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Adozione - Affidamento - procedimento di adottabilita' relativo ai minori

28 Marzo 2010 - Adozione - Affidamento - procedimento di adottabilita' relativo ai minori - sospensione della potesta' dei genitori e la nomina di un tutore provvisorio - (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 17 febbraio 2010, n. 3804)

Adozione - Affidamento - procedimento di adottabilita' relativo ai minori - sospensione della potesta' dei genitori e la nomina di un tutore provvisorio - (Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 17 febbraio 2010, n. 3804)

Corte di Cassazione Sezione 1 Civile Sentenza del 17 febbraio 2010, n. 3804

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 08/02/2007, il P.M. presso il Tribunale per i Minorenni di Milano chiedeva l'apertura del procedimento di adottabilita' relativo ai minori GO. Ma. , nato nel **, Er. , nata nel **, Sa. , nato nel **, figli di GO. Wi. e OL. La. . Il Tribunale per i Minorenni disponeva la sospensione della potesta' dei genitori e la nomina di un tutore provvisorio, il Comune di Uboldo, in persona del Sindaco, che invitava a nominare un difensore nell'interesse dei minori. Il Comune deliberava la nomina di un difensore che si costituiva in giudizio. Il Tribunale per i Minorenni di Milano, con sentenza 5 - 11/12/2007, dichiarava lo stato di adattabilita' dei predetti minori.

GO. e OL. proponevano appello avverso tale sentenza, con ricorso depositato in data 09/01/2008. Si costituiva il tutore dei minori, chiedendo il rigetto del gravame. La Corte di Appello di Milano, con ordinanza 17/04/2008, preso atto dell'assenza in giudizio di un difensore - curatore dei minori, ritenuta la sussistenza di un potenziale conflitto di interessi con il tutore, nominava un curatore dei minori. Si costituiva il curatore, chiedendo rigettarsi l'appello, dichiarandosi la validita' di ogni atto processuale. La Corte di Appello di Milano, sezione per i minorenni, con sentenza 06/11/2008, dichiarava la nullita' del procedimento e dell'impugnata sentenza, per difetto di integrita' del contraddittorio, rimettendo gli atti al primo giudice.

La sentenza impugnata prende le mosse dall'affermazione di uno stretto collegamento tra Legge n. 184 del 1983, articolo 8, u.c., sull'adozione dei minori, che prevede, tra l'altro, "l'assistenza legale del minore", fin dall'inizio del procedimento, con alcune previsioni della Convenzione di New York, sui diritti del bambino, e di Strasburgo, sui diritti processuali del minore, cui si fara' piu' ampio riferimento in motivazione. Si afferma che il minore e' parte processuale fin dall'inizio del procedimento, e che non e' necessario nominare un curatore speciale, ma, un "difensore del minore", che non svolgerebbe un ruolo esclusivamente tecnico, ma pure di rappresentanza legale.

Stigmatizza la pronuncia impugnata l'"affollamento" di piu' soggetti contestualmente nel procedimento di adottabilita', e ritiene inammissibile che il ruolo di difensore del minore venga esercitato dallo stesso soggetto che rappresenta pure gli interessi del tutore, configurandosi, anche soltanto potenzialmente, un conflitto di interessi. Con riferimento alla fattispecie concreta, si afferma che il difensore nominato dal tutore non si e' costituito "nell'interesse dei minori", ma solo "nell'interesse" del tutore stesso, Comune di Uboldo.

Consegue dunque - secondo la sentenza impugnata - il vizio di nomina del difensore del minore, effettuata dal tutore, nella duplice veste di difensore del tutore e dei minori; consegue altresi' che la mancata partecipazione dei minori al giudizio di primo grado comporta un vizio nella costituzione del rapporto processuale, che non puo' essere sanato con la nomina di un difensore nel grado di appello. Si configura una mancata partecipazione all'intero giudizio di un litisconsorte necessario, integrante una ipotesi di violazione del contraddittorio, che, ai sensi dell'articolo 354 c.p.c., richiede la rimessione della causa al primo giudice.

