responsabile civile - richiesta di giudizio abbreviato
responsabile civile - richiesta di giudizio abbreviato - questione di legittimità costituzionale dell'art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui «dispone l'esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato» - dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (Corte costituzionale - ordinanza n. 247 del 2 luglio 2008)
responsabile civile - richiesta di giudizio abbreviato - questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui «dispone l’esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato» - dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale (Corte costituzionale - ordinanza n. 247 del 2 luglio 2008)
Corte costituzionale - ordinanza n. 247 del 2 luglio 2008
Ritenuto
che, con l’ordinanza in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, del Tribunale di Sassari, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui «dispone l’esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato»;
che il giudice rimettente premette che il pubblico ministero aveva richiesto il rinvio a giudizio nei confronti di diverse persone imputate, tra gli altri, dei reati di associazione per delinquere, truffa e appropriazione indebita, per essersi appropriate «di somme di denaro loro consegnate dai clienti contattati senza provvedere al versamento […] per le operazioni di investimento richieste» ad una società di intermediazione mobiliare;
che, in apertura dell’udienza preliminare, numerose persone offese si costituivano parti civili e chiedevano la citazione del responsabile civile, «individuandolo nel rappresentante legale pro tempore della società»;
che tale richiesta – respinta una prima volta per la ritenuta insussistenza dei presupposti legittimanti la chiamata in causa della società – era stata poi reiterata all’esito degli interrogatori di alcuni imputati; uno di essi, in particolare, in relazione alla sua pluriennale attività di promotore finanziario della società in questione, ammetteva di aver realizzato una gestione parallela illegale delle somme investite, per suo tramite, da oltre duecento persone: somme che egli non aveva mai versato alla società medesima;
che, tuttavia, «nelle more della decisione e dell’adozione del relativo provvedimento», alcuni degli imputati chiedevano di essere giudicati con il rito abbreviato, disposto il quale – afferma il rimettente – «è stata dichiarata l’inammissibilità della richiesta di citazione del responsabile civile non essendo consentita la sua presenza nel processo celebrato con le forme del rito abbreviato; tanto che, ai sensi dell’art. 87, comma 3, cod. proc. pen., una volta radicato il rito de quo il responsabile civile deve essere estromesso anche se già costituito nell’udienza preliminare»;
che il difensore di parte civile chiedeva quindi di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost.: eccezione che - secondo il rimettente - merita di essere coltivata, stante la non manifesta infondatezza delle censure prospettate;
che, in proposito, il giudice a quo - in esito ad una minuziosa ricostruzione delle vicende legislative e della giurisprudenza costituzionale che hanno riguardato il rito abbreviato - rileva che «il nuovo abbreviato è radicalmente diverso da quello previsto dal codice del 1988»: e ciò soprattutto a seguito dell’introduzione, ad opera della legge 16 dicembre 1999, n. 479, della facoltà dell’imputato di richiedere un’integrazione probatoria e del potere del giudice di acquisire tutti gli elementi ritenuti necessari ai fini della decisione (art. 441, comma 5, cod. proc. pen.);
che - argomenta ancora il giudice a quo - il modello originario del rito in questione risultava perfettamente coerente con il disposto della norma oggetto di censura, attesa la necessità di «non appesantire», con la presenza del responsabile civile, un giudizio allo stato degli atti caratterizzato dalla massima celerità; tuttavia, tale armonia «è ora venuta meno ed è diventata contrasto», posto che il “nuovo” giudizio abbreviato, per caratteristiche ed impatto statistico, deve essere considerato «un vero e proprio giudizio di merito, alternativo a quello ordinario» ed attivabile comunque solo da parte dell’imputato;
che, pertanto, a fronte di tali nuove e diverse caratteristiche del rito, l’esclusione del responsabile civile disposta dall’art. 87, comma 3, cod. proc. pen. si porrebbe in evidente contrasto con diversi parametri costituzionali;
