Procedimento civile - legittimazione - ad causam – Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 28227 del 20/12/2005
Nozione - Titolarità attiva o passiva del rapporto controverso - Differenze - Fattispecie in tema di giudizio di equità dinanzi al giudice di pace - Regime di impugnazione - Vizio "in procedendo" - Esclusione - Conseguenze.
Quando il convenuto eccepisca la sua estraneità al rapporto giuridico sostanziale dedotto in giudizio, viene a discutersi non di una condizione della trattazione del merito della causa, quale è la "legitimatio ad causam" nel duplice aspetto di legittimazione ad agire e a contraddire, ma dell'effettiva titolarità passiva del rapporto litigioso, cioè dell'identificabilità o meno nel convenuto del soggetto tenuto alla prestazione richiesta dall'attore. Consegue che, a differenza del difetto di "legitimatio ad causam" attinente alla verifica, secondo la prospettazione offerta dall'attore, della regolarità processuale del contraddittorio, deducibile, pertanto, come motivo di ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa secondo equità dal giudice di pace (essendo tenuto detto giudice all'osservanza delle norme processuali), il difetto di effettiva titolarità attiva o passiva del rapporto non può essere dedotto come motivo di ricorso per cassazione contro le sentenze pronunciate secondo equità dal menzionato giudice.
Corte di Cassazione Sez. 3, Sentenza n. 28227 del 20/12/2005