art.53.Rapporti con i magistrati
art. 53.Rapporti con i magistrati
Codice deontologico forense
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art. 53.Rapporti con i magistrati
I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignita' e al rispetto quali si convengono alle reciproche funzioni.
* I-Salvo casi particolari, l'avvocato non puo' discutere del giudizio civile in corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale avversario.
* II-L'avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla incompatibilita'.
* III-L'avvocato non deve approfittare di eventuali rapporti di amicizia, di familiarita' o di confidenza con i magistrati per ottenere favori e preferenze. In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti, nell'esercizio del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.
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Sentenze - Decisioni:
I limiti, anche deontologici, alla critica dell’operato del giudice
Nell’ambito della propria attivita` difensiva, l’avvocato non deve mai giungere ad atteggiamenti o comportamenti sconvenienti e violativi dell’art. 20 del Codice deontologico, che impone al professionista di mantenere con il Giudice un rapporto improntato alla dignita` e al rispetto sia della persona del giudicante, sia del suo operato (Nel caso di specie, l’incolpato aveva urlato al Giudice di “non conoscere la legge”, “lanciando un codice contro un muro simbolicamente volendo colpire il Giudice stesso”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha ritenuto congrua la sanzione disciplinare della censura).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 3 settembre 2013, n. 158 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
lettera personale alla dimora del magistrato in vacanza con la famiglia per sollecitarne il rientro in ufficio
Il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, sancito in via generale dall’art. 112 cod. proc. civ., trova applicazione anche nei procedimenti in materia disciplinare, sicché vìola il diritto di difesa dell’incolpato il provvedimento disciplinare fondato su un fatto non contestato nel capo di incolpazione (Nel caso di specie, l’avvocato aveva inviato una lettera personale alla dimora del magistrato in vacanza con la famiglia per sollecitarne il rientro in ufficio al fine di revocare il provvedimento, prospettando allo stesso la possibile responsabilita` personale di danno come mezzo di pressione per ottenere l’invocato provvedimento. Il COA di appartenenza, dopo avergli contestato la violazione dell’art. 54 cdf ed in particolare dei “doveri di probita`, dignita` e decoro e di dignita` e rispetto delle rispettive funzioni, utilizzando mezzi assolutamente estranei alle previsioni procedimentali invasivi della riservatezza e di contenuto intimidatorio, in quanto estranei alle previsioni di leggi vigenti in materia di danno da esercizio dell’attivita` giurisdizionale”, lo sanzionava ai sensi dell’art. 53 cdf, nella parte in cui, “salvo casi particolari, l’avvocato non puo` discutere del giudizio civile in corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale avversario”. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF adito in sede d’appello ha annullato la decisione del COA).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 19 luglio 2013, n. 114 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La “minaccia” di azioni legali infondate
Integra illecito disciplinare, perché contrario agli artt. 5, 6 e 53 cdf, il comportamento dell’avvocato che preannunci azioni giudiziarie palesemente infondate (e formalmente inattuabili) nei confronti di un Giudice, specie se fatte al fine di precostituirsi una ragione di ricusazione (Nel caso di specie, il professionista aveva preannunciato un’azione risarcitoria nei confronti di un Giudice di Pace, cui richiedeva il pagamento della parcella in luogo del cliente che, a suo dire, gli aveva revocato il mandato per l’esito di una causa decisa dal magistrato).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 15 marzo 2013, n. 38 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
La c.d. immunità giudiziaria non scrimina l’illecito deontologico
La scriminante di cui all’art. 598 c.p. non trova spazio nel procedimento disciplinare, atteso che la tutela della libertà della difesa non attribuisce una singolare facoltà di offendere, dovendo tutti gli atti ed ogni condotta nel processo rispecchiare il dovere di correttezza, anche nelle forme espressive usate dalle parti. Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 15 marzo 2013, n. 39 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Atto d’appello: i limiti deontologici alla critica dell’operato del giudice di prime cure
