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Espressioni sconvenienti ed offensive - Consiglio Nazionale Forense sentenza del 21-04-2011, n. 69

Consiglio Nazionale Forense sentenza del 21-04-2011, n. 69

FATTO
Con delibera n.14 del 20 ottobre 2006 il COA di Palmi emetteva decreto di citazione a giudizio nei confronti dell’avv. A.P. per l’udienza del 10 febbraio 2007, decreto notificato il 30 ottobre 2006 all’incolpato e il 6 novembre 2006 al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palmi con i seguenti addebiti:

- di avere usato frasi sconvenienti ed offensive in una lettera indirizzata ad un ex cliente “si è rivolto a qualche legale in Laureana la invito a stare molto attento perché ve ne sono di ogni specie: bravi ed imbranati, preparati e ignoranti, furbi e sciocchi”; “il Signore mi ha dotato di tutti gli attributi, non mi ha riconosciuto la palla di vetro per poter prevedere e guardare il futuro”;

“si faccia consigliare bene, da un avvocato serio, perché se il suo legale è quello che penso Lei avrà di che soffrire”;

- di essere venuto meno al dovere di segretezza e riservatezza sull’attività prestata e sulle informazioni a lui fornite da un ex cliente perché con lettera indirizzata alla Compagnia di Assicurazione B. S.p.A., informava la detta società assicuratrice che la signora L.M., autrice, tramite altro legale, di richiesta risarcitoria relativa a sinistro stradale avvenuto il 10 marzo 2002, non aveva riportato in realtà alcun trauma in quanto le lesioni personali da questa denunciate risalivano ad un altro incidente avvenuto nel 1999 di cui si era occupato lo stesso avvocato P.;

- per avere affermato, sempre nella lettera suddetta, che “tale M.V. aveva nel medesimo frangente patito “solo la lesione al naso” e che le lesioni ai denti erano “una invenzione del padre M.G.” il quale, sempre in occasione del primo evento, lo aveva pregato di insinuare tale richiesta per conseguire maggiore guadagno (lucro). Alla prima udienza venivano ammessi i mezzi di prova richiesti e il Consiglio rinviava per la loro assunzione all’udienza del 24 marzo 2007: udienza alla quale non era presente l’incolpato che aveva prodotto certificazione medica attestante “faringite acuta febbrile”. Il COA non riteneva fosse integrato il legittimo impedimento e procedeva all’esame di alcuni testi rinviando all’udienza del 7 luglio 2007 per l’esame di altro teste la cui audizione veniva peraltro ritenuta superflua sicchè il procedimento veniva rinviato al 13 ottobre 2007 per esame dei testi indicati dall’incolpato; esaminato l’avv. D.C., l’incolpato, con il consenso del pm, rinunciava agli altri testi di lista.

Chiusa l’istruttoria dibattimentale, il procedimento veniva rinviato per discussione all’udienza del 15 dicembre 2007 all’esito della quale il consiglio applicava all’avv. P. la sanzione della censura per ritenuta violazione degli artt. 2 e 9 del codice deontologico forense.

Con la decisione oggetto dell’impugnazione il COA di Palmi affermava la natura offensiva e lesiva del decoro della classe forense delle frasi riportate nella lettera indirizzata dall’avv. P. all’ex cliente G.A. e che con la lettera indirizzata alla A.B. S.p.A. l’incolpato era venuto meno al dovere di segretezza e riservatezza sull’attività prestata e sulle informazioni a lui fornite dall’ex cliente.

Con ricorso depositato il 30 marzo 2009 l’avv. P. chiede in via preliminare la nullità dell’intero giudizio di primo grado per violazione del diritto di difesa

- per mancato riconoscimento di legittimo impedimento a comparire all’udienza dibattimentale avanti il COA del 24 marzo 2008 essendo affetto da “faringite acuta febbrile” con prognosi di 3 giorni di riposo e cure come da certificato medico trasmesso al COA il 22 marzo 2008;

- per mancato esperimento dell’istruttoria testimoniale alla prima udienza dibattimentale, richiesta avanzata dall’incolpato e disattesa dal COA per motivi attinenti l’organizzazione dell’ufficio;

- per non aver potuto interloquire con le persone che lo accusavano, persone a dire del ricorrente pilotate da un collega che aveva “con le sue sporche manovre “tentato di farlo passare come un legale che si inventa incarichi senza averli mai avuti, come un persecutore di infondati diritti ai danni di ignari clienti;

- per non aver proceduto all’esame dell’incolpato che lo aveva chiesto all’esito della istruttoria dibattimentale.

Nel merito, l’avv. P. chiede il proscioglimento per insussistenza dei fatti di cui all’ incolpazione; in subordine, la riduzione della sanzione inflitta attesa la mancanza di precedenti, la prevaricazione (rectius la provocazione) che ha dato origine alla lettera all’ex cliente e la natura di esercizio del diritto legale per la prevenzione dei reati della lettera alla B.A.

