penale - accertamento definitivo dei fatti in sede penale La sentenza penale di condanna, divenuta definitiva ex art. 653 c.p.p., ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare
La sentenza penale di condanna, divenuta definitiva ex art. 653 c.p.p., ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’incolpato lo ha commesso. E’ pertanto inammissibile la prova testimoniale che fosse diretta a contrastare l’efficacia di tale giudicato (Nel caso di specie, l’incolpato -condannato in sede penale con sentenza definitiva- aveva richiesto l’ammissione di un teste a sua discolpa. In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rigettato l’istanza). Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Salazar), sentenza del 10 aprile 2013, n. 49
Consiglio Nazionale Forense (Pres. Alpa, Rel. Salazar), sentenza del 10 aprile 2013, n. 49
FATTO
Con deliberazione n. 5 del 3 maggio 2011, depositata il 15 luglio 2011, il COA di Potenza dichiarava l’avv. F.S. responsabile delle violazioni alla stessa contestate e le infliggeva la sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione per la durata di mesi dodici. Il procedimento disciplinare aveva preso l’avvio dalla comunicazione del 1 aprile 2003con la quale la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza aveva portato a conoscenza del COA della medesima sede di avere iscritto il procedimento penale n. 1028/1997 RGNR a carico, tra gli altri, dell’avv. F.S., appartenente a detto Ordine professionale, imputata del reato di concorso in bancarotta fraudolenta e altro. Conseguentemente, in data 10 aprile 2003, il COA deliberava di aprire procedimento disciplinare a carico della predetta avv. S. e, contestualmente, di sospenderlo in attesa dell’esito del relativo processo penale. Di ciò veniva data comunicazione all’avv. S. con racc.ta a/r del 26 aprile 2003, prot. n. 1850. Il procedimento penale si concludeva con sentenza del GUP dell’8 marzo 2004 – emessa a seguito di giudizio abbreviato - con la quale l’imputata veniva riconosciuta responsabile dei reati ascrittile e condannata alla pena di anni due di reclusione e alla interdizione dalla professione per eguale periodo. L'esito sfavorevole del giudizio veniva comunicato dalla stessa incolpata al COA con nota del 9.3.2004. Con provvedimento del 25 marzo 2004 il COA, preso atto della documentazione allo stesso trasmessa dal GUP, deliberava di riaprire il procedimento disciplinare già sospeso con delibera del 10.4.2003, di notificare all’incolpata la comunicazione di attivazione del procedimento disciplinare ex art. 47 RD 22.1.1934, n. 37, e di sospendere il procedimento stesso in attesa della definitiva conclusione del processo penale. In detta deliberazione, notificata all'incolpata il 12.5.2004 e al PM il 18.5.2004, i capi di incolpazione riproducevano i capi di imputazione costituenti la rubrica del procedimento penale conclusosi con la citata sentenza del GUP presso il Tribunale di Potenza n. 70/2004 dell'8.3.2004, con la precisazione che l'avv. S., con il suo comportamento, aveva violato gli artt. 6, 7, 10, 36 e 37 del Codice deontologico forense. La sentenza del GUP veniva appellata dall'imputata e pertanto il procedimento disciplinare seguitava a rimanere sospeso. Con nota del 19.5.2006 l'avv. S. trasmetteva al Consiglio dell'Ordine copia del dispositivo della sentenza della Corte d'Appello di Potenza, contenente parziale riforma della sentenza del GUP (assoluzione dell'imputata dal reato di cui al capo c) delle originarie imputazioni e riduzione della pena per le imputazioni di cui ai capi c bis) e c ter) ad anni 1 e mesi 4 di reclusione), riservandosi di depositare copia integrale della decisione e, successivamente, del ricorso per cassazione. Con deliberazione del 30.11.2006 il COA stabiliva di rinnovare nei seguenti termini il capo di incolpazione formulato il 23.5.2004: “Violazione degli artt. 5 e 6 del Codice
Deontologico Forense per essere venuta meno ai doveri di correttezza, lealtà e decoro nell'esercizio della professione ed in particolare per essere concorsa nella commissione del reato di bancarotta fraudolenta aggravata, così come ipotizzato nel capo di imputazione del procedimento penale n. 1028/1997 R.G. Nr - Mod. 21; violazione commessa in Potenza a partire dal 1.1.1994, data dell'incarico a tutta la data di dichiarazione di fallimento (25.6.1999)”, di confermare la sospensione del procedimento fino alla conclusione di quello penale e di sostituire il relatore con il Consigliere Avv. M. F. Detta deliberazione veniva notificata all'avv. F.S. il 7.12.2006 e al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza il 13.12.2006. Con nota 24.4.2008 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza inviava al COA specifica attestazione – da quest'ultimo acquisita il 28 successivo – dell'intervenuta irrevocabilità in data 4.3.2008 della sentenza del GUP presso il Tribunale di Potenza n. 70/2004. Il 10.6.2008 il COA richiedeva alla Corte d'Appello di Potenza copia integrale della sentenza n. 168/06, dalla stessa emessa il 18.5.2006, con l'attestazione della intervenuta irrevocabilità della medesima. La sentenza veniva trasmessa dalla Corte al COA che l'acquisiva al proprio protocollo n. 3854 del 1.7.2008 e quindi, preso atto di quanto in essa statuito, deliberava, nella seduta del 9.7.2008, la riattivazione del procedimento disciplinare sospeso e la notifica all'avv. F.S. dell'atto di citazione a comparire davanti ad esso Consiglio per il giorno 5.3.2009 per rispondere degli addebiti disciplinari così come modificati – con l'esclusione dell'originario capo c) - a seguito della decisione della Corte d'Appello e della Corte di Cassazione (quest'ultima aveva ridotto l'interdizione ad anni uno e mesi quattro). Gli addebiti venivano integralmente riportati nel medesimo atto, notificato il 19.1.2009 all'avv. F.S. e al suo difensore e il 22.1.2009 al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Potenza. Gli addebiti disciplinari erano così formulati: “c bis: per aver, in concorso con il sig. N. M., amministratore unico a partire dall'8.12.93 fino al 21.01.95, nonché quale amministratore delegato a partire dal gennaio '95 fino