art. 7 Dovere di fedeltà
art. 7 Dovere di fedeltà (articolo modificato con delibera 27.01.2006) - codice deontologico 1997
Codice deontologico forense 1997
art. 7 Dovere di fedeltà (articolo modificato con delibera 27.01.2006)
E' dovere dell'avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I. Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell'avvocato che compia consapevolmente atti contrari all'interesse del proprio assistito.
II. L'avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei doveri che la sua funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.
precedente formulazione
art. 7.Dovere di fedeltà.
È dovere dell'avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I.- Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell'avvocato che compia consapevolmente atti contrari all'interesse del proprio assistito.
Sentenze Decisioni
pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che assuma un incarico contro un ex cliente, di cui aveva curato gli interessi fino a pochi mesi prima, con la possibilità di utilizzare informazioni acquisite nello svolgimento del precedente mandato. infatti la norma che disciplina il conflitto di interessi e che fa divieto all'avvocato di prestare attività professionale quando questa determini un conflitto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca con lo svolgimento di un altro incarico anche non professionale è volta ad assicurare che il mandato professionale possa essere svolto in assoluta libertà ed indipendenza e garantire che il rapporto fiduciario e il correlativo vincolo di riservatezza, che concerne le notizie apprese dal cliente, non possa essere incrinato da successivi incarichi professionali assunti dallo stesso. (nella specie è stata confermata la sanzione della censura). (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di verona, 29 agosto 2005). consiglio nazionale forense decisione del 21-09-2007, n. 111 pres. f.f. cricri' - rel. morgese - p.m. martone (conf.).
alla luce dei principi generali enunciati negli artt. 7, 41, canone i e 43, canone iii del del codice deontologico, il cui fondamento va ravvisato per un verso nei principi contenuti nel codice civile che disciplinano lo svolgimento del mandato (in particolare nell'art. 1713 c.c.) e, per altro verso, nel principio del disinteresse, caratteristico della deontologia forense, se è pur vero che è legittimo diritto dell'avvocato ottenere il pagamento delle proprie spettanze professionali, va tuttavia precisato che all'avvocato non spetta un diritto di ritenzione su somme o cose di spettanza del cliente e che il diritto al pagamento del corrispettivo non può essere esercitato con modalità tali da cagionare un ingiusto danno al cliente, recare disdoro alla categoria professionale e ad indurre il convincimento nell'opinione pubblica che l'avvocato abbia un personale interesse nella controversia. (accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di roma, 4 settembre 2007). (consiglio nazionale forense, decisione del 30-09-2008, n. 93 pres. f.f. perfetti - rel. tirale - p.m. iannelli (conf.)