art.43 Richiesta di pagamento
art. 43 Richiesta di pagamento
Codice deontologico forense
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art. 43 Richiesta di pagamento (articolo modificato con delibera 27.01.2006 e poi il 18 gennaio 2007)
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I - L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
– L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta.
III – L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV – L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto di questa.
[V – E’ consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative solo in caso di consulenza e assistenza stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile impegno.] comma abrogato
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Precedente formulazione
art. 43 Richiesta di pagamento
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può chiedere la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla quantità e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I - L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e degli onorari per le prestazioni svolte.
– L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta.
III – L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto espressa riserva.
IV – L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita delle somme riscosse per conto di questa.
V – E’ consentito all’avvocato concordare onorari forfettari per le prestazioni continuative solo in caso di consulenza e assistenza stragiudiziale, purché siano proporzionali al prevedibile impegno.
Riferimenti normativi|grey
Riferimenti normativi:
Sentenze - Pareri|orange
Sentenze - Decisioni:
richiesta di un compenso sproporzionato rispetto a quello riconosciuto alla controparte
L’avvocato che richieda alla propria assistita una compenso assai maggiore (nella specie, di sei volte) rispetto a quello che il medesimo riconosca congruo per la medesima attività professionale svolta dal legale di controparte implica un comportamento scorretto (art. 6 c.d.), infedele e contrario agli interessi del proprio assistito (art. 7 c.d.) ed altrettanto negligente (art. 8 c.d.). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 197 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
richiesta di un compenso sproporzionato rispetto a quello riconosciuto alla controparte
L’avvocato che richieda alla propria assistita una compenso assai maggiore (nella specie, di sei volte) rispetto a quello che il medesimo riconosca congruo per la medesima attività professionale svolta dal legale di controparte implica un comportamento scorretto (art. 6 c.d.), infedele e contrario agli interessi del proprio assistito (art. 7 c.d.) ed altrettanto negligente (art. 8 c.d.).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 197 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
L’omessa imputazione degli acconti ricevuti
L’avvocato è tenuto a consegnare al cliente, che ne faccia richiesta, la nota dettagliata dell’imputazione dei pagamenti e degli acconti dallo stesso ricevuti (art. 43 cdf).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 8 giugno 2013, n. 96 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La riserva di maggiorare l’importo della parcella in caso di mancato spontaneo pagamento
In caso di mancato spontaneo pagamento da parte del cliente, l’avvocato può richiedere un compenso maggiore di quello previamente indicatogli solo ove ne abbia fatto espressa riserva, la quale, per poter valere come tale, deve contenere la specifica previsione di una maggiorazione dell’importo in mancanza di tempestivo integrale pagamento della somma richiesta (Nel caso di specie, la prima parcella riportava la frase “solo dopo il pagamento del saldo, mi riterrò soddisfatta di tutte le mie competenze e nulla avrò più a pretendere in relazione alle pratiche in oggetto”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto che tale precisazione non costituisse espressa riserva ex art. 43 cdf).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 8 giugno 2013, n. 94 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La rilevanza deontologica del compenso eccessivo non è esclusa dal consenso del cliente
Il divieto di richiedere compensi manifestamente sproporzionati (art. 43 C.D.) è posto a tutela del cliente e prescinde dal consenso di questi.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 febbraio 2013, n. 9 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
I limiti deontologici all’accordo con il cliente sul proprio compenso professionale
Ferma restando la disciplina dettata dall’art. 2233 c.c., che pone come fonte primaria nella determinazione dei compensi l’accordo tra le parti, le somme concordemente pattuite tra professionista e cliente non possono derogare al principio di proporzionalità tra attività svolta e compensi richiesti, come enunciato nell’art. 43 cdf (e ribadito nel successivo art. 45 CDF), che mira proprio a mitigare i contrapposti interessi, prevenendo condotte del professionista in danno del cliente.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 28 dicembre 2012, n. 203 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La richiesta di un compenso sproporzionato rispetto a quello riconosciuto alla controparte
L’avvocato che richieda alla propria assistita una compenso assai maggiore (nella specie, di sei volte) rispetto a quello che il medesimo riconosca congruo per la medesima attività professionale svolta dal legale di controparte implica un comportamento scorretto (art. 6 c.d.), infedele e contrario agli interessi del proprio assistito (art. 7 c.d.) ed altrettanto negligente (art. 8 c.d.).
