art.52.Rapporti con i testimoni
art. 52.Rapporti con i testimoni
Codice deontologico forense
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art. 52.Rapporti con i testimoni
L'avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.
I - Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e termini previsti dal codice di procedura penale, e nel rispetto delle disposizioni che seguono.
1.Il difensore di fiducia e il difensore d'ufficio sono tenuti ugualmente al rispetto delle disposizioni previste nello svolgimento delle investigazioni difensive.
2.In particolare il difensore ha il dovere di valutare la necessità o l'opportunità di svolgere investigazioni difensive in relazione alle esigenze e agli obiettivi della difesa in favore del proprio assistito.
3.La scelta sull'oggetto, sui modi e sulle forme delle investigazioni nonché sulla utilizzazione dei risultati compete al difensore.
4.Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio, investigatori privati autorizzati e consulenti tecnici, il difensore può fornire agli stessi tutte le informazioni e i documenti necessari per l'espletamento dell'incarico, anche nella ipotesi di intervenuta segretazione degli atti, raccomandando il vincolo del segreto, e l'obbligo di comunicare i risultati esclusivamente al difensore.
5.Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti delle investigazioni difensive e sul loro contenuto, finché non ne faccia uso nel procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell'interesse del proprio assistito.
6.Il difensore ha altresì l'obbligo di conservare scrupolosamente e riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il tempo ritenuto necessario o utile per l'esercizio della difesa.
7.È fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati di corrispondere compensi o indennità sotto qualsiasi forma alle persone interpellate ai fini delle investigazioni difensive, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle spese documentate.
8.Il difensore deve informare le persone interpellate ai fini delle investigazioni della propria qualità, senza obbligo di rivelare il nome dell'assistito.
9.Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate ad una audizione davanti al pubblico ministero ovvero a rendere un esame testimoniale davanti al giudice, ove saranno tenute a rispondere anche alle domande del difensore.
10.Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a indagine o imputate nello stesso procedimento o in altro procedimento connesso o collegato che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate a rendere esame davanti al giudice in incidente probatorio.
11.Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo privato, deve richiedere il consenso di chi ne abbia la disponibilità, informandolo della propria qualità e della natura dell'atto da compiere, nonché della possibilità che, ove non sia prestato il consenso, l'atto sia autorizzato dal giudice.
12.Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere informazioni dalla persona offesa dal reato il difensore procede con invito scritto, previo avviso al legale della stessa persona offesa, ove ne sia conosciuta l'esistenza. Se non risulta assistita, nell'invito è indicata l'opportunità che comunque un legale sia consultato e intervenga all'atto.
Nel caso di persona minore, l'invito è comunicato anche a chi esercita la potestà dei genitori, con facoltà di intervenire all'atto.
13.Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve documentare lo stato dei luoghi e delle cose, procurando che nulla sia mutato, alterato o disperso.
14.Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le disposizioni fissate dalla legge e deve comunque porre in essere le cautele idonee ad assicurare la genuinità delle dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte. Quando è disposta la riproduzione anche fonografica le informazioni possono essere documentate in forma riassuntiva.
16.Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona che ha reso informazioni né al suo difensore.
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Precedente formulazione
Modificato il 28 ottobre 2002
vecchia formulazione: art. 52.Rapporti con i testimoni
L'avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire deposizioni compiacenti.
* I-Resta ferma la facoltà di investigazione prevista dal codice di procedura penale, nei modi e termini fissati dagli organi forensi.
* II-In particolare il difensore che intenda convocare la persona informata sui fatti deve procedere per mezzo di invito scritto, salvi i casi di urgenza, e deve informare la persona che depone dell'importanza civile e morale delle dichiarazioni che intende rendere. Il difensore deve raccogliere tutte le dichiarazioni rese, utilizzando anche la registrazione fonografica o audiovisiva, con il consenso espresso dall'interessato.
Riferimenti normativi|grey
Riferimenti normativi:
Pareri|green
Pareri:
indagini difensive
Il quesito (del COA di Firenze) riguarda una serie di problematiche collegate al tema delle indagini difensive.
