Tutela della concorrenza e del mercato – Abuso di posizione dominante
Risarcimento del danno – Limiti – Danno emergente – Sussistenza – Esclusione - Fattispecie (Art. 102 TFUE; Cod.civ., art. 2043; L. 287/90) Tribunale ordinario di Milano: sezione specializzata in materia di impresa-sez.A; sentenza 27 dicembre 2013, n.22423; Giudice Dott.ssa Marina A.Tavassi.
In materia di tutela della concorrenza e del mercato nel settore delle telecomunicazioni, il danno economico subito dalle imprese concorrenti sul medesimo mercato, in presenza di condotte poste in essere con abuso di posizione dominante da parte dell’impresa titolare della rete, non può ritenersi provato in re ipsa per la mera esistenza della violazione stessa ed è risarcibile solo in termini di compressione dei margini di guadagno o lucro cesssante, in quanto risulta da quest’ultimo assorbito il danno emergente, la verifica della cui sussistenza ha solo valore probatorio dell’an (nella specie, il Tribunale ha ritenuto che l’applicazione, da parte dell’operatore di comunicazioni (dominante) alla propria divisione commerciale, di prezzi inferiori rispetto a quelli applicati ai concorrenti per i medesimi servizi, integri una condotta discriminatoria e contraria alla normativa posta a tutela della concorrenza, escludendo dalle voci di danno il danno emergente, sub specie di “sovrapprezzo” applicato e limitandolo al solo mancato guadagno) (massuma a cura della redazione a cura del Foro Europeo - Dr. Francesco Toscano)
N. R.G. 22423/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO
SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA - SEZ. A
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Marina A. Tavassi,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. R.G. 22423/2010 , promossa da:
Br.. S.P.A. (C.F. 01710910215), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio degli Avv.ti omisss, in forza di procura in atti
ATTRICE
contro
Te.. S.P.A. (C.F. 00488410010), in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell‟avv. omissis,presso i difensori, in forza di procura in atti
CONVENUTA
OGGETTO: Antitrust - risarcimento danni
All‟udienza di precisazione delle conclusioni del 5 giugno 2013 i procuratori delle parti concludevano come da fogli allegati al verbale d'udienza nei seguenti termini:
CONCLUSIONI
Per: Br.. S.p.a., (nel seguito “Br..”)
- attore
Contro: Te.. s.p.a., (nel seguito “TI”)
- convenuto
Piaccia all‟Onorevole Tribunale adito, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa:
a) accertare che i comportamenti di Te.. S.p.A. descritti negli atti e verbali di causa concretano violazione abuso di posizione dominante, ai sensi dell‟art. 102 del Trattato sul funzionamento dell‟Unione Europea e della regolamentazione delle comunicazioni elettroniche in danno a Br.. S.p.A., e per l‟effetto
b) condannare la convenuta al risarcimento dei danni cagionati a Brenenrcom S.p.A in conseguenza della sua condotta illecita e anticoncorrenziale, quantificati in una somma non minore di Euro 2.296.908,80, secondo quanto richiesto da parte attrice o, comunque, in quella maggiore o minore somma accertata da codesto Ecc.mo Tribunale in corso di causa anche con l‟ausilio della esperita C.T.U. e/o determinata in via equitativa ai sensi dell‟art. 1226 c.c., oltre a interessi e rivalutazione monetaria come per legge.
Con vittoria di spese e competenze di causa, comprese IVA e C.P.A.
CONCLUSIONI
Per: Te.. s.p.a.
contro Br.. S.p.a.,
Voglia il Tribunale adito, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione (anche istruttorie), previo ogni opportuno accertamento e declaratoria, sia di rito sia di merito, così giudicare:
nel merito
- dichiarare inammissibili e/o nulle e comunque rigettare, perché infondate in fatto e in diritto, le domande proposte da Br.. s.p.a. per tutti i motivi esposti in atti;
in via istruttoria
respingere tutte le istanze istruttorie formulate da controparte per i motivi esposti in atti;
in ogni caso
- condannare Br.. s.p.a. alla rifusione di spese e onorari, oltre IVA e C.P.A.
RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Lo svolgimento del processo
1.1 L'atto introduttivo
Con atto di citazione notificato in data 19 marzo 2010 Br.. S.p.a. conveniva in giudizio Te.. S.p.a. (in proprio e quale successore di Te.. Mobile S.p.a. e di Ti.. S.p.a.; d‟ora in poi anche TI), per ottenere la condanna della convenuta al risarcimento dei danni cagionati alla medesima attrice mediante i comportamenti posti in essere da Tim dal 1° semestre del 1999 all‟agosto 2007, qualificabili come abuso della posizione dominante da essa Te../Ti. ininterrottamente detenuta nel mercato dei servizi all‟ingrosso (wholesale) di terminazione delle chiamate sulla propria rete mobile, in violazione sia del divieto disposto dall‟art. 82 del Trattato C.E. (ora art. 102 TFUE), sia degli specifici obblighi - in particolare di non discriminazione - imposti dalla normativa in materia di telecomunicazioni.
Le condotte in questione consistevano nell‟applicazione, da parte dell‟operatore di comunicazioni mobili Telecom alla propria divisione commerciale, di prezzi per i servizi di terminazione sulla propria rete assai inferiori rispetto a quelli applicati ai concorrenti per i medesimi servizi di terminazione, ossia in pratiche discriminatorie (poste in essere sul mercato “all‟ingrosso” dei servizi di terminazione, sul quale T.I./TIM è dominante), a favore della propria divisione commerciale e in danno dei concorrenti, tra cui l‟odierna attrice. Assumeva l‟attrice che, quale conseguenza del dedotto comportamento, si erano prodotti effetti discriminatori, escludenti e di illecita compressione dei margini a scapito dei concorrenti sul mercato “al dettaglio” dei servizi di telefonia fisso-mobile per la clientela aziendale e dei servizi di telefonia fissa (entrambi “a valle” del mercato dei servizi di terminazione), dove la sola divisione commerciale di Telecom era in grado di applicare ai clienti finali, senza sostenere perdite, determinati prezzi.
Le condotte discriminatorie di TIM si erano anche concretizzate nella fornitura dei servizi di terminazione delle chiamate Fisso-Mobile attraverso modalità tecniche precluse ai concorrenti, e nello specifico collegando direttamente i centralini aziendali dei propri clienti alle centrali MSC di rete mobile, attraverso la c.d. offerta “MSC-PABX” e consentendo ai propri clienti di utilizzare appositi apparati - i c.d. GSM-Box - per trasformare il traffico Fisso-Mobile in Mobile-Mobile, così da applicare le più convenienti condizioni economiche previste per le chiamate M/M. F
L‟azione intentata da Br.. era basata sul provvedimento dell‟Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (in seguito, AGCM) A/357 , Tele2 + al./TIM-Vodafone-Wind, cosicché a detta di parte attrice era qualificabile come azione “follow on”. Sinteticamente nel provvedimento dell‟AGCM era stato contestato l‟addebito che TIM (la divisione mobile del Gruppo Telecom) nell‟ambito di offerte di fonia mobile avesse altresì incluso la direttrice di traffico fisso-mobile terminato sulla propria rete ad un corrispettivo eccessivamente basso. In particolare, tale corrispettivo sarebbe stato inferiore al prezzo all‟ingrosso praticato da TIM agli operatori fissi e imposto dall‟AGCOM per la terminazione delle chiamate sulla propria rete mobile. Assumeva la difesa di Br.. che si era quindi trattato di un caso di margin squeeze, in cui all‟operatore integrato e dominante sul mercato a monte era stato contestato di escludere i concorrenti sul mercato a valle, non potendo questi ultimi replicare le offerte del dominante se non in perdita.
1.2 La costituzione di Telecom
Costituendosi in giudizio con comparsa depositata il 24 giugno 2010, la società convenuta contestava l‟assenza di elementi fattuali concreti (offerte di Br.. rifiutate, sottrazione di clienti/traffico da parte di TIM a Br.., e simili) da cui si potesse desumere che l‟abuso contestato nel procedimento A357 avesse potuto arrecare un danno all‟attrice. Inoltre, la difesa di Te.. illustrava e documentava una serie di circostanze che tendevano ad escludere la possibilità che le condotte contestate nel procedimento A357 potessero avere avuto conseguenze sull‟attività di Br.., e ciò anche in considerazione della mancata menzione anche di un solo episodio di esclusione (o di minacciata esclusione) da parte dell‟attrice. Telecom eccepiva poi la nullità dell‟atto di citazione ai sensi dell‟art. 164, comma quarto, c.p.c. e chiedeva infine l‟integrale rigetto nel merito delle domande di Br.., in quanto infondate in fatto e in diritto.
1.3 Le successive fasi processuali
All‟esito dell‟udienza di prima comparizione del 20 giugno 2010, il G.I. concedeva termini per il deposito di memorie istruttorie ex art. 183, comma sesto, c.p.c.; a ciò le parti provvedevano entro i termini di legge. L‟attrice, nella propria memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, c.p.c., “a riprova del nesso causale”, chiedeva l‟ammissione testimoniale della Sig.ra Nogler, responsabile acquisti della provincia di Bolzano, per dimostrare che detta provincia aveva acquistato da Te.. i servizi di telefonia relativi alla direttrice fisso-mobile su rete TIM per la maggiore convenienza dell‟offerta di quest‟ultima. Tale offerta probatoria nelle intenzioni di
Br.. sarebbe valsa a dimostrare la relazione tra le condotte di TIM censurate nel provvedimento con cui si era chiusa l‟indagine A357 ed il danno da essa asseritamente subito.
All‟udienza del 25 gennaio 2011, fissata per la discussione delle istanze istruttorie, il G.I. sollecitava a cura delle parti il deposito nel giudizio della sentenza del Consiglio di Stato sui ricorsi presentati avverso alla validità del Provvedimento A/357 e disponeva l‟ammissione della prova testimoniale richiesta da Br...
L‟esame della teste indicata dall‟attrice si svolgeva nel corso dell‟udienza del 31 maggio 2011. In detta occasione, la teste Nogler dichiarava che la Provincia di Bolzano acquistava i servizi di fonia relativi alla direttrice fisso-mobile da Wind (non da Telecom o TIM) e che la Provincia aveva nel corso del tempo modificato le regole di partecipazione alla gara proprio per favorire Br.., la quale tuttavia non aveva mai presentato offerta alcuna. Sul punto è esatto il rilievo della difesa della convenuta secondo cui dalla prova testimoniale era emerso che l‟unico episodio escludente menzionato da Br.. riguardava un cliente, la Provincia di Bolzano, non fornita da Telecom (con riguardo al servizio di traffico in contestazione), ed a cui Br.. non aveva mai presentato un‟offerta.
Insisteva Telecom nell‟affermare (ed insiste anche nei suoi atti conclusivi) che Br.. non sia stata in grado di menzionare un solo caso in cui le condotte censurate nel provvedimento A357 le avessero cagionato un danno.