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 197 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
I limiti deontologici del c.d. palmario
In caso di esito favorevole della lite, è lecita la pattuizione scritta di un compenso ulteriore, purché sia contenuto nei limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito (Nel caso di specie, a fronte di un indennizzo di un milione di euro procurato al proprio assistito, l’avvocato aveva percepito da quest’ultimo un compenso di euro duecentomila oltre ai 50mila euro già corrispostigli dall’assicurazione controparte. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto il professionista disciplinarmente responsabile, confermando la sanzione della sospensione di otto mesi dall’albo inflittagli dal COA territoriale di appartenenza).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 196 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La richiesta di compensi manifestamente sproporzionati o eccessivi
L’avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività professionale svolta, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità (Nel caso di specie, a fronte di un indennizzo di un milione di euro procurato al proprio assistito, l’avvocato aveva preteso da quest’ultimo un compenso di duecentomila euro, oltre ai 50mila euro già liquidatogli dall’assicurazione controparte. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto il professionista disciplinarmente responsabile, confermando la sanzione della sospensione di otto mesi dall’albo inflittagli dal COA territoriale di appartenenza).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 196 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La richiesta di compensi manifestamente sproporzionati o eccessivi
L’avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività documentata, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità, a nulla rilevando ai fini della responsabilità disciplinare, neanche l’eventualità che tra il professionista ed il cliente sia intervenuta la transazione della controversia.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29 novembre 2012, n. 160 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Compensi professionali: l’accordo standard sul pagamento dei massimi
Il principio, enunciato in una decisione in materia disciplinare dal Consiglio Nazionale Forense, secondo cui viola la deontologia professionale l’instaurazione da parte di un avvocato di una prassi consistente nella richiesta indiscriminata ad ogni cliente di emolumenti stabiliti in misura corrispondente a quella massima prevista dalle tariffe forensi o di compensi diversi e maggiori di quelli tariffariamente previsti – in quanto si pone in contrasto con un principio consuetudinario recepito nel codice deontologico forense approvato il 17 aprile 1997, per il quale di massima l’avvocato non deve chiedere compensi sproporzionati all’attività in concreto svolta e il cliente, a sua volta, ha diritto di pagare compensi ragguagliati alla quantità e qualità delle prestazioni di fatto ricevute -, non è in contraddizione con il principio più generico circa l’ammissibilità e la validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti dai clienti agli avvocati, anche con previsione di misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi; ne consegue l’inidoneità, in relazione ad una decisione in tal senso motivata, del motivo di ricorso per cassazione basato sul richiamo di quest’ultimo principio. (Nella specie, l’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare faceva sottoscrivere ai clienti clausole, contenute nei mandati a margine degli atti processuali, prevedenti l’obbligo di pagamento delle competenze professionali nel massimo di tariffa, nonché l’equiparazione ai fini del compenso delle conferenze telefoniche alle conferenze di trattazione).
Cassazione Civile, sentenza del 26 febbraio 1999, n. 00103, sez. U- Pres. Vessia A- Rel. Paolini G- P.M. Dettori P (Conf.) Pubblicato in Giurisprudenza Cass. |
La richiesta di compensi sproporzionati ed eccessivi
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che richieda compensi eccessivi per attività mai svolta, che utilizzi documenti ricevuti in ragione del mandato per ottenere decreti di pagamento verso i propri clienti, e relativi ai pagamenti delle proprie spettanze professionali, e svolga attività dopo la revoca del mandato anche in contrasto con l’interesse del cliente stesso.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 20 febbraio 2012, n. 18 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
omessa imputazione degli acconti ricevuti
L’avvocato è tenuto a consegnare al cliente, che ne faccia richiesta, la nota dettagliata dell’imputazione dei pagamenti e degli acconti dallo stesso ricevuti (art. 43 cdf). Consiglio Nazionale Forense (pres. Alpa, rel. Damascelli), sentenza del 8 giugno 2013, n. 96 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
riserva di maggiorare l’importo della parcella in caso di mancato spontaneo pagamento
In caso di mancato spontaneo pagamento da parte del cliente, l’avvocato può richiedere un compenso maggiore di quello previamente indicatogli solo ove ne abbia fatto espressa riserva, la quale, per poter valere come tale, deve contenere la specifica previsione di una maggiorazione dell’importo in mancanza di tempestivo integrale pagamento della somma richiesta (Nel caso di specie, la prima parcella riportava la frase “solo dopo il pagamento del saldo, mi riterrò soddisfatta di tutte le mie competenze e nulla avrò più a pretendere in relazione alle pratiche in oggetto”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto che tale precisazione non costituisse espressa riserva ex art. 43 cdf). Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Vermiglio, rel. Tacchini), sentenza del 8 giugno 2013, n. 94 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