Il potere-dovere di critica dell’avvocato, soprattutto nella fase dell’impugnazione che rappresenta di per sé il momento di censura dell’operato del giudice, incontra il limite del divieto di assumere atteggiamenti e comportamenti sconvenienti e del dovere di mantenere con il giudice un rapporto improntato a dignità e decoro, sia con riferimento alla persona del giudicante sia al suo operato e alla funzione esercitata (Nel caso di specie, il professionista aveva attribuito al magistrato un comportamento volto ad avvantaggiare una parte del processo a danno degli imputati suoi assistiti).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 15 marzo 2013, n. 39 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Le espressioni sconvenienti od offensive nei confronti del giudice
L’avvocato, nell’ambito della propria attività difensiva, può e deve esporre con vigore le ragioni del proprio assistito, utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone. A tale ampiezza dei mezzi difensivi si contrappone tuttavia, quale limite invalicabile, il divieto di assumere atteggiamenti o comportamenti sconvenienti e in violazione del codice deontologico forense, che impone al professionista di mantenere con il giudice un rapporto improntato alla dignità e al rispetto sia della persona del giudicante che del suo operato (Nel caso di specie, il professionista aveva appellato la sentenza asserendo che il giudice avrebbe condannato il suo assistito senza leggere gli atti, utilizzando la tecnica del “copia ed incolla” e con motivazione mediocre. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha quindi ritenuto responsabile il professionista, che ha sanzionato con l’avvertimento, in luogo della censura inflittagli dal COA di appartenenza).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 febbraio 2013, n. 22 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Gli obblighi deontologici nei confronti del Giudice
Il codice deontologico forense impone al professionista di mantenere con il Giudice un rapporto improntato alla dignità e al rispetto sia della persona del giudicante che del suo operato.Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 dicembre 2012, n. 193 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
L’avvocato che sia anche magistrato onorario deve astenersi dal decidere le cause dei propri colleghi di studio
Pone in essere un comportamento contrario ai doveri di lealtà e correttezza il professionista che nell’esercizio delle funzioni di magistrato onorario non si astenga ex art. 53 n. 2 C.D.F. in una procedura introdotta da un avvocato sulla cui carta intestata risulti anche il proprio nominativo quale componente dello studio (Nel caso di specie, l’avvocato magistrato onorario, dopo aver deciso -accogliendolo- il ricorso del collega di studio, si era inoltre personalmente recato presso l’autorità di polizia competente al fine di accertare l’esecuzione del provvedimento stesso).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 29 novembre 2012, n. 169 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Il diritto di critica non giustifica accuse gratuitamente offensive
Il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario fa parte delle facoltà inalienabili del difensore, entro il limite, tuttavia, al di là del quale tale facoltà lascia il posto all’obbligo del rispetto della dignità dell’interlocutore (Nel caso di specie, l’avvocato aveva auspicato, in modo irridente e provocatorio, che il magistrato frequentasse una scuola di perfezionamento al fine di non incorrere in errori di diritto).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 22 settembre 2012, n. 131 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Provocazione – Natura esimente
Nel caso in cui il p.m., nel corso di un’udienza preliminare di un processo penale, inviti il ricorrente a mantenere la calma utilizzando una espressione del tutto fuori luogo quando l’avvocato intervenga per far presente al giudice gli errori in cui questo sia incorso, il professionista, pur a fronte di comportamenti senz’altro non corretti, deve dimostrare uno stile diverso e di grande dignità. La “provocazione” subita, invero, non può costituire un esimente sul piano disciplinare, né giustificare e rendere neutra una reazione che travalichi i limiti della correttezza mediante l’utilizzo di un’espressione sconveniente (intesa come uso di un lessico rozzo) ed offensiva (intesa come intenzionale lesione dell’onore e decoro altrui). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Milano, 16 febbraio 2009) Consiglio Nazionale Forense , sentenza del 4 ottobre 2011, n. 153 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive
L’auspicio di morte di un magistrato affetto da noti e gravi problemi di salute, formulato ad alta voce in affollato luogo pubblico (nella specie, il corridoio del Palazzo di Giustizia) da un avvocato nell’atto di rivolgersi ad altro collega dell’offeso, costituisce indubbiamente contegno improprio non consono alla dignità ed al rispetto che deve caratterizzare, secondo l’art. 53 C.d.F., il rapporto con i magistrati ed è idoneo altresì ad arrecare disdoro all’intera classe forense. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Latina, 4 dicembre 2007). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 8 settembre 2011, n. 131 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Mancata presentazione all’udienza – Evento non previsto né prevedibile – Responsabilità disciplinare – Esclusione – Dovere di diligente previsione
Va esclusa la responsabilità disciplinare del professionista che, a causa del comportamento del magistrato che ritardi ingiustificatamente il compimento di atti processuali (l’interrogatorio dell’assistito dell’incolpato detenuto presso la Casa Circondariale), non sia in condizione di presenziare all’udienza dibattimentale, poiché non può essere imputabile all’avvocato il non previsto né prevedibile ritardo nell’inizio dell’incombente, esulando un tale eccesso di previsione dalla normale diligenza richiesta. (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Treviso, 12 novembre 2007). Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 22 luglio 2011, n. 123 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Scriminante diritto di critica – Limiti
L’avvocato, nell’ambito della propria attività difensiva, può e deve esporre con vigore le ragioni del proprio assistito, utilizzando tutti gli strumenti processuali di cui dispone. A tale ampiezza dei mezzi difensivi si contrappone tuttavia, quale limite invalicabile, il divieto di assumere atteggiamenti o comportamenti sconvenienti e in violazione del codice deontologico forense, che impone al professionista di mantenere con il Giudice un rapporto improntato alla dignità e al rispetto sia della persona del giudicante che del suo operato.
Costituisce espressione di un colorito convincimento dell’erronea determinazione di un magistrato nei limiti del diritto di patrocinio e difesa l’uso di espressioni, sebbene colorite nella forma, al più inopportune ma certamente prive in sé di elementi offensivi, configurandosi in tal caso la scriminante del diritto di critica ai provvedimenti assunti dal giudice. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Vibo Valentia, 16 febbraio 2009).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 18 luglio 2011, n. 110 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Dovere di lealtà e correttezza – Dovere di colleganza e collaborazione
Se è vero che l’avvocato deve porre ogni più rigoroso impegno nella difesa del proprio cliente, altrettanto vero è che tale difesa non può tuttavia mai travalicare i limiti della rigorosa osservanza delle norme disciplinari e del rispetto che deve essere sempre osservato nei confronti della controparte e del suo legale, in ossequio ai doveri di lealtà e correttezza ed ai principi di colleganza. (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Bologna, 9 luglio 2008).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 13 dicembre 2010, n. 203 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Rapporti con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive – Scriminante diritto di critica – Limiti
Ancorché il diritto di critica nei confronti di qualsiasi provvedimento giudiziario costituisca facoltà inalienabile del difensore, tale diritto deve essere sempre esercitato, in primo luogo, nelle modalità e con gli strumenti previsti dall’orientamento processuale e mai può travalicare i limiti del rispetto della funzione giudicante, riconosciuta dall’ordinamento con norme di rango costituzionale nell’interesse pubblico, con pari dignità rispetto alla funzione della difesa. Proprio la giusta pretesa di vedere riconosciuta a tutti i livelli una pari dignità dell’avvocato rispetto al magistrato impone, nei reciproci rapporti, un approccio improntato sempre allo stile e al decoro, oltre che, ove possibile, all’eleganza, mai al linguaggio offensivo o anche al mero dileggio.
