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Decisione del C.d.O. - Impugnazione - Proposizione oltre il termine

Avvocato - Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Impugnazione - Proposizione oltre il termine di venti giorni dalla notificazione ex art. 50 co. 2 R.D.L. n. 1578/33 - L'impugnazione della decisione disciplinare del C.d.O., ai sensi dell'art. 50, co.2 del R.d.L. n. 1578/33 e successive modifiche ed integrazioni, deve essere proposta entro venti giorni dalla notifica del provvedimento da impugnare, il ricorso depositato oltre tale termine è tardivo e, come tale, va dichiarato inammissibile. (Dichiara inammissibile il ricorso avverso decisione C.d.O. di Napoli, 20 luglio 2010). Consiglio Nazionale Forense decisione del 30-12-2011, n. 218

 

Consiglio Nazionale Forense decisione del 30-12-2011, n. 218

FATTO
Con esposto del 09.07.2009 il sig. S. A. riferiva di aver affidato nel 2006 all'avv. G. E. l'incarico di ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un incidente stradale.
Nel settembre 2008 l'avv. E. gli comunicava telefonicamente che il sinistro era stato transatto per euro 6.500,00 di cui euro 1.500,00 per onorario.
Successivamente, avendo egli più volte invano richiesto al legale notizie dell'incasso, si rivolgeva direttamente all'assicurazione A. dalla quale apprendeva che l'assegno di euro 6.500,00 era stato emesso in suo favore in data 15.02.2008, inviato all'avv. E. e regolarmente incassato.
Appurava poi, da una fotocopia dell'assegno fornita dalla stessa assicurazione, che l'incasso era avvenuto con la firma apocrifa e chiedeva spiegazioni al legale il quale gli consegnava copia di denunzia da lui presentata il 21.04.2009 al commissariato P.S. di Montecalvario nella quale dichiarava di non avere mai ricevuto l'assegno, per poi cambiare versione, affermando che in data 22.12.2008 aveva ricevuto un plico della B. S. ma che al suo interno non aveva rinvenuto nulla.
Apprendeva infine, in data 09.07.2009, che l'assegno era stato incassato da un tale A. S. in base a documenti presentati e grazie all'attestazione di personale conoscenza da parte dello stesso Avv. E., cliente della Banca medesima.
Si rivolgeva pertanto al Consiglio dell'Ordine per sollecitare il legale alla consegna dell'importo dovutogli.
In data 18.11.2009 pervenivano al COA note dell'Avv. E. il quale confermava la versione del proprio cliente, sottolineando che la firma apposta sul modello con cui era stata prestata la garanzia di conoscenza era sua, ma che si trattava di un modulo, probabilmente preformato in altra sede ed utilizzato fraudolentemente, per incassare l'assegno. Il COA, in data 25.06.2010, apriva procedimento disciplinare nei confronti dell'avv. E. con la seguente incolpazione: "Per aver favorito l'incasso dell'assegno di € 6.500,00 emesso dall'A. B. – per il risarcimento di un sinistro automobilistico, in favore del suo cliente sig. S. A. – da parte di terzi rimasti ignoti, venendo negoziato l'assegno presso la banca popolare di Novara, filiale 1 di Via --Omissis--, presso cui l'avv. E. era cliente e recando la firma apposta sull'assegno l'attestazione di personale conoscenza da parte dello stesso avv. G. E.".
Quest'ultimo faceva pervenire una memoria con la quale, sostenendo la pendenza di procedimento penale per la medesima incolpazione, chiedeva la sospensione del procedimento disciplinare, senza però allegare alcuna certificazione.
Il Consiglio dell'Ordine, nella seduta del 20.07.2010, poiché non era stata fornita la prova della pendenza di giudizio penale, rigettava l'istanza di sospensione e ritenendo che dagli atti forniti dal denunziante fosse emersa la fondatezza della incolpazione, dichiarava la responsabilità disciplinare dell'avv. E., al quale irrogava la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale nella misura di dieci mesi.
Avverso tale decisione, depositata il 16.12.2010 e notificata l'11.01.2011 a mani proprie, l'avv. E. con atto depositato il 1.02.2011 impugna il provvedimento eccependo preliminarmente il vizio genetico della decisione per ciò configurandosi "peculiare incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge".
Con un secondo motivo, chiede la sospensione del procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 295 c.p.c. conformemente al "recente revirement delle sezioni unite della Cassazione" (n. 4893/2006).
Con un terzo motivo, sostiene che la decisione sia affetta da nullità ex art. 606 lettere b) ed e) c.p.p. per erroneità ed omessa motivazione in ordine al diniego della richiesta di
sospensione e violato l'art. 111 Cost., sotto il profilo del mancato accoglimento della censura.
Con un quarto ed ultimo motivo reitera nuovamente il secondo, rammentando che, per effetto della modifica dell'art. 653 cod.proc. per disposta dall'art. 1 della legge n.97 del 2001 – per cui l'efficacia del giudicato della sentenza penale di assoluzione, nel giudizio disciplinare, non è più limitata alla sentenza dibattimentale e si estende, oltre alle ipotesi di assoluzione perché "il fatto non sussiste", a quella disposta perché "il fatto non costituisce reato" – qualora l'addebito abbia ad oggetto gli stessi fatti contestati in sede penale, si impone la sospensione del giudizio disciplinare in pendenza del procedimento penale, ai sensi dell'art. 295 cod.proc.pen.
Chiede al CNF di accertare e dichiarare la nullità della decisione impugnata e della relativa sanzione, rendendola inesigibile e priva di effetti giuridici conseguenti.
DIRITTO
Il ricorso va dichiarato inammissibile .
La decisione è stata infatti notificata a mani proprie dell'avv. E. l'11 gennaio 2011; da ciò consegue che l'impugnazione avrebbe dovuto essere depositata entro il 31 gennaio 2011, mentre tale adempimento è invece avvenuto l'1.02.2011, cioè al ventunesimo giorno.
Atteso che l'impugnazione della decisione disciplinare del C.d.O,. ai sensi dell'art. 50, co.2 del R.d.L. n. 1578/33 e successive modifiche ed integrazioni, deve essere proposta entro venti giorni dalla notifica del provvedimento da impugnare, il ricorso depositato oltre tale termine è tardivo e, come tale, va dichiarato inammissibile. Tale inammissibilità è assorbente rispetto ad ogni altra questione.
P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio;
visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27.11.1933 n. 1578, e gli artt. 59 e segg. del R.D.22.01.1934, n. 37;
dichiara inammissibile il ricorso proposto dall'avv. G. E. e, per l'effetto, lo rigetta, con la conferma integrale dell'impugnato provvedimento, emesso dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Napoli in data 20.07.2010
Così deciso in Roma lì 24 novembre 2011.
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE
f.to avv. Carla Broccardo f.to Prof. avv. Piero Guido Alpa
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 30 dicembre 2011.