire nel presente giudizio, ha notificato a mezzo posta al Comune di Taranto in data 14-15 aprile 2011 un ricorso "per intervento" di contenuto identico a quello proposto dalla società in bonis, le cui conclusioni sono state fatte proprie dal nuovo ricorrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve in via preliminare esaminarsi la legittimazione processuale e sostanziale del Fallimento della s.r.l. Italiana Servizi che ha depositato altro ricorso identico a quello proposto originariamente dalla stessa società in bonis chiedendo l'accoglimento della originaria impugnazione.
Quale successore universale della società originaria ricorrente, il Fallimento di questa è di certo legittimato a subentrare e/o a intervenire nel presente giudizio di cassazione (sulla successione all'imprenditore ricorrente del Fallimento di esso dichiarato nel corso del giudizio, con o senza interruzione di questo, cfr. da Cass. 5 giugno 1984 n. 3360 a Cass. 10 dicembre 2010 n. 24963), potendo lo stesso anche proporre il ricorso per cassazione in caso di perdita della capacità del fallito dopo la sentenza impugnata e nei termini per impugnare (in tal senso Cass. 27 marzo 2003 n. 4547 e Cass. 9 maggio 2012 n. 11059).
La successione del Fallimento della s.r.l. Italiana Servizi non esclude l'interesse dell'originario ricorrente alla decisione, ovviamente condizionato al suo solo eventuale ritorno in bonis per cui, qualora si verifichi tale circostanza, la posizione del curatore diverrebbe di mero interventore, anche se, allo stato la sentenza deve decidere il ricorso come chiesto dal Fallimento quale successore dell'originaria parte ricorrente.
Sempre in via preliminare va esaminata la questione della ammissibilità del ricorso contro una sentenza non definitiva, di solito precluso ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 3, dovendosi negare tale preclusione espressamente esclusa dalla stessa norma allorché la pronuncia impugnata abbia ad oggetto, come nella concreta fattispecie, anche una o più statuizioni di merito, processuali o sostanziali, su cui possa ritenersi definitiva (in tal senso Cass. 4 giugno 2012 n. 8919), come le decisioni sulla legittimazione della impugnante e sulla omessa pronuncia sull'eccezione di nullità del contratto in cui era la clausola compromissoria.
Il ricorso è quindi ammissibile e può esaminarsi nel merito. 1.1. Il primo motivo del ricorso della s.r.l. Italiana Servizi deduce omessa pronuncia della sentenza della Corte di appello su punto decisivo della controversia, con conseguente nullità della decisione impugnata, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, r avere il Comune proposto la impugnazione del lodo nei soli confronti dell'attuale ricorrente in proprio e non anche della società indicata, quale capogruppo e mandataria dell'A.T.I. con la Elettrojolly di Armando Cavallo & Figli s.r.l. e Maugeri Bartolomeo.
Deduce la ricorrente che essa s'era costituita in giudizio anche come mandataria dell'A.T.I. ma aveva eccepito la inammissibilità e nullità dell'impugnazione non proposta nei confronti di tutte le parti che avevano partecipato al procedimento arbitrale e che, su tale eccezione, la sentenza oggetto di ricorso non s'è pronunciata, in violazione degli artt. 342 e 163 c.p.c..
La costituzione della ricorrente in proprio e nella qualità di capogruppo e mandataria dell'A.T.I. di cui sopra è avvenuta al solo fine di eccepire il difetto di legittimazione passiva della ricorrente in proprio, dovendosi negare che possa ritenersi legittimata la s.r.l. Italiana servizi in luogo dell'A.T.I. ma, su tale eccezione di difetto di legittimazione, è stata omessa ogni pronuncia dalla sentenza oggetto di ricorso.
