separazione personale dei coniugi - effetti - assegno di mantenimento Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18538 del 02/08/2013
famiglia - Opzioni culturali e spirituali del richiedente - Ragione di negazione del diritto a conseguire l'assegno - Configurabilità - Esclusione. Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18538 del 02/08/2013
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18538 del 02/08/2013
In tema di separazione personale tra coniugi, le opzioni culturali e spirituali del richiedente l'assegno di mantenimento, quali le considerazioni relative allo stile di vita, non possono costituire legittima ragione di discriminazione del contributo attraverso la negazione del suo diritto a conseguirlo, pur in presenza dei prescritti requisiti.
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 18538 del 02/08/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. - B..B. propose appello avverso la sentenza del
Tribunale di Roma che aveva dichiarato inammissibile perché tardiva la sua domanda di addebito della separazione dal marito C.G.A. a quest'ultimo, affidando le figlie minori della coppia, L.M. e A. , in via esclusiva al padre, assegnandogli la Ca.. coniugale e determinando nella somma mensile di Euro 400,00 il contributo dovuto dalla B. per il mantenimento delle figlie.
2. - La Corte d'appello di Roma, con sentenza depositata il 9 aprile 2008, dispose l'affidamento delle minori ad entrambi i genitori. Escluse la Corte di merito la sussistenza di concreti elementi contrari all'affidamento condiviso, anche in considerazione del clima affettivo che caratterizzava la relazione tra ciascuno dei genitori e le figlie, non ritenendo che la conflittualità della coppia potesse compromettere il diritto delle minori alla bigenitorialità. La Corte confermò la collocazione delle minori presso il padre, avuto riguardo alla stabile convivenza delle bambine con lui sin dal 2005 ed in assenza di rilevate condizioni di disagio derivanti alle stesse da tale convivenza.
La sentenza disciplinò anche i tempi di permanenza delle figlie con ciascuno dei genitori in modo da garantire tendenzialmente una paritaria distribuzione di essi tra i due genitori.
Quanto ai rapporti patrimoniali tra le parti, la Corte di merito, rilevata la disparità economica esistente tra di esse a favore del marito, ritenne di revocare il contributo al mantenimento delle figlie posto a carico della moglie e di imporre invece al marito il pagamento di un assegno perequativo alla B. per il sostentamento delle stesse, che liquidò nella misura di Euro 500,00 mensili, escludendo, invece, che la donna avesse diritto all'assegno di mantenimento da lei richiesto per sè, avendo ella intrapreso una stabile convivenza con un uomo con il quale aveva costituito un nuovo nucleo familiare, ed aveva avuto una figlia, adottando deliberatamente un nuovo e più sobrio stile di vita.
3.3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre la B. sulla base di otto motivi. Resiste con controricorso il C. . Le parti hanno depositato meMo..e.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - Deve, preliminarmente, dichiararsi la inammissibilità della allegazione al ricorso di un documento - una pagella scolastica - mai prodotto nel giudizio di merito, ai sensi dell'art. 372 cod. proc. civ., in quanto non ricompreso tra i documenti producibili nel giudizio di legittimità.
2. - Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 155 cod. civ., in relazione alla collocazione della prole, nonché erronea e contraddittoria motivazione. La Corte di merito, pur avendo revocato, in conformità con la invocata norma civilistica come novellata dalla L. n. 54 del 2006, l'affido esclusivo delle minori al padre, ha poi, contraddittoriamente secondo la ricorrente, stabilito che le bambine dovessero rimanere nella attuale collocazione presso la Ca.. paterna, ritenendo, in contrasto con alcune risultanze probatorie, che tale collocazione non avrebbe prodotto concreto disagio e sofferenza alle minori. La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto, ai sensi dell'art. 366 bis cod.proc. civ., applicabile nella specie ratione temporis: "Atteso che l'impugnata sentenza, pur modificando nel titolo il regime di affidamento, mantiene il precedente collocamento delle minori, privando di effettività la revoca del regime di affido illegittimamente applicato in precedenza, motivando con il fine di dare continuità proprio alla situazione di fatto - assunta come non nociva nonostante le contrarie allegazioni - creatasi nelle more del giudizio a causa dell'applicazione del provvedimento illegittimo, dica il Supremo Collegio se, nell'interesse delle minori e per la effettività e concretezza dell'applicazione dell'art. 155 c.c., debba seguire alla revisione del provvedimento di affido esclusivo censurato anche la revisione della collocazione dei minori attuata in base allo stesso provvedimento o, quantomeno, se sia necessario un accertamento tecnico volto a valutare gli effetti, essendone fatta specifica richiesta".
