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art. 9.Dovere di segretezza e riservatezza

art. 9.Dovere di segretezza e riservatezza. (Modificato il 28 ottobre 2002) - codice deontologico 1997

Codice deontologico forense 1997

art. 9.Dovere di segretezza e riservatezza. (Modificato il 28 ottobre 2002)

È dovere, oltrechè diritto, primario e fondamentale dell'avvocato mantenere il segreto sull'attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato.

I. - L'avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti degli ex-clienti, sia per l'attività giudiziale che per l'attività stragiudiziale.

II. - La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga all'avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.

III. - L'avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell'attività professionale.

IV. - Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:

a) per lo svolgimento delle attività di difesa;
b) al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di particolare gravità;
c) al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito;
d) in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell'assistito.

In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato. 

Precedente formulazione

Modificato il 28 ottobre 2002
art. 9.Dovere di segretezza e riservatezza. 

È dovere, oltrechè diritto, primario e fondamentale dell'avvocato mantenere il segreto sull'attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del mandato. 
* I. - L'avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti degli ex-clienti, sia per l'attività giudiziale che per l'attività stragiudiziale. 
* II. - La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga all'avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
* III. - L'avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale anche ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello svolgimento dell'attività professionale. 
* IV. - Il difensore puo' fornire ai sostituti, collaboratori di studio, consulenti ed investigatori privati gli atti processuali necessari per l'espletamento dell'incarico, nonchè le informazioni in suo possesso, anche nell'ipotesi di intervenuta segretazione dell'atto. 
* V. - Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria: 
a) per lo svolgimento delle attività di difesa; 
b) al fine di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato di particolare gravità; 
c) al fine di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e assistito; 
d) in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi dell'assistito. 
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente necessario per il fine tutelato.

 

Sentenze - Decisioni

avvocato dipendente pubblico iscritto nell’elenco speciale annesso all’albo - obbligo di denunciare alla Corte dei Conti episodi che abbiano causato danni all’Erario
Il quesito (del COA di Rovigo) riguarda la sussistenza, per l’avvocato dipendente pubblico iscritto nell’elenco speciale annesso all’albo, dell’obbligo di denunciare alla Corte dei Conti episodi che abbiano causato danni all’Erario e dei quali sia a conoscenza a cagione del suo ufficio difensivo.
La Commissione, dopo ampia discussione, delibera il seguente parere:
“Tra i doveri dell’impiegato pubblico (e quindi anche di coloro che risultino iscritti nell’elenco speciale degli avvocati esercenti presso enti pubblici in regime di dipendenza) vi è senz’altro quello di operare nell’interesse dell’Amministrazione “per il pubblico bene” (art. 13 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, ancorché oggi derogato da disposizioni specifiche per ciascun comparto di contrattazione collettiva del pubblico impiego, ai sensi della tabella A, annessa al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165).
Nell’adempimento dell’obbligo di denuncia di fatti dannosi per l’Erario di cui all’art. 20 del medesimo D.P.R. 3/1957 non si pone un conflitto di fedeltà, come nel caso dell’avvocato che denunci il proprio cliente, posto che l’avvocato non va a denunciare l’Amministrazione bensì l’impiegato che l’ha danneggiata (art. 18).
Se, infatti, l’avvocato ha difeso l’Ufficio o l’ha assistito in attività stragiudiziali su indicazione di soggetti preposti ad uffici gerarchicamente sopra ordinati al suo, l’azione è stata ordinata “in nome” della P.A. amministrazione ma, nondimeno, ha prodotto effetti contrari a quelli dell’Amministrazione stessa. Dunque destinatario della denuncia è un funzionario infedele, non l’Amministrazione rappresentata in giudizio.” Consiglio Nazionale Forense (rel. Petiziol), parere del 17 gennaio 2007, n. 4 Pubblicato in Prassi: pareri CNF

 

esporre i propri clienti in vetrina
Lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone, sicché, qualora l’ufficio si trovi a pian terreno sul fronte strada, porte e finestre devono essere schermati o riparati dalla vista dei passanti. Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Salazar, Rel. Sica), sentenza del 13 marzo 2013, n. 37 Pubblicato in Giurisprudenza CNF

 

possibilità di creare uno studio associato tra un avvocato ed un medico legale.
Dopo ampia discussione la Commissione fa propria la proposta del relatore, ed adotta il seguente parere:
- La Commissione ritiene che non sia possibile un’associazione professionale tra avvocato e medico legale, stante la specificità distinta delle due professioni, anche per quanto concerne la deontologia.
In particolare si ritiene che l’associazione mista metta a repentaglio i doveri di segretezza e di riservatezza (art. 9 c.d.) cui l’associato con iscritto ad altra professione viene necessariamente meno nella gestione in forma associata della clientela. Consiglio Nazionale Forense, parere del 29 novembre 2002, n. 177 Pubblicato in Prassi: pareri CNF

