Definire “bugie” le affermazioni di controparte non è, in sè, offensivo né sconveniente
Definire “bugie” (ovvero, etimologicamente, “cose deliberatamente non vere”) le affermazioni avversarie non integra, di per sè, alcun intento denigratorio ed offensivo nei confronti della controparte, quanto piuttosto solo la volontà di contestarne decisamente, e magari vivacemente, la veridicità, utilizzando espressioni in sé nient’affatto sconvenienti, e solo protese, anche sotto la reazione dell’emotività del momento, a rimarcare detta dimensione di assoluta non rispondenza a verità.
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 6 giugno 2015, n. 76