In particolare si chiede:
a) se sia consentito al difensore consegnare al proprio cliente il verbale delle indagini difensive prima che esso venga utilizzato nel procedimento penale;
b) se la consegna sia possibile dopo l’utilizzo nel procedimento penale;
c) se per “uso nel procedimento”, alla luce anche dell’art. 52 cod. deont., possa considerarsi anche il deposito agli atti del Pubblico Ministero;
d) se il dovere di mantenere il segreto professionale possa estendersi alla non rivelazione del contenuto delle indagini difensive al cliente;
e) se possa considerarsi “rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio assistito” quella finalizzata all’utilizzo in giudizio civile connesso, ove il cliente sia parte.
La Commissione, dopo ampia discussione, fa propria la proposta del relatore e rende il seguente parere:
“Si deve premettere che la materia trattata presenta ancora profili di incertezza, come palesato dalla proposta di legge, tuttora pendente in Parlamento con il numero AC-5458, che si propone di dare un’interpretazione autentica alle norme sulle indagini difensive, nel senso di escludere in ogni caso la qualità di pubblico ufficiale in capo all’avvocato che realizzi tali indagini.
Ciò premesso, si esprimono i seguenti indirizzi generali.
Quanto ai quesiti sub a) e b) deve ritenersi, data la normativa vigente, che sia senz’altro possibile la consegna del verbale d’indagine al cliente successivamente all’utilizzo processuale; viceversa deve considerarsi non espressamente vietata ma poco opportuna la rivelazione allo stesso in fase anteriore.
Rispetto all’atto che sia idoneo a determinare l’avvenuto utilizzo nel procedimento penale del verbale di indagini (punto c)), si ritiene che il deposito agli atti del P.M. possa essere sufficiente a configurare tale evento.
Rispetto, da ultimo, ai problemi prospettati sub d) ed e), si evidenzia che il segreto deve valere in ogni caso nei confronti di terzi e che ne è esclusa, di per sé, la figura del cliente. Analogamente deve ritenersi che l’utilizzo in procedimenti giudiziari collegati nell’interesse dell’assistito configuri una giusta causa di rivelazione.” Consiglio Nazionale Forense (rel. Perfetti), parere del 25 maggio 2005, n. 60 Pubblicato in Prassi: pareri CNF
investigazioni difensive nel processo civile - audizione dei testimoni (eventuale) Quesito del COA di Chieti - L’Ordine (di Chieti) chiede, sulla scorta di una richiesta proveniente da alcuni iscritti:
- se siano possibili investigazioni difensive dell’avvocato anche nel processo civile;
- se, in caso di risposta positiva, possa procedersi all’audizione dei testimoni e quali ne siano le modalità e l’utilizzo processuale.
La Commissione, dopo ampia discussione, adotta il seguente parere: «La richiesta di pareri dei singoli iscritti agli albi forensi, tramite i C.O.A., è ammissibile, per l’art. 25, primo comma, del regolamento delle attività del C.N.F., in ispecie quando le questioni abbiano carattere di interesse generale e non siano idonee ad interferire con lo svolgimento delle funzioni che la legge attribuisce al Consiglio nazionale.
Gli avvocati, che hanno chiesto il parere, hanno puntualmente richiamato l’art. 52 del codice deontologico, che è composto da un comma ed un canone: il primo comma pone la regola generale che l’avvocato «deve evitare di intrattenersi con i testimoni» che abbiano già assunto questa veste; il canone disciplina (con un dettaglio di ben sedici punti) l’attività investigativa del difensore in sede penale, introdotta nel codice di procedura penale dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397.
È noto che «le norme deontologiche forensi costituiscono fonti normative integrative di precetto legislativo» (Cass., sez. un., sent. 20 dicembre 2007, n. 26810), che – come tali – vanno interpretate a’ sensi degli artt. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile.