Con l‟ordinanza riservata del 6 giugno 2011 questo giudice rilevava che l‟assunto di Br.., oltre che sull‟effetto escludente del comportamento censurato, si basava sulla c.d. internalizzazione del sovrapprezzo praticato da Telecom, avendo chiesto l‟attrice di essere risarcita del danno patito ed avendo individuato tale danno nella differenza tra il prezzo pagato a Telecom per i servizi di terminazione fisso-mobile ed il minor prezzo che avrebbe pagato qualora le fossero state applicate le medesime condizioni che Tim/Telecom applicava alle divisioni commerciali interne. A supporto delle proprie istanze, l‟attrice aveva prodotto in causa il doc. 66, definito “verifica sul prospetto di calcolo del margine di contribuzione relativo agli anni 2001-2007 e della corrispondenza tra le voci di costo del conto economico del bilancio di Br.. per gli anni 2004-2007 ed i valori contabili ad esse sottesi e dei ricavi medi minutari per le chiamate fisso mobile”. A tale documento risultavano allegate due tabelle: la prima, intitolata “margine di contribuzione”, indicava, per ogni anno dal 2001 al 2007, un valore espresso in percentuale in aumento dal 15% al 49%, mentre la seconda, chiamata "tariffa media minutaria per le chiamate fisso-mobile", indicava, per i medesimi anni, un corrispettivo in Euro decrescente da Euro 0,2462 ad Euro 0,1932. Osservava questo giudice che, ai fini del calcolo degli effetti dannosi di un'internalizzazione dell'overcharge, l'allegazione ed il supporto documentale offerto da parte attrice, sebbene non apparisse sufficiente ad esaurire l‟onere probatorio a carico della medesima, stante la peculiare complessità della materia, appariva sufficiente a consentire l'ingresso ad ulteriori approfondimenti di tecnica economica.
1.4 L'incarico ai CTU
Nella presente sede decisoria ritiene questo giudice di dover ribadire quanto con detta ordinanza osservato circa la necessità, pur nell'ambito di un'azione di tipo follow-on, di accertare l'effettiva sussistenza del danno subito e la sua riconducibilità all'abuso denunciato, soprattutto a fronte del rilievo che la terminazione fisso-mobile costituiva uno dei molteplici servizi offerti da un'impresa attiva nel settore delle telecomunicazioni e che pertanto condizione necessaria per l'accertamento del danno era l'isolamento delle voci su cui la condotta anticoncorrenziale avrebbe avuto impatto. Sulla base di tali premesse il giudice riteneva di dare ingresso alla CTU richiesta dall'attrice, disponendo di procedere con una consulenza collegiale e nominando consulenti i professori Chiara Fumagalli e Carlo Scarpa. Il quesito, concordato nel contraddittorio delle parti, era il seguente:
“Accertino i Consulenti, sentite le parti ed i loro consulenti, compiute le operazioni che riterranno opportune, acquisita la documentazione che valuteranno necessaria, nonché quella che le parti vorranno sottoporre nel rispetto del contraddittorio, esaminati gli esiti del procedimento conclusosi con il provvedimento A357 dell'AGCM:
1) se Br.. sia stata costretta a praticare, come conseguenza causale diretta degli abusi denunciati e accertati nel procedimento indicato, prezzi inferiori per la terminazione fisso mobile verso cellulari TIM rispetto a quelli che avrebbe praticato se Te.. non avesse offerto la terminazione fisso-mobile verso cellulari TIM alle proprie divisioni commerciali a prezzi inferiori al prezzo all'ingrosso praticato a Br..;
2) nel caso di risposta affermativa al primo quesito, tenendo conto dei comportamenti di TIM nel campo delle offerte fisso-mobile, dei comportamenti di Te.., degli OLO concorrenti di Br.. e di Br.. stessa nel campo delle offerte fisso-mobile, della tipologia di clientela servita da Br.., nonché del fatto che il servizio di telefonia fisso-mobile su rete TIM è solo uno dei servizi offerti da Br.. alla sua clientela finale, accertino i Consulenti gli eventuali effetti dannosi dell'essere stata Br.. costretta tra il 2001 e il 2007 nella fornitura di servizi di telefonia fisso-mobile terminati su rete TIM a praticare prezzi inferiori a quelli che avrebbe praticato se TI non avesse offerto alle proprie divisioni commerciali prezzi
inferiori al prezzo all'ingrosso per la terminazione fisso mobile verso TIM, se e nella misura in cui tali effetti dannosi siano causalmente connessi in via diretta con l'abuso denunciato.
Nel procedere ai rilievi sopra indicati abbiano in particolare presenti il metodo ed i dati utilizzati da Br.. e di cui alla documentazione prodotta dalla medesima parte, verificandone validità e correttezza."
1.5 La fase conclusiva
All‟esito delle operazioni condotte nel contraddittorio dei CTP, i CTU depositavano la propria relazione in data 22 luglio 2012. A seguito dei rilievi dei difensori delle parti e dopo ampio dibattito all‟udienza del 6 novembre 2012, il G.I. affidava ai CTU un supplemento d‟indagine. Il 12 dicembre 2012 i consulenti depositavano al propria relazione integrativa. Quindi la fase istruttoria veniva considerata chiusa ed il G.I. invitava le parti a precisare le conclusioni. Ciò avveniva nei contenuti di cui in epigrafe, all'udienza del 5 giugno 2013, essendo quindi assegnati i termini di cui all‟art. 190 c.p.c..
Dopo il deposito delle comparse conclusionali e memorie di replica, la causa era portata in decisione. Essendo stata l‟azione radicata nel marzo 2010 e quindi prima dell‟assegnazione della competenza in materia antitrust alle Sezioni specializzate dell‟Impresa, a norma della legge n. 27/2012, la decisione non è collegiale ma monocratica.
2. I presupposti dell’azione
2.1 La posizione di Br..
Deve essere preliminarmente rilevato che Br.. non è stata parte del procedimento davanti all‟AGCM (A357) conclusosi con il provvedimento numero 17131 del 3 agosto 2007 (allegato 1 fascicolo attrice), avendo il procedimento visto coinvolte le società Tele2, Rete Italy, Trans Word Communication Italia (denuncianti) e una serie di intervenute (vedi elenco alle pagg. 4/6 del provvedimento sub doc. 1, fra le quali non era Br..) nei confronti di TIM/Te..-Vodafone-Wind. Va detto che, mentre Vodafone è stata estromessa dall‟indagine per aver assunto impegni ai sensi dell‟art. 14 ter I c. L. 287/90 (introdotto dall‟art. 14 del D.L. n. 223/2006, conv. in L. 248/2006, in vigore dal 12.8.2006), essendo stati detti impegni giudicati congrui e resi obbligatori con delibera dell‟AGCM del 24.5.2007, Wind e TIM/Telecom sono state sanzionate. La decisione dell‟AGCM è stata confermata sia dal TAR che dal Consiglio di Stato.
Forse non può dirsi che la presente azione sia un‟azione follow-on in senso stretto, ma deve comunque rilevarsi che l‟elemento del follow-on va valutato rispetto al soggetto indagato e sanzionato piuttosto che rispetto alla vittima. Non si può pretendere infatti che di fronte ad un comportamento che abbia visto una pluralità di vittime, fino ad una vasta categoria di consumatori (si pensi ai danni diffusi ad una certa classe), tutti detti soggetti debbano essere coinvolti nell‟indagine dell‟AGCM, come denuncianti o almeno come intervenienti.
Ed invero, sia il rilievo che l‟Autorità dispone del potere di iniziativa d‟ufficio, sia la natura della medesima Autorità inducono a ritenere che la stessa operi a tutela dell‟interesse pubblico nell‟ottica dello svolgimento di un‟effettiva e corretta concorrenza sul mercato, a prescindere da sollecitazioni esterne e da impulsi di parti. Da tali rilievi consegue che del risultato della sua attività si possano avvantaggiare non solo i soggetti strettamente coinvolti nell‟indagine, ma altresì coloro che si trovino in posizioni identiche o simili o che comunque possano sortire o aver subito un pregiudizio in conseguenza dei comportamenti presi in considerazione delle indagini dell‟Autorità. Non va ignorato che nella specie era intervenuta nel procedimento la Assoprovider (lett. k) dell'elenco contenuto nel provv. 17131) , dalla quale Br.. ha affermato di essere rappresentata.
Potrebbe sostenersi che l‟effetto di “prova privilegiata” attribuito dalla sent. della Cass. n. 3640/2009 alla intervenuta decisione dell‟AGCM - o addirittura l‟efficacia vincolante nella prospettiva di alcuni, o nella proposta di Direttiva dell‟11 giugno 2013 (COM 2013 404 def, ancora a livello di semplice proposta al momento in cui si scrive) dei provvedimenti delle Autorità Garanti nazionali, in sintonia con l‟art. 16.1 del Regolamento 1/2003 - non possa essere invocato da un soggetto che sia rimasto estraneo all‟indagine condotta dall‟Autorità. Pur non volendo nella presente sede fornire una definitiva risposta ad un dibattito complesso e tuttora in corso, si può tuttavia rilevare che una pari efficacia del provvedimento dell‟AGCM potrebbe essere legittimamente invocata da una parte che si trovi in situazione identica, o quantomeno comparabile, rispetto a quella dei soggetti che abbiano presentato la denuncia. Non si hanno in causa sufficienti elementi per affermare che Br.. si trovi in una situazione in tutto sovrapponibile alle società denuncianti di quel procedimento. Per certi aspetti tuttavia la sua posizione può essere considerata simile (tutti operano indubbiamente nel medesimo settore e anche Br.. si proponeva come OLO), anche se non può essere trascurato l‟ambito territoriale in cui la sua attività si esplica.
A tale proposito può subito rilevarsi che Br.. non ha fornito in causa sufficienti elementi probatori per dimostrare che la sua attività imprenditoriale si rivolga all‟intero territorio nazionale e neppure che si svolga in termini così dinamici ed aggressivi da volersi espandere su detto più ampio ambito territoriale. Dubbi sussistono sulla circostanza che Br.. possa dirsi
operatore parimenti efficiente sul medesimo mercato nazionale, mentre la sua collocazione può sicuramente ritenersi in concorrenza con Telecom sul territorio del nord-est.
Come già si è osservato, la proposta di Direttiva sopra citata impone un effetto vincolante anche per le decisioni delle Autorità garanti nazionali, in sintonia con quanto già stabilito dal Reg. 1/2003 per le decisioni della Commissione. L‟art. 9 della proposta di Direttiva recita: “...gli Stati membri provvedono affinché tali giurisdizioni non possano prendere decisioni che siano in contrasto con tale constatazione di un’infrazione [quella decisa dall‟Autorità garante nazionale ai sensi degli artt. 101 e 102 TFUE o corrispondenti norme nazionali]”.