rilevanza deontologica del compenso eccessivo non è esclusa dal consenso del cliente
Il divieto di richiedere compensi manifestamente sproporzionati (art. 43 C.D.) è posto a tutela del cliente e prescinde dal consenso di questi. Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Vermiglio, Rel. Pisano), sentenza del 20 febbraio 2013, n. 9 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
limiti deontologici all’accordo con il cliente sul proprio compenso professionale
Ferma restando la disciplina dettata dall’art. 2233 c.c., che pone come fonte primaria nella determinazione dei compensi l’accordo tra le parti, le somme concordemente pattuite tra professionista e cliente non possono derogare al principio di proporzionalità tra attività svolta e compensi richiesti, come enunciato nell’art. 43 cdf (e ribadito nel successivo art. 45 CDF), che mira proprio a mitigare i contrapposti interessi, prevenendo condotte del professionista in danno del cliente. Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Morlino), sentenza del 28 dicembre 2012, n. 203 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
richiesta di un compenso sproporzionato rispetto a quello riconosciuto alla controparte
L’avvocato che richieda alla propria assistita una compenso assai maggiore (nella specie, di sei volte) rispetto a quello che il medesimo riconosca congruo per la medesima attività professionale svolta dal legale di controparte implica un comportamento scorretto (art. 6 c.d.), infedele e contrario agli interessi del proprio assistito (art. 7 c.d.) ed altrettanto negligente (art. 8 c.d.).
Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Merli), sentenza del 27 dicembre 2012, n. 197 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
limiti deontologici del c.d. palmario
In caso di esito favorevole della lite, è lecita la pattuizione scritta di un compenso ulteriore, purché sia contenuto nei limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito (Nel caso di specie, a fronte di un indennizzo di un milione di euro procurato al proprio assistito, l’avvocato aveva percepito da quest’ultimo un compenso di euro duecentomila oltre ai 50mila euro già corrispostigli dall’assicurazione controparte. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto il professionista disciplinarmente responsabile, confermando la sanzione della sospensione di otto mesi dall’albo inflittagli dal COA territoriale di appartenenza). Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. De Giorgi), sentenza del 27 dicembre 2012, n. 196 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
richiesta di compensi manifestamente sproporzionati o eccessivi
L’avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività professionale svolta, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità (Nel caso di specie, a fronte di un indennizzo di un milione di euro procurato al proprio assistito, l’avvocato aveva preteso da quest’ultimo un compenso di duecentomila euro, oltre ai 50mila euro già liquidatogli dall’assicurazione controparte. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto il professionista disciplinarmente responsabile, confermando la sanzione della sospensione di otto mesi dall’albo inflittagli dal COA territoriale di appartenenza). Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. De Giorgi), sentenza del 27 dicembre 2012, n. 196 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
richiesta di compensi manifestamente sproporzionati o eccessivi
L’avvocato che richieda un compenso manifestamente sproporzionato e comunque eccessivo rispetto all’attività documentata, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante perché lesivo del dovere di correttezza e probità, a nulla rilevando ai fini della responsabilità disciplinare, neanche l’eventualità che tra il professionista ed il cliente sia intervenuta la transazione della controversia. Consiglio Nazionale Forense (Pres. f.f. Perfetti, Rel. Piacci), sentenza del 29 novembre 2012, n. 160 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Compensi professionali: l’accordo standard sul pagamento dei massimi
Il principio, enunciato in una decisione in materia disciplinare dal Consiglio Nazionale Forense, secondo cui viola la deontologia professionale l’instaurazione da parte di un avvocato di una prassi consistente nella richiesta indiscriminata ad ogni cliente di emolumenti stabiliti in misura corrispondente a quella massima prevista dalle tariffe forensi o di compensi diversi e maggiori di quelli tariffariamente previsti – in quanto si pone in contrasto con un principio consuetudinario recepito nel codice deontologico forense approvato il 17 aprile 1997, per il quale di massima l’avvocato non deve chiedere compensi sproporzionati all’attività in concreto svolta e il cliente, a sua volta, ha diritto di pagare compensi ragguagliati alla quantità e qualità delle prestazioni di fatto ricevute -, non è in contraddizione con il principio più generico circa l’ammissibilità e la validità di convenzioni aventi ad oggetto i compensi dovuti dai clienti agli avvocati, anche con previsione di misure eccedenti quelle previste dalle tariffe forensi; ne consegue l’inidoneità, in relazione ad una decisione in tal senso motivata, del motivo di ricorso per cassazione basato sul richiamo di quest’ultimo principio. (Nella specie, l’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare faceva sottoscrivere ai clienti clausole, contenute nei mandati a margine degli atti processuali, prevedenti l’obbligo di pagamento delle competenze professionali nel massimo di tariffa, nonché l’equiparazione ai fini del compenso delle conferenze telefoniche alle conferenze di trattazione).
