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Esecuzione forzata - Pignoramento - Estinzione del credito pignorato - Pignoramento di crediti vantati dal debitore nei confronti della P.A.

Esecuzione forzata - Pignoramento - Estinzione del credito pignorato - Pignoramento di crediti vantati dal debitore nei confronti della P.A. - Notificazione del pignoramento anche al concessionario del servizio di tesoreria - Effetti - Obbligo del tesoriere di non disporre del credito senza ordine del giudice - Quando il creditore pignori un credito vantato dal proprio debitore nei confronti della P.A. e l'atto di pignoramento sia notificato anche al concessionario del servizio di tesoreria di quest'ultima, il tesoriere è direttamente obbligato nei confronti del creditore procedente a non eseguire il pagamento del credito pignorato senza ordine del giudice, rispondendo personalmente verso il creditore pignorante della violazione di tale obbligo. Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 7863 del 06/04/2011

Esecuzione forzata - Pignoramento - Estinzione del credito pignorato - Pignoramento di crediti vantati dal debitore nei confronti della P.A. - Notificazione del pignoramento anche al concessionario del servizio di tesoreria - Effetti - Obbligo del tesoriere di non disporre del credito senza ordine del giudice -

Quando il creditore pignori un credito vantato dal proprio debitore nei confronti della P.A. e l'atto di pignoramento sia notificato anche al concessionario del servizio di tesoreria di quest'ultima, il tesoriere è direttamente obbligato nei confronti del creditore procedente a non eseguire il pagamento del credito pignorato senza ordine del giudice, rispondendo personalmente verso il creditore pignorante della violazione di tale obbligo. Corte di Cassazione,  Sez. 3, Sentenza n. 7863 del 06/04/2011

Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 7863 del 06/04/2011

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 2803/06, pubbl. il 12.6.06 e notificata il 7.9.06, rigetta l'appello della Banca d'Italia avverso la sentenza del Tribunale di Roma nel giudizio di accertamento ex art. 549 c.p.c., intentato dalla Banca Popolare di Sondrio nei confronti di quella, del Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Pierantonia Ro.. (in Br..).

In particolare, nel corso di una espropriazione presso terzi, la Banca Popolare di Sondrio, in forza di un precetto di L. 286.627.843 (oltre accessori) aveva pignorato - con atto notificato tra il 2 ed il 5 agosto 1999 sia al Ministero che alla Banca d'Italia - i crediti della Ro.. (creditrice di un indennizzo per la quota di sua pertinenza di un'azienda agricola ablata in suo danno dalla Repubblica somala) verso il Ministero del Tesoro e verso la Banca d'Italia; e tuttavia il primo aveva autorizzato, con provvedimento dell'8 luglio - 3 settembre 1999, il pagamento della somma di L. 287.423.460, trasmettendo in data 6.11.99 i dati alla Banca d'Italia affinché provvedesse al pagamento: tanto che questo era materialmente eseguito in data 7.9.99 in favore della Ro... Nel successivo giudizio ex art. 549 c.p.c. il Tribunale di Roma aveva accolto la domanda della creditrice Banca Popolare di Sondrio, dichiarando che, alla data di notifica del pignoramento, il Ministero del Tesoro era debitore della debitrice esecutata per L. 287.423.460, mentre, in data successiva al pignoramento, la Banca d'Italia era a sua volta divenuta debitrice per una pari somma.

La Corte di Appello di Roma, a seguito dell'appello della sola Banca d'Italia, ha disatteso l'eccezione di incompetenza territoriale e riaffermato nel merito la qualità della Banca d'Italia di debitrice della Ro.. in ordine alle somme recate dal mandato di pagamento, sia per l'impossibilità di confondere i dati anagrafici relativi alla Ro.., sia in applicazione della norma dell'art. 1269 c.c., con conseguente inopponibilita al creditore procedente del pagamento intervenuto in data successiva ai pignoramento.

