Divorzio congiunto - Assegno
Divorzio congiunto - Assegno - Legge n. 898 del 1970, art. 5, comma 4 - L’assegno di divorzio in unica soluzione non è deducibile - In tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n.597 del 1973, art. 10, comma 1, lettera g),
Divorzio congiunto - Assegno - Legge n. 898 del 1970, art. 5, comma 4 - L’assegno di divorzio in unica soluzione non è deducibile - In tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lettera g), prevede la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo dell'assegno periodico. (Cassazione , sez. V civile, sentenza 06.11.2006 n. 23659)
Svolgimento del processo
1. Il signor V.G. chiedeva - senza esito - all'Amministrazione Finanziaria il rimborso di una somma, versata per l'anno d'imposta 1989, in conseguenza del mancato riconoscimento della deducibilità dal proprio reddito dell'assegno divorzile versato all'ex coniuge in un'unica soluzione.
Il contribuente ricorreva alla C.T.P. di Trieste che respingeva il ricorso in accoglimento dell'eccezione sollevata dall'A.F. circa la carenza del requisito della periodicità, essenziale ai fini della deducibilità, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. h), vigente ratione temporis, trattandosi, nella specie, di una erogazione "una tantum", avente natura risarcitoria, e perciò non imponibile per il percipiente, al contrario di quella avente natura assistenziale, quale sarebbe l'erogazione periodica.
2. Il contribuente proponeva appello, sostenendo l'equivalenza sostanziale delle due forme di versamento.
Il gravame veniva accolto dalla C.T.R., del Friuli-V.G..
Secondo il giudice di appello l'assegno divorzile avrebbe sempre la medesima natura, non incisa dalle diverse modalità della sua corresponsione. A tale conclusione si perverebbe anche attraverso l'esegesi della L. n. 898 del 1970, art. 5. 3. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per Cassazione l'Amministrazione delle Finanze e l'agenzia delle Entrate, con ricorso affidato ad un unico motivo, cui non resiste il contribuente.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso (con il quale si dolgono della violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. h), nonchè del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 3 e 8) le ricorrenti premettono che la norma violata indicherebbe, con prescrizione tassativa, perchè eccezionale, quali sono gli oneri deducibili. Tra questi rientrerebbero "gli assegni periodici corrisposti al coniuge in conseguenza di separazione legale, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili".
L'estensione analogica in ordine alla deduzione non sarebbe condivisibile per la diversa natura dei due emolumenti, uno solo dei due (quello una tantum) escluso dalla definizione di reddito imponibile, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 47, comma 1, lett. i), norma che richiamerebbe, quali redditi assimilati a quello da lavoro dipendente proprio l'art. 10, comma 1, lett. h), così dando all'assegno in unica soluzione la natura prevalentemente risarcitoria e perciò non imponibile.
Se si consentisse la detrazione fiscale da parte dell'ex coniuge erogante si perderebbe alla integrale ed immotivata sottrazione di tali somme all'imposizione, in violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 3 e 8.
2. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2.1. Questa Corte ha già avuto modo di affrontare e risolvere tale problema. Con la Sentenza n. 11437 del 1999 questa Corte ha posto il principio di diritto secondo cui l'assegno di divorzio corrisposto, su accordo delle parti, in unica soluzione, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 4, (e successivamente - a seguito delle modificazioni introdotte della L. n. 74 del 1987, art. 10 - ai sensi dell'art. 5, comma 5, della legge cit.), non è qualificabile come "reddito" imponibile ai fini IRPEF, sulla base di quanto disposto dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 47, comma 1, lett. f, (e, successivamente, dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 47, comma 1, lett. i).
Tale indirizzo interpretativo è stato confermato dalla decisione, di questa stessa sezione, n. 16462 del 2002, dove si è stabilito che, in tema di oneri deducibili dal reddito delle persone fisiche, il D.P.R. n. 597 del 1973, art. 10, comma 1, lettera g), (al pari del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 10, comma 1, lett. c) limita la deducibilità, ai fini dell'applicazione dell'IRPEF, solo all'assegno periodico - e non anche a quello corrisposto in unica soluzione - al coniuge, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell'autorità giudiziaria. Tale differente trattamento - come affermato dalla Corte costituzionale nella ordinanza n. 383 del 2001 - è riconducibile alla discrezionalità legislativa la quale, riguardando due forme di adempimento tra loro diverse, una soggetta alle variazioni temporali e alla successione delle leggi, l'altra capace di definire ogni rapporto senza ulteriori vincoli per il debitore, non risulta nè irragionevole nè in contrasto con il principio di capacità contributiva.
2.2. Infatti questa stessa sezione aveva posto alla Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 795 del 2000, con riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., la questione di legittimità costituzionale del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 10, comma 1, lett. g) (nel testo sostituito dalla L. 13 aprile 1977, n. 144, art. 5, comma 1) - in relazione all'art. 5, comma 4, terza proposizione, della L. 1 dicembre 1970, n. 898, laddove dispone che "su accordo delle parti la corresponsione dell'assegno di divorzio può avvenire in un'unica soluzione" - nella parte in cui non prevedeva la deducibilità dal reddito complessivo, ai fini dell'applicazione dell'Irpef, dell'assegno corrisposto al coniuge in un'unica soluzione, in conseguenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, nella misura in cui risulta da provvedimento dell'autorità giudiziaria.
La Consulta, con l'ordinanza n. 383 del 2001 aveva statuito la manifesta infondatezza di tale questione di legittimità costituzionale, atteso che il legislatore non irragionevolmente avrebbe previsto una diversa regolamentazione tributaria per le due forme di adempimento, periodica e una tantum, che appaiono sotto vari profili diversi, poichè l'importo della prima viene fissato in base alla situazione esistente al momento della pronuncia e può essere successivamente modificato, mentre per la seconda viene concordato liberamente dai coniugi, ai fini della definitiva determinazione dei loro rapporti patrimoniali e non è più rivedibile. Inoltre, perchè "la lesione del principio della capacità contributiva, non ravvisabile, nella specie, potrebbe invece configurarsi qualora si ammettesse la deducibilità della somma corrisposta una tantum, che appare come conseguenza di un assetto complessivo degli interessi personali, familiari e patrimoniali dei coniugi, non direttamente correlata al reddito percepito dal contribuente nel periodo di imposta".
2.3. Non vi sono ragioni per discostarsi dall'indirizzo surriportato a cui va data piena continuità.
Di conseguenza, il ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata con il conseguente rinvio della causa ad altra sezione della CTR del Friuli - V.G., per un suo nuovo esame, condotto alla luce dei principi sopra riportati, unitamente al regolamento delle spese di questa fase.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese di questa fase, ad altra sezione della C.T.R. del Friuli V.G..
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile della Corte di Cassazione, dai magistrati sopraindicati, il 25 settembre 2006. Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2006.