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Linee guida aventi ad oggetto i tirocini per la pratica forense ex art. 73 DL 69/2013 e l’accesso alle Scuole per le Professioni Legali

Il Consiglio Nazionale Forense e la Scuola Superiore della Avvocatura, hanno ritenuto opportuno redigere una breve linea guida sulle diverse ipotesi che possono verificarsi in merito alle problematiche connesse alla richiamata forma di tirocinio alternativo e alla frequentazione delle SSPL, queste ultime riconosciute enti formatori di diritto dall’art. 2 del D.M. n. 17/18.

Premessa.

L’art. 41, comma 1, della l. n. 247/2012 stabilisce che “Il tirocinio professionale consiste nell’addestramento, a contenuto teorico e pratico, del praticante avvocato finalizzato a fargli conseguire le capacità necessarie per l'esercizio della professione di avvocato e per la gestione di uno studio legale nonché a fargli apprendere e rispettare i principi etici e le regole deontologiche”.

Partendo da tale dato normativo, si evince, senza troppi sforzi interpretativi, che il tirocinio professionale, rivolto al praticante avvocato, si compone di due momenti: l’uno “a contenuto teorico” e l’altro “(a contenuto) pratico”.

Il momento pratico si sostanzia, ai sensi del comma 6 citato art. 41 della l. n. 247/2012, nello svolgimento del tirocinio: “

a) presso un avvocato, con anzianità di iscrizione all'albo non inferiore a cinque anni;
b) presso l'Avvocatura dello Stato o presso l'ufficio legale di un ente pubblico o presso un ufficio giudiziario per non più di dodici mesi;
c) per non più di sei mesi, in altro Paese dell'Unione europea presso professionisti legali, con titolo equivalente a quello di avvocato, abilitati all'esercizio della professione;
d) per non più di sei mesi, in concomitanza con il corso di studio per il conseguimento della laurea, dagli studenti regolarmente iscritti all'ultimo anno del corso di studio per il conseguimento del diploma di laurea in giurisprudenza nel caso previsto dall'articolo 40’.

Secondo quanto previsto, poi, dal successivo comma 6, il tirocinio deve, in ogni caso, essere svolto per almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all’ordine o presso l’Avvocatura dello Stato.

A queste forme di svolgimento ordinarie, si aggiungono le seguenti:

- lo svolgimento del tirocinio presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 73, comma 13, del d. l. n. 69/2013;

- la frequenza delle scuole di specializzazione per le professioni legali, di cui all'articolo 16 del d. lgs. 398/1997, e successive modificazioni;

- la frequenza di uffici giudiziari ai sensi dell’art. 44 della l. n. 247/2012.

Il momento teorico si sostanzia, ai sensi dell’art. 43 della l. n. 247/2012 “nella frequenza obbligatoria e con profitto, per un periodo non inferiore a diciotto mesi, di corsi di formazione di indirizzo professionale tenuti da ordini e associazioni forensi, nonché dagli altri soggetti previsti dalla legge”. Tale previsione normativa è stata attuata mediante il d. m. 17/2018 entrato in vigore, come noto, il primo aprile del 2022.

Premesso quanto innanzi, è necessarie operare dei distinguo.

  1. Tirocinio ex art. 73 d. l. n. 69/2013.

Chi ha svolto con esito positivo il tirocinio presso gli uffici giudiziari può, ai sensi dell’articolo 73, comma 13 del d.l. n. 69/2013, convalidare detto periodo ai fini del compimento di un anno di tirocinio. Il residuo semestre, ai sensi dell’articolo 41, comma 7 della legge professionale, deve necessariamente essere svolto presso lo studio di un avvocato. Tale previsione è ulteriormente rafforzata dall’articolo 3, comma 2 del d.m. n. 70/2016, il quale esplicitamente prevede che - in caso di svolgimento del tirocinio in una delle forme alternative previste dalla legge (ivi compreso, pertanto, lo stage presso gli uffici giudiziari ex art. 73) - il residuo semestre debba necessariamente essere svolto presso un avvocato o presso l’Avvocatura dello Stato. Ciò, evidentemente, al fine di assicurare che il tirocinio per l’accesso alla professione consista effettivamente nella frequenza dello studio professionale e nella maturazione - per così dire sul campo - delle relative competenze.

Qualora lo svolgimento del tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 sia avvenuto prima della entrata in vigore del d.m. 17/2018 o abbia avuto inizio prima della entrata in vigore del d.m. cit. e si sia concluso in un periodo successivo, al tirocinante, fermo restando l’obbligo si svolgimento di almeno sei mesi presso un avvocato iscritto all’ordine o presso l’Avvocatura dello Stato ex art. 41, comma 7, l. 247/2012, non è fatto obbligo frequentare un corso di formazione per l’accesso. Tanto considerato, appare ragionevole escludere, per il residuo semestre di iscrizione nel registro dei praticanti, l’obbligo di frequentare il corso di formazione obbligatorio di cui all’articolo 43 della l. n. 247/12 e del d.m. n. 17/2018. Tale conclusione appare ulteriormente avvalorata, sul piano pratico e operativo, dalla circostanza che i predetti corsi sono fisiologicamente strutturati - in termini di articolazione dell’attività didattica e delle relative verifiche intermedie e finale - su tre semestri e, pertanto, la frequenza del corso stesso per un solo semestre non si inserirebbe armoniosamente in tale complessiva strutturazione. Resta ovviamente fermo l’obbligo di formazione collegato alla frequenza del tirocinio presso l’ufficio giudiziario, come disciplinato dal comma 5-bis dell’articolo 73 del d.l. n. 69/2013, la cui attuazione è affidata alla collaborazione tra Consigli dell’Ordine e uffici giudiziari.