Con memoria 29 novembre 2010, l’avv. P. propone come nuovo motivo di ricorso, la mancata audizione in ordine alla lettera spedita all’ex cliente e contenente le espressioni che il COA ha ritenuto sconvenienti ed offensive.

Quanto al capo b) l’avv. P. produce la busta contenente la lettera de qua, busta che riporta la dizione RISERV. PERS. dizione che a dire del ricorrente integra le fattispecie previste dai canoni a) b) e c) dell’art. 9 C.D.F.

Al dibattimento odierno, infine l’avv. P. ha eccepito la nullità del giudizio di primo grado per violazione del principio della immutabilità del collegio giudicante, attesa l’assenza alla prima udienza dell’avv. V., poi presente a tutte le successive udienze.

DIRITTO

La decisione del COA di Palmi appare adeguatamente motivata. Esaminando in via preliminare le eccezioni di carattere procedurale sollevate dall’incolpato, questo Consiglio ritiene che le stesse non meritino accoglimento segnatamente perché - quanto al preteso mancato riconoscimento a legittimo impedimento della sintomatologia lamentata i giorni immediatamente precedenti la prima udienza avanti il Consiglio dell’Ordine, la stessa non appariva e non appare tale dimostrare l’assoluto impedimento a comparire, quanto meno al solo fine della richiesta di un rinvio;

- quanto al preteso mancato esperimento dell’istruttoria testimoniale, il fondamento della eccezione è smentito dalla circostanza che detta istruttoria è stata correttamente e compiutamente svolta nelle udienze successive alla presenza dell’incolpato, che ha assentito alla rinuncia all’esame di alcuni testi;

- quanto alla pretesa mancata interlocuzione con gli autori dell’esposto ed al preteso mancato esame dell’incolpato, il fondamento delle eccezioni è smentito per tabulas dalla verbalizzazione delle udienze in cui si è articolato il procedimento disciplinare davanti al Consiglio dell’Ordine, udienze alle quali il ricorrente ha partecipato personalmente sollevando eccezioni e formulando richieste;

- quanto infine all’eccezione, peraltro non dedotta con l’impugnazione e pertanto tardivamente sollevata, circa la pretesa violazione del principio di immutabilità del collegio giudicante il Consiglio ricorda la propria costante giurisprudenza secondo la quale il procedimento disciplinare davanti il C.d.O. ha natura amministrativa e come tale ad esso non si applica il principio dell’invariabilità del collegio giudicante sicchè il mutamento della composizione collegiale effettuata nel corso del procedimento non determina la nullità della decisione resa dall’organo disciplinare.

Nel merito, questo Consiglio ritiene ampiamente provati i fatti di cui al capo di incolpazione avanti il Consiglio dell’Ordine di Palmi: le espressioni usate dall’avv. P. nella lettera spedita agli ex clienti appaiono oggettivamente sconvenienti ed offensive, e comunque non consone alla correttezza e al decoro professionale atteso che il riferimento apparentemente generico alla classe forense e apparentemente riferito a nessun collega in particolare è, in realtà, indirizzato al collega con il quale da anni era in essere un contenzioso conseguente alla rappresentanza e difesa, in epoche successive e per episodi succedutosi nel tempo, degli stessi clienti autori della lettera-esposto.

Offensività nei confronti del collega (ben conosciuto dall’avv. P. come legale degli ex clienti) e sconvenienza perché le espressioni di cui alla lettera indirizzata a quest’ultimo tendono da un lato, a rappresentare in maniera poco lusinghiera la classe forense, dall’altro è innegabile il voluto e sgradevole collegamento fra agli “attributi” di cui l’avv. P. sarebbe stato dotato e la “palla di vetro” che non gli sarebbe stata riconosciuta.

Quanto poi alla violazione del dovere di segretezza e riservatezza, il contenuto della lettera trasmessa alla Compagnia di assicurazione tenuta al risarcimento del danno patito dagli ex clienti non solo rende note a terzi circostanze che l’avv. P. aveva conosciuto in ragione del mandato ricevuto ma addirittura ha il dichiarato scopo di indicare gli stessi come potenziali autori di una truffa in danno della Compagnia suddetta.

Nessun pregio appaiono poi avere le tesi difensive svolte in proposito dell’incolpato: l’affermata provocazione – peraltro non ravvisabile nel comportamento degli ex clienti – non avrebbe mai potuto giustificare la formulazione e la trasmissione della lettera de qua, né alcun valore può attribuirsi alla natura di “riservata personale” di detta lettera, nessun elemento della quale appare integrare le previsioni dell’art.9 del C.D.F.

P.Q.M.

il Consiglio Nazionale Forense, riunito in Camera di Consiglio; visti gli artt. 40 n. 2 e 54 del R.D.L. 27.11.1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22.1.1934, n. 37;

rigetta il ricorso proposto dall’avv. A.P. e conferma la sanzione della censura come inflitta con decisione del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palmi del 15 dicembre 2007. Così deciso in Roma il 10 dicembre 2010