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Condominio - Ascensore - parti comuni

Condominio – Ascensore - parti comuni - corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 23076 del 26 settembre 2018 -  Ascensore – installazione – violazione  di diritti esclusivi – nullità della delibera – richiesta risarcimento danni – ammissibilità -  corte di cassazione, sez. 2, sentenza n. 23076 del 26 settembre 2018 a cura di Adriana Nicoletti – Avvocato del Foro di Roma – Commento

In merito all’installazione di un ascensore in un condominio che ne sia privo la Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio: “  la delibera dell'assemblea di condominio, che privi un singolo partecipante dei propri diritti individuali su una parte comune dell'edificio, rendendola inservibile all'uso e al godimento dello stesso, integra un fatto potenzialmente idoneo ad arrecare danno al condomino medesimo; quest'ultimo, lamentando la nullità della suddetta delibera, ha perciò la facoltà di chiedere una pronuncia di condanna del condominio al risarcimento del danno, dovendosi imputare alla collettività condominiale gli atti compiuti e l'attività svolta in suo nome, nonché le relative conseguenze patrimoniali sfavorevoli, e rimanendo il singolo condomino danneggiato distinto dal gruppo ed equiparato a tali effetti ad un terzo. Essendo la nullità della delibera dell'assemblea fatto ostativo all'insorgere del potere – dovere dell'amministratore di eseguire la stessa, l'azione risarcitoria del singolo partecipante nei confronti del condominio è ravvisabile non soltanto come scelta subordinata alla tutela demolitoria ex art. 1137 c.c., ma anche come opzione del tutto autonoma.

Il fatto: una condomina, che non aveva impugnato la delibera assembleare avente ad oggetto l’installazione di un ascensore, aveva agito in giudizio chiedendo il risarcimento danni nei confronti del condominio, in quanto il proprio appartamento, situato al piano terra si era visto privato di aria e luce oltre che del godimento di parte dell’area di cortile ove era stato installato detto impianto. La Corte, con il principio qui richiamato, ha accolto il motivo del ricorso nel quale la condomina aveva denunciato l'erronea e omessa applicazione dell'art. 2043 c.c. in quanto, seppur la delibera nulla può produrre effetti perché non impugnata, non può negarsi che essa sia causa di conseguenze dannose per la ricorrente e dunque fonte di responsabilità civile.

La sentenza è molto interessante anche perché ha ancora ben evidenziato la differenza tra delibera annullabile e nulla, rilevando che quest’ultima non implica la necessità di tempestiva impugnazione nel termine di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c., in considerazione del fatto che,  secondo i principi generali degli organi collegiali, la stessa non può, finché (o perché) non impugnata nel termine di legge, ritenersi valida ed efficace nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, come si afferma per le deliberazioni soltanto annullabili.

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