All’art. 52 cod. deont. non si può attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato delle parole, per le quali il secondo comma si applica esclusivamente in sede processuale penale, e pone, così, un’eccezione alla regola generale del primo comma.
Va aggiunto che la legge n. 397/2000 rivela chiaramente l’intenzione del legislatore di rafforzare l’esercizio del diritto di difesa solamente in sede processuale penale (art. 327-bis, c.p.p.)». Consiglio Nazionale Forense (rel. Cardone), parere del 23 aprile 2009, n. 9 Pubblicato in Prassi: pareri CNF
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Sentenze - Decisioni:
rapporto dell’avvocato con chi deve testimoniare o lo ha già fatto
Il precetto deontologico di cui all’art. 52 I° canone CDF riguarda ogni ipotesi di rapporto con i testimoni – segnatamente di controparte – indipendentemente dalla circostanza che gli stessi debbano rendere la testimonianza o l’abbiano già resa; ciò soprattutto quando l’intervento dell’avvocato si attua nella richiesta di una ritrattazione della quale addirittura si anticipano i contenuti, con evidenti coartazione, non rileva se preventiva o postuma, della libera determinazione del teste al quale si chiede, non già una deposizione compiacente atteso l’espletamento ormai avvenuto dell’esame, bensì, minacciando conseguenze di natura penale e risarcitoria, una ritrattazione utile alle ragioni del proprio assistito. Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 28 dicembre 2012, n. 200 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Offese verso testimone
Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante l’avvocato che, in udienza, nel corso di una deposizione testimoniale rivolga espressioni sconvenienti ed offensive verso i testimoni. (Nella specie è stata confermata la sanzione della censura). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 17 luglio 2003).
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 16 dicembre 2004, n. 316 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La richiesta (minacciosa) di ritrattare una testimonianza
Costituisce violazione dell’art. 52 I° canone CDF nonché del generico dovere di probità e decoro, lealtà e correttezza di cui all’art. 5 CDF il comportamento dell’avvocato che intrattenga rapporti sostanzialmente minacciosi con i testi di controparte al dichiarato fine di ottenere la ritrattazione di una deposizione sfavorevole alle ragioni dei propri assistiti e anticipando una richiesta risarcitoria tale da suscitare preoccupata reazione e giustificato timore nei destinatari (Nel caso di specie, l’avvocato aveva scritto a due persone di aver ricevuto l’incarico di procedere nei loro confronti per via giudiziale ai fini di “far accertare la falsità delle testimonianze rese in una causa civile ed avere quantificato in 80 mila euro i danni derivanti al suo assistito”, ed invitando gli stessi a ritrattare. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha confermato la sanzione disciplinare inflittagli dal COA di appartenenza). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 28 dicembre 2012, n. 200 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
audizione di un futuro teste presso il proprio studio legale
Costituisce violazione deontologica di rilevanza disciplinare ai sensi dell’art. 52 del codice deontologico forense, l’audizione di un futuro teste, da parte di un legale presso il suo studio, alla presenza di collaboratori del professionista, trattandosi di una condotta non rivolta allo svolgimento della legittima attività di valutazione della rilevanza defensionale delle informazioni in possesso del teste, da svolgersi con adeguate garanzie di riservatezza, ma di un’audizione svolta esclusivamente al fine di precostituirsi prove testimoniali sull’oggetto del colloquio, condotto deliberatamente alla presenza di terzi, in modo da potersene avvalere per contestare la non veridicità della successiva deposizione resa davanti al giudice. (Rigetta, Cons. Naz. Forense Roma, 25/10/2010) Cassazione Civile, sez. Unite, 27 ottobre 2011, n. 22380- Pres. VITTORIA Paolo- Est. MACIOCE Luigi- P.M. CENICCOLA Raffaele Pubblicato in Giurisprudenza Cass.
