Mediazione - quali siano le regole fiscali e tributarie
Mediazione - quali siano le regole fiscali e tributarie cui debbano uniformarsi gli organismi di conciliazione forensi - come debba essere previste nei bilancio preventivo del consiglio dell’ordine la previsione di finanziamenti e sostegni economici a fronte dei costi di attuazione che graveranno sull’ ordine - quale sarebbe la sorte di eventuali utili che derivassero da tali attività e come andrebbero tassate e destinate” a cura di Claudio Berliri
Mediazione - quali siano le regole fiscali e tributarie cui debbano uniformarsi gli organismi di conciliazione forensi - come debba essere previste nei bilancio preventivo del consiglio dell’ordine la previsione di finanziamenti e sostegni economici a fronte dei costi di attuazione che graveranno sull’ ordine - quale sarebbe la sorte di eventuali utili che derivassero da tali attività e come andrebbero tassate e destinate” PARERE PRO VERITATE
dell'avv. CLAUDIO BERLIRI
Roma, 3 febbraio 2011
PARERE PRO VERITATE
Il sottoscritto avv. CLAUDIO BERLIRI, nato a Roma il 18.07.1936 (c.f. BRL CLD 36L18
H501J), con studio in Roma, Via Alessandro Farnese n. 7
premesso
- che numerosi Ordini territoriali hanno richiesto al Consiglio Nazionale Forense
delucidazioni in ordine alla disciplina da applicare ai rapporti economici legati al
funzionamento degli organismi di conciliazione e mediazione di cui al D.lgs. n. 28 del 4
marzo 2010, attuativo del D.lgs. n. 69 del 19 giugno 2009;
- che i chiarimenti richiesti dagli Ordini territoriali sono stati riassunti dal CNF nel
seguente quesito:
“premesso che
il d.lgs. 04/03/2010 n. 28 attuattivo dell’ l’articolo 60 della legge 19 giugno 2009, n.
69, recante delega al governo in materia di mediazione e di conciliazione delle
controversie civili e commerciali, prevede all’art. 18 che “i consigli degli ordini degli
avvocati possono istituire organismi presso ciascun tribunale, avvalendosi di
proprio personale e utilizzando i locali loro messi a disposizione dal presidente del
tribunale. gli organismi di conciliazione presso i tribunali sono iscritti al registro a
semplice domanda, nel rispetto dei criteri stabiliti dai decreti di cui all’articolo 16”
si chiede di sapere:
1) quali siano le regole fiscali e tributarie cui debbano uniformarsi gli organismi di
conciliazione forensi
2) come debba essere previste nei bilancio preventivo del consiglio dell’ordine la
previsione di finanziamenti e sostegni economici a fronte dei costi di attuazione che
graveranno sull’ ordine.
3) quale sarebbe la sorte di eventuali utili che derivassero da tali attività e come
andrebbero tassate e destinate”;
- che l’Ufficio di Presidenza del CNF ha deliberato di affidare al sottoscritto l’incarico
di redigere un parere sull’argomento;
Tanto premesso lo scrivente si pregia esprimere il seguente
PARERE
Giova premettere che l’attività svolta dietro compenso dagli Ordini territoriali a
mezzo degli organismi di mediazione, da questi istituiti in forza del disposto dell’art. 18
del D.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010, si sostanzia in un’attività di carattere lucrativo.
Invero l’attività di mediazione viene remunerata, a norma dell’art. 16 del
regolamento del Ministero della Giustizia del 18 ottobre 2010, n. 180.
Possono altresì percepire contributi ed indennità da parte del Ministero della
Giustizia a copertura del costo dell’attività sostenuta in favore di soggetti aventi diritto
all’esonero, a norma dell’art. 17 del D.lgs. n. 28 del 2010. Inoltre, se costituiti in forma di
enti autonomi, possono ricevere contributi o finanziamenti da parte dei Consigli
dell’Ordine.
Ciò posto il trattamento fiscale delle attività svolte dagli Ordini territoriali a mezzo
degli Organismi di mediazione dipende innanzitutto dalla forma giuridica che detti enti
vengo ad assumere. Ed in particolare è diverso se trattasi di enti autonomi rispetto
all’Ordine stesso, ovvero di dipartimenti di questo.
Nell’ipotesi in cui si tratti di enti autonomi rispetto all’Ordine, il trattamento
fiscale agli stessi riservato sarà proprio della forma giuridica che gli Organismi verranno
ad avere (società, fondazione, associazione, etc.) e gli eventuali proventi derivanti
dall’attività svolta da tali Organismi verranno ad essere impuntati esclusivamente agli
stessi, secondo le regole proprie dei soggetti giuridici la cui specie verranno ad
assumere.
