spese giudiziali civili - intervento in causa - Cass. n. 8886/2013
Condanna del soccombente alle spese - Portata - Fondamento - Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 8886 del 11/04/2013
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 8886 del 11/04/2013
Colui che attivamente o passivamente si espone all'esito del processo, oltre a conseguire i vantaggi, deve anche sopportare le eventuali conseguenze sfavorevoli che, in ordine alle spese, sono stabilite a suo carico in base al principio della soccombenza e ciò anche se si tratti di spese non rigorosamente conseguenziali e strettamente dipendenti dalla sua attività (nella specie, spese liquidate in favore del chiamato "iussu iudicis").
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - Il Tribunale di Lecce, con sentenza 19 luglio 2002, veniva adito da Pe.... Giovanni, quale amministratore della ditta individuale PE.GI. di Pe.... G., il quale chiedeva la condanna di Ca.... Eupremio al pagamento di L. 30.500.00, a titolo di corrispettivo per merce venduta e non pagata. Il Ca.... riconosceva il proprio debito e affermava di non avere pagato per l'incertezza nell'individuazione dell'avente diritto e su richiesta degli stessi soci della società di fatto, costituita da Pe.... G., Br.... Francesco e D'I.... Carlo, nella quale era stata conferita la ditta PE.GI. Nel giudizio interveniva il Br.... il quale confermava quanto esposto dal Ca.... e chiedeva il pagamento in suo favore dell'importo di L. 22.159.841, da detrarre dal totale di L. 30.500.00, con la differenza di L.. 8.349.159 che spettava a Pe.... G.. Interveniva anche Pe.... Antonio, padre di Giovanni, il quale, sostenendo di vantare un credito verso la ditta PE.GI. per l'opera prestata nel 1991 e 1992 e che l'unica garanzia era costituita dal credito della medesima ditta verso il Ca...., chiedeva la condanna del Ca.... a pagare a Pe.... G. e la condanna di quest'ultimo e del Br.... a pagare a lui la somma di L. 20.000.000. Lo stesso Pe.... A. aveva chiesto al Pretore del lavoro di Lecce il sequestro conservativo della somma di L. 30.500.00, a garanzia del credito derivante da prestazioni lavorative eseguite per la società.
Riuniti i giudizi, il tribunale adito, con sentenza 19 luglio 2002, ordinava lo svincolo della somma di Euro 15.751,94 (corrispondente a L. 30.500.00) già depositata dal Ca.... su un libretto bancario a seguito di ordinanza emessa dal giudice istruttore ex art. 186 ter c.p.c. e la ripartiva in Euro 10.597,70 a favore del Br.... e in Euro 5.154,23 a favore di Pe.... G.; riteneva che Pe.... A. aveva già ricevuto quanto gli spettava per i titoli dedotti in giudizio. 2.- Proponevano separati appelli Pe.... G. e Pe.... A., entrambi rigettati dalla Corte di appello di Lecce, con sentenza 21 giugno 2005, che condannava gli appellanti a pagare le spese in favore del Ca.... e del Br..... La corte, dichiarata inammissibile l'eccezione di nullità della c.t.u. svolta in primo grado, ha affermato di condividere i criteri seguiti dal c.t.u. per la ripartizione della somma di Euro 15.751,94 tra Pe.... G. e Br....; ha ritenuto che Pe.... A. nulla aveva chiesto per l'attività di factotum della società di fatto ne' per essere stato effettivo socio di questa e aveva ricevuto quanto dovutogli per l'attività di amministratore della società.
3.- Avverso detta sentenza ricorrono Pe.... G., che propone censure riassumibili in sei motivi, e Pe.... A., che formula
sostanzialmente quattro motivi. Br.... e Ca.... non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Esaminando il ricorso principale, nel primo motivo, Pe.... G. censura la sentenza impugnata per contraddittorietà della motivazione, per avere la corte ritenuto che Pe.... A. era socio effettivo e, allo stesso tempo, per avere assegnato pro quota a lui stesso Pe.... G. il residuo attivo del patrimonio sociale, nonché per carenza di motivazione, avendo aderito acriticamente alle conclusioni del c.t.u. e ripartito erroneamente il residuo attivo della società.
Il motivo è inammissibile.
Il ricorrente Pe.... G. non ha interesse a dolersi della asserita contraddittorieta della motivazione attinente a un profilo della decisione che è per lui favorevole (l'attribuzione a suo favore del residuo attivo del patrimonio sociale).
Inoltre, occorre osservare che, alla luce dei noti principi di specificità e autosufficienza del ricorso per cassazione, ove parte ricorrente denunzi l'omesso o insufficiente esame di fatti, circostanze, rilievi mossi alle risultanze d'ordine tecnico e al procedimento seguito dal consulente d'ufficio, il motivo non può essere limitato a censure d'erroneità e/o d'inadeguatezza della motivazione o d'omesso approfondimento di determinati temi d'indagine, prendendo in considerazione emergenze istruttorie asseritamente suscettibili di diversa valutazione e traendone conclusioni difformi da quelle alle quali è pervenuto il consulente d'ufficio poi recepite dal giudice; è, per contro, necessario che la parte ricorrente non solo precisi e specifichi, svolgendo concrete e puntuali critiche, le risultanze e gli elementi di causa dei quali lamenta la mancata o insufficiente valutazione, ma che indichi le controdeduzioni alla consulenza d'ufficio effettivamente svolte nel giudizio di merito e dimostri come le stesse siano state neglette e come ciò abbia comportato l'erroneità della decisione impugnata. Nella specie, nelle deduzioni di parte ricorrente non risulta adeguatamente esplicitato se, in quali termini, in quali occasioni e con quali atti, alla corte di merito siano stati segnalati errori del consulente d'ufficio, così nell'elaborazione dei dati posti a base della relazione, come nello svolgimento dell'iter logico iniziato con l'analisi di quei dati e terminato con le rassegnate conclusioni. Il ricorrente si è limitato a fare riferimento ad alcuni elementi di giudizio e a trarne le proprie personali conclusioni per dimostrare l'assunta erroneità delle argomentazioni del consulente d'ufficio e della corte territoriale, così traducendosi il motivo non in una specifica censura ma in una semplice prospettazione di tesi difformi da quelle recepite dal giudice a quo, del tutto irrilevante in questa sede, attenendo all'ambito della discrezionalità del giudice del merito nella valutandone dei fatti e nella formazione del proprio convincimento, dei quali si finisce per chiedere una revisione inammissibile nel giudizio di legittimità.