rapporto dell’avvocato con i testimoni: i requisiti dell’illecito
Affinché la condotta sia deontologicamente rilevante ai sensi dell’art. 52 c.d.f., è necessaria la concorrenza di tre condizioni: che l’avvocato (i) si intrattenga con i testimoni, (ii) facendo uso di argomenti ontologicamente idonei a provocare forzature o suggestioni del teste ovvero a creare una situazione psicologica della persona tale da alterare una non spontanea e/o falsa rappresentazione della realtà, (iii) funzionale ad ottenere dal teste delle deposizioni a favore della parte (Nel caso di specie, l’avvocato aveva impugnato la decisione con cui il COA locale lo aveva sanzionato per aver ricevuto la teste nel proprio studio. Il CNF, rilevato che l’avvocato non aveva in realtà forzato psicologicamente la teste per ottenerne una dichiarazione compiacente, in applicazione del principio di cui in massima, ha accolto il ricorso). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 17 settembre 2012, n. 112 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Indagini difensive – Dichiarazione dal proprio assistito – Violazione disciplina art. 391 bis c.p.p.
Viola i doveri di lealtà e correttezza (art. 6), di diligenza (art. 8), nonché l’art. 52 (rapporti con i testimoni) c.d.f. l’avvocato che, in vista del giudizi abbreviato da condizionare all’acquisizione del documento, raccolga dal proprio assistito presso lo studio professionale una dichiarazione nell’ambito di indagini difensive soggette alla disciplina di cui all’art. 391 bis c.p.p., senza tuttavia gli avvertimenti e le modalità prescritte dalla stessa norma. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Treviso, 8 ottobre 2007). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 15 dicembre 2011, n. 211 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Indagini difensive – Illecito anteriore alla modifica dell’art. 52 c.d.f. – Violazione art. 6 c.d.f.
In tema di indagini difensive svolte dall’avvocato penalista, deve ritenersi, conformemente al consolidato orientamento della Suprema Corte, che le prescrizioni contenute nel terzo comma dell’art. 391 bis c.p.p. si intendono rispettate soltanto quando gli avvertimenti rivolti risultino analiticamente verbalizzati, così come è disposto per gli atti compiuti dal Giudice o dal p.m., non essendo sufficiente l’attestazione in merito predisposta dal difensore. Sussiste pertanto illecito disciplinare, atteso il tenore del comma 6 della norma citata, ogniqualvolta le dichiarazioni rese al difensore non siano utilizzabili per violazione delle prescrizioni contenute nel predetto art. 391 bis, comma 3, c.p.p. (nella specie, è stata ritenuta sussistente una violazione del generico dovere di lealtà e correttezza ex art. 6 c.d.f., in quanto, all’epoca in cui era stato approvato il capo d’incolpazione, non era ancora intervenuta la modifica dell’art. 52 del codice che oggi regola in modo più dettagliato e completo i rapporti con i testimoni). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Torino, 21 febbraio 2005). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 ottobre 2008, n. 143 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
In tema di indagini difensive svolte dall'avvocato penalista, deve ritenersi, conformemente al consolidato orientamento della suprema corte, che le prescrizioni contenute nel terzo comma dell'art. 391 bis c.p.p. si intendono rispettate soltanto quando gli avvertimenti rivolti risultino analiticamente verbalizzati, così come è disposto per gli atti compiuti dal giudice o dal p.m., non essendo sufficiente l'attestazione in merito predisposta dal difensore. sussiste pertanto illecito disciplinare, atteso il tenore del comma 6 della norma citata, ogniqualvolta le dichiarazioni rese al difensore non siano utilizzabili per violazione delle prescrizioni contenute nel predetto art. 391 bis, comma 3, c.p.p. (nella specie, è stata ritenuta sussistente una violazione del generico dovere di lealtà e correttezza ex art. 6 c.d.f., in quanto, all'epoca in cui era stato approvato il capo d'incolpazione, non era ancora intervenuta la modifica dell'art. 52 del codice che oggi regola in modo più dettagliato e completo i rapporti con i testimoni). (accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione c.d.o. di torino, 21 febbraio 2005). (consiglio nazionale forense, decisione del 27-10-2008, n. 143 pres. alpa - rel. vaccaro - p.m. ciampoli (conf.)