Conseguentemente, per quanto riguarda l’imposizione diretta, se l’Organismo
autonomo rivestisse la forma di una società di capitali, di ente pubblico o privato
diverso dalla società (persone giuridiche, associazioni non riconosciute, consorzi),
avente per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale, l’attività da
questo svolta sarebbe soggetta ad IRES, ai sensi dell’art. 73, comma 1, lett. a) e b) del
d.P.R. n. 917 del 1986 (cd. TUIR) ed ovviamente l’imponibile sarà costituito
dall’eventuale eccedenza dei ricavi rispetto ai costi sostenuti.
Per quanto concerne l’IVA, l’ente autonomo sarà tenuto ad aprire una propria
partiva IVA, a tenere una formale contabilità e ad emettere fattura per i diritti percepiti -
siano essi a copertura di costi o eccedenti gli stessi - e potrà, peraltro, portare in
detrazione tutta l’IVA assolta sugli acquisti e sulle prestazioni ricevute.
Nell’ipotesi invece – che ritengo sarà la più probabile o, quantomeno, quella a cui
hanno già ricorso o ricorreranno i Consigli dell’Ordine territoriali - in cui gli Organismi
vengano istituiti quali dipartimenti dell’Ordine di appartenenza, e non quindi quali enti
autonomi rispetto a quest’ultimo, potrebbero sorgere problematiche sotto diversi profili.
Innanzitutto si avrebbe un ente non commerciale, l’Ordine, che, a mezzo di un suo
dipartimento, svolgerebbe attività lucrativa al di là della sua funzione istituzionale.
Tale situazione renderebbe necessaria la gestione contabile separata dell’attività di
mediazione svolta dal dipartimento “Organismo di Mediazione” rispetto a quella
istituzionale svolta dall’Ordine stesso.
Del resto in capo agli enti non commerciali l’obbligo della contabilità separata per
l’attività commerciale da questi svolta è espressamente previsto dall’art. 144, comma 2
del TUIR. Ciò risponde alla necessità ed esigenza di tenere distinte e separate le attività
istituzionali dell’ente non commerciale - e quindi nel nostro caso dell’Ordine - da quelle
di carattere commerciale svolte dal proprio dipartimento.
A questi effetti dalla contabilizzazione separata dell’attività svolta dall’Organismo
istituito quale dipartimento dell’Ordine, dipenderebbe anche la deducibilità dei costi
sostenuti per lo svolgimento di detta attività, che altrimenti non potrebbe trovare
applicazione.
Da ultimo va rilevato che agli effetti dell’IVA la tenuta della contabilità separata è
presupposto necessario e sufficiente perché un ente non commerciale, che eserciti
attività commerciale, possa detrarre l’IVA assolta sugli acquisti (art. 19ter del d.P.R. n.
633 del 1972)
Naturalmente ciò comporta la necessità dell’apertura di una partita IVA relativa
specificatamente all’attività di mediazione.
Sostanzialmente le conseguenze fiscali della scelta tra l’istituzione di un
Organismo autonomo rispetto alla creazione di un dipartimento del Consiglio
dell’Ordine, con contabilità separata, non dovrebbero essere rilevanti. In entrambi i casi
l’imponibile IRES sarebbe dato dall’eventuale eccedenza dei ricavi sui costi. Agli effetti
dell’IVA sarebbero imponibili le indennità ed i compensi percepiti - salvo quanto
osserveremo in appresso – e detraibile l’IVA pagata sugli acquisti e sulle prestazioni
ricevute relativamente a detta attività.
Il discorso potrebbe essere diverso ove si addivenisse alla creazione di un
Organismo interno al Consiglio dell’Ordine e senza contabilità separata. In tale ipotesi si
potrebbe ritenere applicabile il disposto dell’art. 143, comma 1 del TUIR, giusta il quale,
per gli enti non commerciali “non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi
non rientranti nell' articolo 2195 del codice civile rese in conformità alle finalità istituzionali
dell'ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i
costi di diretta imputazione”.
Agli effetti dell’IVA potrebbe invocarsi l’art. 4, comma 4 del d.P.R. n. 633 del 1972,
giusta il quale, per gli enti non commerciali che non abbiano per oggetto esclusivo o
principale l’esercizio di attività commerciali “si considerano effettuate nell'esercizio di
imprese soltanto le cessioni di beni e le prestazioni di servizi fatte nell'esercizio di attività
commerciali o agricole”.
Peraltro tale scelta potrebbe essere rischiosa, in quanto, da un lato, l’Agenzia delle
Entrate potrebbe ritenere sussistente un’attività commerciale autonoma e, quindi,
considerare i proventi tassabili sia agli effetti dell’IRES che dell’IVA, senza possibilità di
detrazione, non sussistendo costi distintamente imputati a tale attività. Né basta, che,
qualora i proventi dell’attività di mediazione - ritenuti dall’Amministrazione finanziaria
proventi commerciali - superassero quelli di natura istituzionale, rappresentati dalle
entrate contributive degli iscritti, potrebbe essere contestata la natura non commerciale
dell’Ordine e questo rischierebbe di perdere la qualifica di ente non commerciale e
vedersi attribuire quella di ente commerciale. Con la conseguenza che tutta l’attività
svolta, sia quella propriamente commerciale, che quella istituzionale, verrebbe ad essere
considerata come attività di impresa e le entrate considerate indifferentemente ricavi,
che al netto dei costi, costituirebbero reddito tassabile ai fini IRES.