2. La Banca d'Italia propone ricorso per cassazione, affidandolo ad un quesito di diritto; e delle controparti resiste la sola Banca Popolare di Sondrio con controricorso, contestando nel merito le ragioni di diritto dell'avversaria; e, alla pubblica udienza del 3.3.11, illustrate le rispettive posizioni con memorie ai sensi dell'art. 378 c.p.c., i difensori della ricorrente e della controricorrente prendono parte alla discussione orale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. La ricorrente propone un unico motivo di ricorso, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 1269 c.c., artt. 543, 548 e 549 c.p.c., R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 69 e R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 498, sostanzialmente ritenendo errata la qualificazione data dai giudici di merito al tesoriere di debitore diretto verso la debitrice esecutata beneficiarla di mandato di pagamento dell'Amministrazione centrale disponente, in quanto quest'ultimo comporta per il tesoriere una mera delegazione di pagamento; e formula il seguente quesito di diritto: se l'invio al tesoriere dello Stato di un ordinativo di pagamento emesso da un'amministrazione dello Stato a favore di un proprio creditore, integrando una mera delegazione di pagamento ai sensi dell'art. 1269 c.c., sostituisca il tesoriere all'amministrazione ordinante nell'obbligo nei confronti del beneficiario del titolo di spesa e se il tesoriere, in qualità di mero delegato al pagamento, possa qualificarsi debitor debitoris ed essere sottoposto ad esecuzione forzata presso terzi ad istanza del creditore del beneficiario del titolo di spesa, con le conseguenze previste dagli artt. 548 e 549 c.p.c..

4. Dal canto suo, la Banca Popolare di Sondrio replica che la questione sarebbe posta in modo fuorviante, perché l'accertamento del rapporto tra Tesoriere - Ministero debitore esecutato sarebbe estraneo al procedimento ex art. 549 c.p.c. (con richiamo a Cass. S.U. 14831/02), il cui unico oggetto è l'accertamento dell'idoneità del credito a costituire oggetto del pignoramento presso terzi; ed a tale domanda dà positiva risposta per la posteriorità del pagamento rispetto al pignoramento ritualmente eseguito anche al tesoriere. 5. Va preliminarmente osservato che la peculiarità del caso di specie sta in ciò, che il creditore (la Banca Popolare di Sondrio) assoggetta ad un pignoramento presso terzi il credito che la sua debitrice (Pierantonia Ro.. in Br..) vanta verso una Pubblica Amministrazione (il Ministero del Tesoro ed oggi dell'Economia e delle Finanze), identificando quali terzi pignorati - cui notifica l'atto ex art. 543 c.p.c., - non soltanto quest'ultima, ma pure il suo tesoriere, cioè la Banca d'Italia.

La lineare tesi della ricorrente si riassume nell'insussistenza di un obbligo diretto del delegato verso il delegatario nella delegazione di pagamento ex art. 1269 c.c., risolvendo in tale ultimo istituto il rapporto derivante dal mandato di pagamento al tesoriere da parte di un'amministrazione centrale dello Stato.

Orbene, il tenore letterale della norma richiamata anche dai giudici di merito a sostegno della sussistenza di un obbligo diretto del delegato condiziona effettivamente quest'ultimo ad una sua manifestazione di volontà, visto che la norma codicistica testualmente recita:
"Se il debitore per eseguire il pagamento ha delegato un terzo, questi può obbligarsi verso il creditore, salvo che il debitore l'abbia vietato.
Il terzo delegato per eseguire il pagamento non è tenuto ad accettare l'incarico, ancorché sia debitore del delegante. Sono salvi gli usi diversi".

