Procedure concorsuali - Legittimazione processuale del fallito'
Fallimento - Procedure concorsuali - Legittimazione processuale del fallito' La perdita della capacità processuale del fallito, conseguente alla dichiarazione di fallimento, relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e può essere eccepita dal solo curatore, salvo che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed è perciò opponibile da chiunque e rilevabile anche d'ufficio. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione da parte del fallito avverso sentenza della Commissione tributaria regionale, in un caso in cui la curatela aveva partecipato ai due gradi di giudizio di merito ma non aveva ritenuto di impugnare la decisione emessa dalla Commissione tributaria regionale).Corte di Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 5571 del 09/03/2011
Fallimento - Procedure concorsuali - Legittimazione processuale del fallito - La perdita della capacità processuale del fallito, conseguente alla dichiarazione di fallimento, relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e può essere eccepita dal solo curatore, salvo che la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite, nel qual caso il difetto di legittimazione processuale del fallito assume carattere assoluto ed è perciò opponibile da chiunque e rilevabile anche d'ufficio. (In applicazione del principio, la S.C. ha ritenuto ammissibile la proposizione del ricorso per cassazione da parte del fallito avverso sentenza della Commissione tributaria regionale, in un caso in cui la curatela aveva partecipato ai due gradi di giudizio di merito ma non aveva ritenuto di impugnare la decisione emessa dalla Commissione tributaria regionale).Corte di Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 5571 del 09/03/2011
Corte di Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 5571 del 09/03/2011
FATTO
L’Ufficio I.V.A. di Nola rettificava nei confronti della societa’ Cianci s.r.l. con avviso n. 608219/2001 la dichiarazione per l’anno 1996 in applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 a seguito della richiesta di rimborso per l’anno 1999 di L. 480.000.000 ed alla mancata esibizione delle scritture contabili andate distrutte a seguito di un incendio, sviluppatosi negli uffici, per cui recuperava l’I.V.A. portata in detrazione, considerando anche imponibili le operazioni di esportazione ed irrogando le relative sanzioni.
Enrico Fedele, curatore fallimentare della societa’, impugnava l’avviso di rettifica innanzi alla C.T.P. di Napoli, lamentando che l’ufficio aveva applicato il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 accertamento che prevede l’esame preventivo della contabilita’, mentre nella specie doveva procedere con accertamento induttivo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 55, procedendo alla ricostruzione della contabilita’. Controdeduceva l’Agenzia delle entrate sostenendo che l’atto impugnato traeva origine dalla mancata esibizione della documentazione contabile e che era onere del contribuente documentare gli acquisti sostenuti e le vendite effettuate in esportazione producendo la relativa documentazione anche in copia. La C.T.P. rigettava il ricorso. Impugnava la societa’ ribadendo l’illegittimita’ dell’accertamento eseguito D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 in presenza dei presupposti che consentivano solo l’accertamento induttivo , non essendo facolta’ dell’Ufficio procedere, come affermato dalla C.T.P. ad accertamento analitico in caso di mancata tenuta o rifiuto di esibizione o sottrazione all’ispezione delle scritture contabili. Resisteva l’A.F.. La C.T.R. della Campania respingeva il gravame, confermando la decisione di primo grado, affermando che, poiche’ le scritture contabili erano andate distrutte per un incendio, come affermato dal curatore del fallimento, poteva essere applicato solo l’art. 54 cit. ed alla societa’ rimaneva la possibilita’, non utilizzata, di ricostruzione della stessa, chiedendo ai fornitori ed ai clienti le copie delle fatture.
In assenza d’impugnativa da parte di Enrico Fedele, curatore fallimentare della societa’ Cianci s.r.l., il rappresentante legale, Cianci Giuseppe, nell’interesse della stessa societa’, impugnava detta decisione con ricorso notificato il 4.4.2007, chiedendo la cassazione della sentenza, sulla base di tre motivi. L’Agenzia delle entrate e’ presente con semplice istanza di comunicazione d’udienza.