Entrando più nel dettaglio, appare opportuno precisare che diversi sarebbero gli
effetti fiscali se il provento per la mediazione fosse versato all’Organismo, ma destinato
al mediatore professionista iscritto all’Organismo di mediazione, ovvero allo stesso
Organismo di mediazione.
Se, infatti, l’indennità in parola venisse destinata direttamente al mediatore,
sarebbe questi a dover registrare l’incasso e a contabilizzare il provento, emettendo la
fattura nei confronti dell’utente-cliente, ovviamente per la sola parte dell’importo
relativa agli onorari. Da tale operazione commerciale l’Organismo resterebbe, quindi,
del tutto escluso.
Se fosse l’Organismo stesso ad incassare dette somme la situazione non muterebbe
se le incassasse per conto del mediatore e provvedesse semplicemente a “stornarle” a
quest’ultimo, che sarebbe tenuto a contabilizzarle e ad emettere la fattura nei confronti
dell’utente-cliente.
Diverso sarebbe, invece, il caso in cui l’onorario del mediatore venisse incassato
dall’Organismo e il mediatore emettesse la fattura in favore dell’Organismo stesso o del
COA di appartenente per la prestazione resa nell’ambito dell’Organismo stesso. In tal
caso l’Organismo dovrebbe emettere fattura all’utente per l’intero importo incassato e
portare in detrazione l’IVA addebitata dal mediatore sulla fattura da questi emessa nei
confronti dell’Organismo. In tale ipotesi l’Organismo in proprio o l’Ordine sarebbe
tenuto ad effettuare la ritenuta d’acconto da versare direttamente all’Erario.
Quanto poi alla contabilizzazione e al trattamento fiscale dei finanziamenti e
sostegni economici percepiti dagli Organismi di mediazione, mentre per gli enti
autonomi aventi, come visto, natura commerciale, sarebbero sicuramente imponibili,
quali contributi in conto esercizio, per gli Organismi costituititi quali Dipartimenti dei
COA il discorso potrebbe essere diverso. Innanzitutto non sarebbero certo imponibili i
contributi e i finanziamenti erogati dagli stessi COA, in quanto operazioni interne allo
stesso soggetto. Inoltre i contributi eventualmente erogati dal Ministero della Giustizia
potrebbero essere non imponibili ai sensi dell’art. 143, coma 3 del TUIR, secondo cui
“Non concorrono in ogni caso alla formazione del reddito degli enti non commerciali di cui alla
lettera c) del comma 1 dell'articolo 73:
- omissis -
b) i contributi corrisposti da Amministrazioni pubbliche ai predetti enti per lo svolgimento
convenzionato o in regime di accreditamento di cui all'articolo 8, comma 7, del decreto legislativo
30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall'articolo 9, comma 1, lettera g), del decreto
legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, di attività aventi finalità sociali esercitate in conformità ai
fini istituzionali degli enti stessi”.
Da ultimo, in relazione al punto n. 2 del quesito, a proposito della
contabilizzazione per il Consiglio dell’Ordine erogante il contributo in favore
dell’Organismo di mediazione, abbiamo già rilevato che se l’Organismo è interno al
Consiglio dell’Ordine trattasi di movimenti interni fiscalmente irrilevanti. Ove, invece,
l’Organismo fosse costituito in forma autonoma, i contributi del Consiglio dell’Ordine
sarebbero fiscalmente rilevati per l’Organismo percipiente, ma irrilevanti per il
Consiglio dell’Ordine, trattandosi di erogazioni comunque non deducibili per
quest’ultimo.
Fermo tutto quanto precede, stante la “novità” della questione, sarebbe opportuno
prendere in considerazione la possibilità di presentare alla Direzione Regionale del
Lazio dell’Agenzia delle Entrate un’istanza di interpello ex art. 11, legge n. 212 del 2000
(Statuto del Contribuente), onde sapere come trattare le indennità e i contributi sia agli
effetti delle imposte dirette che agli effetti dell’IVA. La risposta dell’Amministrazione
finanziaria dovrà pervenire entro 120 giorni e sarà per questa vincolante, nel senso che
la stessa non potrà discostarsi nei confronti del soggetto istante da quanto espresso nella
propria risoluzione.
Nel restare a disposizione per ogni ulteriore chiarimento, Vi porgo i miei migliori
saluti
Avv. Claudio Berliri
Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it |