Propongono ricorso per cassazione il curatore dei minori, sulla base di quattro motivi, nonche' il P.G. presso la Corte di Appello di Milano sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso i genitori dei minori.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Vanno preliminarmente riuniti i ricorsi, ai sensi dell'art 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale, il ricorrente curatore dei minori lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 184 del 1983, articoli 8 e 10, novellati dalla Legge n. 149 del 2001, sostenendo che debba essere il tutore, rappresentante legale del minore, a nominarne il difensore.

Con il secondo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell'articolo 78 c.p.c., comma 2, escludendosi la sussistenza di conflitto di interessi, ancorche' potenziale tra minore e tutore nominato ad hoc, soprattutto quando, come nella specie, si tratti di ente territoriale.

Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione della Legge n. 184, articoli 8 e 10, sotto un diverso profilo, contestando l'affermazione del giudice a quo, per cui il difensore non si sarebbe costituito nell'interesse del minore, ma solo in quello del Comune. Con il quarto motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 156, 157 e 354 c.p.c., contestandosi la rimessione al primo giudice, in quanto il curatore dei minori aveva chiesto di escludere la sussistenza di vizi processuali, confermando e recependo l'operato del tutore.

Con il primo motivo del ricorso (incidentale), il P.G. lamenta violazione della Legge n. 184, articoli 8 e 10, nonche' insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, ritenendo insussistente il conflitto di interessi tra minore e tutore. Con il secondo, lamenta ulteriore violazione di legge dei predetti articoli 8 e 10, ed ancora insufficiente e contraddittoria motivazione, affermando che l'incarico al difensore da parte del tutore era stato conferito al fine di garantire l'"interesse legale" del minore.

Con il terzo motivo il P.G. lamenta violazione e falsa applicazione degli articoli 156, 157 e 354 c.p.c., nonche' insufficiente e contraddittoria motivazione, in punto rimessione al primo giudice, posto che il curatore, costituendosi, aveva chiesto che il giudizio fosse considerato valido a tutti gli effetti.

Per una migliore intelligenza delle questioni prospettate, pare opportuno richiamare il quadro normativo di riferimento.

Ai sensi dell'art. 316 c.c., comma 2 e articolo 320 c.c., comma 1, la potesta' e' esercitata da entrambi i genitori, e questi rappresentano i figli minori in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. In caso di conflitto di interessi tra il figlio ed uno dei genitori, la rappresentanza spetta esclusivamente all'altro genitore; se il conflitto sorge tra il figlio ed entrambi i genitori, il giudice tutelare nomina un curatore speciale (articolo 320 c.c., comma 6); parimenti viene nominato un curatore speciale, quando i genitori non possono o non vogliono compiere uno o piu' atti nell'interesse del figlio (articolo 321 c.c.).

Ancora, viene nominato un curatore al minore, emancipato di diritto con il matrimonio (articolo 390 c.c.): sara' il coniuge, e se entrambi gli sposi sono minori, il giudice tutelare nominera' un curatore, che potrebbe essere unico, scelto preferibilmente tra i genitori (articolo 392 c.c.). Nelle azioni di stato (disconoscimento di paternita', contestazione e reclamo di legittimita', impugnazione del riconoscimento di figlio naturale, e, in via soltanto eventuale, nella ricerca di paternita' e maternita'), nonche' in relazione alla domanda di mantenimento, da parte del figlio naturale (quando non puo' proporsi l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' e maternita'), e' prevista la nomina di un curatore speciale: il conflitto di interessi e' evidentemente considerato in re ipsa.

Se entrambi i genitori sono morti o non possono esercitare la potesta', viene nominato un tutore (articolo 343 c.c.) che ha la cura della persona del minore, lo rappresenta in tutti gli atti civili e ne amministra il patrimonio (articolo 357 c.c.). Il giudice tutelare nomina anche un protutore (articolo 346 c.c.), che rappresenta il minore nei casi in cui vi e' conflitto di interessi con il tutore. Se il conflitto si estende anche al protutore, si nomina un curatore speciale (articolo 360 c.c.). La tutela dei minori puo' essere affidata ad un ente di assistenza: l'amministrazione delega uno dei propri membri ad esercitare la funzione di tutela (articolo 354 c.c.). In tal caso non si nomina il protutore (articolo 355 c.c.): si ritiene quindi che di regola non sussista conflitto di interessi con il minore, considerata la funzione pubblica dell'ente.