che risulterebbe, innanzitutto, violato l’art. 3 Cost., sotto il profilo della «disparità di trattamento riservata alla parte civile sul piano delle pretese risarcitorie»; che, inoltre, sarebbe leso, in capo alla stessa parte civile, il diritto di agire in giudizio, tutelato dall’art. 24 Cost., nonché il principio della durata ragionevole del processo, sancito dall’art. 111 della Carta: principio «che deve essere inteso come garanzia non solo per l’imputato, ma per tutte le parti processuali e per la collettività in generale»;
che, in ordine alla rilevanza della questione, il giudice a quo afferma che essa «appare con evidenza», avuto riguardo alle stesse contestazioni elevate contro gli imputati;
che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata;
che la difesa erariale ritiene, quanto all’ammissibilità della questione, «assolutamente apodittiche» le censure del giudice a quo; mentre, con riferimento alla non manifesta infondatezza, evidenzia come il giudizio abbreviato costituisca ancora oggi – dopo le modifiche recate dalla legge n. 479 del 1999 – un rito alternativo al dibattimento, connotato da esigenze di celerità; a fronte di queste ultime non sarebbe dunque manifestamente irragionevole l’esclusione del responsabile civile, prevista dalla norma censurata;
che, per altro verso, tale esclusione non determinerebbe un vulnus al diritto di agire in giudizio della parte civile, abilitata a tutelare le proprie ragioni nel giudizio civile;
che, infine, la disciplina censurata non si porrebbe in contrasto con il principio della durata ragionevole del processo, posto che, secondo l’Avvocatura generale, l’esclusione disposta all’esito dell’udienza preliminare non ostacolerebbe in alcun modo l’azione nei confronti del responsabile civile, non trovando applicazione, in tale ipotesi, il disposto dell’art. 75, comma 3, cod. proc. pen.: norma che, in caso di esercizio dell’azione civile successivamente alla costituzione della parte privata in sede penale, prevede la sospensione del processo civile fino alla definizione di quello penale con sentenza irrevocabile.
Considerato
che il Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, del Tribunale di Sassari dubita, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 dello stesso codice, nella parte in cui dispone l’esclusione di ufficio del responsabile civile quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato;
che l’eccezione di illegittimità costituzionale è formulata, in riferimento all’art. 3 Cost., sotto il profilo della «disparità di trattamento riservata alla parte civile sul piano delle pretese risarcitorie»; in relazione all’art. 24 Cost., per la violazione del diritto della parte civile di agire in giudizio; con riferimento, infine, all’art. 111 Cost., sotto il profilo che – pur essendo legittimato all’esercizio dell’azione civile nel processo penale – il danneggiato verrebbe poi costretto ad intraprendere in altra sede un nuovo processo, a fronte dell’estromissione del soggetto chiamato a garantire l’effettiva soddisfazione del suo diritto: con inevitabile incidenza sulla ragionevole durata del processo;
che la questione proposta è manifestamente inammissibile per difetto del requisito della rilevanza;
che, infatti, il giudice a quo afferma espressamente di avere, dopo l’adozione del rito abbreviato, dichiarato l’inammissibilità della richiesta di citazione del responsabile civile, non essendo consentita la sua presenza nel processo celebrato con le forme di detto rito: ciò sul presupposto che, ai sensi dell’art. 87, comma 3, cod. proc. pen., una volta radicato il rito de quo, il responsabile civile debba essere estromesso anche se già costituito nell’udienza preliminare; che, pertanto, il giudice a quo ha già fatto definitiva applicazione della norma della cui legittimità costituzionale ora dubita, così consumando il proprio potere decisorio: con la conseguenza di rendere ininfluente, sotto il profilo della rilevanza, un’eventuale pronuncia di incostituzionalità della norma stessa. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PQM
La Corte costituzionale dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 87, comma 3, del codice di procedura penale, in relazione agli artt. 438 e 440 del medesimo codice, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari, in funzione di Giudice dell’udienza preliminare, del Tribunale di Sassari, con l’ordinanza in epigrafe.