Separazione personale dei coniugi - domanda di addebito
Separazione coniugi - separazione personale dei coniugi - domanda di addebito - nel giudizio di separazione personale dei coniugi, non è configurabile un generale potere-dovere del giudice di disporre d'ufficio mezzi istruttori (Cassazione - Sentenza Sezione. I n. 21293 del 10-10-2007)
Separazione coniugi - separazione personale dei coniugi - domanda di addebito - nel giudizio di separazione personale dei coniugi, non è configurabile un generale potere-dovere del giudice di disporre d'ufficio mezzi istruttori (Cassazione - Sentenza Sezione. I n. 21293 del 10-10-2007)
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 14.11.1996, D.M.N., premesso che in data 20 giugno 1990 aveva contratto matrimonio con C. A.R.; che dall'unione l'8.1.1991 era nata la figlia F.; che negli ultimi tempi l'unione matrimoniale non era stata più felice e che da tempo era cessata anche la convivenza, essendosi la moglie trasferita stabilmente preso i genitori, anche a causa delle sue condizioni psico-fisiche, chiedeva al Tribunale di Napoli di pronunciare la separazione personale dei coniugi, affidando la figlia minore al padre e determinando le modalità del diritto di visita da parte della madre.
All'udienza di comparizione dei coniugi il Presidente del Tribunale, esperito infruttuosamente il tentativo di conciliazione, emetteva i provvedimenti di carattere provvisorio, affidando la minore al padre, e rimetteva le parti dinanzi al Giudice Istruttore per il prosieguo del giudizio.
Il 27.3.97 il D.M. depositava note integrative, chiedendo che venisse pronunciata separazione con addebito alla moglie.
Nel costituirsi, la C. dichiarava in primo luogo di non accettare il contraddittorio sulla domanda di addebito, perchè tardivamente proposta. Essa, inoltre, deduceva che l'unione era fallita a causa del comportamento dispotico e autoritario del marito, che più volte la aveva cacciata da casa, fatta oggetto di violenze psicologiche, relegata in una posizione subalterna e servile e di fatto privata del proprio ruolo di moglie e di madre a causa della totale ingerenza della famiglia di origine del marito nella vita familiare, per cui era caduta in una situazione di sofferenza psicologica che aveva reso necessario il consulto di specialisti e la cura presso un Centro di Salute mentale.
La resistente chiedeva, pertanto, in via riconvenzionale che la separazione venisse addebitata al marito. Chiedeva, inoltre, l'affidamento della figlia o, in subordine, l'affidamento congiunto della minore, nonché la corresponsione di un congruo assegno di mantenimento. Nel corso del giudizio veniva espletata consulenza tecnica d'ufficio e venivano richieste informazioni al Servizio di Assistenza Sociale di (OMISSIS).
Con sentenza del 22.12.2000 - 24.1.2001 il Tribunale pronunciava la separazione dei coniugi senza addebito; affidava la figlia minore al padre, disciplinando il diritto di visita della madre; poneva a carico della C. l'obbligo di corrispondere al marito un assegno mensile di L. 150.000, da rivalutarsi annualmente in base agli indici ISTAT, quale contributo per il mantenimento della figlia; dichiarava interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
La C. impugnava tale decisione dinanzi alla Corte d'Appello di Napoli, insistendo nelle richieste di addebito della separazione al marito, di affidamento della figlia e di corresponsione di un assegno di mantenimento. In subordine chiedeva l'affidamento congiunto della figlia ad entrambi i genitori ed in via ulteriormente gradata un ampliamento del suo diritto di visita.
La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza 25.6.2003-4.7.2003, rigettava l'appello.
Avverso tale sentenza C.A.R. ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di due motivi. D.M.N. ha resistito con controricorso.
Motivi della decisione
Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 345 e 346 c.p.c.. Sia il giudice di primo grado che il giudice di secondo grado sarebbero venuti meno al dovere di disporre d'ufficio l'ammissione e l'assunzione di prove per l'accertamento della verità soprattutto nell'interesse supremo di figli minori. Se si fosse provveduto a tanto, diverso sarebbe stato il convincimento del giudice circa le cause ed il reale stato di salute della C..