Il punto tuttavia è ancora in discussione ed ha suscitato forti perplessità, soprattutto in relazione all‟effetto cross border delle decisioni delle singole Autorità nazionali. In ogni caso, fino a quando tale disposizione non diventi precettiva per gli Stati membri, si può condividere l‟opinione della giurisprudenza consolidata, sia di merito che di legittimità, che ha escluso l‟efficacia vincolante del provvedimento dell‟AGCM. Si deve ancora riferire che anche coloro che propendono per detta efficacia vincolante si pongono il problema della definizione dell‟ambito di simile vincolatività.
2.2. Il mercato rilevante e l’abuso riscontrato
Definendo l‟estensione dell‟ambito di efficacia del provvedimento dell‟Autorità garante nazionale, si può considerare come dato accertato che le condotte di Te../TIM abbiano costituito abuso di posizione dominante. L‟abusività è stata affermata dall‟Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con il provvedimento n. 17131 del 3 agosto 2007 e la legittimità di tale delibera è stata confermata dal TAR Lazio, con sentenza n. 2900 del 23 gennaio 2008, e dal Consiglio di Stato, con sent. n. 2438 del 2011 (depositata dall‟attrice all‟udienza del 31 maggio 2011).
Va detto che Telecom e Br.. operano entrambe nel mercato della telecomunicazione, sia pure una in ambito nazionale e l‟altra - per le ragioni già espresse - in ambito regionale. In tale ultimo ambito tuttavia può dirsi che vi sia un rapporto di concorrenza.
Telecom è un operatore di comunicazione mobile che offre servizi attraverso le proprie reti (radiofrequenze) di cui è assegnataria in via esclusiva.
I comportamenti discriminatori censurati sono stati tenuti da TIM nel mercato dei servizi all'ingrosso di terminazione delle chiamate sulla propria rete di telefonia mobile. Quest'ultimo rappresenta il mercato rilevante sul quale TIM ha commesso gli abusi sanzionati, i cui effetti si sono riversati sull'offerta di servizi fisso-mobile alla clientela aziendale.
Le modalità del servizio (come riassunte a pag. 30 dell'atto di citazione Br..) fanno sì che vadano individuati tanti mercati distinti del prodotto quante sono le reti di comunicazione sulle quali è necessario fruire di servizi di terminazione. Costituisce quindi lo specifico mercato rilevante nel presente procedimento quello dei servizi all'ingrosso di interconnessione di terminazione sulla rete TIM, con indiscutibile posizione dominante di TIM sui servizi all'ingrosso di terminazione sulla propria rete (con conseguente rigidità della domanda, posto che né gli operatori acquirenti di tali servizi all'ingrosso, né i clienti finali dei servizi di telefonia mobile, possano in alcun modo limitare tale potere). Tale individuazione del mercato e del potere di Telecom su detto mercato è stata assunta anche dall'AGCM alla base del proprio provvedimento (§§ 102/105).
Il servizio di terminazione che Telecom fornisce agli altri operatori per le chiamate verso i clienti della propria rete mobile è regolato da contratti tra reti di telecomunicazione riconducibili a diversi operatori. Gli accordi di interconnessione possono essere anche indiretti, e cioè un operatore che intende terminare le chiamate sulla rete di altro operatore conclude un contratto con un terzo operatore già “interconnesso” con il secondo.
Le questioni inerenti la posizione dominante di Telecom nel mercato della telefonia mobile e la discriminatorietà delle condizione economiche applicate alle imprese concorrenti rispetto a quelle destinate alle proprie divisioni commerciali sono state oggetto di ampio esame nell‟istruttoria avviata dall‟Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Dal provvedimento dell‟AGCM di avvio dell‟istruttoria (del 23.2.2005; doc.2 attrice) si rileva che Vodafone, TIM/Telecom e Wind sono stati considerati operatori in posizione di dominanza congiunta nel mercato dei servizi all‟ingrosso di terminazione delle chiamate su rete mobili ed in posizione dominante singola nel mercato dell‟offerta dei servizi di terminazione sulla propria rete, considerate la titolarità di ciascuna rete in capo ad un solo gestore, l‟assenza di sostituibilità dal lato della domanda per i servizi di terminazione su una determinata rete e, in generale, l‟assenza di efficaci vincoli al potere di mercato dell‟operatore di rete mobile di terminazione. Si legge inoltre in detto provvedimento che “con riferimento ai comportamenti assunti nell’offerta di servizi di terminazione dai gestori mobili, ciascuno dei quali è dominante nel mercato dei servizi all’ingrosso di terminazione sulla propria rete, l’applicazione, da parte di tutti e tre i gestori, di condizioni economiche per i servizi finali integrati di fonia fisso-mobile all’utenza business inferiori ai prezzi del solo servizio di terminazione da fisso a mobile offerto come fattore intermedio ai propri concorrenti, induce a ritenere che TIM, Vodafone e WIND applichino condizioni economiche (prezzi di terminazione inferiori a quelli vigenti) o tecniche (modalità di
raccolta e/o trasformazione del traffico) di favore nei confronti delle proprie divisioni commerciali nella vendita di servizi di terminazione. Ciò al fine di escludere quelle società che, avvalendosi di tali servizi di terminazione, operano in concorrenza con i gestori mobili nel mercato dei servizi integrati all’utenza business. Laddove verificati, tali comportamenti costituirebbero gravi abusi di posizione dominante, aventi l’effetto di alterare la concorrenza nell’offerta di servizi integrati di fonia alle aziende, in particolare per la componente fisso-mobile.” (pagg. 18-19).
Il provvedimento di avvio ha considerato diverse ipotesi di violazione degli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101-102 TFUE), tra le quali (per quanto di rilievo in questa sede) comportamenti discriminanti dei tre MNO (Mobile Network Operator) TIM, Vodafone e WIND a favore delle proprie divisioni commerciali, consistenti nell‟offerta a queste ultime di servizi di terminazione fisso-mobile sulle rispettive reti a condizioni tecniche o economiche più favorevoli di quelle praticate a terzi.
Il procedimento istruttorio (cfr. la relativa Comunicazione delle Risultanze -CRI del 20.7.2006) ha concluso riconoscendo TIM, Vodafone e WIND imprese dominanti ciascuna nel mercato della terminazione sulla propria rete ed ha contestato a ciascuna di esse condotte abusive consistenti nell‟applicazione di condizioni economiche e/o tecniche più favorevoli alle proprie divisioni commerciali rispetto a quelle praticate ai propri concorrenti al fine di eliminare o restringere la concorrenza nei medesimi mercati all‟ingrosso della terminazione e nel mercato a valle contiguo nei servizi fisso-mobile all‟utenza aziendale.
Dal confronto effettuato delle offerte fisso-mobile business (per traffico on net e interaziendale) praticate dai tre MNO con i costi sottostanti di raccolta e terminazione fisso-mobile (cfr. CRI pag. 195 e ss.), è emerso che le condizioni praticate alle proprie divisioni commerciali ed alla propria clientela nel periodo 2000/settembre 2005 risultavano inferiori ai costi di raccolta e terminazione, non replicabili da parte di un concorrente, anche ipotizzandone una pari efficienza.
Con provvedimento del 3.8.2007 l‟AGCM ha deliberato che le descritte condotte poste in essere da TIM e WIND (si è già detto della diversa sorte di Vodafone) costituiscono distinti abusi di posizione dominante ed ha irrogato per entrambe sanzioni amministrative pecuniarie, essendo stata detta decisione confermata sia dal TAR del Lazio sia dal Consiglio di Stato. Diversamente, per Vodafone il procedimento si è chiuso con delibera di rendere obbligatorio l‟impegno ai sensi dell‟art. 14 ter comma 1 L. n. 287/1990 (doc. 4 attrice).
2.3 La decisione dell’AGCM
Va condivisa la conclusione dell‟Autorità Garante in ordine alla posizione dominante individuale detenuta dagli operatori di rete mobile TIM, Vodafone e WIND nel mercato di terminazione delle chiamate fisso a mobile della propria rete.
Ciascuna rete infatti è di proprietà di un solo gestore e le caratteristiche del servizio di terminazione su quella rete precludono la sostituibilità della domanda. Tale posizione dominante è stata confermata anche dal Consiglio di Stato (n.2438/2011) che ha affermato non esservi “dubbio, del resto, che, se è vero che sussistono tanti mercati dei servizi di terminazione quante sono le reti mobili, è inevitabile che ciascun MNO debba essere considerato dominante con riferimento alla propria rete”. Vanno del resto tenuti presenti due aspetti che connotano l‟offerta dei servizi di telefonia al dettaglio: il principio del “chi chiama paga” in forza del quale il soggetto chiamante è differente dal soggetto che, sottoscrivendo l‟abbonamento, sceglie su quale rete terminare la chiamata; e l‟assenza di sostituibilità dal lato della domanda, nel senso che una chiamata destinata al terminale mobile di un utente non può essere sostituita da una chiamata destinata ad altro utente.
Gli elementi raccolti nel corso del procedimento A357 dell‟AGCM, in forza di una articolata ed approfondita istruttoria che ha tenuto altresì conto di tutte le osservazioni dei soggetti le cui condotte sono state oggetto di esame, comprese quelle di Telecom, qui sostanzialmente ribadite, hanno inoltre messo in luce la condotta abusiva della posizione dominante dei tre operatori sotto il profilo della discriminatorietà dei prezzi praticati alle proprie divisioni commerciali più favorevoli rispetto a quelli imposti agli operatori terzi, come denunciato da Br...
Con il provvedimento conclusivo l‟AGCM ha disposto, inter alia, “che le condotte poste in essere da Te.. S.p.a. (già TIM S.p.a. e TIM Italia S.p.a.) […], configurabili come pratiche discriminatorie nei rispettivi mercati all’ingrosso dei servizi di terminazione sulle proprie reti, e consistenti nell’applicazione alle proprie divisioni commerciali di condizioni tecniche e/o economiche per la terminazione delle chiamate fisso-mobili sulle proprie reti più favorevoli rispetto a quelle praticate ai propri concorrenti, costituiscono distinti abusi di posizione dominante, in violazione dell’articolo 82 del Trattato CE”.
Con specifico riferimento a TIM, l‟AGCM ha rilevato che la condotta escludente è stata realizzata attraverso l‟imposizione, a livello wholesale, di condizioni economiche per la terminazione delle chiamate fisso-mobile su numerazioni mobili TIM on-net (ossia tra telefoni entrambi con numerazioni di TIM) e intercom (ossia tra telefoni e SIM intestate ad una stessa azienda e comunicazioni interaziendali) assai più favorevoli alle proprie divisioni commerciali rispetto ai corrispondenti prezzi di terminazione applicati ai concorrenti (i quali, quindi, hanno subito una illecita compressione dei margini - talvolta addirittura negativi - per i servizi fisso/mobile resi ai clienti finali).