6. Va poi rilevato che la questione dell'oggetto del giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo è stata di recente risolta dalle Sezioni Unite di questa Corte in modo difforme da quanto prospettato dalla controricorrente, sicché la sua sola tesi a sostegno delle conclusioni della Corte territoriale non può essere presa in considerazione.
In particolare, il giudizio di accertamento dell'obbligo del terzo, previsto dall'art. 548 c.p.c., pur essendo promosso dal creditore in forza di una propria legittimazione ad agire e non in via surrogatoria del debitore, non ha rilevanza limitata alla sola azione esecutiva, ma - anche per motivi di economia e celerità processuale richiesti dai principi del giusto processo ex art. 111 Cost. - si conclude con una sentenza dal duplice contenuto di accertamento:
l'uno, idoneo ad acquistare autorità di cosa giudicata sostanziale tra le parti del rapporto, avente ad oggetto il credito del debitore esecutato (che, pertanto, è litisconsorte necessario) nei confronti del terzo pignorato; l'altro, di rilevanza meramente processuale, attinente all'assoggettabilità del credito pignorato all'espropriazione forzata, efficace nei rapporti tra creditore procedente e terzo debitor debitoris e come tale rilevante ai soli fini dell'esecuzione in corso, secondo la forma dell'accertamento incidentale ex lege (Cass. S.U. 13 ottobre 2008 n. 25037, in consapevole revisione del precedente orientamento espresso da Cass. S.U. 14831/02 e citato dalla controricorrente).

A tale orientamento anche questa sezione ritiene di dare continuità, del resto in carenza di elementi nuovi, atti ad inficiare o rimettere in discussione la validità delle argomentazioni della appena richiamata pronuncia; ed occorre allora valutare su altre basi - benché comunque entro quanto addotto dalla ricorrente - la correttezza o meno della declaratoria di sussistenza di un diretto obbligo del tesoriere, inadempiente all'obbligo di non disporre pagamenti in favore del debitore pignorato, verso il creditore pignorante.

7. E necessario premettere che, per gli enti pubblici soggetti al sistema c.d. della "tesoreria unica" (con cui si impone agli enti ed organismi pubblici l'obbligo di mantenere le proprie disponibilità liquide o eccedenze di cassa in contabilità speciali o conti correnti infruttiferi presso le sezioni di tesoreria dello Stato), di cui alla L. 29 ottobre 1984, n. 720, sono state - dall'art. 1 di detta legge - affidate agli istituti di credito le funzioni di tesorieri o cassieri degli enti e degli organismi pubblici soggetti al sistema della tesoreria unica, i quali effettuano, nella qualità di organi di esecuzione degli enti e degli organismi suddetti, le operazioni di incasso e di pagamento a valere sulle contabilità speciali aperte presso le sezioni di tesoreria provinciale dello Stato.

La disciplina sulla tesoreria unica sì basa sul principio che il denaro pubblico deve uscire dalla tesoreria dello Stato - e quindi influire sul fabbisogno di cassa del Tesoro - solo al momento della effettiva spendita da parte degli enti destinatari; questo sistema accentua il ruolo della Banca quale gestore dell'intero sistema dei flussi finanziari connessi con gli incassi e i pagamenti di pertinenza del bilancio dello Stato e degli altri enti ricompresi nel settore pubblico.
Il servizio di tesoreria è affidato alla Banca d'Italia con provvedimenti di legge, affiancati da convenzioni tra la Banca e il Ministero che fissano i principi per lo svolgimento dell'attività. L'ultimo provvedimento che ha prorogato l'affidamento del servizio, la L. n. 104 del 1991, ha portato da dieci a venti anni la durata della convenzione e ha introdotto il principio del rinnovo automatico.

I principi cui deve conformarsi l'attività del tesoriere sono costituiti nelle sezioni della legge e nel regolamento di contabilità generale dello Stato (R.D. 18 novembre 192, n. 2440 e R.D. 23 maggio 1924, n. 827), che, disciplinando il procedimento di spesa delle Amministrazioni pubbliche, descrivono anche strumenti e modalità per il pagamento ai creditori dello Stato e l'incasso delle entrate. A livello di normativa secondaria, tali principi sono richiamati dalle Istruzioni generali sui servizi del Tesoro (IGST), che dettano disposizioni di natura applicativa e/o organizzativa, con l'intendimento di fornire un compendio normativo agli operatori del settore. A tali disposizioni sì aggiungono le circolari emanate dalla Ragioneria generale dello Stato e da altre Amministrazioni statali, d'intesa con la Ragioneria, per disciplinare particolari tipologie di operazioni.
li rapporto nascente dal servizio di tesoreria unico della Banca d'Italia viene, talora, ricondotte all'assunzione di titolarità di un ufficio pubblico ovvero di un organo dello Stato, mentre, talaltra, esso è sussunto nella categoria degli accordi di diritto pubblico o di concessione.