Cassazione Civile, sentenza del 26 febbraio 1999, n. 00103, sez. U- Pres. Vessia A- Rel. Paolini G- P.M. Dettori P (Conf.) Pubblicato in Giurisprudenza Cass.
richiesta di compensi sproporzionati ed eccessivi
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che richieda compensi eccessivi per attività mai svolta, che utilizzi documenti ricevuti in ragione del mandato per ottenere decreti di pagamento verso i propri clienti, e relativi ai pagamenti delle proprie spettanze professionali, e svolga attività dopo la revoca del mandato anche in contrasto con l’interesse del cliente stesso. Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Vermiglio), sentenza del 20 febbraio 2012, n. 18 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
1 omissis.
2 pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che richieda compensi eccessivi per attività mai svolta, che utilizzi documenti ricevuti in ragione del mandato per ottenere decreti di pagamento verso i propri clienti, e relativi ai pagamenti delle proprie spettanze professionali, e svolga attività dopo la revoca del mandato anche in contrasto con l'interesse del cliente stesso.
(nella specie è stata confermata la sanzione della sospensione per mesi due). (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di rieti, 7 luglio 2006). consiglio nazionale forense decisione del 19-09-2007, n. 105 pres. f.f. cricri' - rel. danovi - p.m. ciampoli (conf.)
la richiesta di un compenso non dovuto è inidonea di per sé ad integrare la fattispecie deontologicamente rilevante consistente nella richiesta di un compenso sproporzionato od eccessivo, poiché quest'ultimo può valutarsi come tale solo al termine di un giudizio di relazione condotto con riferimento a due termini di comparazione, ossia l'attività espletata e la misura della sua remunerazione da ritenersi equa; solo una volta che sia stato quantificato l'importo ritenuto proporzionato può essere formulato il successivo giudizio di sproporzione o di eccessività che, come ovvio, presuppone che la somma richiesta superi notevolmente l'ammontare di quella ritenuta equa (nella specie, il cnf ha ritenuto affetta da inesistenza o illogicità la motivazione con cui il consiglio territoriale si era limitato puramente e semplicemente a dire che l'incolpato aveva richiesto il pagamento anche dei diritti collegati ad un'attività per la quale essi non erano dovuti).(accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di catanzaro, 4 maggio 2006)
(consiglio nazionale forense, decisione del 09-06-2008, n. 50 pres. vermiglio - rel. perfetti - p.m. fedeli (conf.)
deve ritenersi disciplinarmente irrilevante il comportamento dell'avvocato che, non debordando dai limiti della cortesia e della discrezione, si concreti soltanto in innocue lettere di richiesta di pagamento del compenso relativo ad un'attività professionale svolta in difetto di formale mandato e, purtuttavia, fondata sull'erroneo convincimento che il rapporto di clientela possa costituirsi di fatto, col solo efficace espletamento di un incarico. (accoglie il ricorso avverso decisione c.d.o. di arezzo, 17 novembre 2006). (consiglio nazionale forense, decisione del 22-04-2008, n. 19 pres. f.f. tirale - rel. lanzara - p.m. fedeli (non conf.)
pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che chieda compensi sproporzionati ed eccessivi rispetto all'attività svolta, omettendo altresì di darne il dovuto rendiconto. (nella specie è stata confermata la sanzione dell'avvertimento). (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di bergamo, 14 ottobre 2003).
consiglio nazionale forense decisione del 19-10-2007, n. 147 pres. f.f. cricri' - rel. equizi - p.m. p.m. iannelli (conf.) - avv. p.l.
1 omissis
2 pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che dopo aver indicato al cliente un residuo dovutogli per le proprie spettanze professionali richieda il pagamento di un importo maggiore, senza aver fatto formale richiesta di somma maggiore in caso di mancato spontaneo pagamento.
