Attivita' giornalistica – Tele operatore - Qualifica di giornalista - Immagini in autonomia tecnica e decisionale
19/03/2003 Attivita' giornalistica – Tele operatore - Qualifica di giornalista - Immagini in autonomia tecnica e decisionale - Funzione informativa
Attività giornalistica - Teleoperatore - Qualifica di giornalista - Immagini in autonomia tecnica e decisionale - Funzione informativa (Corte di Cassazione, sentenza n. 4047 del 19 marzo 2003)Svolgimento del processo
Con ricorso del 3 dicembre 1996, Txxxxxxx. – premesso che: dal mese di novembre del 1997, era dipendente della società Rai – Radiotelevisione Italiana con mansioni di teleoperatore; che, per effetto di accordi intervenuti tra il giugno del 1989 e il luglio del 1991 tra la società e il sindacato Usigrai, la vertenza che lo contrapponeva alla società era stata definita con verbale di conciliazione prevedente la novazione del rapporto di lavoro, a decorrere dal 1 settembre 1991, con inquadramento nella categoria di redattore regolato dal contratto nazionale di lavoro giornalistico; che in effetti era stato inquadrato nella categoria di teleoperatore giornalista, mentre invece gli sarebbe spettata la attribuzione della qualifica di redattore ordinario – convenne in giudizio, avanti il pretore di Milano, la società Rai – Radiotelevisione Italiana, chiedendo che venisse dichiarato che gli spettava dalla data di decorrenza del nuovo rapporto, la qualifica rivendicata con conseguente condanna della società e pagargli le differenze retributive. Costituitosi il contraddittorio ed espletata istruttoria, il pretore respinse la domanda con pronuncia resa il 20 giugno 1999. L’impugnazione proposta dal Txxxxxx contro la stessa è stata rigettata dalla corte di appello di Milano con la sentenza indicata in epigrafe. Il giudice di secondo grado ha rilevato che non era stata acquistata prova dello svolgimento continuativo e normale, da parte dell’appellante, delle mansioni proprie del redattore, che invece lo affiancava e che era colui che aveva la responsabilità dei servizi.
Della decisione viene chiesta la cassazione del Txxxxxx con ricorso affidato a un motivo. La società intimata resiste con controricorso. entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Il ricorrente denuncia il vizio di «omessa e falsa applicazione e violazione degli articoli 1362, 1363, 1366 e 1370 Cc». Al proposito deduce che il giudice di appello ha omesso di esaminare la specifica doglianza, svolta nei confronti della pronuncia di primo grado, attinente alla interpretazione del contratto di lavoro individuale che prevedeva l’inquadramento nella «categoria redattore con oltre 18 mesi di anzianità», da questo conseguendo il proprio diritto allo svolgimento delle mansioni proprie di questa figura professionale, per il cui contenuto occorre riferirsi alle descrizioni della legge numero 69/1963 e del Dpr 153/61 che rese efficace erga omnes il contratto nazionale collettivo di lavoro dei giornalisti del 10 gennaio 1959, derivandone che - secondo la elaborazione giurisprudenziale – requisiti caratterizzanti tale figura sono la normalità, continuità e quotidianità della prestazione giornalistica e la responsabilità e correlativa autonomia nella redazione dei servizi. Di ciò tennero conto gli accordi integrativi intervenuti, tra il 1989 e il 1991, tra la società e l’organizzazione sindacale, in forza dei quali si distinse tra telecineoperatori che non svolgano attività giornalistica e quelli con mansioni giornalistiche, tra i quali va operata una ulteriore distinzione tra coloro le cui mansioni “minori” sono determinate dagli accordi stessi e quelli assunti con la qualifica di redattori che, qualora abbiano anzianità di oltre 18 mesi, vengono riconosciuti come redattore ordinario.
La censura è infondata.