In base a tale impostazione, presupposta anche dalla Corte costituzionale con la sua sent. 28 settembre 1998 n. 350 (che ha dichiarato inammissibile l'intervento in giudizio della Banca d'Italia, in qualità di tesoriere provinciale dello Stato, qualificando l'Istituto in tale sua veste come "ente concessionario di pubblico servizio", i cui rapporti con l'Amministrazione dello Stato "sono disciplinati, in base alla legge, mediante apposite convenzioni, senza che in ragione della gestione di tale servizio l'ente venga a configurarsi come organo dello Stato"), non tanto si valorizza il carattere lato sensu convenzionale della fonte con cui è dallo Stato alla Banca d'Italia affidato l'esercizio del servizio, quanto piuttosto si da senso alla coesistenza dell'interesse pubblico volto a garantire un efficace servizio di acquisizione delle entrate e di erogazione delle spese dello Stato e del diritto del concedente di controllare l'attività del concessionario. L'autonomia soggettiva del Tesoriere è anzi esaltata in concreto dall'art. 9 della convenzione sulla tesoreria provinciale, confermato dalla convenzione per la tesoreria centrale, che è la fonte da cui scaturiscono i poteri in proposito. Una tale norma prevede che, previa comunicazione alla Direzione generale del Tesoro (Ragioneria generale dello Stato dopo la riorganizzazione del MEF) la Banca ha facoltà di attuare, nell'ambito delle disposizioni vigenti, una diversa organizzazione amministrativa, contabile e di cassa mediante le modificazioni e le semplificazioni che essa riterrà più opportune nei riguardi del servizio e del pubblico.

Ne deriva l'esclusione di qualsiasi immedesimazione del Tesoriere con l'Amministrazione statale e, al contempo, la responsabilità diretta della Banca, anche se priva di un potere autonomo (in quanto non può disporre di per sè incassi e pagamenti, ma opera sempre in nome e per conto dell'Amministrazione statale), nello svolgimento del servizio di tesoreria, tanto che essa risponde in proprio della materiale accettazione o corresponsione di una somma di denaro non dovuta.

8. Occorre a questo punto inquadrare la normativa di riferimento:
- la legge istitutiva del servizio di Tesoreria Unica prevede, alla L. 29 ottobre 1984, n. 720, art. 1 bis (come inserito dal D.L. 31 agosto 1987, n. 359, art. 24 bis, conv. con modif. in L. 29 ottobre 1987, n. 440), quanto qui appresso riportato:
I pignoramenti ed i sequestri, a carico degli enti ed organismi pubblici di cui all'art. 1, comma 1, delle somme affluite nella contabilità speciali intestate ai predetti enti ed organismi pubblici si eseguono, secondo il procedimento disciplinato al capo 3^ del titolo 2^ del libro 3^ del codice di procedura civile, con atto notificato all'azienda o istituto cassiere o tesoriere dell'ente od organismo contro il quale si procede, nonché al medesimo ente od organismo debitore.
Il cassiere o tesoriere assume la veste del terzo ai fini della dichiarazione di cui all'art. 547 cod. proc. civ., e di ogni altro obbligo e responsabilità ed è tenuto a vincolare l'ammontare per cui si procede nelle contabilità speciali con annotazione nelle proprie scritture contabili.
In caso di pignoramenti o sequestri di entrate proprie degli enti od organismi pubblici di cui all'art. 1, comma 1, eseguiti anteriormente al versamento di queste in contabilità speciale, il cassiere o tesoriere provvede ugualmente al dovuto versamento nella contabilità speciale con annotazione del relativo vincolo.
Restano ferme le cause di impignorabilità, insequestrabilità ed incedibilità previste dalla normativa vigente, nonché i vincoli di destinazione imposti, o derivanti dalla legge.