Va infine ricordata una norma di chiusura attinente al profilo processuale: ai sensi dell'articolo 78 c.p.c., e segg., se manca la persona cui spetta la rappresentanza (ad es. non vi sono i genitori,ma non si e' ancora provveduto alla nomina di un tutore), puo' essere nominato un curatore speciale all'incapace; la nomina puo' essere richiesta dal P.M., ma pure dall'incapace, dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante legale.

Puo' dunque affermarsi che un curatore speciale viene di regola nominato quando non vi sia un rappresentante legale o sussista conflitto di interessi tra il minore e il rappresentante legale.

Venendo alla Legge n. 184 del 1983, sull'adozione dei minori, come riformata dalla Legge n. 149 del 2001, va considerato l'articolo 8, u.c., aggiunto dalla Legge n. 149: il procedimento si svolge fin dall'inizio "con l'assistenza legale del minore, dei genitori e degli altri parenti" (che abbiano mantenuto un rapporto significativo con il minore). Ai sensi della Legge n. 184, articolo 10, commi 1 e 2, il Presidente del Tribunale per i Minorenni o un giudice da lui delegato provvede all'apertura del procedimento, avverte i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di uno d'ufficio, ove essi non vi provvedano. Come si vede, nessun riferimento contiene la norma alla posizione del minore.

La Legge n. 184, articolo 17, nella formulazione originaria, prevedeva la nomina di un curatore speciale del minore, all'atto della apertura del procedimento di opposizione al decreto di adottabilita'; tale previsione non e' stata mantenuta dalla Legge 149 del 2001. L'unico riferimento al curatore speciale, contenuto nella disciplina vigente, si rinviene nella Legge n. 184, articoli 15 e 16: la sentenza che pronuncia lo stato di adottabilita' (o dichiara non luogo a provvedere) viene notificata, tra l'altro, al tutore e al curatore speciale del minore, "ove esistano". Va ancora ricordato che, ai sensi della Legge n. 184, articolo 10, comma 3, il tribunale puo' disporre in ogni momento, e fino all'affidamento preadottivo, ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi comprese, tra l'altro, la sospensione della potesta' dei genitori, nonche' dell'esercizio dell'ufficio di tutore, e la nomina di un tutore provvisorio.

La previsione di cui alla Legge n. 184, articolo 8, u.c., che introduce l'"assistenza legale" del minore fin dall'inizio del procedimento, ha notevolissima rilevanza, ed assai significativamente e' stata inserita proprio nella disposizione che costituisce nucleo fondamentale della normativa, con l'introduzione della nozione di abbandono. Essa acquista un'indubbia rilevanza generale, tale da incidere su natura e funzione dell'intera procedura: si realizza, fin dall'inizio, il principio del contraddittorio, ed esso si estende pure alla posizione del minore; se si considera che viene pure esclusa l'officiosita' della procedura (articolo 9) muta profondamente il carattere della procedura stessa, che dovrebbe considerarsi contenziosa (le parti private contro il P.M.), seppur sui generis, fin dall'inizio (laddove, anteriormente alla riforma del 2001, solo il procedimento di opposizione al decreto di adottabilita' presentava profili contenziosi).

E' un punto di arrivo importante per un dibattito, assai vivace, che ha interessato in questi anni dottrina e giurisprudenza, sul ruolo dell'organo specializzato, spesso ad un tempo giudice e "difensore" dei diritti del minore e sui modi di una sua possibile "terzieta'", nonche' ( altra questione strettamente legata alla prima ) sulla opportunita' della rappresentanza del minore stesso nei procedimenti che lo riguardano: dibattito reso ancor piu' attuale da alcuni interventi del legislatore (la novella dell'articolo 111 Cost., sul giusto processo; la ratifica di convenzioni internazionali sui diritti - anche processuali - del minore).