3. - La doglianza risulta priva di fondamento.
3.1. - La Corte di merito ha espresso il proprio convincimento, sulla base di una valutazione di merito, incensurabile nella presente sede in quanto congruamente ed esaustivamente motivata, della insussistenza di una situazione di disagio delle minori, riveniente dalla persistenza della collocazione presso l'abitazione del padre pur a seguito della contestuale decisione dello stesso giudice relativa all'affidamento delle stesse ad entrambi i genitori, in ossequio alla indicazione di cui alla L. n. 54 del 2006. A fronte della espressione di tale argomentato convincimento, la doglianza si limita a contrapporre alle conclusioni del giudice di secondo grado una propria ricostruzione e valutazione del materiale probatorio.
4. - Nella meMo..a depositata nella imminenza della data fissata per la udienza pubblica, la ricorrente ha richiamato l'art. 315 bis cod. civ., introdotto con la L. n. 219 del 2012, che prevede il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano; ed ha sottolineato la necessità della preliminare audizione delle minori ai fini della decisione sulla legittimità della collocazione prevalente delle stesse presso il padre.
5.- Al riguardo, premesso che l'audizione dei minori, già prevista nell'art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, è divenuta un adempimento necessario, nelle procedure giudiziarie che li riguardino, ed in particolare in quelle relative al loro affidamento ai genitori, già ai sensi dell'art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. n. 77 del 2003, e dell'art. 155-sexies cod. civ., introdotto dalla L. n. 54 del 2006, salvo che l'ascolto possa essere in contrasto con gli interessi superiori del minore (V. Cass., S.U., sent. n. 22238 del 2009), si deve rilevare che, nella specie, la attuale ricorrente non aveva mai richiesto durante il giudizio di merito la audizione delle minori, peraltro all'epoca infradodicenni, ed ha sollevato la relativa questione della necessità di detta audizione per la prima volta innanzi a questa Corte solo con la meMo..a, e solo in riferimento al sopravvenuto art. 315 bis cod. civ..
6)- Con il secondo motivo, si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 155 cod. civ., in relazione alla determinazione delle modalità di frequentazione madre-figlie, nonché erronea e contraddittoria motivazione. Avrebbe errato la Corte di merito nel confermare sostanzialmente i tempi di permanenza presso ciascuno dei genitori, come già stabiliti dal Tribunale, nonostante essi apparissero limitati con riferimento al rapporto madre-figlie in base, oltre che alle allegazioni della ricorrente, ai suggerimenti del c.t.u. Tale regime si porrebbe in contrasto con l'interesse della prole a mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori. In particolare, sarebbe immotivata la ferrea limitazione della frequentazione serale e notturna delle minori con la madre nel periodo scolastico, tale da privilegiare il rapporto della prole con il padre, con una concreta lesione del diritto delle minori a ricevere cure, educazione ed istruzione con una equilibrata presenza di entrambi i genitori.
La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "Se siano illegittime, perché lesive del diritto del minore di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo e di ricevere cura, educazione ed istruzione da entrambi, con ciascuno dei genitori tutelato dall'art. 155 c.c. come novellato dalla L. n. 54 del 2006, modalità di frequentazione tra il genitore non collocatario ed i figli minori che limitino gravemente la permanenza serale e notturna dei figli presso tale genitore, in assenza di riconosciuti motivi ostativi a tale frequentazione". 1) - Con il terzo motivo si denuncia ancora violazione e falsa applicazione dell'art. 155 c.c., comma 1, in relazione alla determinazione delle modalità di frequentazione madre-figlie che pregiudicano il rapporto con la sorella minore. Osserva la ricorrente che la limitazione della frequentazione della Ca.. materna produce un ulteriore danno alle bambine, privandole della possibilità di crescere insieme alla sorellina minore, nata dalla unione della madre con il nuovo compagno.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "Se siano lesive del diritto delle minori garantito dall'art. 155 c.c., di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale modalità di frequentazione tra il genitore non collocatario ed i figli che, per effetto della collocazione e di una grave limitazione dei tempi di permanenza serale e notturna dei figli presso tale genitore, comportino al coniuge uguale limitazione della frequentazione con una sorella (uterina - come nel caso de quo - o consanguinea che sia".