- la disciplina sulla contabilità di Stato e segnatamente il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, prevede, poi:
- all'art. 498, quanto appresso:
Le amministrazioni, enti, uffici o funzionar a cui siano notificati pignoramenti, sequestri o opposizioni relative a somme dovute dallo Stato, sospendono l'ordinazione del pagamento delle somme cui i suddetti atti si riferiscono, dandone notizia alla Corte dei conti. I funzionar, tesorieri o agenti incaricati di eseguire il pagamento degli ordini o di effettuare la consegna degli assegni, quando ricevano la notizia degli atti suddetti, sospendono il pagamento o la consegna e trasmettono gli atti all'amministrazione centrale o all'ente, ufficio o funzionario ordinatore.
In ogni caso gli uffici, enti o funzionari ordinatori danno notizia della ricevuta notifica e della sospensione all'amministrazione centrale.

Quando gli atti contengano citazione a comparire davanti l'Autorità giudiziaria ne è subito avvertita l'Avvocatura erariale, per i provvedimenti di sua competenza, con la comunicazione degli elementi necessari perché eventualmente possa essere resa la dichiarazione delle somme dovute, secondo le norme del codice di procedura civile; - all'art. 502, quanto appresso:
Se gli atti di cui al precedente art. 498 siano nulli o inefficaci per disposizione esplicita di legge o per vizio di forma, l'amministrazione centrale, sentita l'avvocatura erariale, può ordinare che il pagamento abbia corso.
In caso contrario, non si da corso al pagamento fino a che non sia notificata sentenza dell'autorità giudiziaria passata in giudicato sulla validità degli atti o sull'assegnazione delle somme, salvo che il creditore sequestrante, pignorante o opponente non rinunzi formalmente all'impedimento notificato.
La normativa sulla tesoreria unica prevede quindi quale unica forma di pignoramento del denaro delle pubbliche amministrazioni ivi contemplate (tra cui, se non altro per quel che qui interessa, le amministrazioni centrali dello Stato) quello del pignoramento presso terzi presso il tesoriere.

9. La premessa normativa fin qui esaminata, senza necessità di ulteriori approfondimenti della problematica sulla struttura della tesoreria unica in quanto non direttamente rilevante ai fini della risoluzione della controversia, consente di ricostruire - così correggendosi la motivazione della sentenza gravata, ai sensi dell'art. 384 c.p.c. - il Tesoriere non già come un ordinario adiectus solutionis causa, ne' il mandato di pagamento come un'ordinaria delegazione di pagamento, ma piuttosto:
- il primo quale adiectus solutionis causa necessario - non potendo i pagamenti in denaro dell'amministrazione centrale normalmente aver luogo se non appunto mediante il tesoriere - in virtù della normativa sulla tesoreria unica e comunque obbligato, per la preminente natura pubblicistica del servizio svolto, nel pagamento dei mandati. alla normativa di evidenza pubblica cui è assoggettato anche in virtù del rapporto di concessione con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, con divieto di fare corso al pagamento di quelli colpiti da pignoramenti;
- il secondo, quale strumento normale di pagamento dei debiti dell'Ente pubblico, quale principale - se non altro in linea di tendenza e salve specifiche eccezioni - veicolo per la corresponsione di liquidità in estinzione dei debiti dell'Ente stesso. D'altro canto, il Ministero non ha disponibilità liquide se non presso il Tesoriere, ne' potrebbe di norma disporre pagamenti senza quest'ultimo: la delegazione di pagamento sui generis che vuole configurare la ricorrente è quindi non tanto necessitata, quanto piuttosto il normale mezzo di pagamento dei debiti pecuniari della suddetta Amministrazione pubblica.