Qualora lo svolgimento del tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 sia iniziato dopo la entrata in vigore del d.m. 17/2018, fermo restando la convalida di cui al comma 13, il tirocinante, al pari di ogni altro tirocinante che svolga una forma ordinaria di tirocinio, deve frequentare un corso di formazione per l’accesso. A tal conclusione si giunge in maniera pressoché lineare: dopo l’entrata in vigore del d.m. 17/2018, coloro i quali svolgono le forme di tirocinio di cui al comma 6 dell’art. 41 della l. 247/2012 devono frequentare obbligatoriamente un corso di formazione per l’accesso organizzato secondo le modalità di cui al d.m. 17/2018. È ragionevole ritenere - anche al fine di scongiurare forme di disparità di trattamento - che, al pari dei tirocinanti che svolgono il tirocinio secondo le forme ordinarie, i tirocinanti ex art. 73 d.l. n. 69/2013 debbano frequentare un corso di formazione per l’accesso. Invero, a tale conclusione si giunge agevolmente ove si consideri che tale obbligo grava sui tirocinanti che accedono al tirocinio presso gli uffici giudiziari di cui all’articolo 44 della l. 247/2012 e di cui al d.m. 58/16.

Occorre, infine, soffermarsi sulla individuazione del momento da cui decorre l’obbligo di frequentazione di un corso di formazione per l’accesso. Ebbene, in tutte le forme di tirocinio cd. ordinarie ed in quella di cui al citato art. 44 l. 247/2012 e d.m. 58/2016, il momento in cui sorge l’obbligo di frequentazione del corso di formazione per l’accesso coincide con l’iscrizione nel registro dei praticanti tenuto dal consiglio dell’ordine. Per ciò che concerne il tirocinio ex art. 73 del d.l. 69/2013, non è previsto che sia prerequisito per accedere a tale forma di tirocinio la preventiva iscrizione nel registro dei praticanti. Anche ciò concretizza una disparità di trattamento con coloro i quali accedono alla frequenza degli uffici giudiziari di cui al all’art. 44 l. 247/2012 e d.m. 58/2016.

Delle due l’una:

- il tirocinante ex art. 73 d. l. 69/2013 che, al momento in cui inizia lo svolgimento del tirocinio presso l’ufficio giudiziario, si iscrive al registro dei praticanti ha contestualmente l’obbligo di frequentare un corso di formazione per l’accesso;

- il tirocinante ex art. 73 d. l. 69/2013 che, al momento in cui inizia lo svolgimento del tirocinio presso l’ufficio giudiziario, non si iscriva al registro dei praticanti, ma lo faccia successivamente (in costanza di svolgimento del tirocinio o al termine od anche al momento in cui richieda la convalida), ha l’obbligo di frequentare un corso di formazione per l’accesso a partire dal momento di iscrizione nel predetto registro.

  1. Scuole di specializzazione per le professioni legali, di cui all'articolo 16 del d. lgs. 398/1997, e successive modificazioni.

L’art. 41, comma 9, della l. 247/2012 prevede che “Fermo restando quanto previsto dal comma 6, il diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali, di cui all'articolo 16 del decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, e successive modificazioni, è valutato ai fini del compimento del tirocinio per l'accesso alla professione di avvocato per il periodo di un anno.”.

La frequentazione alle SSPL - inserite tra i soggetti formatori di cui all’art. 2, comma 1, del d.m. 17/2018 - del laureato non iscritto al registro dei praticanti soddisfa unicamente il momento di formazione teorica, ma non quello pratico. Tale assunto è avvalorato proprio dalla circostanza che le SSPL di cui all’art. 16 del d. lgs. 398/1997 sono equiparate agli altri soggetti formatori che, ai sensi del d.m. 17/2018, possono organizzare i corsi di formazione per l’accesso. La frequenza obbligatoria a tali corsi non esonera il discente-tirocinante dalla pratica nelle forme di cui all’art. 41, comma 6, della l. 247/2012 che, dunque, è integrativa della frequenza alle SSPL.

Fermo restando, inoltre, la necessità che i Consigli dell’Ordine, al momento della convalida, devono verificare la corrispondenza dei contenuti dei moduli formativi svolti presso le SSPL con quelli previsti dall’art. 2, comma 2, del d.m. 17/2018:

- coloro i quali hanno conseguito il diploma di specializzazione prima del 1° aprile 2022 ovvero in ragione di un percorso iniziato prima del 1° aprile 2022 e terminato successivamente, dopo la convalida, non devono frequentare un semestre (integrativo) di corso di formazione per l’accesso;

- coloro i quali hanno conseguito il diploma di specializzazione dopo la entrata in vigore del d.m. 17/2018 devono, dopo la convalida, frequentare un semestre (integrativo) di corso di formazione per l’accesso sostenendo al termine la verifica finale.

La iscrizione nel registro die praticanti, a prescindere dal momento in cui ciò avvenga, obbliga il laureato che ha frequentato una SSPL a svolgere il prescritto periodo di pratica nelle forme di cui all’art. 41, comma 6, della l. 247/2012 ovvero in quelle alternative di all’art. 73 d.l. 69/2023 od anche di cui all’art. 44 della l. 247/2012.