Locazione ad uso di attività di affittacamere da parte di condomino di unità immobiliare compresa in un condominio –- Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza n. 21562 del 7 ottobre 2020.
Violazione del regolamento condominiale - Azione giudiziale del Condominio nei confronti del condomino e del conduttore per la cessazione dell’attività e per il risarcimento del danno - Accoglimento della domanda, con sentenza confermata dalla Corte d’Appello – Ricorso per cassazione della proprietaria e della conduttrice, dalla quale questa, in subordine, aveva chiesto di essere manlevata - Cassazione, sez. II, ordinanza n. 21562 del 7 ottobre 2020 a cura di Riccardo Redivo, già presidente di sezione della Corte d’Appello di Roma.
Fatto. Il Condominio conveniva in giudizio tre condomini comproprietari di un’unità immobiliare locata ad una società che vi esercitava attività alberghiera, in violazione del regolamento condominiale, nonché della stessa conduttrice, chiedendo la cessazione dell’attività ed il risarcimento dei danni.
Si costituivano in giudizio i convenuti, sostenendo che l’attività di affittacamere esercitata non era contraria al regolamento e chiedendo, quindi, il rigetto delle domande, mentre, in subordine, uno dei condomini comproprietari chiedeva di essere comunque manlevato dalla conduttrice (essendo stato previsto in contratto soltanto l’uso abitativo).
Il Tribunale accoglieva le domande, affermando che l’attività di affittacamere non poteva consistere in un “uso abitativo”, costituendo, invece, una chiara violazione del regolamento, nonché ritenendo che la violazione della clausola era opponibile ad entrambi i convenuti. La Corte d’Appello, quindi, rigettava il gravame interposto da questi ultimi.
Avverso detta decisione i soccombenti hanno proposto ricorso per cassazione, assumendo, da un lato, che la destinazione ad uso abitativo era simulata (perchè evidentemente solo apparente), nonché un palese difetto di motivazione da parte del giudice d’appello in ordine all’interpretazione del patto regolamentare, non essendo, peraltro, l’attività di bed & breakfast vietata espressamente nella clausola e non avendo considerato il giudicante che nel condominio erano esercitate altre attività analoghe.
Decisione. La Suprema Corte, trattando congiuntamente i due motivi di ricorso e premesso che “la teorica conformità del regolamento condominiale all’uso dichiarato nel contratto locatizio non esclude che il regolamento possa poi di fatto essere ugualmente violato e che la clausola controversa indicava numerose attività e, in particolare le destinazioni industriali e commerciali, consentendo esclusivamente la destinazione a civile abitazione, ha affermato che “l’assimilazione dell’attività di affittacamere a quella imprenditoriale alberghiera (pur differenziandosi da essa per le sue modeste dimensioni), in quanto presenta natura a quest’ultima analoga, comportando, come un albergo, un’attività imprenditoriale, un’azienda ed il contatto diretto con il pubblico, prevedendo non solo la cessione in godimento del locale ammobiliato e previsto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (in senso analogo cfr. Cass. n. 704/2015)”.
La Corte ha quindi, respinto il ricorso, condannando la parte ricorrente alle spese legali.