Se si nota che chiunque volesse sottoporre le corrispettive ragioni di credito ad esecuzione dovrebbe necessariamente, per la richiamata previsione di legge, attivare le speciali procedure dell'espropriazione presso terzi e costituire custode, con il relativo atto di pignoramento, appunto il tesoriere, pare agevole sostenere che analoga funzione spetta a quest'ultimo quando è pignorato il credito del privato verso la pubblica amministrazione che ha disposto l'ordinativo: con un unitario atto si vincola così il debito di quest'ultima verso il privato e qualunque attività dei destinatari del pignoramento volta ad estinguerlo senza il controllo del giudice e al di fuori dell'ambito della procedura esecutiva. In questo quadro il consueto vincolo di indisponibilità sanzionato dall'inefficacia degli atti estintivi successivi, di cui all'art. 2917 c.c. - normalmente derivante dalla notificazione dell'atto di pignoramento presso terzi e inerente alla qualità di custode delle somme o dei crediti, proprio perché tale ultime atto è rivolto contemporaneamente all'Amministrazione Centrale - effettiva debitrice - ed al sue Tesoriere, colpisce il credito del debitore esecutato verso la prima e, al contempo, il credito del terzo debitore verso il sue tesoriere debitore; e comunque il medesimo pignoramento attiva adeguatamente l'obbligo - di rilevanza non soltanto privatistica, per quanto detto - di quest'ultimo di osservare il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, art. 502, sopra richiamato, di "non dare corso al pagamento", ma lo attiva anche in favore del pignorante. È così certamente unitario il credito del debitore esecutato aggredito dal creditore esecutante, nel quale debitore diretto è sicuramente la pubblica amministrazione che dispone l'ordinativo di pagamento; ma la notificazione del pignoramento ne impedisce, senza ordine del giudice, l'estinzione in favore del primo, se non altro con effetto nei confronti di chi ne è costituito custode ed a beneficio del creditore esecutante.

10. In sostanza,. la presente fattispecie, siccome riferita a pignoramenti di crediti di privati verso una pubblica amministrazione che eroghi pagamenti normalmente a mezzo del sistema di tesoreria unica, si ricostruisce come un pignoramento presso terzi complesso o in duplice grado: in via immediata, esso colpisce il credito che la debitrice originaria ha verso la pubblica amministrazione; ma tale credito a sua volta ha ad oggetto il credito che la stessa pubblica amministrazione che dovrà disporre il mandato verrà ad avere, in virtù di tale ordine e purché successivo al pignoramento, verso il tesoriere in quanto delegato ex lege al pagamento; con un unitario pignoramento, a garanzia delle ragioni del creditore, vengono a suo favore vincolate entrambe le ragioni di credito, sebbene la seconda in dipendenza della prima.

Non rileva allora ulteriormente indagare se il tesoriere della pubblica amministrazione debitrice si costituisca quale debitore diretto del privato che sia a sua volta creditore di tale amministrazione ordinante: è piuttosto la disciplina speciale del pignoramento presso terzi e dell'inefficacia degli atti estintivi del credito successivi al pignoramento a fondare, quale conseguenza della notificazione dell'atto di pignoramento sia al terzo debitore che al suo tesoriere quale debitore ulteriore di quest'ultimo, l'obbligo diretto del tesoriere stesso verso il creditore esecutante di non disporre od eseguire pagamenti senza ordine del giudice. D'altra parte, un tale obbligo è estrinsecazione di una norma di rilevanza pubblicistica quale il R.D. n. 827 del 1924, art. 502 cpv., ed è sanzionato appunto con la persistenza della responsabilità in caso di pagamento successivo senza ordine del giudice, sicché in tali casi il tesoriere, verso il creditore, deve ritenersi non avere mai estinto l'obbligo dell'ordinante verso il creditore erariale, a sua volta debitore dell'esecutante.

11. Deve quindi concludersi che, sia pure così corretta la motivazione della gravata sentenza, legittimamente si afferma che il tesoriere Banca d'Italia è obbligato anche e direttamente nei confronti del creditore pignorante in dipendenza del pagamento deliberatamente e volontariamente eseguito in favore dell'esecutato dopo - e nonostante - la notifica del pignoramento ad esso tesoriere ed all'amministrazione ordinante.
Le spese seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna la Banca d'Italia, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento, in favore della Banca Popolare di Sondrio, in pers. del leg. rappr.nte p.t,., delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 marzo 2011. Depositato in Cancelleria il 6 aprile 2011

 

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