Skip to main content

Procedimento disciplinare - Rinuncia all'impugnazione da parte del ricorrente

Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Ricorso al C.N.F. - Rinuncia all'impugnazione da parte del ricorrente - Estinzione del procedimento di impugnazione - (Dichiara estinto il procedimento per rinuncia al ricorso avverso decisione C.d.O. di Pistoia, 10 luglio 2009) Consiglio Nazionale Forense - decisione del 04-10-2011, n. 157

Avvocato - Procedimento disciplinare - Rinuncia all'impugnazione da parte del ricorrente

Avvocato - Procedimento disciplinare - Decisione del C.d.O. - Ricorso al C.N.F. - Rinuncia all'impugnazione da parte del ricorrente - Estinzione del procedimento di impugnazione - L'intervenuta rinuncia del ricorrente all'impugnativa (nella specie, per gravi motivi di salute) determina l'estinzione del procedimento dinanzi al C.N.F. (Dichiara estinto il procedimento per rinuncia al ricorso avverso decisione C.d.O. di Pistoia, 10 luglio 2009) Consiglio Nazionale Forense - decisione del 04-10-2011, n. 157

Consiglio Nazionale Forense - decisione del 04-10-2011, n. 157

FATTO
Con decisione del 10 luglio 2009, notificata l’11 febbraio 2010, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pistoia comminava a carico dell’avv. U. M. la sanzione disciplinare della sospensione per dodici mesi dall’esercizio professionale all’esito di un procedimento disciplinare incardinato a causa della sottoposizione dell’interessato a procedimento penale, poi culminato con sentenza 11.12.2008, n. 198/08 del Gip presso il tribunale di Pistoia di irrogazione della pena di due anni e mesi otto di reclusione ex art. 444 cpc per i seguenti reati:
“1) artt. 646, 61 n° 7, 11, e 110 c.p. perché, quale Presidente dell'Istituto P. R., in concorso con P. G., quale amministratore del medesimo Istituto, al fine di procurare a sé ingiusto profitto, si appropriava della somma di € 262.480 che prelevava in varie occasioni dal conto corrente bancario dell'Istituto; con l'aggravante dell’abuso di relazioni d’ufficio, attese le cariche rivestite, e per aver cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità. In Pistoia dal 29.12.03 al 26.1.06;
2) artt. 314 e110 c.p. perché, in concorso tra loro, M. U. nella qualità di tutore di M. R. nominato dal giudice Tutelare del Tribunale di Pistoia in data 15.10.99, il P. nella qualità di dottore commercialista celto dal M., a ciò autorizzato in data 1.10.00, al fine di amministrare il patrimonio della pupilla, e quindi quali pubblici ufficiali, avendo per ragione del loro ufficio la disponibilità delle somme liquide, si ppropriavano di € 878.268. In Pistoia in epoca imprecisata dal 2003 fino ad aprile 2006.”
Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Pistoia dopo aver aperto l’anzidetto procedimento disciplinare su segnalazione dello stesso avv. M. di pendenza a suo carico del procedimento penale, sospendeva il primo con delibera del 6.6.2008 sino all’esito del secondo; successivamente, con delibera 30.1.2009, provvedeva a modificare ed integrare le originarie contestazioni sintonizzandole con i fatti emersi in
sede penale.
Concluso quest’ultimo con la sentenza di cui s’è detto di applicazione della pena su richiesta, l’interessato veniva citato a comparire in sede disciplinare per l’adunanza del 10.07.2009 in previsione della quale depositava un certificato medico del prof. F. P. di quasi due anni prima da cui risultava una certa condizione di patologia mentale che gli avrebbe impedito di rendersi appieno conto degli effetti degli atti compiuti e più precisamente una "depressione maggiore ricorrente influente sul piano intellettivo e volitivo”.
A sua discolpa sosteneva l’estraneità agli ammanchi e la totale buona fede nell’affidarsi al commercialista dott. P., coimputato nel procedimento penale; in via istruttoria, chiedeva l’escussione testimoniale del prof. F. P. perché riferisse sulla natura, effetti e conseguenze della patologia da cui era afflitto.
Con la decisione qui impugnata il consiglio territoriale assumeva come incontestabilmente accertati i fatti oggetto dell’incolpazione disciplinare e ciò a motivo dell’interferenza condizionante determinata dalla sentenza di applicazione della pena su richiesta che rendeva, appunto, non più revocabili in dubbio i fatti, la loro illiceità penale e la loro commissione da parte dell’odierno ricorrente.
In particolare, risultava accertato il fatto dell’appropriazione indebita in danno dell'Istituto P. R. nel quale l'avv. M. rivestiva la carica di presidente dal settembre 2003 e di cui era amministratore il dott. P., essendo emersi prelievi, non contestati, per circa euro 255.000,00 senza autorizzazione e senza finalità istituzionali, in favore di una società priva di qualsiasi rapporto con l’istituto operante in persona del fratello dell'amministratore dott. P..
