Impiegati dello stato - disciplina - in genere facoltà del dipendente di non eseguire un ordine
Impiego pubblico - impiegati dello stato - disciplina - in genere facoltà del dipendente di non eseguire un ordine - palese illegittimità dell’ordine - portata oggettiva - necessità - obiezione ragionevole del dipendente – presupposti - Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 31086 del 30/11/2018
In tema di pubblico impiego, la facoltà del dipendente di non eseguire un ordine, previa rimostranza a chi lo ha impartito, prevista dall'art. 17 del d.P.R. n. 3 del 1957 e dalla contrattazione collettiva di vari comparti, presuppone che la "palese" illegittimità sia oggettiva, derivando, anche se non dal compimento di un atto vietato dalla legge penale o costituente illecito amministrativo, comunque da altri vizi, quali violazioni dei generali principi di buona fede e correttezza di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., che alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all'art. 97 Cost., devono essere rispettati dalla PA nell'emanazione degli atti che rivestono la natura di determinazioni negoziali assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro; ne consegue che, pur non sussistendo un obbligo incondizionato del pubblico dipendente di eseguire le disposizioni, ivi incluse quelle derivanti da atti di organizzazione, impartite dai superiori o dagli organi sovraordinati, il limite al dovere di obbedienza, derivante dall'illegittimità dell'ordine ricevuto, deve fondarsi su di un'obiezione ragionevole, basata su una illegittimità reale e oggettiva, che può essere esternata e percepita anche soltanto dal destinatario dell'ordine medesimo, ma esclusivamente nel suo ruolo di "sentinella" e di collaboratore volto ad assicurare la legalità dell'Amministrazione, che gli deriva dall'art. 54, comma 2, Cost., e non per finalità, ragioni e percezioni meramente personali.
Corte di Cassazione, Sez. L, Sentenza n. 31086 del 30/11/2018