Divorzio - modifica delle condizioni di divorzio
Divorzio - modifica delle condizioni di divorzio - tutti gli elementi, posti a fondamento della richiesta, già stati dedotti ed esaminati nel corso del giudizio di divorzio - nessuna sostanziale modifica nella condizione economica delle parti e' intervenuta in epoca successiva alla emissione della pronuncia definitiva (Corte di Cassazione - Sentenza n. 21294 del 10-10-2007)
Divorzio - modifica delle condizioni di divorzio - tutti gli elementi, posti a fondamento della richiesta, già stati dedotti ed esaminati nel corso del giudizio di divorzio - nessuna sostanziale modifica nella condizione economica delle parti e' intervenuta in epoca successiva alla emissione della pronuncia definitiva (Cassazione - Sentenza n. 21294 del 10-10-2007)
Svolgimento del processo
Con decreto in data 17/21-1-2003 il Tribunale civile di Roma respingeva la richiesta di C.A. di esonero, a modifica delle condizioni di divorzio, dall'obbligo di contribuire al mantenimento dell'ex coniuge R.M.G. e di eliminazione e/o riduzione dell'assegno previsto a favore della figlia A.M. (maggiorenne, ma non ancora autosufficiente), ritenendo che tutti gli elementi, posti a fondamento della richiesta, fossero già stati dedotti ed esaminati nel corso del giudizio di divorzio e che nessuna sostanziale modifica nella condizione economica delle parti fosse intervenuta in epoca successiva alla emissione della pronuncia definitiva, conclusiva di detto giudizio.
Avverso tale decreto il C. proponeva reclamo dinanzi alla Corte d'Appello di Roma, lamentando - previa analitica ricostruzione anche delle vicende e dei fatti antecedenti al presente procedimento e del lungo iter processuale pregresso - l'errore di fatto ed il vizio esegetico in cui sarebbe incorso il Tribunale per non aver considerato che la domanda di modifica non era stata fondata sulle medesime circostanze già esaminate in sede di divorzio - ed in particolare sulla cessazione per motivi di salute dell'attività di dentista - bensì sul sopravvenuto peggioramento di dette condizioni di salute con riconoscimento, in data successiva alla pronuncia della sentenza di divorzio in grado di appello, di una invalidità totale e permanente al 100% e di inabilità all'espletamento non solo dell'attività professionale, ma di qualsivoglia attività lavorativa, con conseguente impossibilità di procurarsi mezzi di sostentamento. Lamentava, altresì, l'omessa valutazione delle prove acquisite, l'omesso esame comparativo della rispettiva condizione economica degli ex coniugi, l'insufficiente motivazione e la violazione di norme di diritto. Lamentava, infine, la illegittima ed eccessiva liquidazione delle spese di lite.
R.M.G., con comparsa di costituzione, contestava analiticamente il gravame, chiedendone la integrale reiezione.
La corte d'appello, accogliendo parzialmente il reclamo, con provvedimento del 21.10 - 20.11.2003, riduceva le spese del giudizio di primo grado, confermando nel resto il decreto del Tribunale di Roma, escludendo che fossero intervenute nella condizione economica e patrimoniale del C. modificazioni tali da giustificare la sua richiesta. C.A. ha impugnato tale decreto con ricorso per cassazione fondato su due motivi. La intimata R.M. G., non avendo notificato alla controparte controricorso, ha rilasciato al proprio difensore procura speciale consentendogli così di partecipare alla discussione orale.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa motivazione/necessaria e richiesta dalla legge processuale a rendere palese un iter logico argomentativo corretto rispetto alla decisione adottata - Violazione di legge processuale - Omesso esame prove acquisite. Violazione art. 135 c.p.c., in relazione all'art. 737 c.p.c. e segg. e L. n. 74 del 1987, art. 9. La Corte di Appello avrebbe affermato apoditticamente nel decreto oggetto di impugnazione che il Giudice del divorzio aveva già accertato che il C. aveva cessato l'attività professionale a causa di un tremore accentuato alla mano destra, che era incompatibile con la prosecuzione dell'attività sia professionale che di qualsivoglia attività lavorativa; che comunque in passato aveva accumulato buoni redditi, che ancor oggi giustificavano il divario esistente tra le parti; che l'unico elemento nuovo addotto dal C., l'intervenuto riconoscimento della invalidità totale al 100%, integrava il mero accertamento amministrativo di quanto già dato per scontato nella sentenza conclusiva del giudizio di divorzio.
Tali affermazioni costituirebbero una motivazione apparente che non consentirebbe di ricostruire la ratio decidendi in ordine a fatti decisivi della controversia. Nella sentenza di divorzio il giudice avrebbe affermato che il C. è affetto da tremore alle mani sicuramente incompatibile con l'attività di medico dentista, ma non avrebbe affatto dato per scontato che il predetto non potesse più svolgere alcuna attività lavorativa.
