Società con soci a responsabilità illimitata - Socio di fatto - Dichiarazione di fallimento - Termine annuale
Fallimento - Società con soci a responsabilità illimitata - Socio di fatto - Dichiarazione di fallimento - Termine annuale - Decorrenza - Dalla data della pubblicizzazione del recesso con mezzi idonei o di conoscenza da parte dei creditori - In tema di dichiarazione del fallimento del socio illimitatamente responsabile di società di persone, il principio di certezza delle situazioni giuridiche - la cui generale attuazione la Corte costituzionale ha inteso assicurare con la pronuncia di incostituzionalità del primo comma dell'art. 147 legge fall., nella parte in cui non prevede l'applicazione del limite del termine annuale di cui all'art. 10 legge fall. Dalla perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile (sentenza n. 319 del 2000) - impone che la decorrenza di detto termine per il socio di fatto receduto non possa farsi risalire alla data del suo recesso, né, tanto meno, a quella della dichiarazione di fallimento della società, poiché l'evento fallimentare non scioglie il vincolo societario, ma piuttosto a quella in cui lo scioglimento del rapporto sia portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Occorre, pertanto, in concreto, tener conto della data della eventuale pubblicizzazione del recesso o di altro evento da cui i creditori ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano colpevolmente ignorato. Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 5764 del 10/03/2011
Fallimento - Società con soci a responsabilità illimitata - Socio di fatto - Dichiarazione di fallimento - Termine annuale - Decorrenza - Dalla data della pubblicizzazione del recesso con mezzi idonei o di conoscenza da parte dei creditori - In tema di dichiarazione del fallimento del socio illimitatamente responsabile di società di persone, il principio di certezza delle situazioni giuridiche - la cui generale attuazione la Corte costituzionale ha inteso assicurare con la pronuncia di incostituzionalità del primo comma dell'art. 147 legge fall., nella parte in cui non prevede l'applicazione del limite del termine annuale di cui all'art. 10 legge fall. dalla perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile (sentenza n. 319 del 2000) - impone che la decorrenza di detto termine per il socio di fatto receduto non possa farsi risalire alla data del suo recesso, né, tanto meno, a quella della dichiarazione di fallimento della società, poiché l'evento fallimentare non scioglie il vincolo societario, ma piuttosto a quella in cui lo scioglimento del rapporto sia portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Occorre, pertanto, in concreto, tener conto della data della eventuale pubblicizzazione del recesso o di altro evento da cui i creditori ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano colpevolmente ignorato. Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 5764 del 10/03/2011
Corte di Cassazione, Sez. 1, Sentenza n. 5764 del 10/03/2011
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 14/10/97, il Tribunale di Padova dichiarava il fallimento della societa’ Driussi Manlio & Ghisellini Giovanni di Venier Eugenio snc nonche’ dei soci illimitatamente responsabili Eugenio Venier e Liliana Bordin. Successivamente, con sentenza del 31/3/99, lo stesso Tribunale dichiarava, in estensione, anche il fallimento di Antonio Stella quale socio di fatto.
Avverso detta ultima pronuncia lo Stella proponeva opposizione che il tribunale patavino, con pronuncia in data 20/12/01 - 4/4/02, in parte accoglieva revocando il fallimento ma accertando la qualita’ di socio di fatto dell’opponente e la sua conseguente responsabilita’ illimitata.
Lo Stella proponeva appello principale avverso detta pronuncia. Resisteva la curatela che, in via incidentale, domandava la riforma della impugnata sentenza con la conferma della declaratoria di fallimento dell’appellante principale.
La Corte d’appello di Venezia, con sentenza 1555/04, in accoglimento del ricorso incidentale rigettava l’opposizione dello Stella avverso la sentenza dichiarativa del di lui fallimento. Avverso detta sentenza ricorre per cassazione lo Stella sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso, illustrato con memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso lo Stella deduce la violazione della L. Fall., art. 112 poiche’ la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del fatto che in sede di conclusioni in primo grado la Curatela si era rimessa a giustizia in ordine alla domanda di revoca del fallimento onde non avrebbe poi potuto proporre appello incidentale avverso la sentenza del tribunale che aveva accolto la domanda di revoca.