 

dovere di riservatezza nel rapporto tra avvocato e cliente
La deontologia forense ha uno dei suoi pilastri fondamentali nella tutela della riservatezza del rapporto avvocato – cliente, che impone al primo il vincolo di tenere riservata la stessa esistenza del rapporto, con particolare riguardo alla trattazione/esternazione dell’oggetto del mandato difensivo (Nel caso di specie, a seguito del suicidio del proprio assistito, al malcelato fine di farsi pubblicità, il professionista rilasciava a diversi quotidiani nazionali alcune dichiarazioni relative al citato rapporto professionale, senza il consenso ma anzi con l’espresso dissenso dei familiari del cliente stesso. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare dell’avvertimento). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 23 luglio 2013, n. 130 Pubblicato in Giurisprudenza CNF

 

illecita rivelazione di notizie riguardanti un giudizio in corso
In tema di violazioni disciplinari da parte degli avvocati, la rivelazione di notizie relative ad una controversia in corso da parte di un avvocato che svolge il patrocinio è di per sé lesiva dell’interesse delle parti alla non pubblicizzazione delle vicende giudiziarie che le riguardano, indipendentemente dal fatto che nella specie una di esse non se ne sia lamentata, costituendo condotta idonea a pregiudicare la dignità della professione e l’immagine dell’intera classe forense. (Rigetta, Cons. Naz. Forense Roma, 6 Dicembre 2006) Cassazione Civile, sez. Unite, 11 dicembre 2007, n. 25816- Pres. NICASTRO Gaetano- Est. BUCCIANTE Ettore- P.M. NARDI Vincenzo Pubblicato in Giurisprudenza Cass.

 

Decoro e riservatezza - incasso di somme dal cliente
Commette illecito disciplinare l’avvocato che intaschi il denaro corrispostogli dal cliente senza la dovuta riservatezza ovvero con modalità non consone allo stile ed al decoro della professione (Nella specie, il denaro veniva incassato per strada davanti al Tribunale). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 aprile 2012, n. 57 Pubblicato in Giurisprudenza CNF

 

ufficio si trovi a pian terreno sul fronte strada, porte e finestre devono essere schermati o riparati dalla vista dei passanti
Lo studio professionale deve garantire la riservatezza del cliente, quale esplicazione del decoro e della dignità che la funzione sociale della professione impone, sicché, qualora l’ufficio si trovi a pian terreno sul fronte strada, porte e finestre devono essere schermati o riparati dalla vista dei passanti. Tale riservatezza, peraltro, non è rinunciabile da parte del cliente (che, in thesi, riconoscendo ictu oculi lo stato dei luoghi come “meno riservati” scegliesse comunque di affidarsi a quel professionista), giacché il relativo dovere è posto a carico dell’avvocato a tutela dell’interesse pubblico in quanto anche la riservatezza nei rapporti fra cliente e professionista garantisce lo svolgersi dell’attività di assistenza e consulenza legale nell’ottica dell’attuazione dell’ordinamento; pertanto, così come è inibito all’avvocato rivelare i nomi dei propri clienti (art. 17 CDF), non è per costui neppure possibile esporli in vetrina.
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 2 marzo 2012, n. 39 Pubblicato in Giurisprudenza CNF

 

pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che informi terze persone di fatti relativi ad un procedimento penale per il quale aveva ricevuto mandato da un proprio cliente. (nella specie la sanzione della sospensione per mesi cinque è stata ridotta a mesi due per aver il professionista inviato a terze persone estranee al mandato la richiesta di pagamento delle proprie spettanze professionali con allegata una memoria difensiva in cui erano contenute notizie relative ad un procedimento penale che vedeva coinvolta una propria cliente). (accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di sassari, 27 ottobre 2005). consiglio nazionale forense decisione del 04-07-2007, n. 72 

 

deve ritenersi deontologicamente rilevante, poiché violativa dei doveri di correttezza e riservatezza, la condotta del professionista che, nell'ambito di una vertenza di licenziamento, recapiti a mezzo fax una missiva con la quale vengano attribuiti ai destinatari comportamenti sconvenienti in danno della sua cliente ed offensivi del decoro e dell'onore dei primi, così consentendo a terzi, in particolare ai dipendenti della società datrice, di prenderne visione. (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di milano, 9 luglio 2007) (consiglio nazionale forense, decisione del 29-12-2008, n. 220