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione all'art. 132 c.p.c.. La sentenza impugnata sarebbe contraddittoria, avendo il giudice, senza espletare una adeguata istruttoria, giustificato l'affidamento della figlia al padre sulla base delle sole condizioni psichiche della C., anche se il c.t.u. non l'aveva ritenuta del tutto inidonea ad assolvere il ruolo di genitore. Se si fosse svolta una adeguata istruttoria, sarebbe emersa la fondatezza degli assunti della C. stessa in ordine all'addebito della separazione al marito, all'affidamento della minore ed all'assegno di mantenimento. In particolare vi sarebbe stata da parte del D.M. una violazione dei doveri coniugali integranti l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 570 c.p., comma 3, essendosi la C. allontanata dalla casa coniugale in precarie condizioni di salute perchè cacciata dal marito e, comunque, a causa delle continue vessazioni e dei continui maltrattamenti di ogni genere subiti. Tale comportamento del marito, contrario ai doveri nascenti dal matrimonio, avrebbe determinato il fallimento dell'unione coniugale, per cui il giudice avrebbe dovuto addebitargli la separazione e conseguentemente avrebbe dovuto ritenerlo inidoneo per l'affidamento della figlia minore. In ogni caso avrebbe dovuto prendere in esame la richiesta di affidamento congiunto, nel rispetto del diritto della bambina ad intrattenere un regolare, equilibrato e continuativo rapporto con entrambi i genitori, e, nell'ipotesi di un suo rigetto, avrebbe dovuto darne congrua giustificazione.
Il ricorso è inammissibile.
Lamenta in sintesi la ricorrente con i due motivi di ricorso che sia il giudice di primo grado che quello di secondo grado non si siano avvalsi del potere di disporre d'ufficio la ammissione e l'assunzione di prove al fine del giudizio sulla addebitabilità della separazione, l'affidamento della figlia minore e la previsione dell'assegno di mantenimento e che su tali questioni la motivazione della sentenza sia carente e contraddittoria. Se si fosse svolta una adeguata istruttoria, la decisione dei giudici sarebbe stata diversa rispetto a quella adottata.
Il collegio osserva che - come risulta dalla sentenza impugnata - nel corso dell'istruttoria espletata in primo grado sono state sentite le parti, è stata esperita una consulenza tecnica d'ufficio avente ad oggetto le condizioni psichiche della C., è stata sentita una psicologa dell'U.O.M.I. dell'ASL NA (OMISSIS), sono state acquisite informative presso il Servizio Assistenti Sociali del Comune di (OMISSIS) e sulla base di queste acquisizioni probatorie ed in considerazione del fatto che la C. stessa non ha fornito alcun elemento probatorio a sostegno del suo assunto, secondo cui le precarie condizioni di salute sarebbero state determinate dalle violenze e dai maltrattamenti psicologici subiti da parte del D. M. e della su famiglia di origine il Tribunale, ha rigettato la richiesta di addebito della separazione al marito; ha affidato la figlia minore al padre; ha disciplinato il diritto di visita della madre; ha determinato l'entità dell'assegno da porre a carico della C. per contribuire al mantenimento della figlia, decisione che è stata confermata dalla corte d'appello con motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici.
Le censure formulate dalla ricorrente sono generiche e, quindi, inammissibili ai sensi dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, atteso che non specificano quali ulteriori prove il giudice avrebbe dovuto acquisire d'ufficio onde consentire a questa corte di valutare, sulla base della loro specifica indicazione nel corpo del ricorso, la loro decisiva rilevanza ai fini di una diversa decisione.
A ciò si aggiunga che, nel giudizio di separazione personale dei coniugi, non è configurabile un generale potere-dovere del giudice di disporre d'ufficio mezzi istruttori, come sembra ritenere la ricorrente, essendo consentito al giudice di derogare alle regole generali sull'onere della prova solo nei casi in cui tale deroga sia giustificata da finalità di ordine pubblicistico, che ricorrono nell'ipotesi di provvedimenti relativi all'affidamento dei figli ed al contributo al loro mantenimento ai sensi dell'art. 155 c.c., comma 7, ma non anche nell'ipotesi in cui si intenda dare la dimostrazione della esistenza di comportamenti di uno dei coniugi contrari ai doveri derivanti dal matrimonio (cfr. in tal senso Cass. 12136 del 2001). Anche generica è la censura relativa al mancato esame della richiesta di affidamento congiunto, non essendo stata indicata alcuna concreta ragione, con riferimento al caso di specie, per la quale il giudice avrebbe dovuto adottare tale soluzione, dovendo questa considerarsi implicitamente esclusa dalla decisione della corte di merito di affidare esclusivamente la figlia minore al padre dopo aver ritenuto la C. inidonea all'affidamento della figlia minore in considerazione delle sue precarie condizioni psichiche.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e la ricorrente, in virtù del principio della soccombenza, deve essere condannata a rimborsare al resistente le spese del giudizio di cassazione, che, tenuto conto del valore della lite, appare giusto liquidare in Euro 1.100,00 (millecento) di cui Euro 1000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.100,00 (millecento), di cui Euro 1000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.