Con il secondo motivo contesta la decisione impugnata laddove questa ha ritenuto che il fallimento in estensione potesse essere correttamente dichiarato non essendo trascorso l’anno di cui alla L. Fall., art 10 dal recesso del socio della societa’ regolare dovendo, invece, ritenersi che detto termine decorreva dalla data della sentenza di fallimento o da quello di impossessamento dei beni della societa’ da parte del curatore.
Con il terzo motivo di ricorso contesta la sussistenza della propria qualita’ di socio occulto deducendo che erroneamente la Corte d’appello aveva ritenuto tardivamente proposta la questione con la conclusionale d’appello.
Con il quarto motivo deduce il vizio di ultrapetizione per avere la Corte d’appello disposto la condanna alle spese, nonostante il fallimento ne avesse chiesto la compensazione.
Il primo motivo del ricorso e’ infondato.
Come gia’ correttamente osservato dalla Corte d’appello, che si e’ espressamente pronunciata sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha costantemente affermato il principio secondo cui l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione a norma dell’art. 329 cod. proc. civ., sussiste qualora l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia: cioe’ quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volonta’ di avvalersi dell’impugnazione. Tale ipotesi non ricorre qualora la parte abbia dichiarato di rimettersi a giustizia, formula che non implica la rinuncia ad impugnare una decisione iniqua ma sta semplicemente a significare che la parte si attende una pronuncia secondo giustizia ed equita’ (Cass. 23379/07; Cass, 23935/04; Cass, 12419/04; Cass. 6050/02 Cass. 5686/84; Cass. 2889/76).
Il secondo motivo e’ anch’esso infondato.
In tema di dichiarazione del fallimento del socio illimitatamente responsabile di societa’ di persone regolari, come quella di specie, questa Corte ha ripetutamente affermato che il principio di certezza delle situazioni giuridiche - la cui generale attuazione la Corte costituzionale ha inteso assicurare con la pronuncia di incostituzionalita’ della L. Fall., art. 147, comma 1, nella parte in cui non prevede l’applicazione del limite del termine annuale dalla perdita della qualita’ di socio illimitatamente responsabile (sentenza n. 319 del 2000) - impone che la decorrenza di detto termine per il socio occulto receduto non possa farsi risalire alla data del suo recesso ne’, tanto meno, a quella della dichiarazione di fallimento della societa’, dato che l’evento fallimentare non scioglie il vincolo societario, ma piuttosto a quella in cui lo scioglimento del rapporto sia stato portato a conoscenza dei terzi con mezzi idonei, di guisa che occorre, in concreto, tener conto della data della eventuale pubblicizzazione del recesso o di quella in cui i creditori ne abbiano avuto conoscenza o lo abbiano colpevolmente ignorato. (Cass. 10268/04; Cass. 22347/04; Cass., 18927/05).
Nel caso di specie, nulla essendo stato dedotto circa l’avvenuta pubblicizzazione del recesso, e’ evidente che il termine annuale per la dichiarazione del fallimento in estensione non puo’ ritenersi decorso. Il terzo motivo e’ manifestamente infondato. Secondo il ricorrente la questione della mancanza di qualita’ di socio occulto sarebbe stata proposta gia’ con l’atto di appello, ma tale circostanza non trova riscontro dall’esame dell’atto, ove non si rinviene alcun motivo specifico di censura sul punto, essendo le annotazioni sulla qualita’ in questione riportate esclusivamente nella parte narrativa dell’atto in questione di tal che le stesse non possono considerarsi motivi di censura.
Il quarto motivo e’ manifestamente infondato.
La Corte d’appello, contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, ha infatti compensato le spese di entrambi i gradi di giudizio. Il ricorso va in conclusione respinto.
Il ricorrente va di conseguenza condannato al pagamento delle spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2500,00 per onorari oltre Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali e accessori di legge. Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2011
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