Istanze e dichiarazioni - Dichiarazione di cui all'art. 3, l. n. 1766 del 1927 - Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 5989 del 06/03/2024 (Rv. 670494-01)
Oggetto - Diritti di "promiscuo godimento" - Necessità - Diritti di uso civico appartenenti al demanio comunale - Inapplicabilità - Fondamento - Illegittimità costituzionale - Esclusione.
In tema di usi civici, la dichiarazione prevista dall'art. 3 della l. n. 1766 del 1927, secondo cui chiunque pretenda di esercitare diritti di uso civico di promiscuo godimento è tenuto a farne dichiarazione al commissario liquidatore entro sei mesi dalla pubblicazione della legge, pena l'estinzione dei relativi diritti, non riguarda i diritti sui terreni che, appartenendo al demanio universale o comunale, siano propri della stessa collettività degli utenti; infatti, allo scopo di evitare contrasti o incertezze fra le popolazioni agrarie, il legislatore, nel prevedere l'obbligo della denuncia esclusivamente per i diritti di promiscuo godimento, ha inteso riferirsi ai diritti di uso civico su beni altrui, non potendosi tale ipotesi configurare nel caso di titolarità dei beni spettanti alla stessa universitas di appartenenza degli utenti, anche quando i diritti siano esercitati da collettività residenti in parti limitate del territorio comunale. Tale normativa non è in contrasto con gli artt. 3 e 42 Cost., giacché la profonda diversità dei contenuti dei diritti di uso civico, su beni privati o appartenenti ad enti territoriali distinti da quelli di residenza degli utenti, rispetto a quelli aventi ad oggetto beni della propria universitas, giustifica la diversa disciplina, senza incontrare alcuna controindicazione nell'esigenza della libera circolazione dei beni; quest'ultima, infatti, non può considerarsi un connotato necessario dei beni oggetto di proprietà pubblica che, ai sensi dell'art. 42, comma 1, Cost., sono tenuti distinti da quelli oggetto di proprietà privata.
Corte di Cassazione, Sez. 2, Sentenza n. 5989 del 06/03/2024 (Rv. 670494-01)