In particolare, tali condotte “hanno ostacolato la rivendita di terminazione a livello wholesale, eliminando qualsiasi forma alternativa di approvvigionamento di terminazione all’ingrosso per i propri concorrenti e hanno impedito agli operatori alternativi di formulare offerte retail F/M … alla clientela aziendale in concorrenza con quelle di TIM” (vedi par. 393 della decisione dell‟AGCM).
In sede decisoria l‟Autorità ha rilevato che l‟abuso di TIM, consistente nell‟applicazione alla clientela finale di prezzi inferiori ai costi del servizio all‟ingrosso di terminazione riservato ai concorrenti, ha avuto inizio già dal secondo semestre del 1999 e si è protratto sino al 2007, e quindi fino alla data della decisione (agosto 2007). Ha ritenuto che la condotta di Te../TIM costituisse un abuso di posizione dominante ed ha irrogato una sanzione, commisurata anche alla “significativa durata [della violazione] che si protrae sino ad oggi [3.8.2007] dal 1999, per TIM”.
L‟AGCM ha altresì ritenuto che Telecom in tal modo abbia alterato il normale gioco della concorrenza sul mercato al dettaglio dei servizi di telefonia vocale fisso-mobile alla clientela business (a valle di quello all‟ingrosso dianzi esaminato), applicando ai propri clienti finali condizioni economiche per le chiamate terminate su numerazioni TIM addirittura inferiori ai costi di terminazione applicati ai propri concorrenti nel mercato all‟ingrosso del servizio di interconnessione di terminazione.
Tali conclusioni si sono fondate sul rilievo che sia la ricostruzione dei costi di un operatore efficiente per fornire al pubblico le chiamate fisso-mobile verso numerazioni TIM, sia i test di prezzo compiuti nel corso dell‟istruttoria, avevano dimostrato che le offerte di servizi fisso-mobile alla clientela aziendale su numerazioni TIM non erano replicabili con profitto da parte dei concorrenti di quest‟ultima (vedi §§ 144 e 145 della decisione). Detti concorrenti hanno conseguentemente subito una notevole compressione dei margini, anche in termini negativi, con le correlate perdite di carattere economico.
2.4 L’efficacia della decisione dell’AGCM
Così delineato il comportamento sanzionato nei confronti di TI, a proposito dell‟ambito di efficacia del provvedimento sanzionatorio merita di essere richiamata la decisione assunta dalla Corte di Cassazione con la sent. 3640 del 2009 (estensore questo stesso giudice: Cass., sez. 1°, n. 3640 del 13.2.2009, Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro-ANCL c. Inaz Paghe s.r.l.;
poi seguita da altre sentenze: sez. 3°, n. 5941/2011 e n. 5942/2011; sez. 3° n. 7039 del 9/05/2012, fino alla ord. 16 gennaio 2013, Rg 13239/2011).
Il principio stabilito da tale decisione può riassumersi nei seguenti termini.
Con riferimento ad un giudizio instaurato, ai sensi dell'art. 33, comma 2, della legge n. 287 del 1990, per il risarcimento dei danni derivanti da intese restrittive della libertà di concorrenza, pratiche concordate o abuso di posizione dominante, la delibera assunta dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni dei Giudici amministrativi che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono, in relazione all‟autorevolezza dell‟organo da cui promanano ed agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata, il cui peso ben può essere riassunto dall‟espressione “prova privilegiata”. Tuttavia è unanime l‟opinione di studiosi e interpreti, e così si espressa la sentenza in esame, che tale efficacia probatoria debba intendersi limitata all‟accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come abuso della posizione dominante. La pronuncia della Cassazione, oltre ad aver chiarito che il concetto di “prova privilegiata” non esclude che sia possibile per le parti offrire ulteriori prove a sostegno di tale accertamento, ha anche indicato che da parte dell‟autore della violazione sia possibile fornire nel successivo giudizio civile prove contrarie ai predetti accertamenti.
In ogni caso - continua la sentenza in esame - l‟ambito di efficacia della decisione dell‟AGCM va delimitato, escludendo che lo stesso valore possa essere attribuito all‟accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime. Tali ulteriori elementi possono essere schematizzati nel paradigma: sussistenza dei danni, nesso di causalità rispetto al comportamento sanzionato, individuazione degli elementi necessari alla quantificazione del risarcimento (overcharge, margin squeeze, passing-on), analisi delle diverse componenti del danno, che a seconda dei casi possono essere ricondotti alle tradizionali categorie del danno emergente, lucro cessante, perdita di chance, danno all‟immagine, e quindi valorizzazione economica di tali voci, in via cumulativa o alternativa, anche mediante l‟attribuzione di rivalutazione ed interessi.
Di tale impostazione poi è stata fatta applicazione nel noto caso del cartello assicurativo nel settore r.c. auto, dove la Corte (Cass. sez. 3, sentenza n. 11610 del 26/05/2011, Allianz Spa contro Tagliaferro) ha avuto modo di affermare che nei confronti delle imprese assicuratrici l'assicurato ha il diritto di avvalersi della presunzione che il premio corrisposto sia stato superiore al dovuto per effetto del comportamento collusivo della compagnia assicuratrice convenuta, in misura corrispondente all'incremento dei premi rispetto alla media europea, ancorché la medesima compagnia possa fornire prova contraria concernente sia la sussistenza (o la interruzione) del nesso causale tra l'illecito concorrenziale e il danno, sia l'entità di quest'ultimo. In tale specifica impostazione, la Corte ha ulteriormente precisato che qualora detta compagnia abbia partecipato al giudizio svoltosi davanti all'Autorità, riportando condanna, non può limitarsi a considerazioni generali attinenti ai dati influenti sulla formazione dei premi nel mercato delle polizze assicurative, già tenute presenti dall'Autorità, ma deve fornire precise indicazioni di situazioni e comportamenti specifici dell'impresa interessata e del singolo assicurato, idonei a dimostrare che il livello del premio non è stato determinato dalla partecipazione all'intesa illecita ma da altri fattori.
Questa impostazione tuttavia, che realizza un‟inversione dell‟onere della prova, si fonda su una presunzione che, ad avviso di chi scrive, può essere considerata valida limitatamente al caso dei cartelli. La stessa proposta di Direttiva già richiamata, infatti, limita la presunzione relativa al nesso di causalità fra comportamento concordato e danni a tale ultima fattispecie (art. 16.1).
Nel caso dell‟abuso di posizione dominante, quale quello in esame, una serie di ragioni (che non mette conto qui esaminare, ma che come si è detto non hanno determinato neppure la Commissione a proporre un‟analoga presunzione) impediscono di stabilire in termini generali una simile presunzione. Ed allora si deve fare riferimento alle regole generali in tema di onere probatorio (art. 2697 c.c.) e porre a carico della parte che propone l‟azione risarcitoria l‟onere di fornire la prova degli elementi costitutivi della propria pretesa.
E‟ evidente che un simile onere, in base ai principi generali, può essere assolto anche per il tramite di presunzioni.
2.5 La prova del nesso causale
Un indizio a favore dell‟esistenza del nesso causale tra l‟evento dannoso lamentato ed il fatto illecito discende indubbiamente dal rapporto di concorrenza sussistente tra Br.. e TI/TIM per il servizio di telefonia fisso-mobile (quantomeno per l‟ambito territoriale di pertinenza di Br..), e dagli effetti “escludenti” della illecita condotta discriminatoria e di compressione dei margini posta in essere dalla monopolista dei servizi all‟ingrosso di terminazioni sulla propria rete di comunicazioni mobili, effetti già valutati ed affermati dalla delibera dell‟AGCM. La ricostruzione del nesso causale proposta da parte attrice appare conforme ai principi elaborati da dottrina e giurisprudenza sul tema, secondo la teoria della regolarità causale, in base alla quale il danno è risarcibile nella misura in cui può essere considerato un effetto ordinario, in termini di conseguenza normale e regolarmente ricorrente (secondo il principio dell‟id quod plerumque accidit) della condotta del danneggiante. Con specifico riferimento ai danni da violazione antitrust, si può condividere la tesi del superamento del rigido criterio statistico, posto solitamente alla base del sillogismo causale, con il più ampio criterio del “più probabile che non”, ovvero della “alta probabilità logica”, ”da intendersi come grado di credenza razionale nel verificarsi di un determinato evento”. La sentenza della Cassazione (cfr. sent. sez. III, 2 febbraio 2007, n. 2305, pagg. 22/35) ha confermato che “Quanto… al nesso causale, il giudice potrà accertarne l’esistenza … in termini probabilistici o presuntivi”.
Non va infatti trascurato che secondo il principio di effettività stabilito dal Trattato e seguendo le indicazioni della sentenza Courage (Corte Giustizia CE, 20 settembre 2001, C-453799, Courage c. Créhan, § 29), sostanzialmente recepite nell‟art. 16.2 della citata proposta di Direttiva, “spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro designare i giudici competenti e stabilire le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza dell'effetto diretto del diritto comunitario, purché dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) né rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico comunitario (principio di effettività)”.
Tuttavia la medesima sentenza ha anche bilanciato la riportata affermazione con il principio di cui al successivo passaggio motivazionale (§ 30) ove si afferma: “ A tale proposito, la Corte ha già dichiarato che il diritto comunitario non osta a che i giudici nazionali vigilino affinché la tutela dei diritti garantiti dall'ordinamento giuridico comunitario non comporti un arricchimento senza giusta causa degli aventi diritto (v., in particolare, sentenze 4 ottobre 1979, causa 238/78, Ireks-Arkady/Consiglio e Commissione, Racc. pag. 2955, punto 14; 27 febbraio 1980, causa 68/79, Just, Racc. pag. 501, punto 26, e 21 settembre 2000, cause riunite C-441/98 e C-442/98, Michaïlidis, Racc. pag. I-7145, punto 31)”.
Ed è anche vero che nella citata decisione n. 2305/2007 la Suprema Corte ha cassato la sentenza del giudice di merito “essendosi essa esclusivamente ed acriticamente adagiata sul mero contenuto del provvedimento amministrativo, quasi ad avvalorare l’aberrante tesi che il danno sia in re ipsa”.
Un tentativo simile va sicuramente disatteso anche nella presente controversia, non potendosi dire che, considerato che alcune offerte TIM sono state censurate nel provvedimento A/357, necessariamente Br.. deve aver subito un danno. Tuttavia non può dirsi che l‟unico supporto che Br.. utilizza nel presente giudizio per dimostrare il nesso di causalità sia il contenuto del provvedimento dell‟AGCM. Quest‟ultimo è uno degli elementi valorizzati, sicuramente il più significativo posto che riguarda la illegittimità dell‟operato di Telecom sul mercato, vale a dire la rappresentazione della condotta e l‟apprezzamento della sua antigiuridicità, ma non è il solo.