1.2. Il primo motivo di ricorso è infondato e da rigettare. Il contraddittorio nel giudizio d'impugnazione del lodo svoltosi dinanzi alla Corte d'appello è stato infatti rispettato, non solo perché era possibile anche l'azione nei confronti della sola mandataria dell'A.T.I. come responsabile in solido con le associate nei confronti dell'ente locale (Cass. ord. 28 novembre 2011 n. 25204), ma anche perché la società ricorrente ha comunque speso il nome delle sue associate e rappresentate, difendendosi in proprio e nella qualità di mandataria nei confronti della stazione appaltante verso la quale, solo in detta qualità, poteva contraddire (Cass. 20 luglio 2007 n. 12732, 20 maggio 2010 n. 12422). In conclusione, essendosi avuto un contraddittorio tra le parti dell'appalto in cui era la clausola che consentiva il giudizio arbitrale, deve negarsi che vi sia stata alcuna violazione del contraddittorio, svoltosi tra la stazione appaltante Comune di Taranto e l'A.T.I. appaltatrice. 2. Vanno esaminati insieme i motivi dal secondo al quarto del ricorso, tutti collegati alla eccepita nullità del contratto contenente la clausola arbitrale e alla pronuncia su essa nel lodo, negata dalla Corte territoriale.
2.1. Il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza oggetto di ricorso in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per erronea pronuncia sulla dedotta mancata statuizione degli arbitri in ordine all'eccezione di nullità del contratto sollevata dal Comune di Taranto nel giudizio arbitrale, su cui il lodo nulla aveva deciso in violazione dell'art. 829 c.p.c., comma 1, n. 12. La Corte d'appello ha dichiarato la nullità del lodo per omessa pronuncia dagli arbitri sull'eccezione del Comune di Taranto di nullità del contratto concluso dall'A.T.I. con l'ente locale, senza considerare che la sentenza del TAR Lecce n. 4564 del 2003, che aveva dichiarato tale nullità era stata appellata dall'ente locale con gravame dichiarato inammissibile dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1452/04, che aveva però annullato la sentenza di primo grado. Per la ricorrente A.T.I., la affermata nullità del lodo non escludeva la necessità di dichiarare anche quella del contratto che il collegio arbitrale aveva implicitamente negato, per cui non vi era l'omessa pronuncia su tale eccezione che in realtà s'era rigettata e il lodo non poteva dichiararsi nullo ai sensi dell'art. 829 c.p.c., n. 12.
Il lodo si pronuncia implicitamente sulla eccezione di nullità del contratto e la sentenza delle Corte d'appello non rileva che, anche se con insufficiente motivazione, gli arbitri hanno rigettato l'eccezione di nullità del contratto per cui il lodo non poteva dichiararsi nullo per violazione dell'art. 829 c.p.c., n. 5, per mancanza di una pur sommaria motivazione nel rigetto della indicata eccezione.
2.2. Si lamenta, con il terzo motivo di ricorso, la nullità della sentenza della Corte d'appello in relazione dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, anche per violazione dell'art. 829 c.p.c., nn. 12 e 5, perché non vi era nel lodo una omessa pronuncia sulla eccezione di nullità del contratto ma il rigetto di questa, sulla quale anche in sede di conclusionale il comune aveva insistito, deducendo la nullità del contratto per le stesse ragioni contenute nella pronuncia del TAR Lecce n. 4564 del 2003 che l'aveva dichiarata. Per la Corte d'appello, anche se il comune non aveva indicato i vizi inficianti il contratto, limitandosi a richiamare per relationem la motivazione della sentenza del TAR Lecce, il riferimento, pur se conciso, a tale pronuncia, costituiva comunque l'allegazione nella impugnazione di un fatto di cui il lodo doveva tenere conto come eccezione di diritto.
La inidoneità tecnica di alcune delle imprese associate a partecipare alla gara, nonostante la espressa previsione nel bando di peculiari requisiti per tale partecipazione, aveva determinato la nullità del contratto del 2003, che doveva decidersi senza necessità di ulteriori elementi di prova di tale invalidità mai forniti dal comune.
2.3. Si lamenta in quarto luogo la violazione dell'art. 829 c.p.c., n. 12 e n. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, per la mancata decisione sull'omessa pronuncia dal lodo della eccezione di nullità del contratto, che imponeva agli arbitri di valutarne la portata anche a causa della pronuncia del TAR Lecce, che aveva ritenuto sussistere tale invalidità, mentre il lodo era insufficientemente motivato su tale patologia del contratto.
3. I tre motivi di ricorso che precedono, dal secondo al quarto, devono esaminarsi insieme perché tutti relativi alle eccezione di nullità del contratto che si denuncia non essere stata decisa nel lodo e devono tutti rigettarsi, perché infondati.
