Diffamazione - accertamento dell’oggettivaoffensivita' di una espressione - l'ironia
23/09/2004 Diffamazione - accertamento dell’oggettivaoffensivita' di una espressione - l'ironia
Diffamazione - accertamento dell’oggettiva offensività di una espressione - l'ironia (Cassazione – Sezione quinta penale (up) – sentenza 23 giugno-23 settembre 2004, n. 37430)Svolgimento in fatto e diritto
L’impugnata sentenza della Corte d’appello di Roma in data 10 febbraio 2003 dichiarava inammissibile l’appello proposto – agli effetti penali – dalla Pc Nordio Carlo, avverso quella del Tribunale di Roma 14 gennaio 2002 che aveva assolto Scalfari Eugenio (assieme a Fo Dario Luigi Angelo e Rame Franca Pia) dal reato di omesso controllo sull’articolo Menzogne e raffiche di fax apparso su “Venerdì” supplemento a “La Repubblica” del 13 ottobre 1995, nel quale era riportato un presunto colloquio tra Bettino Craxi ed altra persona non identificata (ma che si sapeva da altro articolo essere l’avvocato Lo Giudice), in cui quest’ultima affermava «…per quell’affare delle Coop Rosse abbiamo trovato un giudice a Venezia che è del tutto affidabile…meglio fidato…» per poi commentare «tre giorni dopo vengono incriminati D’Alema e Occhetto. Alé Sputtana Italia». La indicata persona descriverebbe l’immagine del dott. Carlo Nordio sostituto procuratore della Repubblica in Venezia, come manutengolo di persona oggetto di custodia cautelare ed alle dipendenze di un personaggio politico, laddove il dottor Nordio aveva solo concordato le modalità dell’interrogatorio di Craxi.
Confermava, invece, l’assoluzione di Dario Fo e Franca Rame e – agli effetti civili – dello stesso Scalfari, condividendo la sentenza di primo grado che aveva ritenuto come la conversazione telefonica ben poteva essere considerata una ironica sintesi, proposta da Dario Fo, di quanto già ampiamente pubblicizzato; e poteva essere interpretata nel senso da lui indicato.
L’espressione “Alé puttana Italia” era riferibile all’onorevole Craxi, nel senso di un compiacimento per l’effetto denigratorio anche nei confronti degli avversari politici, ma senza riferimento al dottor Nordio.
La dichiarazione di inammissibilità nei confronti Scalfari con riferimento al reato di cui all’articolo 57 e 595 Cp, del tutto autonomo rispetto alla diffamazione, si rifà alla giurisprudenza di questa Corte in relazione all’impossibilità di una interpretazione estensiva dell’articolo 577 Cpp.
Il ricorrente chiede l’annullamento dell’impugnata sentenza, allegando i seguenti motivi.
1. Quanto alla dichiarazione di inammissibilità dell’appello nei confronti di Scalfari, denuncia erronea applicazione degli articoli 57 e 595 Cp ed inosservanza articolo 577 Cpp.
Non sarebbe vietata l’interpretazione estensiva, ma solo quella analogica. A tale interpretazione ha fatto ricorso sovente la Corte.
Rimane comunque l’impugnativa ai fini civili.
2. Manifesta illogicità di motivazione, con riferimento al riconoscimento dell’esimente del diritto di critica satirica ex articolo 51 Cp (garbatamente ironizzare sul giudice affidabile/fidato). La contraddizione nel qualificare l’espressione come oggettivamente denigratoria. Se è falso obiettivamente che D’Alema ed Occhetto erano stati incriminati tre giorni dopo la conversazione (invece l’incriminazione era precedente), l’errore ridonderebbe – nella pubblicazione – a conforto della diffamazione. Non è un fatto m arginale né può rientrare nella satira (che presuppone la critica ad un fatto vero), ma ha in effetti lo scopo di minimizzare il falso contesto che di per sé costituisce diffamazione, siccome attribuisce in maniera ingannevole una condotta illecita violando il principio di continenza, imposto anche dalla satira.
L’altra espressione “Alé Sputtana Italia”, è in successione all’altra sicché veniva percepita come dileggio al magistrato più che a Craxi.
Quanto al primo motivo, ritiene questa Corte che l’interpretazione dell’articolo 577 Cpp, seguita dall’impugnata sentenza, è conforme alla giurisprudenza prevalente.
L’articolo 577 Cpp legittima la persona offesa costituita parte civile a proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro la sentenza per i reati di ingiuria e diffamazione. Tale norma, avente carattere eccezionale nel sistema processuale, certamente non è suscettibile di interpretazione analogica (articolo 14 delle Preleggi), ma neppure estensiva siccome la dizione della legge (con la specifica indicazione di due sole ipotesi criminose) non dà alcuna possibilità di applicazione a reati del tutto autonomi, come quello previsto dall’articolo 57 Cp (v. tra le altre, Cassazione 29 gennaio 1996, Scalfari; Cassazione 2 luglio 1997, Carnevale).
Non ha senso, pertanto, sottilizzare una differenza, quanto all’articolo 57 Cp, tra reato distinto ma non autonomo dalla diffamazione a mezzo stampa.
Se è vero che l’articolo 577 Cpp si riferisce al nomen iuris della diffamazione e non alle fattispecie criminosa individuata dall’articolo 595 Cp, non per questo l’indicazione rimane meno precisa, nonostante il collegamento e la connessione strutturale tra gli articoli 57 e 595 Cp.
L’articolo 57 Cp configura, infatti, piuttosto che una ipotesi di diffamazione colposa, un reato di omesso controllo che può esplicarsi anche oltre l’area del reato previsto dall’articolo 595 Cp.
Il motivo, pertanto, è infondato.
Il secondo motivo, del pari infondato al limite dell’inammissibilità.
Anzitutto va puntualizzato che l’accertamento dell’oggettiva offensività di una espressione costituisce, in ogni caso, il presupposto per il riconoscimento dell’esimente, onde non può essere ritenuta una contraddizione.
Quanto allo slittamento della data di incriminazione dei due politici, occorre accertare se l’errore abbia reale rilevanza ai fini dell’esimente, ma nulla aggiunge o toglie al contenuto denigratorio dell’espressione (affidabile/affidato) né alla critica satirica nei confronti di un reale nesso derivante dall’inchiesta, per come risultante dalla telefonata.
L’espressione usata viene correttamente inquadrata, nella sentenza, in un contesto dissacrante più vasto, sull’onda di notizie e di fatti (v. intercettazione telefonica della conversazione tra Craxi ed il suo difensore) già diffusi “nell’atmosfera rovente di mani pulite”.
La sentenza, del resto, nega la parola “fidato” sia imputabile al duo Dario Fo – Franca Rame, anche se la cosa ha scarsa rilevanza, in rapporto al garbato ironizzare che ne è conseguito, sempre nella logica della motivazione.
La censura circa il superamento del limite di continenza finisce per sconfinare nella valutazione di merito, senza tener conto del complessivo quadro giocoso e volutamente mordente che caratterizza la satira politica.
In ultimo, la valutazione circa la persona cui era riferibile l’espressine conclusiva (“Alé sputtana Italia”) costituisce una palese valutazione alternativa a quella motivatamente espressa in sentenza come rivolta a Craxi.
In conclusione, il ricorso va globalmente rigettato.
Consegue la condanna alle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.