Ricorrono nella specie, come si dirà in seguito, concomitanti elementi che concorrono a costituire le presunzioni gravi precise e concordanti ai fini e per l‟effetto di cui all‟art. 2729 cod.civ..
Merita qui ricordare come, in tema di tutela della libertà di concorrenza ai sensi della normativa comunitaria come parimenti della legge nazionale, la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico è stata ritenuta integrare, almeno potenzialmente, un danno ingiusto ex art. 2043 c.c. (si vedano, sul punto Cass. Sez. un. 6/30 dicembre 2011 n. 30165, Cass. Sez. un. 4 febbraio 2005, n. 2207, e Cass. 21 gennaio 2010, n. 993). La Suprema Corte ha ricordato che l'art. 33 della legge n. 287/90 non introduce una nuova e specifica azione risarcitoria, della quale infatti non sono in detta sede definiti in alcun modo gli estremi, ma più semplicemente individua il giudice fornito di giurisdizione e disciplina la competenza (come si è detto, cambiata dopo la legge n. 27/2012 a partire dal 21 settembre 2012) a provvedere in ordine ad azioni di nullità e di risarcimento del danno soggette alle regole generali loro proprie.
Riportandosi quindi a dette regole generali, con specifico riferimento all'azione risarcitoria per danno aquiliano, è incontrovertibile che essa presuppone la commissione di un fatto illecito produttivo di conseguenze pregiudizievoli, specificamente riferibile anche alla società odierna attrice. La sentenza delle Sezioni Unite n. 30165/2011 ricorda che l'illiceità può dipendere tanto dalla violazione di veri e propri diritti soggettivi quanto di interessi legittimi, purché si tratti di posizioni riconosciute meritevoli di tutela dal legislatore.
Conseguentemente può affermarsi che la competenza dei giudici civili a giudicare sulle azioni risarcitone indicate dal richiamato art. 33 non è limitata alle azioni in cui si discuta di un danno conseguente alla nullità di un'intesa vietata dalla disciplina della concorrenza, ma abbraccia ogni azione volta al risarcimento di danni aquiliani che siano derivati da comportamenti contrari a quanto quella disciplina prescrive, ivi compresi dunque i danni eventualmente dipendenti da un abuso di posizione dominante posto in essere in violazione dell'art. 3 della medesima legge nazionale, come dal corrispondente art. 102 TFUE.
Le Sezioni Unite hanno quindi enunciato il principio di diritto secondo cui, in base alla previsione della L. n. 287 del 1990, art. 33, comma 2, che attribuisce (attribuiva prima della legge n. 27/2012) alla Corte d'appello territorialmente competente il compito di provvedere sulle azioni di nullità e risarcimento dei danni (oltre che sui ricorsi intesi ad ottenere provvedimenti d'urgenza), spetta a detta corte pronunciarsi su un'azione risarcitoria per violazione del divieto di abuso di posizione dominante, non occorrendo a tal fine che sia individuabile uno specifico atto del quale debba predicarsi la nullità e del quale chi agisce per il risarcimento debba essere destinatario attuale o potenziale, ma essendo sufficiente che l'attore deduca (e poi ovviamente dimostri, ai fini dell'accoglimento nel merito della sua domanda) di essere un operatore del mercato in cui si è consumato l'abuso di posizione dominante e di averne perciò risentito un pregiudizio economico.
Questo principio di diritto vale naturalmente per l‟analogo caso in cui il giudice civile sia chiamato a pronunciarsi su un‟azione risarcitoria proposta con riferimento alle regole comunitarie in materia del Trattato e comunque il giudice del tribunale, dopo che anche le azioni in applicazione della legge nazionale sono state ricondotte davanti alle Sezioni specializzate dell‟Impresa (di primo e secondo grado, secondo le regole ordinarie) dal disposto dell‟art. 3 della legge n. 27/2012. Nella legge di conversione sono state così opportunamente ricondotte alla competenza delle sezioni specializzate le controversie di cui all‟art. 33 c. 2 delle legge n. 287/90 (lett. „c‟, del I comma dell‟art. 3) e le controversie relative alla violazione della normativa antitrust dell‟Unione europea (lett. „d‟), essendo stata abolita la previsione di cui al secondo comma dell‟art. 33 della legge nazionale antitrust che prevedeva eccezionalmente la competenza in primo ed unico grado delle corti d‟appello, per le controversie indicate dalla medesima norma (vedi art. 2, 6° comma, legge di conversione). Si può quindi concludere che l‟intera materia antitrust è stata attribuita alla competenza esclusiva delle Sezioni specializzate dell‟Impresa di Tribunale, per il primo grado, e delle Sezioni specializzate d‟appello, per il secondo grado. Tal previsione trova applicazione per le azioni intentate dopo il 20 settembre 2012.
Tornando al caso di specie può dirsi che, oltre alla presunzione che nasce dalla comunione - sia pur parziale quanto al profilo territoriale - dei mercati, è da tener presente altresì che la delibera dell‟AGCM ha accertato che il comportamento di TI è stato discriminatorio ed escludente per gli altri operatori del medesimo settore, fra i quali - ancorché non abbia partecipato all‟indagine - ben può collocarsi Br... Inoltre anche Br.. ha subito l‟aggravio di aver corrisposto a TI un prezzo superiore per la terminazione F/M rispetto a quello che TI ha operato alle proprie divisioni interne.
Tali elementi risultano sufficienti ad assolvere al requisito di concordanza e gravità richiesto dall‟ordinamento per considerare raggiunta una prova in termini presuntivi e far nascere così a carico dell‟altra parte l‟onere di fornire la prova contraria a tale evidenza. Certo va tenuto presente che nel caso di specie il criterio probabilistico del nesso causale dianzi evidenziato, è minato significativamente dalla circostanza che non siano state offerte prove circa un possibile sviamento della clientela, conseguente al comportamento di TI sul mercato - essendo questa la conseguenza primaria in un caso di abuso di posizione dominante per discriminazione. Ritiene, tuttavia, questo giudice che tale elemento non incida sul nesso di causalità, bensì sulle componenti del danno e quindi sulla liquidazione del risarcimento. Va poi detto - come già si è rilevato nel corso dell‟istruttoria - che lo sviamento della clientela è solo uno degli elementi di danno postulati da Br.., avendo la stessa denunciato anche il fenomeno della compressione dei margini, su cui si tornerà in seguito.
In ordine alla prova presuntiva del nesso di causalità questo giudice condivide l‟impostazione dei casi OKCom c. Te.. (Tribunale di Milano sent. n. 2159 del 2013, G.I. dott. Miccichè) e Teleunit c. Vodafone (sent. 1° ottobre 2013, G.I. dott. Massari), sui medesimi comportamenti di Telecom di cui al presente giudizio (per il secondo caso con la peculiare posizione di Vodafone, nei cui confronti il procedimento si è chiuso con delibera di obbligo di impegni ex art. 14 ter, comma I, L. n. 287/1990, senza che tuttavia tale soluzione giustamente sia stata ritenuta risolutiva ai fini della responsabilità per danni).
Anche nel presente giudizio, quanto alle condotte abusive di posizione dominante, si può condividere la valutazione già espressa dalla sentenza del Tribunale di Milano, invocata dalla difesa di parte attrice, nel caso OKCom c. Te.., risultando indubbiamente che “Dall’istruttoria compiuta dall’AGCM è così che TIM ha praticato agli OLO tariffe di terminazione superiori a quelle concesse alle proprie divisioni commerciali e addirittura ai clienti finali. Tale situazione si è riscontrata anche con riferimento ai rapporti tra TIM e OKCom. Dalla CTU contabile eseguita nel corso del giudizio … è emerso che i costi sopportati da OKCom per il servizio di terminazione di traffico su rete mobile TIM sono stati negli anni dal 2003 al 2005 superiori a quelli che TIM (e, in seguito all’incorporazione di TI, Telecom) praticava alle proprie divisioni commerciali. Risulta così che TIM ha abusato della propria posizione dominante nel mercato di terminazione sulla propria rete mobile, applicando a OKCom tariffe costi diretti di terminazione superiore a quelli praticati alle proprie divisioni commerciali e impedendo all’attrice l’utilizzo dell’accorgimento tecnico delle GSM box anche per la rivendita di traffico F/M. Attraverso tali comportamenti la convenuta ha consapevolmente praticato a OKCom condizioni economiche di sfavore. Tali condotte poste in essere dall’impresa in posizione dominante hanno determinato una discriminazione di prezzo ai danni di OKCom in aperta violazione del precetto dall’art. 82 del Trattato CE (ora art. 102 TFUE)”.
Tuttavia, concorda questo giudice con l‟assunto della difesa della convenuta, secondo cui non è sufficiente affermare l‟esistenza della violazione e la conseguente sanzione, sia pure confermata dai giudici amministrativi, per inferire l‟esistenza del danno e la riconducibilità di tale danno in rapporto causale rispetto al comportamento sanzionato. Come già si è detto è significativo al riguardo che anche la proposta di Direttiva dell‟11 giugno 2013 (COM 2013 404 def) proponga delle presunzioni solo limitatamente ai cartelli (vedi art. 16.1) e una regolamentazione speciale dell‟onere probatorio in relazione alla prospettiva del pass-on (v. artt.12 e 13), ma non giunga in alcun modo a stabilire una presunzione tra violazione e danni né in ordine al legame causale, né tantomeno circa la loro esistenza ed il loro ammontare. Non può quindi condividersi la pretesa secondo cui debba ritenersi che un danno si sia necessariamente prodotto, in modo pressoché automatico (in re ipsa) senza che sia necessario provare nulla più.
2.6 La tipologia dei danni sofferti da Br..
Può osservarsi come gli elementi sopra considerati e già valutati nella delibera dell‟AGCM appaiano tali per cui le offerte di TIM erano in astratto idonee a sottrarre il traffico fisso-mobile terminato su rete TIM anche per i clienti Br... Non basta escludere (in quanto non provata) la sottrazione di clienti, potendo essersi comunque determinata la sottrazione di traffico telefonico relativo ad una determinata direttrice. Rifersice Br.. che ciò sarebbe in effetti occorso per la provincia di Bolzano: come testimoniato in udienza dalla sig.ra Nogler, tutto il traffico da telefoni mobili e la sola porzione di traffico fisso-mobile veniva acquistato da WIND, mentre tutto il traffico da telefoni fissi (esclusa la porzione di traffico fisso-mobile) veniva acquistato da Telecom. Nello stesso senso, osserva la difesa di Br.., una delle offerte di TIM censurate dal Provvedimento A/357, sarebbe stata idonea a sottrarre a Br.. il traffico fisso-mobile del proprio cliente, mentre i rimanenti servizi di telefonia fissa sarebbero comunque stati forniti al cliente da Br...