3.1. Il secondo motivo di ricorso afferma che erroneamente la Corte ha annullato il lodo per avere gli arbitri omesso ogni statuizione sulla eccezione di nullità del contratto, che invece nel lodo era stata respinta implicitamente con l'affermazione della competenza arbitrale, che presupponeva la validità del contratto. La deduzione non è fondata perché l'affermazione della competenza arbitrale presupponeva la validità della sola clausola compromissoria, che poteva esaminarsi separatamente da quella del contratto in cui essa era (sulla autonomia della clausola compromissoria rispetto al contratto, anche dichiarato nullo, cfr. Cass. 10 ottobre 2011 n. 22608, e in senso diverso Cass. 8 febbraio 2005 n. 2529).
L'eccezione di nullità del contratto per vizi nella individuazione dei requisiti di idoneità delle imprese che avevano partecipato alla gara a base di esso, ad avviso della ricorrente, sarebbe stata rigettata dagli arbitri e quindi erroneamente s'è rilevata la omessa pronuncia dal lodo su tale invalidità dalla sentenza della Corte d'appello oggetto di ricorso, la quale, ad avviso della ricorrente, avrebbe accolto il motivo di impugnazione del lodo, con motivazione incongrua e senza rilevare la esistenza della sentenza del Tar Lecce n. 4654/03, peraltro annullata dal Consiglio di Stato n. 1452/04, che detta nullità aveva dichiarato.
Quanto detto conferma che non vi è stata alcuna pronuncia dal lodo sulla eccezione del Comune di Taranto, di nullità del contratto che precede e quindi che esattamente si è ritenuto nulla la decisione arbitrale che non aveva deciso alcunché su tale deduzione per cui anche il secondo motivo di ricorso è infondato e da rigettare. 3.2. Il terzo motivo di ricorso deduce che la mancata pronuncia del lodo sulla eccezione di nullità del contratto è stata erroneamente surrogata da una motivazione incongrua del lodo, relativa alla assenza di prova degli elementi a base della pretesa invalidità dell'atto concluso dalle parti, da cui dovrebbe desumersi il rigetto tacito dell'eccezione.
Il motivo è infondato perché non prospetta in questa sede quali siano stati gli elementi di fatto sottoposti agli arbitri e da questi valutati, che potevano fare ritenere tacitamente accolta l'eccezione di nullità del contratto proposta dall'ente locale. La mancata esplicazione dei fatti i quali, sia pure con erronea motivazione, sono stati implicitamente ritenuti insufficienti a far dichiarare la nullità dalla sentenza oggetto di ricorso esclude una mera carente motivazione sul rigetto dell'eccezione, che doveva dedursi con il ricorso che allo stesso non fa invece cenno, per cui anche il terzo motivo di ricorso è da rigettare.
3.3. Con il quarto motivo di ricorso si deduce che non vi è stata una omessa pronuncia dagli arbitri sulla eccezione di nullità del contratto e che la Corte di merito in sede di impugnazione avrebbe dovuto rilevare che di detta eccezione vi era stato un rigetto implicito, con la decisione sulla competenza arbitrale che escludeva la nullità per mancanza dei requisiti di idoneità anche tecnica delle imprese a partecipare alla gara a base del contratto, da cui sono sorte le controversie decise dagli arbitri.
La affermata distinzione sopra richiamata tra clausola compromissoria e contratto in cui essa è inserita, comporta la chiara infondatezza anche del quarto motivo di ricorso, essendo compatibile il lodo con un contratto nullo, ove la clausola compromissoria si sia considerata efficace e valida per la sua autonomia dall'atto in cui è inserita, come deve ritenersi sia in concreto accaduto nella fattispecie. 4. Gli ultimi due motivi del ricorso vanno esaminati insieme, in quanto ambedue censurano la sentenza della Corte d'appello per la parte in cui ha accolto le deduzioni di merito dell'ente locale nell'impugnazione del lodo.