Le espressioni utilizzate dal professionista esorbitano dal diritto di critica, con conseguente inconfigurabilità della relativa scriminante, allorquando, come nella specie, l’avvocato non si limiti ad indicare, nell’ambito dell’intervista rilasciata agli organi di stampa, le ragioni per cui ritenga erronea la decisione del giudice, ma ponga in dubbio la stessa capacità del magistrato di giudicare in modo sereno e corretto, accusando l’organo giudiziario di versare in uno status soggettivo patologico e caratteriale (schizofrenia, arroganza e presunzione) tale da comprometterne la capacità di giudizio e di essere condizionato da finalità estranee al processo (giustizialismo). (Rigetta il ricorso avverso decisione C.d.O. di Latina, 28 novembre 2006).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 22 ottobre 2010, n. 101 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Esercizio funzioni Giudice di Pace innanzi al Tribunale – Medesimo circondario
Ai sensi dell’art. 8 co. 1 ter, l. n. 347/91, come modificato dall’art. 6 della l. n. 468/99, deve ritenersi legittima la condotta dell’avvocato che eserciti la professione forense innanzi al Tribunale del medesimo circondario presso il quale egli svolga la funzione di Giudice di pace, non potendo essere ravvisata alcuna incompatibilità idonea ad integrare la violazione dell’art. 53 c.d. (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Vicenza, 11 luglio 2007).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 22 dicembre 2008, n. 186 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
Rapporti con i colleghi e con i magistrati – Espressioni sconvenienti ed offensive
Deve ritenersi intrinsecamente offensiva la frase con cui il professionista, nei suoi scritti difensivi, adombri il sospetto di una condiscendenza del magistrato nei confronti del collega avversario in virtù della qualifica di quest’ultimo di membro del Consiglio dell’ordine cui appartiene anche il primo. Una siffatta espressione, oltre che offensiva e sconveniente, non è giustificabile in alcun modo ed è idonea a far dubitare non solo del decoro e dell’onore delle persone cui si riferiscono ma anche di quelli dell’intera classe forense, generando il dubbio nella collettività che in tribunale i provvedimenti giurisdizionali possano essere pronunciati per favorire taluno o danneggiare tal’altro.
Va riformata la decisione con cui il CdO irroghi la sanzione della sospensione per mesi due senza tenere conto che le espressioni offensive disciplinarmente rilevanti, seppur contenute in atti diversi, sono state pronunciate nel medesimo contesto, come tale idonee ad essere valutate quale frutto di una reazione in continenti e non ex intervallo (nella specie, il CNF, riformando in parte qua l’impugnata decisione, ha irrogato a carico del ricorrente la sanzione della censura). (Accoglie parzialmente il ricorso avverso decisione C.d.O. di Chieti, 27 giugno 2006).Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 22 aprile 2008, n. 28 Pubblicato in Giurisprudenza CNF
giudice di pace
ai sensi dell'art. 8 co. 1 ter, l. n. 347/91, come modificato dall'art. 6 della l. n. 468/99, deve ritenersi legittima la condotta dell'avvocato che eserciti la professione forense innanzi al tribunale del medesimo circondario presso il quale egli svolga la funzione di giudice di pace, non potendo essere ravvisata alcuna incompatibilità idonea ad integrare la violazione dell'art. 53 c.d. (accoglie il ricorso avverso decisione c.d.o. di vicenza, 11 luglio 2007). (consiglio nazionale forense, decisione del 22-12-2008, n. 186 pres. alpa - rel. d'innella - p.m. fedeli (conf.)
va irrogata la sanzione della sospensione dall'esercizio della professione forense per la durata di mesi sei, in luogo di quella più ridotta per mesi quattro comminata dal coa, al professionista che pervicacemente abbia fatto ricorso allo strumento della ricusazione adducendo motivazioni palesemente pretestuose, così denotando, nel quadro di un preordinato disegno teso solo a paralizzare il corso delle procedure esecutive avviate contro i clienti, assoluta insensibilità al rispetto dei canoni di dignità e decoro reiteratamente violati. (accoglie parzialmente il ricorso del p.g. avverso decisione c.d.o. di roma, 8 marzo 2007) (consiglio nazionale forense, decisione del 31-12-2008, n. 258 pres. f.f. perfetti - rel. stefenelli - p.m. iannelli (conf.)