al 25.06.99 della O. S.p.A., con sede in T. , dichiarata fallita con sentenza del Tribunale civile di Potenza in data 25.06.99 e S. M. P., coniuge di N. M. e titolare dello studio di consulenza fiscale con sede in M. (RM) risultato sede dell'ufficio amministrativo della O. S.pA., nella qualità di legale di fiducia e procuratore della O. s.p.a giusta convenzione professionale stipulata in data dal 1.1.1994 con scadenza 31.12.1997, prorogata per un'ulteriore triennio, registrata in data 30.9.1998, allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori, distratto ovvero dissipato dall'attivo della O. S.p.A. una somma pari a lire - parte dei di lire versati sul conto corrente n. - agenzia 1 della Banca Mediterranea intestato a S. F. tramite assegni circolari tratti sul conto corrente n. Banca Nazionale del Lavoro intestato al Giudice delegato del fallimento M, destinati alla cassa della O -, somma di di lire che S. F versava direttamente a N M e S M F emettendo a loro favore assegno bancario tratto sullo stesso CC n. - agenzia 1 della Banca Mediterranea (intestato alla medesima S. F.), appunto, per l'importo di lire, assegno negoziato sul conto corrente n- Banca di credito cooperativo di Roma intestato personalmente a N M e S M F; somma questa mai destinata alla cassa della O e dunque distratta dalla cassa stessa, frustrando in tal modo le aspettative dei creditori della medesima società, così violando i suoi doveri professionali connessi alla sua qualità di legale della O.. Commesso in Potenza in data 25.6.99 (data di dichiarazione del fallimento della O.), (reato di cui agli artt. 110 c.p., 216, primo comma n. 1, 219 primo e secondo comma n. 1, 223 L.F., 61 n. 11 c.p.); Cter: per aver, in concorso con il sig. N.M.., amministratore unico a partire dall'8.12.93 fino al 21.01.95, nonché quale amministratore delegato a partire dal gennaio '95 fino al 25.06.99 della O. S.p.A., con sede in dichiarata fallita con sentenza del Tribunale civile di Potenza in data 25.06.99, nella qualità di legale di fiducia e procuratore della O. s.p.a. giusta convenzione professionale stipulata in data dal 1.1.1994 con scadenza 31.12.1997, prorogata per un ulteriore triennio, registrata in data 30.9.1998, effettuato, prima della dichiarazione del fallimento O. S.p.A., allo scopo di arrecare pregiudizio ai creditori, distratto ovvero dissipato dall'attivo della O. S.p.A. una somma pari a lire -parte dei di lire versati sul conto corrente n. - agenzia 1 della Banca Mediterranea intestato a S. F. tramite assegni circolari tratti sul conto corrente n. Banca Nazionale del Lavoro intestato al Giudice delegato del fallimento M, destinati alle casse della O.-, somma di lire che S. F. tratteneva sul medesimo conto corrente, e che, comunque, non destinava né direttamente né indirettamente, né, in ogni caso, integralmente a pagamenti riconducibili alla O., distraendo in tal modo la somma in questione dalla menzionata cassa della O., frustrando le aspettative dei creditori della medesima società, così violando i suoi doveri professionali connessi alla qualità di legale della O.. Commesso in Potenza in data 25.6.99 (data di dichiarazione del fallimento della O.), (reato di cui agli artt. 110 c.p., 216, primo comma n. 1, 219 primo e secondo comma n. 1, 223 L.F., 61 n. 11 c.p); nonché del capo d) (pur essendovi stato proscioglimento da parte della Corte per intervenuta prescrizione): per aver, in concorso con il sig. N.M.., amministratore unico a partire dall'8.12.93 fino al 21.01.95, nonché quale amministratore delegato a partire dal gennaio '95 fino al 25.06.99 della O. S.p.A., con sede in dichiarata fallita con sentenza del Tribunale civile di Potenza in data 25.06.99 ed il sig. R, A,, architetto professionista incaricato della direzione lavori di ristrutturazione ed adeguamento dello stabilimento della O. S.p.A , giusta convenzione professionale stipulata in data 1.1.1994 con scadenza 31.12.1997, prorogata per un'ulteriore triennio, registrata in data 30.09.1998, effettuato, prima della dichiarazione del fallimento O. SpA, con artifici e raggiri, consistiti: - nel presentare alla Procura della Repubblica di Potenza il 15/6/95 istanza per il rilascio di copia delle fatture sequestrate nel procedimento già pendente a carico degli amministratori della società C, s.p.a. e relative a forniture di materiali ed opere, alcune delle quali peraltro non quietanzate (di seguito elencate), il cui rilascio veniva autorizzato dal P.M. procedente in copia conforme, ma rilasciate, in realtà, in copia semplice, fatture sequestrate in quanto corpo del reato oggetto del procedimento n. 966/93 RGNR - Procura della Repubblica di Potenza, scaturito dalla denuncia sporta contro gli amministratori della C, S.p.A. dallo stesso M,N , nella quale lui stesso aveva denunciato la condotta tenuta dai menzionati amministratori della C s.p.a. (in concorso con numerosi altri soggetti) consistita, tra l'altro, proprio nella sovraffatturazione delle medesime fatture; - nell'alterare i dati relativi al numero progressivo ed alla data di altra fattura emessa dalla D. S. S.r.l., già fornitrice di materiali alla C. S.p.A., fattura dell'importo di Lit. ., indicando sulla stessa il numero progressivo 36 e la data 31.01.92, elementi già utilizzati per altra fattura di Lit. .; - nel presentare le medesime fatture alla commissione di collaudo istituita dal Ministero dell'industria (Ente erogatore del contributo ex L. 219/81), ponendo le fatture in questione a supporto della richiesta di erogazione della seconda anticipazione del contributo ex L. 219/81 pari a Lit. ., inducendo in tal modo in errore i predetti funzionari delegati dal Ministero dell'Industria - Ente pubblico erogatore del contributo in oggetto - in ordine alla regolarità dei titoli posti alla base della richiesta di contributo ex L. 219/81, procuravano, in tal modo, a sé stessi un ingiusto profitto rappresentato dall'erogazione di una tranche del contributo stabilito dalla legge 219/81 per un importo pari a Lit. . con corrispondente danno per lo Stato. Fatture: MARZANO S.n.c. Totale fatture Lit.. Totale fatture quietanzate Lit.. PISA. Edilizia S.r.l. Totale fatture Lit. .
