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art. 2.Potestà disciplinare

art. 2.Potestà disciplinare - codice deontologico 1997

Codice deontologico forense 1997

art. 2.Potestà disciplinare. [Modalità applicazione e determinazione sanzioni]

Spetta agli organi disciplinari la potestà di infliggere le sanzioni adeguate e proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.

Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto della reiterazione dei comportamenti, nonche' delle specifiche circostanze, soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l'infrazione. 

Sentenze Decisioni

deve ritenersi correttamente applicato dal c.o.a. il principio di proporzionalità della sanzione nella determinazione della misura disciplinare (nella specie, la cancellazione dall'albo) irrogata all'avvocato i cui comportamenti delittuosi, oltre ad essere connotati da accertata gravità, siano stati posti in essere utilizzando le conoscenze e le abilità acquisite nell'ambito dello svolgimento della professione forense. (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di bari, 3 ottobre 2007).

(consiglio nazionale forense, decisione del 30-12-2008, n. 239 pres. f.f. vermiglio - rel. vermiglio - p.m. iannelli (conf.)

pone in essere un comportamento disciplinarmente rilevante l'avvocato che ometta di svolgere il mandato ricevuto, non fornisca informazioni sullo stato della causa a fronte delle ripetute richieste del cliente e non dia riscontro alle comunicazioni del cdo, pur avendo ricevuto dal proprio assistito il pagamento di una somma notevole in relazione all'esiguità dell'attività svolta. tuttavia, qualora le condizioni di salute dell'incolpato siano di tale, obbiettiva e documentata gravità da attenuare il grado di consapevolezza, di presenza e di attenzione rispetto alle quotidiane incombenze della vita professionale, il bilanciamento della gravità delle violazioni ritenute sussistenti con lo stato personale certamente di particolare e rilevante difficoltà consente di sanzionare la condotta illecita con tre mesi di sospensione dall'esercizio della professione in luogo dei quattro decisi dal consiglio territoriale. (accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. milano, 27 settembre 2004 - 9 giugno 2006). 
consiglio nazionale forense decisione del 22-12-2007, n. 228 pres. f.f. vermiglio - rel. bianchi - p.m. iannelli (conf.)

ai fini della configurabilità dell'illecito disciplinare non sono necessari il dolo o la colpa, ma è sufficiente la sola riferibilità della condotta all'agente, essendo indifferente l'errore o il ritenere che l'atto compiuto non sia professionalmente riprovevole, e risultando altresì irrilevante che il professionista non abbia voluto e nemmeno previsto l'effetto lesivo della propria condotta (nella specie, si trattava della violazione, da parte dell'incolpato, dell'art. 49 c.d.f., la cui portata, ad avviso del cnf, va colta in senso lato, considerando che il riferimento alla "posizione debitoria della controparte" trascende l'ambito caratteristico delle obbligazioni pecuniarie per comprendere ogni comportamento dovuto). (accoglie il ricorso avverso decisione c.d.o. roma, 22 novembre 2005). 
consiglio nazionale forense decisione del 22-12-2007, n. 241 pres. f.f cricri' - rel. bianchi - p.m. iannelli (conf.)