(nella specie è stata confermata la sanzione dell'avvertimento). (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di ferrara, 27 maggio 2004). consiglio nazionale forense decisione del 30-10-2007, n. 150 pres. alpa - rel. morgese - p.m. ciampoli (conf.) - avv. g.m.
alla luce dei principi generali enunciati negli artt. 7, 41, canone i e 43, canone iii del del codice deontologico, il cui fondamento va ravvisato per un verso nei principi contenuti nel codice civile che disciplinano lo svolgimento del mandato (in particolare nell'art. 1713 c.c.) e, per altro verso, nel principio del disinteresse, caratteristico della deontologia forense, se è pur vero che è legittimo diritto dell'avvocato ottenere il pagamento delle proprie spettanze professionali, va tuttavia precisato che all'avvocato non spetta un diritto di ritenzione su somme o cose di spettanza del cliente e che il diritto al pagamento del corrispettivo non può essere esercitato con modalità tali da cagionare un ingiusto danno al cliente, recare disdoro alla categoria professionale e ad indurre il convincimento nell'opinione pubblica che l'avvocato abbia un personale interesse nella controversia. (accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di roma, 4 settembre 2007). (consiglio nazionale forense, decisione del 30-09-2008, n. 93 pres. f.f. perfetti - rel. tirale - p.m. iannelli (conf.)
viola l'art. 43 del c.d.f. il professionista che richieda al proprio assistito il pagamento di un compenso manifestamente sproporzionato rispetto all'attività svolta e, come tale, non dovuto.(rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. di busto arsizio, 27 ottobre 2006) (consiglio nazionale forense, decisione del 03-07-2008, n. 66 pres. alpa - rel. de giorgi - p.m. fedeli (conf.)
integra violazione dell'art. 43 cod. deont., ii canone, il comportamento del professionista che reiteratamente e sistematicamente esponga nelle note spese di varie cause compensi manifestamente sproporzionati rispetto all'attività svolta.
omissis
(rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. torino, 16 giugno 2005). consiglio nazionale forense decisione del 22-12-2007, n. 237 pres. f.f cricri' - rel. mariani marini - p.m. iannelli (conf.)
pone in essere un comportamento contrario ai doveri di probità, dignità e decoro, che devono ispirare la condotta di ogni avvocato, il professionista che richieda il pagamento di compensi manifestamente sproporzionati rispetto all'attività svolta e comunque eccessivi, in violazione del disposto dell'art. 43-ii del codice deontologico. (rigetta il ricorso avverso decisione c.d.o. torino, 29 giugno 2005). consiglio nazionale forense decisione del 28-12-2007, n. 258 pres. alpa - rel. mariani marini - p.m. iannelli (conf.)
la richiesta di compensi eccessivi e spropositati costituisce un illecito disciplinare di carattere istantaneo e non continuato, nè in ragione del protrarsi della condotta né a causa del permanere degli effetti tipicamente lesivi. in particolare, il mantenimento dell'originaria richiesta da parte del legale convenuto nell'azione di accertamento del suo compenso non è idonea ad integrare la condotta del "richiedere" considerata lesiva dall'art. 43 c.d., costituendo semplice espressione dell'esercizio del proprio diritto, nè in senso conservativo significa confermare in modo continuo, quasi perpetuamente rinnovandola, la richiesta originaria, segnalando piuttosto un mancato adeguamento all'altrui pretesa, un rifiuto di ravvedimento che, di per sé, non può essere considerato illecito. per altro verso, inoltre, non possono essere considerati permanenti gli effetti di siffatta condotta, in quanto l'offesa recata all'interesse protetto dalla norma (inerente al pregiudizio causato alla professione forense attraverso la lesione dello specifico rapporto clientelare) deve ritenersi già avvenuta e consumata al tempo della richiesta del compenso non dovuto. (accoglie il ricorso avverso decisione c.d.o. varese, 8 novembre 2005). consiglio nazionale forense decisione del 22-12-2007, n. 236 pres. f.f cricri' - rel. bianchi - p.m. iannelli (conf.)
la richiesta di compensi sproporzionati ed eccessivi, conformemente al tenore letterale dell'art. 43, canone ii del codice deontologico forense, configura un illecito disciplinare a carattere istantaneo e non continuato, nè in ragione del protrarsi della condotta né a causa del permanere degli effetti tipicamente lesivi. (accoglie il ricorso avverso decisione c.d.o. varese, 8 novembre 2005). consiglio nazionale forense decisione del 22-12-2007, n. 240 pres. f.f cricri' - rel. bianchi - p.m. iannelli (conf.).
omissis
pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l'avvocato che in una procedura fallimentare incassi somme omettendo di emettere la relativa fattura, suggerisca atti illeciti al proprio assistito e richieda compensi eccessivi rispetto all'attività svolta, anche in relazione a quanto già percepito.
(accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di udine, 27 giugno 2003). consiglio nazionale forense decisione del 10-12-2007, n. 195 pres. f.f. cricri' - rel. cardone - p.m. martone (conf.).