La Corte di merito avrebbe dovuto valutare la potenzialità economica del ricorrente e non la mera capacità di produrre reddito, escludendo la sua sopravvenuta situazione di invalidità totale, risultante dalla certificazione ENPAM e dal certificato medico del primario ospedaliero Dr. M., la possibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e di far fronte quindi all'obbligo di pagamento di complessivi Euro 945,11 mensili, determinati sette anni prima.
Tale situazione, unitamente al documentato stato di disoccupazione ed all'esaurimento di ogni altra risorsa finanziaria dovuto alle spese per cure e ricoveri specialistici, porrebbe il ricorrente in una condizione economica sensibilmente diversa rispetto all'assetto ed all'equilibrio economico tra le parti già valutato dai giudici del divorzio. Rileverebbe al riguardo la certificazione rilasciata dall'Anagrafe Tributaria, attestante la mancanza di ogni fonte di reddito imponibile del C., di cui la Corte d'appello avrebbe omesso l'esame.
Avrebbe, altresì, omesso l'esame dell'atto di vendita dell'immobile in residence turistico, prodotto dalla controparte, idoneo a fornire elementi per la valutazione della condizione economica della stessa.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione art. 30 Cost., artt. 156, 147, 148 cod. civ., in relazione alla L. n. 74 del 1987, art. 9, nonché artt. 2727 e 2729 cod. civ..
La Corte di merito avrebbe illogicamente ritenuto che la R. avesse continuato a percepire una retribuzione modesta e sostanzialmente assimilabile a quella considerata nella pronuncia di divorzio, quando all'epoca percepiva L. 800.000 mensili, mentre attualmente, per ammissione della stessa, avrebbe un reddito di Euro 500 mensili. Avrebbe, altresì, ritenuto illogicamente che dalla vendita di un immobile in (OMISSIS) la controparte non abbia percepito un corrispettivo particolarmente ingente, non tenendo conto che si trattava di immobile ubicato in una località notissima a livello nazionale per le caratteristiche turistiche per la pratica di sport invernali e del fatto che il prezzo dalla controparte stessa era stato occultato, essendo stato sull'atto coperto con il segno di un pennarello nero il prezzo conseguito.
Considerato tale comportamento della R. il giudice avrebbe avuto l'obbligo di procedere ad ulteriori indagini a mezzo della Polizia Tributaria, come dal ricorrente richiesto, al fine di accertare il reddito della predetta.
In tale situazione la comparazione delle condizioni economiche delle parti alla data del ricorso, rispetto a quanto aveva valutato il giudice del divorzio, sarebbe basata su presunzioni non fondate su dati certi, come, invece, avrebbe dovuto essere a norma degli artt 2727 e 2729 c.c..
Il ricorso è inammissibile.
Come chiaramente si rileva dai motivi di ricorso, il C., lamentando la apparenza della motivazione, la inidoneità delle argomentazioni a rivelare la "ratio decidendi" e l'omessa valutazione di fatti decisivi, in realtà denuncia vizi di motivazione del decreto impugnato, chiedendo a questa Corte di verificare la sufficienza e razionalità della motivazione (che appare adeguata, logica e del tutto comprensibile) in raffronto con le risultanze probatorie.
Detti vizi non possono essere denunciati con il ricorso per Cassazione ex art. 111 Cost..
Con il ricorso per Cassazione di cui all'art. 111 Cost., comma 2 (che è l'unico mezzo di impugnazione ammissibile contro il decreto in questione pronunciato dalla Corte d'appello in sede di reclamo) si possono denunziare, infatti, soltanto "violazioni di legge", con riferimento sia alla legge regolatrice del rapporto sostanziale controverso, sia alla legge regolatrice del processo. Pertanto la inosservanza del giudice civile all'obbligo della motivazione su questioni di fatto integra "violazione di legge", e come tale è denunciabile con detto ricorso, quando si traduca in mancanza della motivazione stessa (con conseguente nullità della pronuncia per difetto di un requisito di forma indispensabile), la quale si verifica nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la "ratio decidendi" (cosiddetta motivazione apparente) o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obbiettivamente incomprensibili, e sempre che i relativi vizi emergano dal provvedimento in sè, restando esclusa la riconducibilità in detta previsione di una verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione medesima in raffronto con le risultanze probatorie (cfr. in tal senso Cass. n. 5888 del 1992 resa a sezioni unite; Cass. n. 8064 del 1996).
Per quanto precede il ricorso va dichiarato inammissibile, con la condanna del C., in ossequio al principio della soccombenza, al pagamento a favore della R. delle spese del giudizio di legittimità, che - tenuto conto del valore della lite e del fatto che il difensore della predetta ha partecipato soltanto alla discussione orale, non avendo la R. proposto controricorso - appare giusto liquidare in complessivi Euro 1.100,00 (millecento), di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 1.100,00 (millecento), di cui Euro 1.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.