La asserzione del ricorrente - secondo la quale il giudice di appello avrebbe totalmente trascurato di esaminare la doglianza svolta con l’atto di impugnazione attinente la interpretazione del contenuto del contratto individuale di lavoro concluso tra le parti con il quale il precedente rapporto era stato novato con altro prevedente l’inquadramento del Txxxxxx nella “categoria redattore con oltre 18 mesi di anzianità professionale” - riceve netta smentita dalla motivazione della sentenza di merito. Da questa infatti chiara mente si trae che la Corte territoriale ha rilevato che l’unica interpretazione possibile dell’atto in questione fosse quella letterale. Al proposito, occorre sottolineare che come del resto riportato nella parte del ricorso in cui vengono riportati i fatti di causa e, sia pure per sintesi nella sentenza - la formulazione delle nuove condizioni, a seguito della estensione ai telecineoperatori degli accordi integrativi intervenuti tra la società e la organizzazione sindacale dei giornalisti, non prevedeva affatto che i dipendenti già in servizio venissero ex novo assunti come redattori ma piuttosto che gli stessi, pur conservando tale qualifica e continuando a esercitare le relative mansioni, venissero inquadrati nella categoria dei redattori e che, pertanto, fosse loro applicabile il contratto collettivo di lavoro dei giornalisti.
Con argomentazioni svolte correttamente sotto i profili logico e giuridico, il giudice di merito ha osservato che al testuale contenuto della previsione contrattuale non poteva, di per sé, attribuirsi il significato, preteso dal ricorrente, di una trasformazione della figura professionale di telecineoperatore in quella di redattore ma esclusivamente della parificazione, dal punto di vista normativo ed economico, del primo al secondo, potendo e dovendo, invece, il mutamento della qualifica e delle mansioni conseguire al verificarsi del presupposto, richiesto dalla norma e dalla
contrattazione collettiva, dell’affidamento, o dello svolgimento di fatto, delle mansioni proprie del redattore.
Deve, per il vero, rilevarsi che sul punto concorda anche il ricorrente, rinviando lo stesso, per la descrizione della figura in questione, alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, a norma dell’articolo 2 del contratto nazionale di lavoro giornalistico del 10 gennaio 1959, reso efficace erga omnes con il Dpr 153/91, la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato di collaborazione fissa, fra impresa giornalistica e giornalisti o pubblicisti, esige la continuità della prestazione, il vincolo della dipendenza e la responsabilità di un servizio, tali requisiti sussistendo quando il soggetto, sebbene non impegnato in un’attività quotidiana, che contraddistingue invece quella del redattore, adempia l’incarico ricevuto svolgendo prestazioni non occasionali rivolte a esigenze informative di un determinato settore di vita sociale e assumendo la responsabilità del servizio (per tutte, Cassazione, 7020/00).
Si richiede quindi - ai fini del riconoscimento della qualifica di redattore, che si distingue da quella del giornalista in genere, per la sola caratteristica della quotidianità delle prestazioni invece che della mera continuità - che, contestualmente, siano presenti le condizioni della quotidianità della prestazione, della continuità della personale realizzazione di servizi rivolti a soddisfare esigenze informative, del loro svolgimento con responsabilità e autonomia.
Più in particolare poi, con riferimento proprio alla specifica figura del teleoperatore, sempre questa Corte ha avuto modo di affermare che, ai fini del diritto di un teleoperatore alla qualifica di giornalista, le immagini dal medesimo raccolte in condizioni di autonomia tecnica e decisionale devono svolgere quella funzione informativa, cioè di espressione di fatti e di idee, che caratterizza l’attività giornalistica, e quindi non devono semplicemente illustrare la parola, ma, se non sostituirla del tutto, quanto meno completarla, cioè concorrere con essa alla formazione del servizio televisivo in una misura tale che in loro mancanza verrebbe meno o muterebbe in maniera sostanziale il valore informativo del servizio stesso (Cassazione, 11107/96).
Orbene, il giudice di appello ha ritenuto per provato, in punto di fatto, che stava all’accoglimento della domanda del Txxxxxx proprio il fatto che non era stata fornita la dimostrazione della continuità della personale realizzazione di servizi giornalistici quali sopra intesi e della loro responsabilità in capo al Txxxxxx. E sul punto il motivo di ricorso tace totalmente, nulla in esso rinvenendosi che si possa riferire a una eventuale mancata o insoddisfacente valutazione degli elementi probatori acquisiti in atti.
Del ricorso si impone quindi il rigetto con la condanna del suo proponente al rimborso in favore della società resistente delle spese del giudizio nella misura che si indica nel dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente Txxxxxx a rimborsare alla società resistente Rai – Radiotelevisione Italiana le spese del giudizio, che liquida in euro 19,00 oltre euro tremila per onorari di difesa.