La (potenziale) rilevanza deontologica della vita privata del professionista - Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 25 maggio 2018, n. 52
Deve ritenersi disciplinarmente responsabile l’avvocato per le condotte che, pur non riguardando strictu sensu l’esercizio della professione, ledano comunque gli elementari doveri di probità, dignità e decoro (art. 9 ncdf, già art. 5 cod. prev.) e, riflettendosi negativamente sull’attività professionale, compromettono l’immagine dell’avvocatura quale entità astratta con contestuale perdita di credibilità della categoria (Nel caso di specie, il professionista veniva condannato in sede penale a tre anni e sei mesi di reclusione per falsità in atti e truffa).
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 25 maggio 2018, n. 52