In proposito tuttavia appare convincente il rilievo della difesa Telecom secondo cui, se davvero le offerte di TIM censurate nel Provvedimento A/357 avessero avuto una diffusione così generalizzata, non è spiegabile che Br.. non sia stata capace di menzionare un solo caso relativo ad un proprio cliente il cui traffico fisso-mobile sia stato fornito da Telecom invece che da Br... Analogamente Br.. non è stata in grado di fornire documenti da cui risultasse che un cliente le abbia chiesto uno sconto sul traffico fisso-mobile quale conseguenza di un‟offerta TIM, oppure ancora un documento da cui risultasse anche solo la consapevolezza dell‟esistenza di offerte TIM aventi ad oggetto (anche) il traffico fisso-mobile, oltre che il traffico da telefoni mobili.
Dopo aver colto tali contestazioni, Br.. ha chiamato a testimoniare la sig.ra Noegler della Provincia di Bolzano, indicando quest‟ultima come esempio di cliente a cui TIM avrebbe commercializzato traffico fisso-mobile a condizioni irreplicabili. La risposta della teste per quanto riguarda la Provincia di Bolzano è stata nel senso che il traffico fisso-mobile veniva fornito alla Provincia da Wind e che Br.. non ha mai neppure offerto i propri servizi (nonostante modifiche al bando di gara intese proprio a favorire la partecipazione dell‟attrice).
Si condivide l'assunto di parte convenuta che effettivamente Br.. abbia fallito nella prova a tale riguardo, così minando la presunzione della sottrazione di clienti o di traffico. L‟attrice infatti avrebbe agevolmente potuto menzionare i clienti Br.. a cui TIM abbia venduto traffico telefonico fisso-mobile, o abbia tentato di vendere traffico fisso-mobile. Una simile offerta probatoria non avrebbe richiesto a Br.. nulla di “praticamente impossibile o eccessivamente difficile”.
Ritiene quindi questo giudice che l‟asserito danno da sviamento di clientela o di traffico non possa essere autonomamente considerato. Rimangono invece da prendere in considerazione gli ulteriori profili dedotti e cioè la compressione dei margini di guadagno ed il richiesto “overcharge”.
Il primo profilo di danno (il c.d. “margin squeeze”) risulta effettivamente subito, essendo conseguente alla discriminazione di prezzo per il traffico veicolato direttamente o indirettamente da Br.. e per il quale i costi di terminazione sono stati superiori a quelli operati da TI alle proprie divisioni interne. Tale approccio - prospettato fin dall‟inizio da Br.. e sul quale si sono attestate le complesse operazioni peritali svolte nel contraddittorio dei CTP - assorbe in sé il c.d. “overcharge”.
Insiste la difesa dell‟attrice nel voler vedere liquidare in modo autonomo tale ultima voce di danno. Si rende conto questo giudice che la strada scelta nel presente caso è diversa rispetto a quella fatta propria dai giudici dei casi OKCom e Teleunit (su indicazione di un diverso Consulente, lo stesso per entrambi detti casi), ma ritiene di dover ribadire la scelta già operata in fase istruttoria e in occasione dell‟affidamento del supplemento di indagine ai CTU.
L‟ “overcharge” infatti è il presupposto dell‟azione risarcitoria, in quanto la verifica della sua sussistenza vale a dimostrare l‟abuso di posizione dominante operato da Telecom anche nei confronti di Br.., ma nella peculiare situazione del danno antitrust non rappresenta una voce di danno (il c.d. danno emergente, secondo le categorie abitualmente utilizzate) che si va necessariamente a sommare con il danno da lucro cessante. E‟ significativo che anche nelle due sentenze già sopra richiamate (nei casi OKCom e Teleunit), liquidato il danno da “overcharge”, non si sia liquidato il danno da lucro cessante.
Si ricorda che anche il calcolo basato sul sovrapprezzo o “overcharge” finisce per essere una semplice previsione fondata su presunzioni, laddove non è dato conoscere, né è stato possibile accertare quali siano stati i costi operati da Telecom alle proprie divisioni commerciali. Per calcolare una differenza di prezzo ai fini risarcitori è infatti necessario conoscere il diminutore e cioè il prezzo operato da Telecom alle proprie divisioni interne. Mentre per l‟AGCM è stato sufficiente accertare che in relazione ai prezzi finali operati sul mercato Telecom doveva aver operato alle proprie divisioni commerciali dei prezzi molto ridotti, essendo i prezzi finali operati agli operatori terzi già superiori al prezzo operato a valle da Telecom, per il giudice civile, che deve liquidare il risarcimento, è necessario conoscere i prezzi interni di Telecom, per poterli sottrarre dai prezzi operati agli altri operatori concorrenti e calcolare così l‟ “overcharge”.
I CTU nominati in questa sede (due illustri professori universitari esperti della materia) hanno escluso la possibilità di pervenire ad individuare - sia pure in via presuntiva ed approssimata - i prezzi operati da Telecom alle proprie divisioni commerciali ed hanno optato per la diversa soluzione di calcolare, non quanto Br.. ha pagato in più per la terminazione, ma di quanto la stessa in definitiva ha visto ridursi il proprio margine di guadagno nello specifico settore, così riassorbendo i maggiori costi nel calcolo del diminuito guadagno.
3 L’accertamento dei danni e la Consulenza Tecnica
3.1 L’assunto di parte attrice
In relazione al pregiudizio subito parte attrice nella proposta azione lamenta - oltre al danno da perdita di clientela e/o di chance - anche il danno da overcharge, quale asserita conseguenza dell'abuso di posizione dominante esercitato nei suoi confronti dalla convenuta Telecom.
Il danno da overcharge è evidentemente rappresentato dalla circostanza che, a seguito dell'ingiustificato aumento dei prezzi praticati dall'impresa dominante per la vendita dei propri prodotti, l'impresa “cliente” acquista tali prodotti ad un prezzo maggiorato.
In un simile caso si delineano due alternative: nella prima ipotesi l'impresa acquirente attua a sua volta un ricarico del prezzo di vendita dei propri prodotti (passing-on dell‟overcharge), riducendo per l'effetto il volume delle proprie vendite (ad un prezzo più alto meno acquirenti sarebbero disposti ad acquistare il bene, come attestato dalla Corte di Giustizia nel caso C-147/01 Weber's Wine World, ove “anche laddove sia possibile stabilire che il sovrapprezzo sia stato traslato in tutto o in parte a terzi...la persona può in ogni caso soffrire come risultato di tale politica una diminuzione nei suoi volumi di vendita”), anche se in tal caso gli effetti negativi del sovrapprezzo potrebbero essere condizionati in parte dalle condizioni del mercato a valle, ed in particolare, dal grado di sostituibilità del prodotto (elasticità della domanda). Nella seconda ipotesi l'impresa vittima dell'abuso, come lamenta Br.. nel caso in esame, potrebbe rinunciare a traslare il sovrapprezzo sui propri clienti e potrebbe assorbirlo al proprio interno.
Questa seconda ipotesi si potrebbe effettivamente verificare allorché l'impresa operi in un mercato downstream di tipo competitivo, ove i diretti concorrenti non abbiano subito il medesimo ricarico dei prezzi o perché, ad esempio, si riforniscono da venditori estranei alla condotta anticoncorrenziale, ovvero si tratti di imprese dominanti verticalmente integrate.
Nel caso di specie, Br.. assume di aver "internalizzato" il sovrapprezzo praticato da Telecom e chiede solo in subordine (vedi pag. 48 punto 11.3 dell'atto di citazione) di essere risarcita del danno patito, individuato nella differenza tra il prezzo pagato a Telecom per i servizi di terminazione fisso-mobile ed il minor prezzo che avrebbe pagato qualora le fossero state applicate le medesime condizioni che Tim/Telecom applicava alle divisioni commerciali interne.
Ha quindi quantificato la propria pretesa risarcitoria con riferimento al danno patrimoniale emergente che assume di aver subito a causa della maggiore tariffa di interconnessione corrisposta per terminare il traffico sulla rete mobile di Tim, per il periodo dal 2003 al 2007, indicando per tale voce la somma di €. 2.242.443,70 (pag. 49 dell'atto di citazione)
In via principale ha chiesto il rimborso del margine negativo fra ricavi e costi sostenuti (pagg. 43/44 della citazione), indicato per gli anni dal 2001 al 2005 in €. 445.073,43, chiedendo in aggiunta il risarcimento del lucro cessante in termini di perdita di profitti sofferta per la compressione dei margini di guadagno conseguente al comportamento di TIM , quantificato in €. 1.811.835,37 (par. 11.2 pag. 45/47 della citazione) e così in totale €. 2.256.908,80.
3.2 L'incarico ai CTU
In base alle contrapposte tesi delle parti questo giudice ha formulato il quesito per i CTU, quesito peraltro discusso e concordato con i legali delle parti, impostandolo sull‟ipotesi del c.d. margin squeeze, ovvero sulla considerazione della compressione dei margini di guadagno che Br.. avrebbe subito come conseguenza dell‟abuso di posizione dominante di TIM/Telecom.
Il quesito si articolava così su due punti principali che invitavano i CTU ad indagare: 1) se Br.. nel periodo in osservazione (2001/2007) fosse stata costretta a praticare, come conseguenza causale diretta degli abusi denunciati e accertati nel procedimento indicato, prezzi inferiori per la terminazione fisso mobile verso cellulari TIM rispetto a quelli che avrebbe praticato se Te.. non avesse offerto la terminazione fisso-mobile verso cellulari TIM alle proprie divisioni commerciali a prezzi inferiori al prezzo all'ingrosso praticato a Br..;
2) nel caso di risposta affermativa al primo quesito, tenendo conto dei possibili fattori incidenti, individuati in base alle difese ed eccezioni delle parti (e cioè dei comportamenti di TIM nel campo delle offerte fisso-mobile, dei comportamenti di Te.., degli operatori concorrenti di Br.. e di Br.. stessa nel campo delle offerte fisso-mobile, della tipologia di clientela servita da Br.., nonché del fatto che il servizio di telefonia fisso-mobile su rete TIM era solo uno dei servizi offerti da Br.. alla sua clientela finale), i CTU dovevano accertare gli eventuali effetti dannosi per essere stata Br.. costretta - tra il 2001 e il 2007 - nella fornitura di servizi di telefonia fisso-mobile, terminati su rete TIM, a praticare prezzi inferiori a quelli che avrebbe praticato se TI non avesse offerto alle proprie divisioni commerciali prezzi inferiori al prezzo all'ingrosso per la terminazione fisso mobile verso TIM. L‟invito rivolto ai consulenti aveva sempre come presupposto il collegamento fra gli effetti verificati e l‟abuso per cui Telecom era stata sanzionata (“se e nella misura in cui tali effetti dannosi siano causalmente connessi in via diretta con l'abuso denunciato”).