Totale fatture quietanzate Lit. . SHIELD ITALIANA S.r.l. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. . DUEBAL Sistemi S.r.l. Totale fatture Lit.. Totale fatture quietanzate Lit.. DUEBAL Sistemi S.r.l. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. . DUEBAL Sistemi S.r.l. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. . MERIDIANA S.r.l. Totale fatture Lit.. Totale fatture quietanzate Lit. . GALLI BONAVENTURA S.r.l. Totale fatture Lit... Totale fatture quietanzate Lit.. COSTRUZIONI IMPIANTI INDUSTRIALI S.r.l. Totale fatture Lit.. Totale fatture quietanzate Lit..00 EDIL STRADE DI PAOLO GRECO Totale fatture Lit.. Totale fatture quietanzate Lit. DUEBAL S.n.c. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. . BRATA S.n.c. di M. TASSERÀ & C. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. ============ FIOA TECNICHE S.r.l. Totale fatture Lit. . Totale fatture quietanzate Lit. . cosi incorrendo nella violazione degli artt. 6, 7, 10, 36 e 37 del Codice Deontologico Forense”. Il 16.2.2009 perveniva al COA la copia, trasmessa dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza, della sentenza della Corte di Cassazione – Sez. Penale - n. 26627 del 4.3.2008. Nella stessa data (16.2.2009) l'avv. S. depositava nuova nomina di difensore (avv. S. M. del Foro di Potenza) con revoca del precedente difensore (Avv. G. L. del Foro di Matera) e il 20.6.2009 una prima memoria difensiva. Le sedute del 5.3.2009 e del 7.5.2009 venivano rinviate, alla presenza dell'incolpata e del suo difensore, su specifica richiesta degli stessi. Nella seduta del 25.6.2009 – alla quale era stato rinviato il procedimento - comparivano l'incolpata e il suo difensore che depositavano due memorie contenenti, la prima, eccezione di prescrizione dell'azione disciplinare e di illegittimità costituzionale di varie norme dell'ordinamento professionale, e la seconda difese di merito. Nell'occasione si asteneva il Cons. Avv. G. R.. Nel corso della stessa seduta (secondo quanto si legge nel relativo verbale) l'incolpata depositava copia dell'istanza di revisione del procedimento penale proposta davanti alla Corte d'Appello di Catanzaro e il Consiglio, acquisito questo nuovo documento, riservava la decisione. Quindi, a scioglimento della riserva, con provvedimento del 15.10.2009, sospendeva la trattazione del procedimento disciplinare in attesa dell'esito del giudizio di revisione incardinato dall'avv. S . davanti alla Corte d'Appello di Catanzaro. Poiché nessuna comunicazione l'incolpata aveva dato dell'iter dell'istanza di revisione, il COA si attivava per conoscerne l'esito ed accertato, che l'istanza era stata dichiarata inammissibile dalla Corte di Appello di Catanzaro e che l'inammissibilità era stata confermata dalla Corte di Cassazione, deliberava, nella seduta del 17.2.011, di riattivare il procedimento disciplinare, di confermare quali relatori gli avvocati N R e G B e di autorizzare la citazione dell'avv. F. S. per il giorno 7.4.2011. In tale seduta comparivano l'incolpata ed il suo difensore avv. S M (regolarmente citati il 23 e il 25 febbraio 2011) i quali, in via preliminare, formulavano a verbale questione di incompatibilità in capo ai Consiglieri avv.ti P C e F. B. O., chiedendo che fosse valutata l'opportunità di astensione degli stessi. Sollevavano ulteriori questioni preliminari. Il COA rigettava la richiesta di astensione. L'avv. S. formulava quindi immediata ricusazione nei confronti dei predetti Consiglieri avv.ti F. B. O. e P. C.. Il COA dichiarava inammissibile l'istanza e disponeva procedersi oltre dando la parola al relatore il quale dava lettura dell'incolpazione ed illustrava i fatti. La difesa dell'incolpata eccepiva a questo punto la nullità della citazione per non essere stata la stessa notificata all'avv. D'E., nominato dall'avv. S. proprio difensore con nota del 18.6.2004, depositata il 19.6.2004. Il Consiglio rigettava l'eccezione di nullità della notifica della citazione e, data l'ora tarda e la previsione di ampia discussione, rinviava il procedimento al 12.4.2011. In tale seduta veniva depositata dalla difesa dell'incolpata ulteriore memoria, e venivano reiterate le richieste di ricusazione e di astensione di cui sopra, che il Consiglio rigettava, autorizzando, tuttavia, il Cons. avv. C. ad astenersi per ragioni di opportunità. L'avv. C. si allontanava. Nella successiva seduta del 18.4.2011, l'avv. S. e il suo difensore depositavano un'ulteriore memoria e copia del ricorso straordinario alla V^ Sezione Penale della Corte di Cassazione. Esaurita la discussione il Presidente dichiarava chiuso il dibattimento e il Collegio riservava la decisione. Nella seduta del 3.5.2011 il COA deliberava di infliggere all'incolpata – previa affermazione della sua responsabilità disciplinare - la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale per mesi dodici per avere indebitamente distratto o dissipato dall'attività di una società quale legale di fiducia e procuratore, determinate somme, nonché per avere procurato un ingiusto profitto alla stessa società, con corrispondente danno per lo Stato, ottenendo con artifici e raggiri l'erogazione di un contributo previsto dalla legge n. 219/1981, violando in tal modo i doveri inerenti la professione, abusando dei propri doveri e violando i doveri di correttezza tipici di un consulente legale e per avere perseguito il proprio personale vantaggio commettendo anche reati per raggiungere i propri scopi (pag. 18 decisione COA). Avverso detta deliberazione, depositata il 15.7.2011 e notificata il 26.7.2011, l'avv. F.S. proponeva – con l'assistenza dell'avv. S. M. - ricorso a questo CNF con atto del 5.8.2011, depositato presso il COA di Potenza nella stessa data. Il ricorso è affidato a nove motivi, così rubricati: 1° Difetto di motivazione nel rigetto dell'eccezione pregiudiziale di estinzione del procedimento disciplinare per mancata riassunzione nel termine di mesi sei, di cui all'art.297 CPC (vecchia formulazione), come da memorie depositate. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. 2° Omessa e/o carente motivazione nel rigetto della eccezione di nullità del procedimento disciplinare per mancata delibera di nuova apertura dello stesso, a seguito delle modifiche delle incolpazioni nell'atto di citazione del 1 dicembre 2006 - notificato il 2 dicembre 2006 - e nell'atto di citazione del 15 gennaio 2009 - notificato il 19 gennaio 2009 (come da memoria depositata in data 23 marzo 2011). Nullità della decisione e del procedimento disciplinare.
