Opposizione a decreto ingiuntivo
Opposizione a decreto ingiuntivo - improcedibilità della opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, e cioè oltre il termine di cinque giorni (la deliberq del Consiglio Nazionale Forense del
Opposizione a decreto ingiuntivo - improcedibilità della opposizione in conseguenza della tardiva costituzione dell’opponente, e cioè oltre il termine di cinque giorni (la deliberq del Consiglio Nazionale Forense del 13 ottobre 2010)
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
PRESSO IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
Estratto del verbale della Commissione per lo studio e la riforma del codice di procedura civile (Omissis)
Il giorno 13 ottobre, alle ore 15.00 la Commissione, coordinata dal Cons. Aldo Bulgarelli, si è riunita per prendere posizione e formulare un testo di legge interpretativa in relazione alla decisione assunta da Cass. Sez, Un. n. 19246 del 2010, la quale, attraverso un obiter dictum, ha stravolto l’interpretazione dell’art. 645, 2° comma seguita dalla giurisprudenza di legittimità fin dalla metà degli anni cinquanta (a partire da Cass. 3053/1955).
Fino al recente arrêt, difatti, la riduzione alla metà del termine di costituzione dell’opponente, ai sensi dell’art. 645, 2° comma, c.p.c., è stata considerata una conseguenza della scelta (o anche solo dell’errore) dell’opponente di assegnare all’opposto un termine di comparizione inferiore a quello previsto dall’art. 163-bis. Gli opponenti che, al contrario, avessero fissato un termine di comparizione pari o superiore a quello appena richiamato potevano utilmente costituirsi nel termine ordinario di dieci giorni.
La pronuncia delle Sez. Un. Cass. n. 19246 del 2010, al contrario, collega la riduzione dei termini di costituzione alla mera proposizione dell’opposizione.
Applicando tale soluzione ai procedimenti pendenti, le costituzioni in giudizio dell’opponente successive al quinto giorno dalla notificazione dell’opposizione, tempestive secondo il diritto vivente al tempo in cui sono avvenute, sarebbero da qualificare come tardive con conseguente improcedibilità dell’opposizione e immutabilità del decreto ingiuntivo. In questo senso si stanno orientando, purtroppo, taluni Tribunali dando luogo ad una una sorta di smaltimento extra ordinem, con pronuncia di rito e non di merito, di una nutrito numero di cause di opposizione a decreto ingiuntivo pendenti.
Le conseguenze dell’applicazione immediata ai giudizi pendenti del mutamento di giurisprudenza appaiono inaccettabili e contrarie ai più elementari principi processuali nonché gravemente lesive delle garanzie costituzionali del giusto processo, in quanto è senz’altro censurabile applicare in danno delle parti decadenze o preclusioni che non sussistevano al momento del compimento dell’atto e che siano conseguenza di un mutamento giurisprudenziale.
La Commissione rileva che:
- L’art. 645, 2° comma fa riferimento soltanto ai termini di comparizione della parte e non già a quelli di costituzione. Le due categorie di termini assolvono a finalità diverse e d’altronde sono assoggettate a diverso trattamento processuale (a tacer d’altro l’abbreviazione del termine di comparizione accelera effettivamente la durata media di un processo, mentre quello di costituzione non rileva al fine);
- in conformità a quanto affermato dalla Corte di Cassazione in tre recenti ordinanze (14627/2010; 15811/2010; 15812/2010) «l’overruling si risolve in un cambiamento delle regole del gioco a partita già iniziata, in una somministrazione […] del potere-dovere di giudicare dell’atto introduttivo in base a forme e termini il cui rispetto non era richiesto al momento della proposizione» dell’opposizione.
Subito dopo detta pronuncia, difatti, si sono fatti strada due diversi percorsi interpretativi volti ad evitare la conseguenza dell’improcedibilità dell’opposizione in base all’applicazione ai processi in corso del principio sancito da Cass. Sez. Un. n.19246/2010.
Entrambi “salvano” i giudizi di opposizione promossi rispettando la cinquantennale giurisprudenza della cassazione in ordine al termine di costituzione.
Un primo orientamento, in linea con ordinanze interlocutorie della Cassazione su richiamate, applica l’art. 153 c.p.c. in tema di rimessione in termini sostenendo che «la parte che si è conformata alla precedente giurisprudenza della stessa Corte, successivamente travolta dall’overruling, ha tenuto un comportamento non imputabile a sua colpa, perciò è da escludere la rilevanza preclusiva dell’errore in cui essa è incorsa». Questo orientamento è attualmente seguito, a quel che consta, dal Tribunale di Torino, da quello di Livorno e da quello di Bari.
Una seconda prospettazione, fondata su un’interpretazione costituzionalmente orientata e sui principi espressi dalla giurisprudenza della Cedu, applica il principio del tempus regit actum sicché «in caso di overruling, non può operare l’efficacia retroattiva delle nuove regole interpretative in materia processuale e di accesso alla giustizia». «La nuova interpretazione nomofilattica» deve trovare applicazione, dunque, dalla pubblicazione della sentenza che ha modificato il precedente costante orientamento. In questo senso si è espresso il Tribunale di Varese.
Va in ogni caso precisato che l’eventuale provvedimento che, applicando il nuovo orientamento, dichiari l’improcedibilità per tardiva costituzione deve essere assunto con sentenza, atteso che l’art. 647 c.p.c. fa riferimento soltanto alla “mancata costituzione” e non a quella avvenuta oltre il termine.
L’utilizzo della forma della sentenza, oltretutto, consente una più compiuta esposizione delle proprie ragioni alle parti e garantisce il pieno controllo del provvedimento attraverso la proposizione dell’appello.
(Omissis)
Tuttavia, al fine di evitare soluzioni applicative differenti e variegate con patente violazione del principio di eguaglianza tra le parti, la Commissione propone la formulazione di una norma interpretative applicabile, pertanto, ai giudizi in corso.
Due le ipotesi possibili:
1) intervenire sulla disciplina generale dei termini di costituzione consacrando legislativamente la soluzione interpretativa finora consolidata:
“ L'art. 165 comma 1 c.p.c. va interpretato nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell'attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l'opponente abbia assegnato all'opposto un termine di comparizione inferiore a quello di cui all'art. 163 bis comma 2 cpc”
2) intervenire sulla specifica norma precisandone la formulazione. Tale seconda linea di intervento, senz’altro più puntuale e meramente chiarificatrice del testo di legge, non corrisponde però all’orientamento finora invalso.
L’art. 645, 2° comma va interpretato nel senso che la riduzione dei termini ivi prevista non riguarda i termini di costituzione.
(Omissis)