Tuttavia la previsione di un'"assistenza legale" del minore, fin dall'inizio del procedimento, senza, come si e' visto indicare modalita' alcuna al riguardo (a differenza della posizione dei genitori o dei parenti), non significa affatto, come sostiene invece il giudice a , quo, che debba nominarsi un difensore d'ufficio al minore i stesso, all'atto della apertura del procedimento. Il minore e' dunque parte a tutti gli effetti del procedimento, fin dall'inizio, ma, secondo le regole generali, e in mancanza di una disposizione specifica, sta in giudizio a mezzo del rappresentante, e questi sara' il rappresentante legale, ovvero, in mancanza o in caso di conflitto di interessi, un curatore speciale. Anche se una prassi diffusa conduce il giudice, all'atto di apertura della procedura (ai sensi della Legge n. 184, articolo 10, comma 3), a sospendere la potesta' in capo ai genitori e a revocare una tutela gia' esistente, si tratta in ogni caso di provvedimento a carattere discrezionale (e infatti il giudice "puo'" assumere ogni opportuno provvedimento nell'interesse del minore, dettato dall'esigenza di contrastare eventuali comportamenti idonei a determinare o ad aggravare la situazione di abbandono). Dunque parrebbe potersi ipotizzare lo svolgimento di una procedura di adottabilita', senza sospensione della potesta' genitoriale. In tal caso, il conflitto di interessi con il minore dovrebbe considerarsi in re ipsa: il procedimento trova infatti il suo presupposto proprio nell'inadempimento dei doveri genitoriali, ed e' volto, seppur indirettamente, ove si accerti la sussistenza dell'abbandono, a sciogliere ogni legame del minore con la famiglia di origine, inserendolo in una nuova famiglia, quale figlio legittimo dei coniugi adottanti.

Potrebbe essere stata aperta, anteriormente all'instaurazione del procedimento, una tutela, in mancanza dei genitori o perche' essi non erano in grado di esercitare la potesta'. Trattandosi di parenti (non si deve dimenticare che se questi avessero accudito adeguatamente il minore, magari contrastando la posizione negativa dei genitori, mancherebbe il presupposto dell'abbandono e dell'apertura stessa della procedura di adottabilita'), il conflitto di interessi potrebbe parimenti ravvisarsi, come per i genitori e per le medesime ragioni, in re ipsa. Rappresenterebbe allora il minore il protutore, e, nel caso che il conflitto di interessi si estendesse a lui, si nominerebbe un curatore speciale.

Tuttavia potrebbe essere stato nominato, pur anteriormente, un tutore "neutro", non coinvolto nei rapporti familiari (un professionista, avvocato, assistente sociale, ecc.), per il quale dunque, salvo accertamenti specifici, non sussisterebbe conflitto di interessi con il minore, e allora egli potrebbe rappresentare il minore stesso e nominare un difensore; se si trattasse di un avvocato, ai sensi dell'articolo 86 c.p.c., potrebbe stare in giudizio personalmente, senza il patrocinio di altro difensore, in rappresentanza del minore.

Ma, come e' noto, assai piu' frequentemente, il giudice sospende la potesta' genitoriale ovvero l'esercizio della tutela, e nomina un tutore provvisorio (dunque, senza la presenza di un pro-tutore). Alla luce della vigente normativa, riformata dalla Legge n. 149, il tutore puo' essere nominato ad hoc nell'ambito della procedura per la dichiarazione di adottabilita', con il compito di rappresentare il minore. E' vero che la sua funzione non si esaurisce nella rappresentanza nel procedimento, egli dovra' pure rapportarsi alla comunita' in cui e' collocato il minore, ovvero ai coniugi richiedenti cui il minore si'a stato provvisoriamente affidato, e mantiene le sue funzioni, anche dopo la conclusione del procedimento di adottabilita', finche' gli adottanti non diventino, a tutti gli effetti, genitori del minore. Ma e' altrettanto vero che la rappresentanza nel procedimento costituisce il profilo di gran lunga piu' rilevante: il giudice nomina un tutore e lo scegliera' necessariamente tra soggetti privi di conflitto di interessi con il minore. Ancor di piu', se nomina un ente territoriale: in tal caso, come si e' visto, non e' prevista la nomina di un protutore, perche' si esclude anche potenzialmente un conflitto di interessi con il minore.