3° Difetto di motivazione nel rigetto dell'eccezione pregiudiziale, relativa alla prescrizione dell'azione disciplinare (come da prima memoria depositata in atti nel 2009). Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. 4° Nullità delle delibere adottate nel procedimento disciplinare n. 4/03 nelle sedute del Consiglio dell'Ordine dei 7/04/2011 e 12/04/2011. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. 5° Nullità della delibera del Consiglio del 7 aprile 2011, in ordine alla mancata rinnovazione della notifica al secondo difensore nominato, in atti, Avv. M. D'E., per difetto di motivazione in ordine al rigetto. Nullità della decisione e del procedimento. 6° Rinnovazione delle eccezioni in merito alle questioni di legittimità costituzionale, di cui alla memoria depositata neL febbraio 2009, già in atti, da intendersi trascritte con le relative richieste. 7° Difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia, illogicità manifesta della motivazione. Omessa e carente motivazione sul profilo della responsabilità disciplinare. Eccesso di potere sotto il profilo del mancato accertamento e/o del travisamento dei fatti. Vizio di motivazione apparente. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. 8° Difetto assoluto di motivazione in ordine alle violazioni di carattere deontologico addebitabili all'incolpata. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare. 9° Eccesso di potere sotto il profilo della omessa motivazione e della sproporzione tra la condotta contestata con l'incolpazione e la sanzione irrogata. Omessa motivazione sul giudizio di valenza tra le attenuanti richieste e prodotte e l'aggravante contestata. Nullità della decisione e del procedimento disciplinare”. In virtù di detti motivi la ricorrente ha formulato le seguenti conclusioni: “in via principale, l'annullamento della decisione adottata con la sentenza n. 5/2011 dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Potenza in data 3/05/2011, nel procedimento disciplinare recante il n. 4/03, depositata in segreteria il 15/07/2011 e notificata all'interessata il 26/07/2011 e al difensore il 29/07/2011, con la quale è stata disposta la sospensione della ricorrente dall'esercizio della professione forense per la durata di mesi dodici con accoglimento dei motivi relativi alla eccezione pregiudiziale di tardiva riassunzione. In via subordinata, l'annullamento della indicata decisione con accoglimento dei motivi relativi alla nullità delle citazioni a comparire. in ulteriore subordinata, l'accoglimento della eccepita prescrizione dell'azione disciplinare. Nel merito: in via principale il proscioglimento per non aver commesso le violazioni contestate e/o per carenza di prova in relazione ad esse. In estremo subordine, nella denegata ipotesi di affermazione di responsabilità, con riconoscimento delle attenuanti tutte, di concedere misura diversa meno afflittiva e/o ridotta al minimo”. In data 12 ottobre 2012 la ricorrente ha depositato in Segreteria memoria illustrativa dei motivi del ricorso. Con detta memoria ha inoltre esteso il mandato difensivo all'avv. Prof. F. L. del Foro di Roma, presso il quale ha eletto domicilio. L'udienza di discussione del 25 ottobre 2012 è stata rinviata al 13 dic. 2012 a richiesta della ricorrente. Un'ulteriore memoria è stata depositata dal predetto difensore in data 29 novembre 2012. Con ordinanza emessa all'udienza del 17 dicembre 2012 il Collegio ha invitato la ricorrente ad interloquire sulla questione - sollevata d'ufficio - dell'autosufficienza del ricorso e le ha assegnato a tal fine il termine di 40 giorni per il deposito di memorie, rinviando la discussione all'udienza del 21 febbraio 2013. La difesa della ricorrente ha depositato memoria in data 21 gennaio 2013, con la quale ha svolto argomentazioni in ordine alla questione dell'autosufficienza del ricorso. In data 8 febbraio 2013 ha inoltre depositato tre documenti : 1) dichiarazione del sig. Y. G. in data 8 aprile 2008; 2) sentenza Corte di Cassazione – SS.UU. Civili 198 nov. 2010, n. 23287; 3) Nota Equitalia: rateizzazione importo di € .. D I R I T T O Ritiene il Collegio che nel caso in trattazione, nonostante l'omissione nel ricorso dell'esposizione dei fatti, sia possibile la loro ricostruzione attraverso l'esame della deliberazione impugnata e dei singoli motivi del ricorso, fermo restando che per taluni di essi, proposti con il mero richiamo di atti della fase amministrativa, l'inammissibilità non è superabile, come si avrà modo di precisare. Con il primo motivo la ricorrente censura la deliberazione impugnata sotto il profilo del difetto di motivazione nel rigetto dell'eccezione pregiudiziale - da essa sollevata davanti al COA - di estinzione del procedimento disciplinare per mancata riassunzione nel termine di mesi sei, di cui all'art. 297 c.p.c. (vecchia formulazione). Assume essa ricorrente che il COA aveva avuto notizia della irrevocabilità della sentenza penale in data 4.3.2008 e pertanto il procedimento disciplinare – sospeso fino all'esito del processo penale – avrebbe dovuto essere riassunto entro i sei mesi successivi a tale data, mentre la citazione a comparire all'udienza del 5.3.2009 era stata ad essa notificata il 19.1.2009 e quindi ben oltre la scadenza del suddetto termine. Nel motivare il rigetto dell'eccezione il COA ha argomentato che il termine per la riassunzione (a suo giudizio sospeso dal 1 agosto al 15 settembre) non decorreva dal 4.3.2008, bensì dal 1.7.2008, data nella quale era stata acquisita la copia integrale della sentenza della Corte d'Appello di Potenza e che, in ogni caso, l'eccezione di estinzione del procedimento era stata sollevata tardivamente, in quanto proposta dall'incolpata dopo la prima difesa. Ha aggiunto esso COA che il termine per la riassunzione riguarda le parti del procedimento ma non il giudice, e cioè il COA, che riveste nel procedimento disciplinare tale qualità. L'eccezione è priva di fondamento per l'assorbente motivo della non applicabilità del termine di cui all'art. 297 cpc al procedimento disciplinare, la cui natura pubblicistica (trattasi di procedimento promosso d'ufficio) esclude il verificarsi di un effetto estintivo per la mancata riassunzione nel termine di sei mesi (cfr. CNF 16.3.2011, n. 36; 21.10.2010, n. 94; 30.5.2003, n. 129). Ma, quand'anche si ritenesse applicabile l'art. 297 cpc l'infondatezza dell'eccezione non verrebbe meno. Per una completa disamina di questo ipotetico profilo della questione è opportuno ricostruire lo svolgimento dei fatti. Il procedimento disciplinare è stato aperto dal COA con deliberazione del 10.4.2003 e contestualmente sospeso fino all'esito del processo penale. Quest'ultimo si è concluso nell'aprile del 2008. La comunicazione al COA da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Potenza della irrevocabilità della sentenza penale del GUP di condanna dell'avv. S. è stata acquisita al protocollo il 28.4.2008. Detta comunicazione riguardava tuttavia la sentenza del GUP e non già la sentenza della Corte d'Appello che l'aveva riformata. Non era dunque sufficiente – la comunicazione della Procura - ad aprire il termine per la riassunzione del procedimento sospeso dovendosi ancora accertare l'irrevocabilità della sentenza della Corte d'Appello, impugnata dall'imputata davanti alla Corte di Cassazione. Tale accertamento è avvenuto in data 1.7.2008, con l'acquisizione della copia integrale della sentenza della Corte d'Appello, portante attestazione della propria irrevocabilità. Il termine semestrale per la riassunzione decorreva dunque da tale ultima data (1.7.2008) e pertanto sarebbe scaduto il 1.1.2009. Il COA deliberava di riassumere il procedimento in data 9.7.2008 e quindi abbondantemente entro il termine semestrale di cui sopra. L'estinzione del procedimento disciplinare de quo deve comunque escludersi anche con riferimento alla data del 28.4.2008 (data di comunicazione al COA, da parte della Procura, della irrevocabilità della sentenza del GUP). In tale ipotesi, infatti, il termine di sei mesi di cui all'art. 297 cc per la riassunzione del procedimento sospeso sarebbe venuto a scadere (senza considerare la sospensione del periodo feriale) il 28.10.2008. La riassunzione, come si è detto, è avvenuta prima di tale data, con la deliberazione del 9.7.2008. La delibera di riassunzione, tempestivamente adottata, non doveva essere necessariamente notificata nel medesimo termine semestrale, come erroneamente ritiene la ricorrente. Ai fini della tempestività della riassunzione era, infatti, sufficiente che il COA avesse manifestato con nettezza, nel termine di legge, la volontà di riattivare il procedimento disciplinare sospeso. Ciò andava fatto con l'atto tipico di formazione della volontà degli organi collegiali, e cioè con un atto deliberativo, come in realtà è avvenuto. Il procedimento disciplinare è stato dunque tempestivamente e correttamente riassunto (anche nell'ipotesi di applicabilità dell'art. 297 cpc) con la deliberazione del 9.7.2008. La notificazione di detta deliberazione – operazione esterna, diversa e distinta dalla già disposta riassunzione - era necessaria ai soli fini della citazione dell'incolpata a comparire nel rispetto dei termini a difesa. In tal senso va precisata e integrata la motivazione del COA di rigetto dell'eccezione di estinzione del procedimento disciplinare. Va comunque confermata, anche se superfluamente, la decadenza dell'incolpata dall'eccezione in esame per essere stata la stessa proposta dopo la sua prima difesa (art. 307, ultimo comma, cpc. nel testo all'epoca vigente). L'eccezione è stata proposta infatti con la memoria depositata il 21 marzo 2011, ma già all'udienza del 25.6.2009 l'incolpata ed il suo difensore avevano prodotto memorie nelle quali a tale eccezione non si faceva cenno. Con il secondo motivo la ricorrente censura la deliberazione impugnata per “Omessa e/o carente motivazione nel rigetto della eccezione di nullità del procedimento disciplinare per mancata delibera di nuova apertura dello stesso, a seguito delle modifiche delle incolpazioni nell'atto di citazione del 1 dicembre 2006 - notificato il 2 dicembre 2006 - e nell'atto di citazione del 15 gennaio 2009 - notificato il 19 gennaio 2009 (come da memoria depositata in data 23 marzo 2011)”. Il motivo è parzialmente fondato sotto il profilo formale senza che tuttavia dal rilevato vizio sia derivata la nullità della decisione e/o del procedimento disciplinare. Quest'ultimo, infatti, iscritto al n. 4/2003, ha avuto – nonostante la lunga sospensione necessaria (art. 295 cpc) - uno svolgimento unitario, dalla sua apertura, avvenuta con la deliberazione del 10.4.2003, fino alla conclusione con la deliberazione n. 5/2011 del 3.5.2011, depositata il 15.7.2011.