8. - I due motivi, che, stante la connessione che li avvince, volti come sono entrambi alla contestazione delle modalità di frequentazione tra la ricorrente e le figlie, possono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
La Corte di merito ha, anche a tale riguardo, operato le valutazioni di propria spettanza, delle quali ha fornito ampia e plausibile motivazione avendo riguardo alle esigenze delle bambine e della necessaria osservanza da parte delle stesse del rispetto dell'orario scolastico, a fronte della quale la ricorrente si limita a rappresentare la possibilità di regolamentare diversamente la frequentazione tra madre e figlie.
9. - Con il quarto motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 155 e degli artt. 2697 e 2727 cod. civ., nonché la insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla determinazione in euro 500,00 dell'assegno perequativo in favore della ricorrente per il mantenimento delle figlie. La Corte di merito non avrebbe tenuto conto del tenore di vita particolarmente elevato goduto dalle bambine sia prima che dopo la separazione personale dei genitori, nonostante il materiale documentale a sua disposizione sul punto.
La illustrazione della censura si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "Se sia illegittima, in violazione dell'art. 155 c.c., comma 4, nn. numeri 1 e 2 e degli artt. 2727 e 2729 c.c., la decisione della Corte d'appello che valuti le esigenze economiche complessive per il mantenimento del tenore di vita delle minori in difformità da quanto dichiarato concordemente dalle parti e da quanto risulta dagli atti del giudizio, laddove la decisione comporti un ingiustificato depauperamento in danno delle minori". 10. - La censura è priva di fondamento.
Essa si rivolge invero ad una valutazione di spettanza del giudice di merito, il quale ha adeguatamente ed esaustivamente dato conto delle ragioni della scelta operata in ordine al quantum dell'assegno in favore della B. , ritenuto esiguo dalla donna, ma in realtà deciso a seguito di un minuzioso esame delle complessive Ri....rse economiche dei genitori, del tenore di vita goduto dalla famiglia in costanza di matrimonio e delle crescenti esigenze di formazione e socializzazione delle minori.
11. - Con il quinto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge, in relazione al principio di proporzionalità di cui all'art. 155 cod. civ., comma 4, nella ripartizione dell'onere del mantenimento della prole tra i genitori. Avrebbe errato la Corte di merito nel ripartire tra i genitori l'onere economico di mantenimento delle figlie, comunque adeguato al livello socio- economico particolarmente elevato del C. , nella proporzione, ritenuta rispettosa del divario economico esistente tra i coniugi, di due terzi a carico del padre ed un terzo a carico della madre, sulla base della considerazione del reddito minimo stimato del C. , almeno triplo rispetto a quello della B. . Tale conclusione sarebbe contraria al principio di proporzionalità della contribuzione prescritto dalla invocata disposizione codicistica, da rapportare al reddito di ciascuno dei coniugi individualmente considerato. Nella specie, la proporzione redditi/quota per il mantenimento sarebbe assai più onerosa per la B. che per il C. .
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione del seguente quesito di diritto: "Se sia illegittima, per violazione del principio di proporzionalità di cui all'art. 155 c.c., comma 4, la decisione della Corte di merito con la quale si determina la quota di mantenimento per ciascun genitore, ed il relativo assegno perequativo, in modo da gravare il genitore con reddito inferiore in una percentuale del suo reddito (47%) molto più elevata rispetto a quella (30%) gravante sul reddito più elevato".
12. - La censura non è meritevole di accoglimento.
12.1. - Deve, anzitutto, richiamarsi l'orientamento di questa Corte secondo il quale la terminazione del contributo che per legge grava su ciascun coniuge per il mantenimento, l'educazione e l'istruzione della prole non si fonda, a differenza di quanto avviene nella determinazione dell'assegno spettante al coniuge separato o divorziato, su una rigida comparazione della situazione patrimoniale di ciascun coniuge. Pertanto, le maggiori potenzialità economiche del genitore affidatario concorrono a garantire al minore un migliore soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell'altro genitore (Cass., sent. n. 1607 del 2007).