Non puo' quindi condividersi l'affermazione del giudice a quo per cui il tutore, anche se nominato nel corso del procedimento, quale ente territoriale, sarebbe, anche soltanto potenzialmente, sempre e comunque in conflitto di interessi con il minore.

Certo, in concreto, un conflitto potrebbe verificarsi: si pensi ad un Comune, la cui politica assistenziale privilegi l'affidamento familiare, come alternativa all'adozione, e quindi sia tendenzialmente contrario alla dichiarazione di adottabilita'. Ma si dovrebbero fornire indicazioni specifiche e concrete al riguardo. Cio', pur sulla base dell'orientamento di questa Corte (Cass. N. 13507 del 2002) per cui la verifica del conflitto va fatta ex ante, e non a posteriori, in relazione agli atteggiamenti assunti dalle parti in causa.

Ne' puo' condividersi altra affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, circa la sussistenza di un conflitto (ancorche' potenziale) sempre e comunque tra tutore e minore, in quanto, nella disciplina previgente, era obbligatoria la nomina di un curatore speciale, pur in presenza del tutore nel procedimento. Gia' il richiamo alla disciplina previgente, e non a quella attuale, indica l'erroneita' dell'argomentazione. Come si e' detto, nella disciplina anteriore, il principio del contradditorio e l'assistenza del difensore operavano soltanto in quel particolare (ed eventuale) segmento del procedimento, costituito dal giudizio di opposizione al decreto di adottabilita'. Il tutore provvisorio (quando ritenuto opportuno) veniva in genere nominato anteriormente, durante la procedura che conduceva alla dichiarazione di adattabilita': con l'emissione del decreto relativo, che veniva opposto, mutavano radicalmente la posizione del tutore ed i suoi poteri: cio' giustificava evidentemente la nomina di un curatore nel procedimento, nonostante la presenza del tutore. La riforma del 2001 non ha conservato la previsione di nomina di un curatore speciale, perche' il procedimento e' unico (ed e' soppressa la fase di opposizione), e il tutore, se nominato, e' investito fin dall'inizio della rappresentanza del minore.

Il tutore dunque sta in giudizio non in proprio, ma esclusivamente in quanto rappresentante del minore; in tale qualita', gli viene notificata la sentenza che dichiara l'adottabilita' o il non luogo a provvedere, e, in tale qualita', egli e' legittimato alla impugnazione Legge n. 184, ex articolo 15, e segg..

E' appena il caso di precisare che il curatore speciale, ove sia comunque nominato (il tutore non provvede alla nomina di un difensore, e non esiste il protutore, ovvero sorge conflitto di interessi tra tutore e minore) non riveste necessariamente la qualita' di difensore (anche se nella prassi prevalente, a fini di semplificazione, si nomina un curatore, rappresentante del minore che, quale difensore, possa stare in giudizio senza il ministero di altro difensore, ai sensi dell'articolo 86 c.p.c.) e in tal caso provvedere alla nomina di un difensore.

Con riferimento alla fattispecie concreta, il giudice a quo ritiene di rafforzare la sua tesi circa la sussistenza di conflitto di interesse, ancorche' potenziale, tra tutore e minore, precisando che "il difensore dei minori" e' stato officiato dal Comune, come proprio legale, e non si e' costituito in giudizio nell'interesse dei minori, ma in quello del Comune. Va ribadito il principio per cui il tutore (nella specie, il Comune) sta in giudizio esclusivamente quale rappresentante dei minori, e dunque il formale riferimento al (solo) Comune non potrebbe certo inficiare tale sua (esclusiva) qualita'. Va comunque precisato che, come hanno sottolineato entrambi i ricorrenti, le delibere della giunta comunale di Uboldo, sia per il primo che per il secondo grado di giudizio, indicano specificatamente nell'oggetto "incarico legale in favore dei minori".

Si deve altresi' considerare, che il giudice a quo, come gia' indicato in parte narrativa, collega strettamente la previsione di cui alla Legge n. 184, articolo 8, u.c. (l'assistenza legale del minore fin dall'inizio del procedimento) al contenuto di vari documenti internazionali, e segnatamente alla convenzione di New York sui diritti del bambino del 1989, ratificata e resa esecutiva con Legge n. 176 del 1991, e alla convenzione europea di Strasburgo sui diritti processuali del minore, del 1996, ratificata e resa esecutiva con Legge n. 77 del 2003; si giustificherebbe cosi' la nomina di un " difensore del minore" da parte del giudice, un soggetto distinto rispetto al difensore , nominato dal tutore, e al curatore speciale.