Quanto, invece, ai fatti posti in essere nella sua qualità di tutore della sig.ra R. M., in virtù del decreto di nomina 15.10.99 del G.T. presso il Tribunale di Roma, anche in tale incarico affiancato dal dott. P. su espressa richiesta dello stesso avv. M., risultavano vendite di beni immobili senza apparente giustificazione e tutte caratterizzate dalla mancata riscossione del corrispettivo, peraltro quietanzato; in tali
operazioni l'acquirente era la società srl C. G., amministrata dal dott. P..
Il nuovo tutore, nominato dal G.T. presso il Tribunale di Pistoia in sostituzione dell'avv. M., nella sua relazione rilevava un ammanco pari ad euro 878.268,44.
Secondo il consiglio territoriale nessuna plausibile e convincente giustificazione era stata fornita dall'incolpato se non quella del suo totale affidamento sull'operato del dott. P. sia per la complessità dell'amministrazione del patrimonio dell'interdetta, sia per i problemi di salute che lo affliggevano, nonché il difetto di qualsiasi appropriazione di somma; sosteneva di aver perso del denaro e, addirittura, di aver prestato fideiussione personale a fronte di un mutuo contratto per provvedere alla manutenzione degli immobili della pupilla, nonché di essere ricorso al patteggiamento della pena solo in considerazione della sua avanzata età (anni 73) ed anche per evitare i tempi e le conseguenze negative di un processo.
Per tali motivi, il consiglio territoriale riteneva che, anche ammettendo fondata la tesi difensiva dell'incolpato, tali comportamenti professionali restavano comunque penalmente rilevanti, del tutto contrari agli incarichi rivestiti ed agli interessi dei soggetti assistiti e, quindi, rilevanti sotto il profilo deontologico per violazione dei doveri di probità, dignità e decoro con riflesso sulla reputazione dell'iscritto e ompromissione della classe forense.
Propone ricorso in questa sede l’interessato chiedendo che la sanzione della sospensione sia ridotta ad un periodo non superiore a quello minimo di due mesi per i seguenti motivi:
(i) inadeguata valutazione della documentazione clinica prodotta non limitata al solo certificato del essendo in cura dal prof. P., primario di psichiatria presso l’ospedale Careggi di Firenze, dal 1999 per “una depressione maggiore ricorrente caratterizzata da periodici episodi di grave flessione dell’umore(…). Gli episodi si sono presentati con labilità emotiva, riduzione degli interessi, tensione, astenia, difficoltà di concentrazione, insonnia, cefalea, sintomi che hanno comportato in alcuni momenti una compromissione sul piano lavorativo e sociale”, condizione psico-fisica che avrebbe comportato la coartazione della sua volontà da parte del dott. P..
(ii) Errata valutazione della responsabilità dell’avv. M. in rapporto a quella del dott. P.; quest’ultimo infatti sarebbe stato, direttamente o indirettamente, l’unico beneficiario delle appropriazioni. Quanto al danno all’istituto P. R. vi è la prova che il dott. P., con la complicità del fratello, simulava un prestito dell’istituto per euro 260.000,00, in favore di S. srl, società facente capo alla sua persona. Quanto alla tutela della sig.ra R. M., l’acquirente degli immobili di proprietà dell’interdetta era una società facente capo al dott. P.. Pertanto, quest’ultimo aveva tratto profitto - in via esclusiva - dalle operazioni di
cui sopra e l’errore del consiglio territoriale era stato quello di aver dato credito alla dichiarazione del dr. P. circa il coinvolgimento del ricorrente quanto al beneficio patrimoniale ritratto.
(iii) Mancata valutazione, ai fini della graduazione della responsabilità, del fatto che l’avv. M. era l’unico erede legittimo di R. M. e, dunque, poteva in tutta buona fede ritenere che i beni dell’interdetta sarebbero a lui pervenuti per sussessione.
(iv) Mancata o inadeguata valutazione dell’assenza di precedenti penali e disciplinari; difatti, alla luce dell’età e della quarantennale esperienza professionale, quanto accaduto deve ritenersi frutto di circostanze eccezionali. La grave patologia da cui era affetto non gli permetteva di valutare appieno la erroneità e la illiceità dei propri comportamenti e ciò lo ha esposto alla macchinazione del dott. P.,volta, esclusivamente, ad approfittarsi della sua fragilità psicologica.
In previsione dell’udienza del 24.3.2011 - cui era stato rinviato il procedimento per l’indisponibilità del ricorrente a presenziare alla precedente udienza del 28.10.2010 - è pervenuta tramite il consiglio dell’ordine degli avvocati di Pistoia la dichiarazione di rinuncia del ricorrente all’impugnativa “per gravi motivi di salute”.
DIRITTO
Stante quanto sopra, il procedimento va dichiarato estinto per intervenuta rinuncia all’appello non essendovi, pertanto, luogo ala suo esame nel merito.
P.Q.M.

Il Consiglio nazionale forense, riunito in Camera di Consiglio; visti gli artt. 54 e segg. del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;
dichiara estinto il procedimento di impugnazione per intervenuta rinuncia del ricorrente.
Così deciso in Roma il 24 marzo 2011.
IL SEGRETARIO f.f. IL PRESIDENTE

 

Documento pubblicato su ForoEuropeo - il portale del giurista - www.foroeuropeo.it