La deliberazione di apertura del 10.4.2003 riportava come incolpazioni a carico dell'avv. F.S. le medesime imputazioni per le quali era stato iscritto nei suoi confronti procedimento penale. Successivamente, una delle incolpazioni originarie è stata eliminata a seguito dell'assoluzione dell'imputata in sede d'appello dal capo c). Stante ciò, all'esito dell'appello non si è verificata l'apertura di un diverso procedimento disciplinare, non essendo stata aggiunta alcuna nuova o diversa incolpazione. L'eliminazione di uno degli originari capi di incolpazione (capo c) non ha infatti comportato l'apertura di un nuovo procedimento in quanto non ha prodotto aggravamento, ma riduzione, della posizione dell'incolpata. Sennonchè, indipendentemente dalla esclusione del capo c), nella deliberazione del 30.11.2006 il capo di incolpazione nella sua globalità è stato formulato diversamente rispetto alla deliberazione del 25.3.2004 nella quale i capi di incolpazione riproducevano i capi di imputazione costituenti la rubrica del procedimento penale, in quanto nella suddetta deliberazione del 2006 il COA, riferendosi al solo reato di bancarotta fraudolenta aggravata, non ha più indicato l'incolpazione di cui al capo D derivante da altre imputazioni penali. Nonostante ciò la stessa è riapparsa nella citazione del gennaio 2009, senza tuttavia introdurre fatti nuovi. Ed invero, i fatti (storici) per i quali il COA di Potenza ha deliberato l'apertura del procedimento nel 2003 ed i fatti in base ai quali ha notificato la citazione nel 2009 e ha deliberato la sanzione nel 2011 sono gli stessi, anche se medio tempore, e cioè nella deliberazione del 30.11.2006, il capo D non risultava più menzionato. Tale anomalia non produce tuttavia alcuna invalidità del procedimento né della decisione neppure sotto il profilo dell'omessa indicazione della norma deontologica violata (CNF 20.7.2012, n. 98). Il vizio in questione rileva solo ai fini dell'esclusione della responsabilità disciplinare limitatamente al capo D – stante la incerta presenza dello stesso nella formulazione di cui alla deliberazione del 30.11.2006 - con ricaduta sulla valutazione globale del comportamento dell'incolpata, mentre nessun effetto produce sulla incolpazione di cui ai capi c bis e c ter (vitiatur sed non vitiat), oggetto del giudicato penale. Con il terzo motivo la ricorrente eccepisce la prescrizione dell'azione disciplinare. L'eccezione non ha fondamento. I fatti contestati all'avv. F.S. nei capi di imputazione del processo penale (replicati nel procedimento disciplinare) risultano commessi in data 25.6.1999 (data della dichiarazione di fallimento). Alla data della deliberazione di apertura del procedimento disciplinare (10.4.2003) e della relativa comunicazione all'incolpata (26.4.2003) non era dunque decorso il termine quinquennale di prescrizione (25.6.2004) e l'azione disciplinare è stata dunque tempestivamente promossa. Con successiva deliberazione 25.3.2004, notificata il 12.5.2004 (prima del quinquennio), l'avv.S. è stata citata davanti al COA per rispondere delle incolpazioni ascrittele. Il procedimento disciplinare veniva sospeso il 25.3.2004 fino alla conclusione con sentenza definitiva del processo penale sugli stessi fatti. La sentenza penale è passata in giudicato nel 2008 e pertanto da tale anno riprendeva a decorrere il termine quinquennale di prescrizione (Cfr. CNF 30.4.2012, n. 81; 2.3.2012, n. 45; 20.2.2012, n. 22; 20.2.2012, n. 14). La deliberazione del COA di applicazione della sanzione è intervenuta il 3.5.2011, entro tre anni dalla irrevocabilità della sentenza penale (2008), e ciò è sufficiente ad escludere (indipendentemente dalla sospensione necessaria del procedimento e dalle attività svolte dal COA in detto arco temporale) che sia maturata in qualsiasi fase o momento del procedimento la prescrizione dell'azione disciplinare. Al riguardo va riassuntivamente ricordato che il COA ha posto in essere i seguenti atti interruttivi, tutti notificati all'incolpata: 1) deliberazione di apertura del procedimento disciplinare il 10.4.2003, di cui è stata data comunicazione il 26.4.2003; 2) deliberazione 25.3.2004, notificata il 12.5.2004; 3) deliberazione 3.11.2006, notificata il 7.12.2006; 4) deliberazione 9.7.2008, notificata il 19.1.2009; 5) deliberazione 17.2.2011, notificata il 23.2.2011; 6) deliberazione 3.5.2011, notificata il 27.7.2.2011. Per effetto dell'interruzione si iniziava di volta in volta un nuovo periodo di prescrizione che in nessun caso ha raggiunto la misura di anni cinque (Cass. SS.UU. 2.4.2003, n. 5072 e CFN 15.12.2011, n. 206). Con il quarto motivo la ricorrente deduce la nullità delle deliberazioni adottate nelle sedute del 7.4.2011 e del 12.4.2011 per avere alle stesse partecipato il Consigliere avv. C., che avrebbe dovuto astenersi. Il motivo riguarda le deliberazioni del 7.4.2011 e del 12.4.2011, non impugnate, ed è quindi inammissibile. In ogni caso le determinazioni assunte dal COA in merito alle istanze di astensione e di ricusazione sono corrette. Ed invero: a) Quanto all'astensione, non esisteva alcuna delle ipotesi indicate nell'art. 51 cpc, atteso che nessun conflitto personale degli avv.ti F. B. O. e P. C. con l'incolpata era ravvisabile nella circostanza che gli stessi avessero patrocinato soggetti aventi posizioni processuali contrapposte a quelle di persone patrocinate (in giudizi civili o penali) dall'avv.S.; b) L'istanza di ricusazione è stata dichiarata inammissibile perchè non tempestivamente proposta, oltre che priva di motivi specifici. Alla seduta del 3.5.2011, e alla deliberazione nella stessa assunta, con la quale è stata inflitta all'avv. F.S. la sanzione disciplinare della sospensione, l'avv. C. non ha partecipato ed è pertanto da escludere in radice che egli abbia contribuito alla formazione della volontà del Consiglio dell'Ordine espressa in tale seduta. Con il quinto motivo la ricorrente deduce la nullità della delibera del Consiglio del 7.4.2011 per la mancata notifica della citazione al secondo difensore nominato avv. M. D'., nonché per difetto di motivazione in ordine al rigetto di tale eccezione. Il motivo è privo di fondamento. La nomina dell'avv. M. D'E. non è, infatti,formalmente valida. Essa risulta così formulata nella nota datata 18.6.2004, diretta dall'avv. F.S. al COA di Potenza: “Il sottoscritto avv. F.S., con la presente dichiara di nominare unitamente all'avv. G. L. del Foro di Matera, anche l'avv. M. D'E. del foro di Potenza, per i procedimenti pendenti. Con osservanza”. Orbene, a