DIRITTO
Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 per avere la C.T.R. ritenuto che, poiche’ il curatore fallimentare aveva ammesso di non disporre della contabilita’ della fallita in bonis, cio’ consentiva all’A.F. di procedere alla rettifica della dichiarazione merce’ l’ablazione di tutti gli importi portati in detrazione, violando in tal modo la norma secondo la quale la facolta’ per procedere a rettifica e’ data soltanto in ipotesi espressamente previste non ricorrenti nella specie,dato che la mancata esibizione delle scritture era incolpevole come accertato sia in sede penale che civile, ne’ tali ipotesi erano state indicate nell’avviso, sottraendosi cosi’ all’onere probatorio incombente su di essa secondo il disposto dell’art. 56, D.P.R. cit.. L’Amministrazione, quindi, a giudizio di parte ricorrente, avrebbe dovuto procedere, in assenza incolpevole della contabilita’, solo con accertamento induttivo, non avendo l’A.F. alcun potere discrezionale nella scelta del tipo di accertamento da eseguire.
Con la seconda censura si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., comma 2, in relazione al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 54 e 55 nonche’ omessa e contraddittoria motivazione per avere la C.T.R. messo in dubbio l’esistenza di prova certa sulla distruzione della documentazione, in contrasto con le risultanze civili e penali e con il disposto dell’art. 55 che prevede l’accertamento induttivo in caso di mancanza di documentazione, restando irrilevante se cio’ sia dovuto a forza maggiore o perche’ volontariamente non esibita.
Ne’ dall’avviso di accertamento e’ dato desumere le circostanze (operazioni imponibili superiori o inesattezza delle indicazioni relative a detrazioni desunte da verbali, questionari e fatture relativi ad ispezioni eseguite su altri contribuenti) che giustifichino l’applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 mentre la mancanza delle scritture deponevano per la legittima applicazione dell’art 55 D.P.R. cit., che, peraltro avrebbe permesso di desumere dalle consistenze di magazzino regolarmente inventariate dal curatore e dal volume delle vendite dichiarate ed accettate dall’Ufficio che l’imposta portata in detrazione non era completamente da disattendere.
Con l’ultimo motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56 nonche’ omessa motivazione per non avere la C.T.R. in alcun modo motivato sulla censura avanzata in relazione alla mancanza di motivazione, prevista a pena di nullita’ dell’avviso di rettifica che era privo dei requisiti richiesti dall’art. 56 cit. sia per l’accertamento analitico che per quello induttivo.
Occorre, in via preliminare, esaminare l’eccezione d’inammissibilita’ avanzata dal P.G. relativa alla mancanza di legittimazione processuale del fallito nella presente fase di giudizio. L’eccezione deve essere disattesa.
E’ stato ripetutamente affermato da questa Corte, che la perdita della capacita’ processuale del fallito conseguente alla dichiarazione di fallimento relativamente ai rapporti di pertinenza fallimentare, essendo posta a tutela della massa dei creditori, ha carattere relativo e puo’ essere eccepita dal solo curatore, con la conseguenza che ove il curatore rimanga inerte ed il fallito agisca per conto proprio, la controparte non e’ legittimata a proporre l’eccezione ne’ il giudice puo’ rilevare d’ufficio il difetto di capacita’ (Cass. S.U. 21 luglio 1998, n. 7132). Il difetto di legittimazione processuale del fallito assume, infatti, carattere assoluto ed e’, pertanto, opponibile da chiunque oltre che rilevabile anche d’ufficio solo nel caso in cui la curatela abbia dimostrato il suo interesse per il rapporto dedotto in lite (cfr., cass. civ. sentt. nn. 6085 e 20370 del 2001 e 5202 del 2003). Nella specie la curatela, pur avendo, nei pregressi gradi di merito, dimostrato il suo interesse a contrastare quanto preteso dall’Agenzia delle entrate, non ha ritenuto di impugnare la decisione della C.T.R. innanzi a questa Corte; tuttavia in questo caso il fallito non si e’ costituito in proprio ma quale rappresentante della societa’ per cui, sussistendo una continuita’ di presenza del soggetto interessato alla controversia, rimane legittima la costituzione della societa’, sia pure nella persona del fallito, in questo giudizio di legittimita’. Il ricorso, tuttavia, deve essere respinto in quanto infondato. Tutti i motivi possono essere esaminati congiuntamente stante la loro intima connessione logico giuridica.