E' indubbio che tali norme convenzionali siano entrate nel nostro diritto interno, che anzi, nell'ambito della gerarchia delle fonti, esse abbiano maggior forza rispetto alle leggi ordinarie che non dovrebbero prescinderne, e che una norma ordinaria, di fronte alla possibilita' di diverse interpretazioni, dovrebbe interpretarsi nel senso maggiormente conforme alla norma convenzionale. Tali principi sicuramente valgono anche per la convenzione di Strasburgo (nonostante il Governo italiano abbia limitato notevolmente la sua operativita', al momento del deposito degli strumenti di ratifica), che ha rafforzato il fondamento della Convenzione di New York: il minore e' titolare dei diritti azionabili, attinenti specificatamente alla sua dignita' di essere umano e allo sviluppo della personalita'.

Considerando peraltro la predetta convenzione di Strasburgo (quella di New York afferma la preminenza dell'interesse del minore nei procedimenti che lo riguardano e la necessita' del suo ascolto), va evidenziata l'estrema cautela con cui sono formulate le sue disposizioni, dovendo le norme convenzionali, come spesso accade, indirizzarsi ad ordinamenti assai differenti, per tradizione, caratteri, organizzazione. Dunque la convenzione di Strasburgo, all'articolo 4, si limita a prevedere il diritto del minore di chiedere, personalmente o per il tramite di altre persone od organi, nelle procedure che lo riguardano, la designazione di un rappresentante speciale, ove il diritto interno privi chi ha la responsabilita' genitoriale (e dunque, per il nostro diritto, i genitori, ma pure il tutore) della facolta' di rappresentare il fanciullo, per via di un conflitto di interessi (tutto cio' in piena aderenza al nostro ordinamento). E' vero che il successivo articolo 5 enuncia il diritto del minore di chiedere l'assistenza da parte di una persona appropriata, di sua scelta, per aiutarlo ad esprimere la sua opinione; di chiedere, personalmente o per il tramite di persone od organi, la designazione di un rappresentante speciale, se del caso un avvocato; di designare un suo rappresentante; di esercitare in tutto o in parte le prerogative di una parte, nei procedimenti che lo riguardano. Va peraltro precisato che le previsioni dell'articolo 5 sono soltanto "raccomandate" ai legislatori nazionali (les parties examinent la possibilite'...) e richiederebbero dunque una disciplina ad hoc nell'ordinamento interno.

Non contrasta con le indicazioni dell'articolo 4 della convenzione la rappresentanza . legale del tutore che nomina un difensore al minore e, nel caso di conflitto di interessi, la nomina di un curatore speciale. Il "difensore" del minore, come indicato dal giudice a quo, il quale peraltro finisce per ammettere che dovrebbe pure essere il suo rappresentante speciale - e dunque ambiguamente parla di difensore, curatore dei minori -sarebbe forse astrattamente in linea con le indicazioni dell'articolo 5 della convenzione, ma, come si' e' detto, in assenza - finora - di una normativa ad hoc, ne deriverebbero ulteriori contraddizioni: non avendo il minore capacita' piena di rapportarsi al "suo" difensore, referente di questo non potrebbe che essere il giudice che l'ha nominato, il quale quindi diventerebbe in sostanza rappresentante di fatto del minore, in palese violazione dell'articolo 111 Cost. e dei principi del giusto processo, che impongono la terzieta' e l'imparzialita' del giudice.