parte la genericità dei “procedimenti pendenti” a cui era riferita la nomina e l'assenza di autentica della sottoscrizione, la procura non è stata redatta su un atto del procedimento, come prescritto dall'art. 83 del cpc. Il COA dunque non aveva alcun obbligo di comunicare all'avv. D'E. l'avviso di convocazione per l'udienza di trattazione. La circostanza che anche la precedente nomina era stata conferita (all'avv. L.) con analoga modalità (il che non è del tutto esatto perchè la precedente nomina era diversamente formulata) non vale a sanare il vizio della nuova procura. In ogni caso, anche a voler ritenere valida la procura rilasciata al secondo difensore nominato nel corso del procedimento, deve osservarsi che il procedimento disciplinare davanti al COA ha natura amministrativa e pertanto la comunicazione all'interessato, e a maggior ragione al primo difensore che lo assiste, rende irrilevante il vizio denunziato, atteso che è stato comunque consentito all'incolpata di esercitare pienamente il diritto di difesa (CNF, 19.3.2007, n. 16; 29.11.2004, n. 289; 14.10.2004, n. 233). All'avv. S. non è infatti mai mancata nel corso del procedimento l'assistenza di un difensore di fiducia. Con il VI motivo la ricorrente ripropone in questa sede – genericamente richiamandole – le eccezioni di illegittimità costituzionale sollevate davanti al COA e da quest'ultimo correttamente non esaminate, in quanto non provvisto di potere giurisdizionale. Dette eccezioni erano state così formulate:
B 1) questione di illegittimità degli artt, 38, 40,44, 51 L.p.f. (Regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 ) per contrasto con gli articoli 3, 4, 10, 24, 111 e 113 Costituzione determinata dalla sospensione obbligatoria, ex art.295 cpc, del procedimento disciplinare per pendenza del procedimento penale, nella parte in cui non prevede la possibilità per il professionista di rinunciare alla stessa. Violazione del principio di proporzionalità ed adeguatezza della sanzione, perché interveniente in lasso di tempo eccessivo. Violazione del principio di ragionevolezza nel ripristino, con la punizione di un bene compromesso in tempi remoti. Insussistenza della potestà punitiva disciplinare per carenza di interesse al ripristino del bene leso e tutelato e per, in difetto, violazione del principio di uguaglianza e parità di trattamento, in situazioni identiche, di decorso del tempo, rilevanti per l'ordinamento. B 2) questione di illegittimità degli artt. 45 L.p.f. (Regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 ) per contrasto con gli articoli 3, 4, 10, 24, 111 e 113 Costituzione determinata dalla mancata previsione della possibilità del c.d. patteggiamento della pena in sede disciplinare. B 3) questione di illegittimità dell'art 50 L.p.f (Regio decreto legge 27 novembre 1933, n. 1578 ) per contrasto con gli articoli 3, 4, 10, 24, 111 e 113 Costituzione determinata dalla possibilità per il Consiglio dell'Ordine procedente di essere parte dinnanzi al Consiglio Nazionale Forense. Deve precisarsi che le suddette eccezioni non figurano formulate nel ricorso, nel quale sono state semplicemente richiamate attraverso il mero rinvio alla memoria depositata nel febbraio 2009 davanti al COA. Esse sono dunque inammissibili per violazione – sul punto - del principio di autosufficienza del ricorso. Nondimeno si osserva: La prima eccezione, rubricata sotto la lettera b1), è anzitutto priva di rilevanza. Con essa la ricorrente mirava ad una sollecita definizione del procedimento disciplinare mediante la rinunzia alla sospensione prevista dalla legge (art. 295 cpc) per la pendenza del procedimento penale sugli stessi fatti oggetto dell'incolpazione in sede disciplinare. Poiché il procedimento disciplinare si è concluso davanti al COA ed è stata fissata l'udienza per la decisione del ricorso davanti a questo CNF manca l'interesse alla valutazione dell'eccezione, divenuta, nel presente giudizio, manifestamente irrilevante. Gli altri profili dell'eccezione attengono alla mancata attribuzione al COA del potere di graduare la sanzione con riguardo al decorso del tempo, e alla struttura del procedimento disciplinare, del tutto sganciata da detto elemento temporale. Trattasi di profili palesemente inammissibili essendo rivolti a censurare la scelta del legislatore di escludere il fattore tempo ai fini della applicabilità delle sanzioni disciplinari. La seconda eccezione, rubricata sotto la lettera b 2), è manifestamente infondata rientrando nella discrezionalità del legislatore l'esclusione, nel procedimento disciplinare, della possibilità del patteggiamento della pena, in atto non ammessa. La questione, rubricata sotto la lettera b3), è inammissibile perchè superata dalla modifica del sistema disciplinare introdotta dalla L. 31 dic. 2012, n. 247, che ha istituito i Consigli distrettuali di disciplina, organi distinti dal COA. Nel caso concreto la questione è comunque priva di rilevanza essendo diretta ad impedire la partecipazione al presente giudizio del COA. Quest'ultimo non risulta costituito davanti al CNF e pertanto la questione non ha ragion d'essere. Con il settimo motivo la ricorrente censura l'impugnata deliberazione sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione su punti decisivi della controversia nonché per illogicità manifesta della motivazione e per omessa e carente motivazione in ordine alla responsabilità disciplinare. Con l'ottavo motivo le medesime censure vengono estese all'affermazione della responsabilità disciplinare dell'incolpata da parte del COA. I motivi, attinenti entrambi al merito, possono essere esaminati congiuntamente. Con essi la ricorrente lamenta un difetto assoluto di motivazione, la sua illogicità manifesta nonché la sua apparenza, unitamente ad un eccesso di potere per mancato accertamento e per travisamento dei fatti. La decisione del COA risulterebbe viziata – a parere della ricorrente - in quanto fondata su di una carenza di prove, un erroneo apprezzamento dei fatti ovvero un mancato accertamento degli stessi. Richiamando l’autonomia tra procedimento penale e giudizio disciplinare, l’avv. S. denuncia la mancata assunzione delle prove testimoniali richieste; il mancato riscontro alla copiosa documentazione prodotta al fine di chiarire i fatti (sottolineandone, a tal proposito, il carattere controverso, considerata la sopravvenienza di nuove prove successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia del giudice penale, con le quali si confuterebbe l’addebitato trattenimento di somme).