Con riferimento al c.d. “margin squeeze”, merita di essere richiamata la decisione del Tribunale di Primo Grado UE (sent. del 10 aprile 2008), nel caso Deutsche Telekom c. Commissione, nel punto in cui ha affermato che: “L‟abuso … consiste nell‟imposizione di prezzi non equi sotto forma di una compressione dei margini tra prezzi e costi a scapito dei suoi concorrenti”. La sentenza in altro punto recita: “esiste una compressione dei margini tra prezzi e costi abusiva se la differenza tra le tariffe al dettaglio praticate da un‟impresa dominante e la tariffa all‟ingrosso per la fornitura di prestazioni equiparabili ai suoi concorrenti è negativa o insufficiente a coprire le spese specifiche dei prodotti dell‟operatore dominante per la fornitura dei propri servizi al dettaglio nel mercato a valle” ; e continua “un potenziale concorrente altrettanto efficiente quanto [Deutsche Telekom] potrebbe entrare sul mercato dei servizi di accesso al dettaglio subendo perdite”.
Nel caso in esame va considerato che nella decisione del caso A357, l‟AGCM ha qualificato la discriminazione interno/esterno quale pratica escludente, operando un confronto tra i prezzi pagati dagli operatori per i servizi all‟ingrosso di terminazione su rete mobile Wind e i prezzi di servizi fisso-mobile retail alla clientela business di Telecom. Ha quindi utilizzato una descrizione della pratica abusiva come discriminazione interno/esterno conducendo una verifica empirica per dimostrare l‟abuso, verifica basata sul test di imputazione, appunto coerente con la nozione di margin squeeze. L‟indagine e la sanzione non si sono quindi basate su un‟ipotesi di “prezzo predatorio”, a fronte del quale risulterebbe puntuale il calcolo dell‟overcharge, bensì - si ripete - sulla riscontrata discriminazione interno/esterno. L‟AGCM ha considerato che i prezzi retail sulle specifiche direttrici di traffico considerate, fossero quantomeno non inferiori ai costi imputati da Telecom alle proprie divisioni commerciali.
Si ritiene quindi quale criterio maggiormente puntuale ed esaustivo per il caso di specie commisurare il risarcimento dovuto a Brennercon al calcolo della possibile riduzione del margine di guadagno della stessa.
Tale criterio è da preferire al più semplicistico criterio dell‟accordare la differenza di prezzo denominata “overcharge” per una serie di ragioni. In primo luogo perché come si è detto è risultato impossibile quantificare il prezzo interno operato da Telecom alle proprie divisioni, non risultando tali dati dalla contabilità di bilancio e non essendo stato possibile pervenire ad una loro individuazione per altra via.
In secondo luogo, l‟ “overcharge” non è di per sé rappresentativo del danno subito, essendo verosimile il fenomeno del “passing-on”, non avendo l‟attrice neppure provato di aver internalizzato i costi. Ancora, laddove Br.. avesse avuto un trattamento migliore, ad esempio pari a quello operato da Telecom alle proprie divisioni interne, tale vantaggio di prezzo sarebbe stato applicato anche agli altri concorrenti, con la conseguenza che tutti i competitors avrebbero abbassati i prezzi nei confronti della propria clientela. E‟ verosimile infatti supporre che ciascun concorrente avrebbe cercato di accrescere la sua quota di mercato proporzionalmente alle condizioni di maggior favore. Tuttavia, nello stesso modo si sarebbero comportati anche gli altri operatori, non individuandosi quindi una posizione di vantaggio per nessuno di essi.
E‟ da rimarcare infine che anche nelle “Guidelines sulla quantificazione del danno nelle azioni di risarcimento fondate sulla violazione degli artt. 101 o 102 del TFUE” (in GUUE 13.6.2013) il criterio del sovrapprezzo sia indicato quale metodo di elezione nel caso dei cartelli (§§ 136 e ss.), mentre è richiamato in maniera più sfumata per altre tipologie di infrazioni (vedi § 174) e non è richiamato fra i possibili criteri per la “Quantificazione del danno generato da pratiche di esclusione” (parte 4 §§ 180 e ss.), essendo per tali casi privilegiato il criterio che fa riferimento ai “mancati guadagni” (appunto il “margin squeeze” della versione inglese). Solo per l‟ipotesi in cui un concorrente sia anche cliente dell‟autore dell‟infrazione (§§ 215, 216), il concorrente escluso può chiedere sia il risarcimento per l‟aumento dei costi generato dall‟infrazione, sia i mancati guadagni “visto che i volumi prodotti o venduti sono inferiori a quelli che sarebbero stati raggiunti in assenza dell‟infrazione” . Il par. 216 conclude tuttavia osservando che i clienti del concorrente-vittima (denominato Eusolv nell‟esempio offerto dalle Linee Guida) potrebbero chiedere il risarcimento dei danni in caso di trasferimento del sovrapprezzo ed Eusolv potrebbe chiedere il risarcimento per i volumi persi a causa dell‟aumento dei prezzi, ma anche le Linee Guida non aggiungono altro sul punto.
Brennercon afferma di non aver traslato il sovrapprezzo, ma tale assunto non è risultato provato in causa. In ogni caso, seppure non avesse scaricato a valle il sovrapprezzo pagato, la riduzione dei suoi guadagni è determinata anche dal maggior costo internalizzato, cosicché il risarcimento del “margin squeeze” vale a coprire anche questa perdita. Come meglio di vedrà in seguito l‟aumento delle tariffe finali di Br.. è da ritenersi generato dall‟aumento dei costi di terminazione.
Alla luce di quanto osservato, sembra quindi che il criterio dell‟ “overcharge” non sia quello idoneo a rappresentare il danno subito realmente dai concorrenti a causa del comportamento abusivo imputato a Telecom.
3.3 I rilievi dei CTU
La relazione dei CTU ha evidenziato innanzitutto come risulti dagli atti che Br.. rivolga la sua offerta (genericamente) alla clientela aziendale, senza che nulla escluda che le sue offerte possano interessare la grande utenza. Si può in proposito condividere il rilievo secondo cui, riguardando il provvedimento n. 17131 l‟intero territorio nazionale ed essendo stato considerato il mercato geografico esteso all‟intero territorio nazionale, avrebbe dovuto essere Telecom a dimostrare che nell‟area di competenza di Br.. (il nord-est) la situazione si differenziava dal resto d‟Italia. Telecom al contrario non ha fornito nessun elemento al riguardo, onde appare condivisibile l‟approccio seguito dei CTU che hanno ritenuto che, in presenza della evidenza presentata dal provvedimento AGCM e dalla documentazione agli atti relativa al procedimento A357, non fosse possibile confermare la tesi di Te.. e si dovesse quindi ritenere che i comportamenti censurati nei confronti di TI/TIM si riferissero, sull‟intero territorio nazionale, all‟intera clientela business e che le offerte delle due imprese insistessero sulla medesima clientela, sia pure nella porzione nord-est del territorio nazionale.
Parimenti è risultato provato come le offerte di Te.. fossero rivolte alla intera clientela aziendale, senza differenziazioni né per dimensioni né per area geografica.
Quanto agli 11 principali clienti di Br.. per i quali TI/TIM ha asserito che non sarebbero stati interessati dalle offerte sanzionate dall‟AGCM, i CTU hanno ribadito che il citato provvedimento dell‟AGCM chiarisce come la clientela interessata dalle offerte sanzionate coincidesse con l‟intera clientela aziendale, cosicché le affermazioni di parte convenuta risultavano contraddette dalle risultanze del procedimento in questione. Quanto alla doglianza del CTP di Telecom, prof. Prosperetti, in relazione alla mancata considerazione da parte dei Consulenti dell‟Ufficio della documentazione consegnata dallo stesso CTP in allegato alla sua memoria del 9 marzo 2012 e delle considerazioni svolte dallo stesso CTP, non può essere sanzionata la scelta operata dai CTU di non prendere in considerazione tale ulteriore documentazione, a fronte dell‟opposizione espressa dal CTP e dai legali di Br.., per simmetria con l‟analogo atteggiamento di TI/TIM, di non prendere in considerazione documenti depositati dopo le preclusioni processuali già realizzatesi.
Quanto alla liquidazione del danno, l‟approccio che hanno seguito i CTU per rispondere al quesito si basa, secondo lo schema tipico del risarcimento del danno in materia antitrust, su un confronto tra lo scenario effettivo e un ipotetico scenario c.d. “controfattuale” in cui si supponga che TIM/TI applichi alle proprie divisioni commerciali la stessa tariffa di terminazione applicata agli altri operatori e nello specifico a Br...
In questo modo, efficacemente secondo la valutazione di questo giudice, i CTU hanno cercato di quantificare l‟effetto che i maggiori costi sopportati dalle divisioni commerciali di TIM/TI nello scenario controfattuale (rispetto allo scenario effettivo) possono avere esercitato sui prezzi finali e sui profitti di Br...
Parimenti questo giudice ritiene convincente il rilievo dei CTU secondo cui nei mercati oligopolistici a fronte di variazioni dei costi di una impresa corrispondano variazioni dei prezzi di quella stessa impresa e quindi, a cascata, variazioni dei prezzi delle imprese rivali. Da tale rilievo consegue che un eventuale aumento dei costi di terminazione sopportati dalle divisioni commerciali di TIM/TI avrebbe consentito a Br.. di praticare tariffe finali più elevate.
Altra considerazione logica, convincente e da condividere è quella secondo cui maggiore è il grado di sostituibilità dei prodotti offerti, maggiore sarà la pressione competitiva e maggiore sarà l‟effetto che l‟aumento del prezzo della prima impresa avrà sul prezzo delle imprese rivali.
Quindi, per stimare in che misura Br.. avrebbe potuto aumentare le tariffe finali per la direttrice fisso-mobile, i CTU hanno operato come segue:
(i) hanno stimato di quanto sarebbero aumentati i costi delle divisioni commerciali di TIM/TI se avessero pagato la stessa tariffa di terminazione delle imprese rivali, tra cui Br.. (sezione 3.2);
(ii) hanno stimato in che misura tale aumento di costi si sarebbe riverberato sulle tariffe finali di Br.. (sezione 3.3);
(iii) hanno stimato infine l‟effetto prodotto dalla variazione delle tariffe finali sui profitti di Br.. (sezione 3.4).
I CTU hanno quindi concluso che il valore massimo della traslazione dell‟aumento dei costi di un‟impresa sui prezzi dell‟impresa rivale è pari al 33% dell‟aumento dei costi stessi, nel caso in cui le imprese operino in un mercato duopolistico, tale essendo la previsione quantitativa degli effetti che variazioni del costo di un‟impresa possono avere sui prezzi dell‟altra impresa.