Quanto finora osservato non esclude la rilevanza della posizione del minore, dei suoi intendimenti, delle sue aspirazioni nel procedimento di adottabilita'. E' prevista obbligatoriamente in vari momenti della procedura (e si tratta di uno dei profili piu' significativi, introdotti dalla Legge n. 149 del 2001) l'audizione del minore che abbia compiuto gli anni dodici e pure di eta' inferiore, in considerazione della sua capacita' di discernimento. Ma il minore, dotato del necessario discernimento, pure potrebbe chiedere la nomina di un rappresentante (tutore, curatore speciale) non ancora nominato, ovvero la nomina di un difensore, se il tutore o lo stesso curatore speciale che non rivesta la qualita' di avvocato, non vi provvedano tempestivamente. Cio' in piena aderenza al nostro diritto (articolo 78 c.p.c.) e alla convenzione di Strasburgo (articolo 4).

Potrebbe chiedere il minore di essere sentito dal giudice o magari di conferire con il difensore, nominato dal tutore o dal curatore speciale. Ne' va sottaciuto che il minore che abbia compiuto i quattordici anni, deve manifestare espresso consenso alla adozione, e potrebbe ben rifiutarlo, ove ritenesse di non essere stato adeguatamente rappresentato e difeso nel procedimento. Come si e' detto, la Corte di merito, muovendo dalla considerazione che i minori non siano stati adeguatamente rappresentati e difesi in giudizio, ne trae la conseguenza che i minori stessi non siano divenuti parte del procedimento e che, essendo stati pretermessi dei litisconsorti necessari, la causa vada rimessa al primo giudice, ai sensi dell'articolo 354 c.c.. Anche questa affermazione non puo' essere condivisa. Se infatti si ravvisasse sempre e comunque conflitto di interessi potenziale tra tutore e minore, piu' che pretermissione di litisconsorte necessario, si' ravviserebbe difetto di rappresentanza che, se non sanata, condurrebbe ad una pronuncia di nullita' in rito, ma non ad una rimessione al primo giudice.

Ancora, il giudice a quo non ha considerato gli effetti della "sanatoria", operata in grado di appello dal curatore dei minori (nominato dalla stessa Corte): questi, costituendosi, ha specificatamente richiesto di "escludere la sussistenza di vizi processuali", nonche' "per il principio di conservazione degli atti e nel superiore interesse del minore" di "dichiarare valido a tutti gli effetti il giudizio", rassegnando conclusioni identiche a quelle del difensore nominato dal tutore. D'altra parte, sia che si consideri sussistente la pretermissione di un litisconsorte necessario, ovvero un difetto di rappresentanza, l'orientamento consolidato di questa Corte afferma la piena rilevanza in tali situazioni della "sanatoria", in applicazione dei principi di economia processuale e conservazione degli atti. Cosi', con riferimento alla prima ipotesi, ove il litisconsorte necessario pretermesso intervenga in appello ed accetti la causa nello stato in cui si trova, chiedendo che sia cosi decisa, e nessuna delle altre parti resti privata di facolta' processuali, non altrimenti pregiudicate, il giudice di appello non dovra' rimettere la causa al primo giudice (tra le altre, Cass. n. 697 del 1980; n. 4883 del 1983, n. 9781 del 1995; n. 16504/05; 7068/09).

Con riferimento alla seconda ipotesi, si precisa che il difetto di rappresentanza (che si converte in vizio di legittimazione processuale) puo' essere sanato (anche in appello), con efficacia retroattiva e con riguardo a tutti gli atti processuali gia' compiuti, per effetto della costituzione del soggetto, dotato dell'effettiva rappresentanza, il quale manifesti la volonta', anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva (v. in particolare Cass. n. 2270 del 2006, relativa alla rappresentanza di un ente, e Cass. n. 23291 del 2004, attinente alla rappresentanza legale del genitore, nei confronti di un minore, nelle more processuali divenuto maggiorenne).

Sulla base delle considerazioni suesposte, vanno accolti entrambi i ricorsi. La sentenza impugnata va conseguentemente cassata e la causa rinviata alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, che decidera' adeguandosi ai principi sopra enunciati. Sussistono giusti motivi, considerate le novita' introdotte dalla riforma della disciplina dell'adozione, per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimita'.

P.Q.M.

La Corte accoglie entrambi i ricorsi; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Appello di Milano che decidera' in diversa composizione; dichiara compensate le spese del giudizio di legittimita'; ai sensi del Decreto Legislativo n. 196 del 2003, articolo 52, in caso di diffusione, omettere le generalita' e dati identificativi delle parti e dei minori.