Tali vizi non avrebbero consentito al COA – sempre a dire della ricorrente - di verificare la sussistenza della responsabilità deontologica, sfociando pertanto, l'impugnata deliberazione, in un travisamento dei fatti (pagg. 18-20 del ricorso); a tal proposito, la ricorrente sottolinea di aver adito la Corte di Strasburgo in relazione ad ogni decisione e procedimento collegato alla vicenda, compreso quello disciplinare.
Essa denuncia altresì il vizio di difetto assoluto di motivazione, in quanto il COA si sarebbe limitato a richiamare un passo della pronuncia della V^ Sez. penale della Cassazione del 4.3.2008, n.1006 (che aveva concluso la vicenda penale a suo carico), in maniera sintomatica da costituire quasi una presa d’atto della motivazione di detta sentenza penale, omettendo di effettuare una compiuta (e autonoma) valutazione della sussistenza dei profili di responsabilità disciplinare.
Viene altresì denunciato il vizio di motivazione apparente, che rileva qualora in una sentenza (anche se quella del COA è una decisione amministrativa e non giurisdizionale) vi siano «argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi». I motivi sono parzialmente fondati, nei limiti di cui si dirà, con riferimento al solo capo D delle incolpazioni, del quale si è peraltro già trattato nell'esame del secondo motivo, sotto un diverso profilo.
Ed infatti, anche se la deliberazione del COA è alquanto sintetica nell'affermazione della responsabilità disciplinare dell'incolpata, deve rilevarsi che la stessa emerge con nettezza dal materiale probatorio acquisito al procedimento disciplinare per le incolpazioni riguardanti i capi c bis e c ter. I fatti oggetto delle incolpazioni riguardanti i predetti capi c bis e c ter e la responsabilità dell'avv. S. risultano invero accertati dalle sentenze penali emesse dal GUP, dalla Corte d'Appello e dalla Corte di Cassazione e pertanto correttamente il COA ha utilizzato nel giudizio disciplinare quanto in esse statuito. Come da giurisprudenza costante, la valutazione del giudice penale divenuta definitiva ha efficacia di giudicato nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso (CFN, 20.2.2012, n. 14; 15.12.2011, n. 193; 30.5.2007, n. 61). Nessuna censura può dunque muoversi al Consiglio territoriale per avere posto a base della propria decisione l'accertamento dei fatti e la responsabilità dell'imputata risultanti dalle sentenze del giudice penale relativamente ai più volte richiamati capi c bis e c ter e per avere altresì assegnato a detto accertamento e a detta affermata responsabilità valenza disciplinare, senza far luogo alla prova testimoniale richiesta dalla parte interessata, atteso che i fatti in questione, costituenti fattispecie di reato, erano stati commessi dall'incolpata nell'esercizio della professione e costituivano dunque con nettezza violazione dell'art. 38 della L. P. e del Codice deontologico forense, integrando abusi e mancanze riferibili a detto esercizio e comunque comportamenti non conformi alla dignità e al decoro professionale.
Non esiste il denunziato vizio di carenza di istruttoria per la mancata audizione da parte del COA dei testi indicati dall'avv. S.. Va qui ricordato che il giudice della deontologia, secondo un principio costantemente affermato anche dalla giurisprudenza della Corte regolatrice, ha ampio potere discrezionale nel valutare la rilevanza e la conferenza delle prove dedotte, sicchè deve ritenersi legittimo il comportamento del COA che abbia rigettato – in presenza del giudicato penale - la richiesta di audizione di alcuni testimoni avanzata dall'incolpata (CFN 20.7.2012, n. 98). Nè può darsi ingresso – in questa sede - alla richiesta di prova testimoniale reiterata nel ricorso dall'incolpata in modo del tutto generico e senza la riproduzione dei capitoli. Per giurisprudenza di questo CNF, il ricorrente che nel ricorso di legittimità denuncia la mancata ammissione di una prova testimoniale da parte del giudice di merito ha l'onere di indicare specificamente le circostanze che formano oggetto della prova al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti e quindi delle prove stesse (CFN 23.6.2005, n. 92). Nel ricorso tale indicazione manca. In ogni caso, con riguardo agli accertamenti eseguiti in sede penale, la prova testimoniale sarebbe inammissibile stante l'efficacia di giudicato della sentenza penale, come si è già detto, nel giudizio disciplinare quanto all'accertamento del fatto, della sua illiceità penale e della sua commissione da parte del condannato. Per il capo D, per il quale in sede penale è stata applicata la prescrizione, la responsabilità disciplinare non poteva invece farsi discendere automaticamente dalla sentenza penale, come per i capi c-bis e c-ter. La responsabilità disciplinare dell'incolpata per detto capo va dunque esclusa. L'esclusione, per i motivi sopra indicati, della responsabilità disciplinare per il capo D – con il conseguente ridimensionamento delle incolpazioni - comporta la rideterminazione della sanzione che il COA aveva quantificato in mesi 12 in ragione delle tre incolpazioni elevate a carico della ricorrente, globalmente da esso COA valutate. Ritiene il Collegio che in considerazione del mutato quadro delle incolpazioni, limitate ai capi c-bis e c-ter, la sanzione della sospensione possa fissarsi nella misura di mesi sei, che appare con dette incolpazioni coerente e proporzionata. P.Q.M.
Il Consiglio Nazionale Forense, riunito in Camera di Consiglio;
- visti gli artt. 50 e 54 del R.D.L. 27 novembre1933, n. 1578 e gli artt. 59 e segg. del R.D. 22 gennaio 1934, n. 37;
- accoglie, per quanto di ragione, il ricorso proposto dall’avv. F.S. avverso la decisione in data 3 maggio/15 luglio 2011 del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Potenza ed in parziale modifica della decisione impugnata, applica all’avv. S. la sanzione della sospensione dell’esercizio della professione per mesi sei.
Così deciso in Roma, lì 21 febbraio 2013.
IL SEGRETARIO IL PRESIDENTE
f.to Avv. Andrea Mascherin f.to Prof. Avv. Piero Guido Alpa
Depositata presso la Segreteria del Consiglio nazionale forense,
oggi 10 aprile 2013