Contratto di Appalto Garanzia per la difformità e vizi dell'opera Domanda di risoluzione del contratto
Civile - Contratto di Appalto Garanzia per la difformità e vizi dell'opera Domanda di risoluzione del contratto - Presupposti - Inidoneità dell'opera alla sua destinazione - Necessità - Incidenza dei difetti sul profilo estetico dell'opera In tema di appalto, la disciplina la disciplina dettata dell'art. 1668 cod. civ., in deroga a quella stabilita in via generale in materia di inadempimento del contratto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione ovvero all'uso cui sia preordinata, non assumendo, al riguardo, rilevanza il profilo estetico dell'opera. Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 26965 del 15/12/2011
Civile - Contratto di Appalto Garanzia per la difformità e vizi dell'opera Domanda di risoluzione del contratto - Presupposti - Inidoneità dell'opera alla sua destinazione - Necessità - Incidenza dei difetti sul profilo estetico dell'opera
In tema di appalto, la disciplina la disciplina dettata dell'art. 1668 cod. civ., in deroga a quella stabilita in via generale in materia di inadempimento del contratto, consente al committente di chiedere la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e sulla funzionalità della stessa, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione ovvero all'uso cui sia preordinata, non assumendo, al riguardo, rilevanza il profilo estetico dell'opera. Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 26965 del 15/12/2011
Corte di Cassazione, Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 26965 del 15/12/2011
FATTO E DIRITTO
E stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata alle parti "1. La Effeci s.a.s. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Cagliari Enrico So.. chiedendone la condanna al pagamento del saldo del corrispettivo relativo alla realizzazione e sistemazione di infissi in una villa del convenuto.
Il So.. chiedeva il rigetto della domanda e, in via
riconvenzionale, la risoluzione del contratto per grave inadempimento denunciando tra l'altro che l'opera era risultata affetta da difetti riscontrati già all'atto della consegna.
Il tribunale rigettava la domanda proposta dall'attrice e, in accoglimento della riconvenzionale, pronunciava la risoluzione del contratto per grave inadempimento: la decisione era riformata in sede di gravame in cui la domanda di risoluzione del contratto era respinta, sul rilievo che i difetti accertati non erano tali da rendere il bene inadatto alla sua destinazione; era accolta la domanda avanzata dall'attrice. Ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi il So... Ha resistito l'intimata. 2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.
Il primo motivo censura l'interpretazione restrittiva che la Corte aveva dato circa l'idoneità del manufatto ad assolvere la funzione cui era destinato: tale verifica andava compiuta accertando se il manufatto avesse avuto i requisiti necessari con riferimento al contesto in cui era posto, tenuto conto delle caratteristiche di pregio della villa dell'attore e del contesto extraurbano di rilievo in cui la stessa è inserita; in effetti, la inidoneità dei manufatti era assoluta. Seppure, non può entrare nel merito, la S.C. - sostiene il ricorrente - ben può apprezzare come la motivazione sulla gravità dell'inadempimento sia del tutto inadeguata e non giustificabile alla luce degli atti.
Il secondo motivo deduce che, in base ai documenti, alle prove testimoniali e alla c.t.u. i Giudici di appello avrebbero dovuto confermare la pronuncia di risoluzione del contratto pronunciata in prime cure.
I motivi, che per la stretta connessione vanno esaminati congiuntamente, devono essere disattesi.
Sarà appena il caso di ricordare che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia di appalto, la disciplina dettata dell'art. 1668, in deroga a quella stabilita in via generale in tema di inadempimento del contratto, prevede la risoluzione del contratto soltanto nel caso in cui i difetti dell'opera, incidendo in modo notevole sulla struttura e la funzionalità dell'opera, siano tali da renderla del tutto inadatta alla sua destinazione ovvero all'uso ai quali è preordinata (Cass. 9295/2006; 15167/2001; 1395/1996; 9078/1994).
La sentenza ha fatto corretta applicazione di tale principio, avendo verificato che i difetti accertati dal consulente non erano tali da impedire la funzione che essi, ancora a distanza di 16 anni, erano in grado di assolvere, non assumendo rilevanza - in relazione al rimedio di cui all'art. 1668, u.c. citato - il profilo estetico sul quale ancora insiste il ricorrente.
Orbene, le critiche formulate dal ricorrente non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell'iter logico giuridico seguito dalla sentenza: pur facendo riferimento anche all'art. 360 c.p.c., n. 5, le censure lamentate, in realtà, non denunciano un vizio logico della motivazione ma si concretano in argomentazioni volte a sostenere - attraverso la disamina e la discussione degli elementi di fatto acquisiti - l'erroneo apprezzamento delle risultanze processuali compiuto dai giudici circa la l'idoneità o meno delle opere sulla base di una soggettiva valutazione compiuta dal ricorrente. Al riguardo, va sottolineato che il vizio deducibile ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire:
in sostanza, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell'ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione che non può esaminare e valutare gli atti processuali ai quali non ha accesso, ad eccezione che per gli errores in procedendo (solo in tal caso la Corte è anche giudice del fatto)".
Vanno condivise le argomentazioni e le conclusioni di cui alla relazione.
Il ricorso va rigettato.
Deve essere dichiarato inammissibile il controricorso, non essendo stata prodotto l'avviso di ricevimento relativo alla sua notificazione che pertanto deve considerarsi inesistente. Non va adottata alcuna statuizione relativamente alle spese della presente fase, in considerazione di quanto si è detto a proposito del controricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.
Depositato in Cancelleria il 15 dicembre 2011
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