Obbligazioni – Inadempimento – Responsabilità del debitore – Onere della prova
In tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento. Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 7748 del 27/03/2013
Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 7748 del 27/03/2013 (massima a cura della redazione di Foroeuropeo)
Corte di Cassazione Sez. 2, Sentenza n. 7748 del 27/03/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 25 luglio 1994 An.Ca. evocava, dinanzi al Tribunale di Torino, Pa.Sa. esponendo di avere affidato nel settembre 1991 alla ditta Sa. (Pa.) la esecuzione di lavori idraulici ed elettrici all’interno di due alloggi di sua proprietà, siti in Carmagnola, Via S.G. n. 20, e sebbene avesse corrisposto la somma di L. 7.200.000, di cui L. 5.200.000 a mezzo di assegni bancari, l’appaltatore non aveva portato a termine i lavori, in particolare non aveva provveduto al collegamento dell’impianto di riscaldamento e di quello idrico con i vari elementi e non aveva installato i sifoni nel bagno, per cui si era reso necessario il totale rifacimento delle opere commissionate, con notevole disagio per il committente; tanto premesso, chiedeva dichiararsi la risoluzione del contratto con restituzione della somma versata, oltre al risarcimento dei danni; in subordine, condannarsi parte convenuta al rimborso delle spese sostenute e da sostenersi per l’eliminazione di vizi e difformità ex art. 1668, comma 1, c.c., oltre al risarcimento dei danni.
Instaurato il contraddittorio, nella resistenza del Sa., il quale deduceva di avere ricevuto incarico di acquistare i soli materiali, anticipandone il prezzo, del quale era stato rimborsato, concluso fra le parti contratto d’opera e non già appalto, avendo operato da solo e senza particolari mezzi, sotto la diretta sorveglianza e sotto le direttive dell’attore, forniti gli strumenti dallo stesso Ca., eccepita la prescrizione dell’azione ex art. 2226, comma 2, c.c. ovvero la decadenza, il giudice adito, espletata istruttoria, accoglieva la domanda attorea e dichiarava risolto per fatto e colpa del convenuto il rapporto contrattuale de quo, condannando lo stesso al risarcimento dei danni quantificati in Euro 4.000,00, oltre accessori.
In virtù di rituale appello interposto dal Sa., il quale lamentava - tra l’altro - che il giudice di prime cure non aveva tenuto conto della circostanza che l’appellato nulla aveva corrisposto per l’opera prestata, essendosi limitato a rimborsare il costo dei materiali, trattandosi di commissione di lavori in economia e non già di appalto in economia, errata la qualificazione giuridica del rapporto, per cui avrebbe dovuto essergli corrisposto il costo della manodopera, assunta dallo stesso committente la direzione dei lavori, la Corte di appello di Torino, della resistenza del Ca., accoglieva il gravame e in riforma della sentenza impugnata, respingeva la domanda attorea, con condanna dell’appellato alla restituzione delle somme ricevute in adempimento della statuizione del primo giudice.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava che dalle allegazioni del Ca. risultava gravare sulla stessa parte appellata l’onere della prova dell’oggetto del contratto, da cui dipendevano sia la qualificazione del rapporto sia la verifica dell’assolvimento dello stesso onere probatorio. Di converso dall’impianto probatorio non risultava in alcun modo la consistenza della prestazione assunta dal Sa., per cui non poteva discutersi né di qualificazione del contratto né della disciplina applicabile, stante la fondatezza del secondo motivo di appello che censurava proprio detta inottemperanza. Alle predette considerazioni doveva conseguire la condanna recuperatoria a carico di parte appellata.
Avverso la indicata sentenza della Corte di appello di Torino proponeva ricorso per cassazione il Ca., articolato su quattro motivi, al quale ha resistito il Sa. con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1367 e 1371 c.c. in quanto avendo accertato la corte di merito che fra le parti era stato stipulato un qualche contratto, che concerneva una proprietà di parte appellata, la quale comportava una qualche prestazione in materia di impianti elettrico ed idrico-sanitario, per cui seguendo l’insegnamento della normativa richiamata avrebbe dovuto indagare su quale fosse stata la comune volontà delle parti e nel dubbio il contratto doveva comunque essere interpretato nel senso in cui lo stesso avesse potuto avere un qualche effetto, mentre per il giudice del gravame non ne aveva avuto alcuno, intendendolo nel senso che dovesse realizzare l’equo contemperamento degli interessi delle parti, trattandosi di contratto a titolo oneroso.
Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 2697 c.c. in termini di onere della prova, giacché una volta accertata l’esistenza del rapporto intercorso fra le parti, gravava sull’originario convenuto l’onere di dimostrare di non avere percepito il corrispettivo pattuito per giustificare l’abbandono del cantiere; di converso la corte di merito ha attribuito al Ca. la responsabilità della mancata prova dell’adempimento del Sa.