Recependo le argomentazioni del CTP di Te.., i CTU hanno sviluppato l‟analisi del funzionamento di un modello oligopolistico nella formulazione più generale in cui operano più imprese, verificando che al variare della struttura di mercato si modifica l‟effetto prodotto da un aumento del costo unitario di una delle imprese sul prezzo delle altre. In particolare, all‟aumentare del numero di imprese attive sul mercato, si riduce l‟effetto che un aumento dei costi unitari di una di queste imprese produce sui prezzi delle altre.
Dovendo costruire delle ipotesi sulla struttura di mercato e sul grado di sostituibilità tra i prodotti delle imprese attive sul mercato stesso, i CTU hanno proposto una quantificazione basata sull‟ipotesi che insistano sul mercato quattro imprese di dimensioni comparabili, rilevando come passare a valori superiori (oltre a problemi di plausibilità) non modifichi i risultati in misura sensibile.
In questo contesto, il valore massimo del coefficiente di traslazione dell‟aumento di costi di un‟impresa sul prezzo delle altre (stimato in riferimento al caso di beni perfetti sostituti) è pari al 14,3% e assume valore inferiori per livelli più bassi di sostituibilità tra i prodotti delle imprese.
I CTU hanno poi ragionato ipotizzando tre possibili scenari, ovvero un grado di sostituibilità moderata, medio-alta ed elevata; su questa base, hanno ottenuto una stima del coefficiente di traslazione (indicato con β) compreso tra il 10% e il 14,3%, come riportato nella seconda colonna della tabella di cui a pag. 22 della relazione. L‟aumento delle tariffe finali di Br.. generato dall‟aumento dei costi di terminazione delle divisioni commerciali di TIM/TI è quindi pari al prodotto tra il coefficiente di traslazione β e l‟aumento dei costi di terminazione ΔcT quantificato nell‟ultima riga della tabella 1. La tabella seguente riporta tale stima (indicata con ΔpB ) per ciascuno degli anni di causa e per diversi valori del coefficiente di traslazione adottato.
Il pregiudizio anticoncorrenziale lamentato da Br.. è stato oggetto di approfondimento nella relazione integrativa della consulenza tecnica depositata in data 13 dicembre 2012.
In particolare, il supplemento di consulenza ha indagato la possibile variazione del danno stimato al variare del numero dei concorrenti sul mercato di riferimento, valorizzando due scenari ipotetici: il primo ottenuto utilizzando imprese in posizione reciprocamente simmetrica (intendendosi per simmetria l‟uguale detenzione di potere di mercato) ed il secondo riferito ad imprese reciprocamente asimmetriche. Il primo scenario, cui fanno riferimento le tabelle 4 (coefficiente variazione costi) e 5 (valore del danno totale, attualizzato al 2012) del supplemento di relazione, si articola in diverse voci, basate sia su un diverso grado di sostituibilità dell‟offerta, sia su un diverso numero di concorrenti, supposti uguali fra loro. Secondo i dati riportati nelle tabelle 4 e 5 i CTU hanno dimostrato che, all‟aumentare del numero di imprese, l‟effetto di impatto provocato dall‟aumento dei costi di terminazione praticati da TI su Br.. si riduce, riducendosi conseguentemente anche il danno da essa patito. Tale aumento si rileva quale marginale in quanto, se è possibile osservare differenze significative nel passaggio da un numero di concorrenti da due a tre, tali differenze diminuiscono all‟aumentare del numero di concorrenti ipotetici presi in considerazione. Al contrario, hanno riferito i CTU, accade nel caso operino sul mercato di riferimento imprese reciprocamente asimmetriche, in relazione alla quota di mercato detenuta dalle stesse; ai Consulenti è parso opportuno fare riferimento ad un criterio di calcolo per misurare la relazione tra grado di concentrazione delle imprese noto come “indice HHI” (Herfindahl - Hirshmann Index). Dal grado di concentrazione così ottenuto, i consulenti hanno evidenziato come il livello medio della differenza tra prezzo e costo marginale sia direttamente proporzionale a detto “indice HHI”, ove a valori crescenti dell‟indice, maggiore è il discostarsi del prezzo praticato dall‟impresa rispetto al suo costo marginale e, quindi, al livello del prezzo di equilibrio definito “Pe” , in una situazione di concorrenza perfetta.
Tale strumento è stato ritenuto utile dai Consulenti nella misura in cui l‟ “indice HHI” può essere utilizzato anche in presenza di imprese asimmetriche tra loro (in relazione inversa di 1/x, ove x indica HHI in una situazione asimmetrica). Per eseguire il calcolo sopra suggerito, i Consulenti dell‟Ufficio si sono basati sulla prova delle quote di mercato allegata agli atti del procedimento A357 e riportata al par. 115 del provvedimento (quote di mercato delle imprese dominanti sul mercato nazionale) e hanno riferito detti dati nelle tabelle 6 e 7, riprodotte a pag. 9 del supplemento di relazione. Hanno quindi stimato un livello di concentrazione del mercato pari a due, potendosi utilizzare tale valore per indicare sia un mercato in cui operano due imprese di uguale “peso”, sia un mercato in cui vi sia un‟impresa dominante e più imprese di minori dimensioni.
3.4 La quantificazione del risarcimento
I CTU hanno concluso nella relazione datata 22 luglio 2012 che il danno complessivo sofferto da Br.. risultava compreso tra un minimo di 279.207 Euro, per il caso di sostituibilità moderata, ad un massimo di 399,267 Euro, nel caso di sostituibilità elevata.
Nel supplemento di relazione, su invito del G.I. hanno proceduto ad attualizzare il danno calcolato ai valori storici per i diversi anni (dal 2001 al 2007) ai valori correnti.
Il tasso di rendimento da utilizzare è stato scelto con riferimento alle attività finanziarie in cui investirebbe un investitore medio ed hanno così fatto riferimento al tasso dei Btp triennali. La scelta appare adeguata e condivisibile.
Considerando un grado di sostituibilità medio alto (apparendo prudente, in mancanza di dati più precisi, attenersi a valutazioni medie) si ottiene un totale attualizzato pari ad €. 433.043.
Quanto al secondo quesito risolto dai CTU nel supplemento di relazione, si deve rilevare che il numero dei concorrenti originariamente considerato, di 4 imprese, si attesta su un valore medio (le tabelle 4 e 5 di pag. 6 del supplemento variano da 2 a 7 imprese) ed è quindi preferibile, per le ragioni già espresse. Inoltre, nella localizzazione geografica di Br.. è emerso che vi erano almeno tre concorrenti (Telecom, Br.., ma anche Wind, vedi testimonianza sig.ra Nogler), ma secondo nozioni di comune esperienza e secondo quanto emerge dall'indagine dell'AGCM anche Vodafone. E' quindi verosimile che nella zona vi fossero 4 concorrenti. Ne consegue che anche alla luce del supplemento di relazione si ritiene di confermare il dato medio di €. 433.043, arrotondato ad €. 433.000. Va considerato che tale dato è per altro prossimo alla somma richiesta da Br.. a titolo di “overcharge” e quantificata in €. 445.073,43.
Per le ragioni già esposte non ritiene questo giudice di concedere il risarcimento per tutte le voci di danno prospettate, ed in particolare per l'“overcharge” in aggiunta al “margin squeeze”.
Conclusivamente si può considerare che per la valutazione del risarcimento conseguente all‟abuso di posizione dominante imputato a Telecom si debba necessariamente procedere ad una scelta di tipo discrezionale, posto che nella prospettazione del c.d. scenario controfattuale non è possibile pervenire a dati certi, ma ci si deve attenere a semplici ipotesi, sia pure supportate dai criteri della scienza econometrica cui hanno fatto riferimento i CTU. Tale valutazione discrezionale nel caso di specie deve essere formulata in via equitativa, in termini di estrema prudenza, anche in considerazione del fatto che Br.. non è risultata particolarmente attiva sul mercato (significativo l‟episodio emerso della testimonianza raccolta su indicazione della stessa attrice, in cui è risultato che Br.. non avesse formulato alcuna offerta nonostante il bando fosse stato modificato proprio per consentire la sua partecipazione) e che la stessa opera su un mercato ristretto ad una specifica zona del territorio italiano.
Si vuole infatti qui evitare che il sistema risarcitorio si traduca in un meccanismo premiale per chi sul mercato non ha dimostrato particolare spirito di iniziativa o ambizioni espansionistiche, né si è sobbarcata i rischi di porre in essere un‟attiva partecipazione alle dinamiche concorrenziali.
La determinazione del risarcimento nella indicata somma di €. 433.000 si ritiene esaustiva di ogni profilo denunciato e risultato dimostrato in causa.
La somma indicata di €. 433.000 è da intendersi comprensiva degli interessi compensativi, in relazione al criterio di calcolo scelto per adeguare l‟importo capitale “storico” ai valori attuali. Su detta somma saranno invece dovuti gli ulteriori interessi al tasso legale, dalla presente pronuncia al saldo.
4. La statuizione sulle spese
Le conclusioni definitive circa le domande svolte dalle parti e l'accoglimento della domanda attorea in termini quantitativi significativamente inferiori alla richiesta inducono a ritenere sussistenti giusti motivi per compensare in ragione della metà le spese del presente giudizio, ponendo a carico della convenuta Te.. la metà delle spese processuali dell'attrice. Tali spese, in relazioni al valore della causa, sono liquidate in base al D.M. 20.7.2012 n. 140, secondo il valore medio di liquidazione, con aumento del 30% dello scaglione relativo al quantum riconosciuto. Tali spese vengono liquidate in favore di Br.. per l'intero nella somma di €. 32.000, di cui €. 30.000 per compenso, €. 2.000 per spese, oltre accessori nella misura di legge.
Analoghe ragioni inducono a porre a carico di parte attrice un terzo delle spese di CTU ed i rimanenti due terzi a carico della convenuta, nella misura già liquidata in corso di causa.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio fra le parti,
accerta che i comportamenti posti in essere da TIM/Te.. S.p.A. descritti negli atti di causa concretano abuso di posizione dominante, ai sensi dell‟art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell‟Unione Europea, in danno di Br.. S.p.a., e per l‟effetto condanna la convenuta al risarcimento dei danni cagionati a Br.. S.p.a. in conseguenza della condotta illecita e anticoncorrenziale sopra evidenziata, liquidando detti danni nella somma di €. 433.000, in moneta attuale e comprensiva degli interessi maturati ad oggi, con gli ulteriori interessi al tasso legale, dalla presente pronuncia al saldo;
compensa tra le parti le spese del presente giudizio nella misura della metà e condanna la convenuta al pagamento della residua metà in favore dell'attrice, nell'ammontare di €. 16.000, oltre agli accessori nella misura di legge;
pone a carico dell'attrice un terzo delle spese di CTU, nella misura già liquidata in corso di causa, e pone i residui due terzi a carico della convenuta.
Così deciso in Milano, dalla Sezione Specializzata in materia di Impresa, il 27 dicembre 2013.
Il Giudice
dott. Marina Anna Tavassi