12.2. - Ciò posto, la Corte ha correttamente posto a carico del C. , in una misura ossequiosa della proporzione del divario economico tra i coniugi, quale correttamente rilevato dalle risultanze della c.t.u., gli oneri economici relativi al mantenimento delle figlie, e cioè nella misura di due terzi a carico del C. e di un terzo a carico della B. .
13. - Con il sesto motivo si lamenta erronea motivazione e falsa applicazione di legge, in relazione alla decorrenza stabilita per l'assegno perequativo posto dalla Corte di appello a carico del C. , nonché mancata motivazione e falsa applicazione di legge per la decorrenza della revoca dell'assegno posto dal Tribunale a carico della B. . Avrebbe errato la Corte di merito nel determinare la decorrenza dell'assegno perequativo dovuto dal C. dalla data della decisione anziché da quella della domanda, nonché nel non disporre che la revoca dell'obbligo della B. di corrispondere un contributo al coniuge per il mantenimento delle figlie, di fatto non versato, avesse effetto ex tunc.
La illustrazione delle censure si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: "Se sia illegittima ed in violazione del principio che un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio, l'attribuzione dell'assegno perequativo con decorrenza dalla data della decisione piuttosto che da quella della domanda, quando tale assegno sia concesso sulla base di dati reddituali preesistenti alla domanda giudiziale e senza che siano sopravvenuti mutamenti di fatto"; "Se la revoca da parte della Corte d'appello dell'assegno di mantenimento concesso ad uno dei coniugi con la decisione del Tribunale censurata, motivata con il difetto assoluto ed ab origine dei presupposti per la concessione di tale assegno, salvo la mancata ripetibilità delle somme già corrisposte, abbia effetto ex tunc, ovvero dalla data della domanda giudiziale coincidente con il deposito del ricorso per quel che riguarda le somme non corrisposte".
14. - La doglianza è immeritevole di accoglimento, in entrambe le sue articolazioni.
14.1. - Quanto all'asserita erroneità della fissazione della decorrenza dell'assegno perequativo dalla data della decisione, essa risulta, invece, corretta, trattandosi di pronuncia determinativa che non può operare per il passato, per il quale continuano a valere le determinazioni provvisorie di cui agli artt. 708 e 709 cod. proc. civ..
14.2. - La questione relativa alla decorrenza della revoca dell'assegno che il giudice di primo grado aveva posto a carico della B. risulta poi del tutto inconferente rispetto al thema decidendum, siccome riguardante le conseguenze del mancato adempimento del decisum della sentenza di primo grado. 15. - Con il settimo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell'art. 156 cod. civ., degli artt. 3, 18 e 21 Cost. e dell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Si lamenta che la Corte di merito abbia negato alla B. l'assegno di mantenimento richiesto, pur riconoscendo che la condizione economica del C. è particolarmente elevata, e che la ricorrente è costretta ad un tenore di vita inferiore a quello goduto in costanza di matrimonio, ed ha rigettato la richiesta della donna sulla sola base della considerazione che costei ha intrapreso una relazione con un altro uomo, adottando un nuovo stile che è frutto di una libera e consapevole scelta della stessa, che non ha nascosto le proprie nuove opzioni culturali e spirituali. Si osserva nel ricorso, per un verso, che il nuovo stile di vita della B. è ispirato a sobrietà e semplicità solo perché costei non dispone di redditi tali da poter conservare l'elevatissimo tenore di vita goduto precedentemente; per l'altro, che, sulla base delle risultanze della c.t.u., la quale aveva evidenziato le partecipazioni societarie del C. , il suo patrimonio immobiliare, i conti correnti ed altro, procedendo peraltro alla stima di un "reddito minimo" dello stesso, la Corte, ai fini della comparazione tra i redditi dei coniugi, ha preso come unico parametro di riferimento tale reddito, ignorando le istanze della B. volte ad un controllo più puntuale dei redditi del coniuge, e negando il suo diritto all'assegno di mantenimento che avrebbe dovuto concedere in considerazione della inadeguatezza dei mezzi della stessa a mantenere il livello di vita goduto in costanza di matrimonio, esprimendo motivazioni basate sulle convinzioni spirituali o culturali della donna, inidonee a giustificare il rigetto della domanda.