4.1. Il quinto motivo di ricorso denuncia infatti la nullità della sentenza oggetto di ricorso e del giudizio arbitrale per violazione dell'art. 829 c.p.c., n. 3 e del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, nella formulazione precedente alle modifiche di cui al D.Lgs. 20 marzo 2010, n. 53, art. 5, in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4, All'arbitrato oggetto di causa non s'applica infatti ratione temporis il comma 15 bis del D.Lgs. n. 53 del 2010, che prevede la impugnazione del lodo per violazione di regole di diritto, poiché l'atto di accesso al giudizio arbitrale è stato notificato al Comune di Torino il 30 gennaio 2008 e il terzo arbitro ha accettato l'incarico nel marzo successivo, prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo da ultimo indicato.
La violazione delle regole di diritto all'epoca rientrava tra i casi d'impugnazione del lodo da prevedere espressamente con la clausola dalle parti ovvero dalla legge, non potendosi altrimenti dedurre come motivo di impugnazione; nel caso invece ne' le parti ne' la legge avrebbero consentito agli arbitri di entrare nel merito del contratto su cui era sorta la controversia.
La sentenza non definitiva oggetto di ricorso dichiara nullo il lodo e non il contratto a base del giudizio arbitrale in chiara violazione dell'art. 829 c.p.c., comma 3 e del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, art. 241, cioè del codice dei contratti pubblici, nella formulazione precedente alle modifiche della norma, con il decreto legislativo sopra richiamato del 2010.
La decisione infatti entra nel merito della questione relativa alla nullità del contratto, già preannunciando l'esito del futuro giudizio rescissorio e violerebbe per la ricorrente l'art. 829 c.p.c., n. 3, dovendo qualificarsi nulla ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.
4.2. Il sesto motivo di ricorso denuncia poi motivazione contraddittoria ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per la pretesa omessa pronuncia del lodo sulla eccezione di nullità del contratto, affermandosi dalla Corte d'appello da un canto l'esistenza di una esposizione sommaria dei motivi che sorreggerebbero la decisione di rigetto della detta eccezione del comune per rilevare poi il mancato esame della eccezione di nullità del contratto, avendo il Consiglio di Stato annullato la sentenza del Tar che aveva ritenuto invalido tale atto a base del giudizio arbitrale. 5. Anche i due ultimi motivi di ricorso sono infondati. Come emerge con chiarezza dalla sentenza impugnata, la Corte di appello per la impugnazione ha dichiarato nullo il lodo per vizi dell'iter formativo del procedimento di aggiudicazione della gara, sfociato nella stipula del contratto, non avendo la Italiana servizi s.r.l., capogruppo dell'ATI aggiudicataria, così come altre delle imprese membri dell'Associazione stessa, i requisiti tecnici per partecipare alla gara.
Come si rileva a pag. 10 della sentenza impugnata il disciplinare di gara prevedeva che fossero ammessi ad essa solo soggetti esperti e in possesso di idonee capacità tecniche, economiche ed organizzative (art. 9, punto 1 del disciplinare citato) e non solo imprenditori in quanto iscritti al registro delle imprese.
Inoltre lo stesso disciplinare, al detto articolo, imponeva un piano finanziario per la gestione del servizio per cinque anni, che fosse sottoscritto da un commercialista o da un ragioniere e non da un consulente del lavoro come era in fatto avvenuto, per cui era stata invalida la stessa aggiudicazione della gara alla Italiana servizi s.r.l. Il quinto motivo di ricorso è quindi infondato e nello stesso senso deve decidersi del sesto motivo di impugnazione, che deduce un'inesistente decisione della Corte d'appello sulla nullità del contratto di appalto che invece manca.
6. In conclusione il ricorso deve essere rigettato e le spese devono, per la soccombenza, porsi a carico del Fallimento ricorrente per intervento, liquidandosi ai sensi del D.M. 12 luglio 2012, n. 140, da applicare anche per le prestazioni professionali eseguite nel vigore delle previgenti tariffe non più applicabili) come chiarisce S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il Fallimento della s.r.l. Italiana Servizi ricorrente a pagare al resistente comune le spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 20.200,00, di cui Euro 20.000,00 per compenso ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese accessorie come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 maggio 2013. Depositato in Cancelleria il 26 luglio 2013
riferimenti normativi|blue
Cod. Proc. Civ. art. 808
Cod. Proc. Civ. art. 829
_____________________________________