Questa Corte ha gia’ affermato (cfr., ex multis, cass. civ. sentt. nn. 13605 del 2003, 21233 del 2006 e, recentemente, 1650 del 2010) nella disciplina dell’IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, che la deducibilita’ dell’imposta pagata dal contribuente (in sede di rivalsa) per l’acquisizione di beni o servizi inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 19) postula che il contribuente stesso sia in possesso delle relative fatture, le annoti in apposito registro (art. 25), ed, inoltre, conservi le une e l’altro (art. 39); l’ufficio, in presenza di una denuncia annuale che faccia valere le suddette poste a credito, e’ legittimato ed e’ tenuto all’accertamento in rettifica, depennando tali poste, ove non trovino rispondenza in quelle fatture ed in quel registro (art. 54, comma 2). Detta disciplina, quindi, si conforma al criterio secondo cui la dimostrazione dei fatti costitutivi di un credito deve essere offerta da chi lo faccia valere, e, sul piano probatorio, introduce limitazioni ai mezzi di prova, esigendo atti scritti, compilati e tenuti con specifiche modalita’.
La citata normativa, peraltro, non si occupa dell’ipotesi dell’incolpevole impossibilita’ di produrre gli indicati scritti (nella specie, per incendio avvenuto nei locali degli uffici prima della dichiarazione del fallimento della societa’). Pertanto, ove il contribuente dimostri di esser nell’impossibilita’ di acquisire presso i fornitori dei beni o dei servizi copia delle fatture, si deve fare riferimento alla regola generale fissata dall’art. 2724 c.c., n. 3. Secondo tale disposizione la perdita senza colpa del documento, che occorra alla parte per attestare una circostanza a lei favorevole, non integra ragione di esenzione dall’onere della prova, ne’ sposta il medesimo sulla controparte, ma rileva esclusivamente come situazione autorizzativa della prova per testimoni (o per presunzioni), in deroga ai limiti per essa previsti. In applicazione della suddetta norma, e’ da ritenersi che l’incolpevole perdita della contabilita’, richiesta per la detrazione di IVA "a credito", non introduce una presunzione di veridicita’ di quanto il fatto che la documentazione contabile sia andata distrutta in epoca precedente alla dichiarazione di fallimento in modo incolpevole, per come risulterebbe dalle pronunce civili e penali, come sostenuto da parte ricorrente, non e’ di per se’ sufficiente al fine di dare prova dei fatti controversi, dovendo la richiesta relativa al preteso credito trovare conferma testimoniale o presuntiva, se non e’ possibile il riscontro con le fatture emesse tramite la tenuta della regolare contabilita’ del soggetto emittente delle stesse. Nella specie, nessuna prova e’ stata offerta, essendosi limitata parte ricorrente ad invocare l’illegittimita’ dell’accertamento subito.
Ne’, infine, incide sulla presente decisione la doglianza relativa al tipo di accertamento eseguito dall’A.F., essendo nella specie irrilevante, in quanto trattandosi di detrazioni finalizzate alla riscossione di un credito resta a carico del contribuente l’onere della prova, come sopra gia’ espresso. Ne’, infine puo’ essere condivisa la censura relativa alla carenza di motivazione sostenuta con il terzo motivo in quanto la C.T.R. ha esaminato in modo compiuto le doglianze avanzate dalla curatela, motivando la propria decisione senza errori logici o giuridici.
Tutto cio’ premesso, il ricorso deve essere rigettato. Non si statuisce sulle spese in quanto parte intimata non ha svolto in questa fase di legittimita’ alcuna attivita’ difensiva, essendosi limitata a presentare solamente un’istanza di comunicazione di udienza, senza peraltro parteciparvi.
P.Q.M.
LA CORTE
respinge il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, sezione tributaria, il 26 ottobre 2010. Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2011
Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it |