La illustrazione della censura si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: "Se violi l'art. 156 c.c., l'assegno di mantenimento al coniuge a cui non è addebitatile la separazione, pur sussistendo una riconosciuta notevole disparità reddituale tra i coniugi (che comporta per il coniuge richiedente un tenore di vita inferiore a quello goduto in costanza di matrimonio"; "Se violi le libertà garantite dalla Costituzione art. 3, ulteriormente affermate dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea art. 10 ed art. 21, la decisione che neghi al coniuge separato il diritto ad ottenere assegno di mantenimento volto ad assicurare tendenzialmente lo stesso tenore di vita goduto in costanza di convivenza matrimoniale, affermando che la conservazione del tenore di vita non va garantita a causa delle scelte culturali e spirituali del richiedente".
16. - La censura è infondata, anche se va corretta, a norma dell'art. 384 cod. proc. civ., u.c., la motivazione adottata dalla Corte di merito sul punto che costituisce oggetto della censura, dovendosi espungere dalla motivazione stessa il riferimento al nuovo stile di vita della B. , improntato a sobrietà e semplicità, quale causa della esclusione del diritto della donna all'assegno di mantenimento, pur dalla stessa richiesto.
Invero, le opzioni culturali e spirituali del richiedente l'assegno di mantenimento non possono costituire legittima ragione di discriminazione dello stesso, attraverso la negazione del suo diritto a conseguirlo, in presenza dei prescritti requisiti. Nella specie, resta, peraltro, ferma la decisione di rigetto della domanda avanzata dalla B. , decisione corretta in diritto in quanto non è stata impugnata la affermazione relativa al difetto di prova in ordine alla inidoneità dei redditi che la donna percepisce ed il proprio patrimonio a consentirle un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio.
17. - Con l'ottavo motivo si deduce violazione e falsa applicazione delle norme di cui agli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., sulla soccombenza in ordine alle spese di lite. Avrebbe errato la Corte di merito nel compensare integralmente tra le parti dette spese, nonostante la sia pur parziale soccombenza del C. , attraverso il generico riferimento alla natura della lite.
La illustrazione della doglianza si conclude con la formulazione dei seguenti quesiti di diritto: "Se sia legittima o violi il principio che le spese seguono la soccombenza la compensazione integrale delle spese di lite in caso di accoglimento parziale dell'appello, dovendosi invece - nella seconda ipotesi - procedere ad una graduazione della compensazione"; "Se sia legittimo - come criterio di giustificazione per l'integrale compensazione delle spese di lite - sufficiente la sola menzione della natura della lite, specie in caso di parziale accoglimento dell'appello".
18. - La doglianza è priva di fondamento.
In tema di condanna alle spese processuali, il principio della soccombenza va inteso nel senso che soltanto la parte interamente vittoriosa non può essere condannata, nemmeno per una minima quota, al pagamento delle spese stesse e il suddetto criterio non può essere frazionato secondo l'esito delle varie fasi del giudizio ma va riferito unitariamente all'esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi soccombente abbia conseguito un esito a lei favorevole. Con riferimento al regolamento delle spese il sindacato della Corte di Cassazione è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa, con la conseguenza che esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell'opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite, e ciò sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell'ipotesi di concorso con altri giusti motivi (v., ex plurimis, cass., sentt. n. 25270 e n. 17145 del 2009). Nella specie, la compensazione delle spese del giudizio è stata correttamente disposta in considerazione del parziale accoglimento del gravame, ed avuto inoltre riguardo alla particolare materia del contendere, che coinvolgeva diritti indisponibili delle figlie minori.
19. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente giudizio, che vengono liquidate come da dispositivo, devono essere poste a carico della ricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in complessivi Euro 5200,00, di cui Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese generali ed accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati significativi, a norma del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, art. 52 (Codice in materia di protezione dei dati personali). Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 14 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2013
Cod. Civ. art. 156