2.- Il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della c.t.u. espletata in primo grado per violazione degli artt. 194, 198 c.p.c. e art. 90 disp. att. c.p.c., essendosi il consulente avvalso di informazioni assunte dalle parti e di documenti (il c.d. manoscritto "Maglie 19.2.2002" privo di sottoscrizione) senza il consenso delle parti o un'autorizzazione del giudice il quale gli aveva chiesto solo di ricostruire il bilancio.
Il motivo è inammissibile.
Come correttamente rilevato dalla corte territoriale, l'eccezione di nullità della consulenza tecnica d'ufficio proposta per la prima volta in sede di appello era inammissibile e, di conseguenza, lo è anche in questa sede, alla luce del principio che l'eccezione di nullità della c.t.u., dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, avendo carattere relativo, resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito (Cass. n. 1744/2013, n. 8347/2010).
3.- Nel terzo motivo si deduce violazione di legge (art. 1241, e segg., artt. 2280, 2282, 2733 c.c. e art. 112 c.p.c.) per avere i giudici di merito affermato che Pe.... A. era socio effettivo della società, sebbene risultasse che i soci erano Pe.... G. e Br...., nonché per avere il c.t.u. e le "decisioni impugnate" ritenuto erroneamente estinto per compensazione il credito di Pe.... G. (per rimborso di un finanziamento alla società di L. 21.942.317 e per rimborso del capitale conferito di L. 27.750.000) con il debito di un terzo, cioè del presunto socio Pe.... A. per la reintegrazione del patrimonio sociale, essendosi quest'ultimo appropriato di denaro della cassa sociale, con conseguente erronea ripartizione dell'attivo di Euro 15.751,94.
Il motivo è inammissibile.
Avendo la sentenza impugnata rigettato le domande di Pe.... A., non si vede quale sia l'interesse di Pe.... G. a censurare la sentenza impugnata per l'incidentale affermazione contenuta nella motivazione che suo padre sarebbe stato socio della società. Inoltre il tema della compensazione non è stato trattato dalla corte territoriale e, quindi, il motivo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.
4.- Il ricorrente principale, nel quarto motivo, deduce violazione dell'art. 97 c.p.c., comma 1, per la sua condanna alle spese in favore della parte appellata Ca.... (in solido con Pe.... A.), chiamato in giudizio per ordine del giudice in uno dei due giudizi di merito.
Il motivo è infondato, alla luce del principio secondo cui colui che attivamente o passivamente si espone all'esito del processo, oltre a conseguire i vantaggi, deve anche sopportare le eventuali conseguenze sfavorevoli che, in ordine alle spese, sono stabilite a suo carico in base al principio della soccombenza e ciò anche se si tratti di spese non rigorosamente consequenziali e strettamente dipendenti dall'attività della parte rimasta soccombente (Cass. n. 9049/2006). 5.- Venendo al ricorso incidentale di Pe.... A., il primo e secondo motivo deducono contraddittorieta e illogicità della motivazione e violazione di legge (sono indicati gli artt. 116 e 229 c.p.c. e art. 2733 c.c.), per avere i giudici di merito ritenuto che egli avesse ricevuto quanto dovutogli, aderendo acriticamente alle conclusioni della c.t.u. e senza una adeguata motivazione, nonché per avere prima affermato che Pe.... Antonio era socio effettivo e poi liquidato il capitale soltanto in favore di Giovanni Pe.... e Br.... Francesco.
Entrambi i motivi sono inammissibili: quello relativo alla c.t.u., per le ragioni espresse in risposta al primo motivo del ricorso principale; quello relativo all'asserita contraddittorietà della motivazione, perché prescinde dalle ragioni esposte dai giudici di merito, i quali hanno osservato che Pe.... A. ha ricevuto regolarmente i compensi per il suo lavoro di "direzione svolto all'interno dell'azienda e, in particolare, per la sua funzione di amministratore della società" e che per l'attività di factotum e di socio della società "nessuna somma può essergli riconosciuta" non avendo egli "richiesto alcunché".
6.- Il terzo motivo dell'incidentale deduce violazione di legge per avere i giudici di merito ritenuto sussistente la prova del fatto estintivo del diritto al compenso azionato da Pe.... A. mediante semplice relazione alle argomentazioni del c.t.u.. Il motivo ripropone la medesima critica alla c.t.u. giudicata inammissibile in relazione al primo motivo del ricorso principale. 7.- Il quarto motivo ripropone la medesima questione sulle spese, giudicata infondata, introdotta nel quarto motivo del ricorso principale di Pe.... G..
8.- Entrambi i ricorsi vanno quindi rigettati. Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di cassazione, tenuto conto della reciproca soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale;
compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2013.
Depositato in Cancelleria il 11 aprile 2013
riferimenti normativi|blue
Cod. Proc. Civ. art. 91
Cod. Proc. Civ. art. 107
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