Pornografia minorile - Confini tra cessione e divulgazione
Pornografia minorile - Confini tra cessione e divulgazione - Utilizzo Internet - nickname “tcbsx” - Cessioneattraverso un canale di discussione (cosiddetta chat line) Articolo 600 ter terzo comma
Pornografia minorile - Confini tra cessione e divulgazione - Utilizzo Internet - nickname “tcbsx” - Cessione attraverso un canale di discussione (cosiddetta chat line) Articolo 600 ter terzo comma (Cassazione – sentenza 11 dicembre 2002-3 febbraio 2003, n. 4900)
Svolgimento del processo
Con l’ordinanza sopra menzionata è stato rigettato l’appello avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di remissione in libertà di Tullio Cxxxxxxxxxx, indagato per il reato di cui all’articolo 600 ter terzo comma e 81 Cp per avere ripetutamente –l’attività durava da quasi un anno- e per via telematica, operando con il nickname “tcbsx”, distribuito o comunque divulgato materiale pornografico avente ad oggetto minori di diciotto anni ritratti nel corso di rapporti sessuali tra loro e con adulti, cedendolo nel corso di tali attività ad ufficiali di Pg del compartimento di polizia postale e delle telecomunicazioni “Veneto”, che agivano sotto copertura: secondo il Tribunale, il fatto che con il sistema della chat line, che non prevede una divulgazione a tutti i presenti, “l’interlocutore via internet debba di volta in volta mostrarsi interessato a quel prodotto e accettare di ricevere e scambiare le foto, non è incompatibile con il concetto di divulgazione, atteso che in detto colloquio “privilegiato” l’interlocutore è sconosciuto, può essere potenzialmente costituito nella realtà fisica (non virtuale) da un gruppo di persone (nel caso in esame, ad esempio, erano almeno due gli agenti sotto copertura), delle quali non è dato conoscere nulla, nemmeno l’età”.
Una violazione dell’articolo 600ter Cp in relazione all’articolo 129 Cpp è colta dal ricorrente in tale concetto di divulgazione, che, esteso alla trasmissione “direct client to client”, comprenderebbe anche il caso, escluso invece da Cassazione 5397/02, dell’invio di un singolo messaggio ad un singolo indirizzo di posta elettronica. D’altro canto, il Cxxxxxxxxxx nega di aver ammesso che “l’attività durava da quasi un anno”, come riferito nell’ordinanza, avendo piuttosto affermato di essersi interessato alla pornografia “tra adulti” dall’inizio dell’anno e cha la trasmissione di immagini “pedofile” era avvenuta soltanto per i due episodi di cui al capo di imputazione: nel fatto è, quindi, da ravvisarsi la fattispecie prevista dal quarto comma, e non dal terzo, dell’articolo 600ter Cp con conseguente illegittimità dell’arresto.
Il ricorso è fondato in diritto, ancorché si imponga un nuovo esame del fatto alla luce dei principi che qui si formulano.
Posto che l’ordinanza dà per “pacifico che le trasmissioni dei files contenenti immagini pornografiche sono avvenute su richiesta di chi si è messo per via informatica in “dialogo privilegiato” con il Cxxxxxxxxxx”, è da escludere che tale trasmissione diretta tra due utenti, i quali devono essere necessariamente d’accordo sulla trasmissione del materiale, configuri senz’altro una divulgazione o distribuzione ai sensi del terzo comma della norma citata. Ed invero tali attività implicano la comunicazione con un numero indeterminato di persone (Cassazione 2842/00, ced 216880; 2421/2000, ced 217214; 5397/2002, ced 221337), quale l’uso del veicolo internet non vale di per sé ad assicurare.
Né ad integrare il numero indeterminato di persone è sufficiente la considerazione che esso possa annidarsi in un nickname, perché –anche a prescindere dall’onere della prova, che l’accusa non può assolvere con la mera evocazione di tale possibilità- altrimenti verrebbe ad ipotizzarsi il delitto in esame -piuttosto che, come ritenuto da Cassazione ult. cit., quello più lieve, di cui al quarto comma- anche nel caso dell’invio della foto, allegata ad un messaggio di posta elettronica, ad un indirizzo determinato, dietro il quale ugualmente potrebbe allocarsi una pluralità di persone.
Perché vi sia divulgazione o distribuzione occorre, invece, che l’agente inserisca le foto pornografiche minorili in un sito accessibile a tutti, al di fuori di un dialogo “privilegiato”, o le invii ad un gruppo o lista di discussione, da cui chiunque le possa scaricare, o le invii bensì ad indirizzi di persone determinate ma in successione, realizzando cioè una serie di conversazioni private (e, quindi, di cessioni) con diverse persone (come nella specie contestato all’indagato, ma da questi negato).
Di conseguenza, quando la cessione avvenga, come nel caso in esame, attraverso un canale di discussione (cosiddetta chat line), è necessario verificare, al fine della contestazione dell’ipotesi del terzo comma, se il programma consenta a chiunque si colleghi la condivisione di cartelle, archivi e documenti contenenti le foto pornografiche minorili, in modo che chiunque possa accedervi e, senza formalità rivelatrici di una sua volontà specifica e positiva, prelevare direttamente le foto. Laddove, invece, il prelievo avvenga solo a seguito della manifestazione di volontà dichiarata nel corso di una conversazione privata, si versa nell’ipotesi più lieve di cui al quarto comma.
L’ordinanza dev’essere, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale, che si uniformerà ai principi di diritto enunciati.
PQM
La Corte di cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Trieste per nuovo esame.