Con il terzo motivo viene dedotta la contraddittorietà della motivazione su un punto decisivo della controversia, in particolare per avere affermato alle pagine 15 e 16 della impugnata sentenza che non emergeva in alcun modo in cosa consistesse il contenuto della prestazione assunta dal Sa. e ciò nonostante le prove acquisite al processo e sommariamente riferite alle pagine 12 e 13.
I motivi - che per la loro stretta connessione, in quanto attengono tutti, seppure sotto diverse prospettazioni, alla questione della qualificazione del rapporto e del collegato regime dell’onere probatorio, vanno trattati congiuntamente - non sono da accogliere.
La corte distrettuale, infatti, non è incorsa in alcuna violazione delle norme che disciplinano l’interpretazione del contratto né, in particolare, della norma di cui all’art. 1371 c.c., giacché nel prendere in considerazione la vicenda contrattuale come esposta dai contraenti, ha chiarito perchè, sulla base dell’impianto probatorio, non potesse pervenirsi all’identificazione della natura del rapporto intercorso fra le parti e della disciplina applicabile, non precisata in alcun modo la consistenza della prestazione pattuita. Così argomentando, la Corte è pervenuta alla conclusione che in tanto al Ca. poteva essere riconosciuto il diritto alle restituzioni per inadempimento della controparte, oltre al risarcimento dei danni, e conseguente risoluzione del contratto, in quanto lo stesso avesse fornito la dimostrazione del contenuto delle prestazioni concordate; e tale conclusione, frutto (non di violazione delle regole di ermeneutica contrattuale, ma) del potere di apprezzamento riservato al giudice del merito nell’interpretazione del contratto e nella ricostruzione della volontà dei contraenti, non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità.
Come, infatti, ripetutamente precisato da questa Corte in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (così, tra le altre, Cass. SS.UU. 30 ottobre 2001 n. 13533). E nella specie la domanda proposta dal Ca. è stata respinta proprio perchè, essendo stato eccepito dalla parte convenuta di avere ricevuto l’incarico di acquistare i soli materiali, anticipandone il prezzo, facendo applicazione nel regime dell’onere della prova del principio di riferibilità o di vicinanza della prova, ha posto l’onere della prova a carico del soggetto nella cui sfera si è prodotto l’inadempimento, e che è quindi in possesso degli elementi utili per definire la natura del vincolo negoziale quale appalto (anche nelle diverse forme dell’appalto a regia oppure del lavoro in economia) ovvero del contratto d’opera (cfr., Cass. 13 giugno 2006 n. 13674; sulle distinzioni v. Cass. 4 giugno 1999 n. 5451; Cass. 16 dicembre 1971 n. 3666).
Con il quarto motivo viene denunciata l’insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia per avere la corte di merito proceduto ad un esame superficiale dei fatti di causa.
Anche detto motivo di ricorso non può trovare accoglimento.
Rimarcato, infatti, che la corte distrettuale ha addotto a sostegno della decisione assunta una motivazione corretta sotto il profilo logico-giuridico con riferimento alla situazione fattuale compiutamente accertata, evidenziatosi, oltre a quanto già dianzi rilevato, che “certo che le parti stipularono un qualche contratto...parte appellata non ha mai nè dedotto nè provato quale fosse il contenuto della prestazione dal Sa. dovuta, sicché non è dato comprendere, neppure sul piano assertivo, se - rispetto ad essa - parte appellante fosse o meno adempiente” - al fine di contrastare siffatto completo decisum - il ricorrente ha sollevato doglianze in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie e ad asseriti vizi di motivazione. Anche su tale punto la valutazione degli elementi probatori è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito non sindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento (Cass. 2 luglio 2007 n. 2272). Pervero, il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prove che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una disamina dei vari elementi probatori acquisiti considerati nel loro complesso, pur senza una esplicita confutazione degli altri elementi non menzionati o non considerati: come, nella specie, è di certo avvenuto per la sentenza impugnata. A tal uopo si ribadisce che non sussiste il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente, poiché la sentenza impugnata appare congruamente motivata ed immune da vizi logico-giuridici (nel senso dianzi sinteticamente precisato) con riferimento, appunto, a quanto statuito in base all’esatta applicazione del regime probatorio ed alla corretta valutazione delle risultanze processuali.
Solo per completezza è, inoltre, da aggiungere che gli elementi da cui il ricorrente ritiene comprovato l’inadempimento e non esaminati dal giudice di merito, emergerebbero dalla documentazione fotografica che attesterebbe lo stato del cantiere immediatamente dopo l’abbandono da parte dell’originario convenuto, circostanze che costituiscono un posterius rispetto al contenuto dell’obbligazione assunta.
In conclusione il ricorso deve essere respinto e le spese processuali regolate sulla base della soccombenza.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 1.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi.