beni - immateriali - marchio - complesso - caratteristiche - combinazione di più componenti - . Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 1249 del 18/01/2013
Efficacia distintiva - Accertamento della sua natura di marchio forte o debole - Criteri - Marchio di insieme - Differenza. Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 1249 del 18/01/2013
Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 1249 del 18/01/2013
Il marchio complesso, che consiste nella combinazione di più elementi, ciascuno dotato di capacità caratterizzante e suscettibile di essere autonomamente tutelabile, non necessariamente è un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi, ovvero se la loro combinazione rivesta un particolare carattere distintivo in ragione dell'originalità e della fantasia nel relativo accostamento. Quando, invece, i singoli segni siano dotati di capacità distintiva, ma quest'ultima (ovvero la loro combinazione) sia priva di una particolare forza individualizzante, il marchio deve essere qualificato debole, tale seconda fattispecie differenziandosi, peraltro, dal marchio di insieme in ragione del fatto che i segni costitutivi di quest'ultimo sono privi di un'autonoma capacità distintiva, essendolo solo la loro combinazione.
Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 1249 del 18/01/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 9 aprile 1994, la Mast-Jagermeister AG conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la Budapesti Llkoripari KFT ed esponeva di essere titolare dei marchi internazionali 499.920, 2R 157343, R 345.893 e 565.905, tutti estesi all'Italia e caratterizzati dalla raffigurazione di una testa di cervo, aggiungendo che la convenuta aveva proceduto alla registrazione del marchio internazionale 580359, il cui "cuore" era costituito da una figura di cervo che presentava rilevanti similitudini con quella riprodotta nel marchi di essa attrice.
Deduceva altresì il carattere illecito della condotta addebitabile alla convenuta sotto il profilo della concorrenza sleale, stante la confondibilità del segni distintivi del rispettivi prodotti. Chiedeva quindi la dichiarazione della nullità del marchio internazionale di proprietà della convenuta per il difetto del requisito della novità, relativamente all'estensione dello stesso in Italia, e l'accertamento della contraffazione del marchi con la condanna della convenuta al risarcimento dei danni. La convenuta, nel costituirsi in giudizio, contestava la fondatezza della domanda evidenziando le differenze intercorrenti tra i marchi dell'attrice e quello di essa convenuta, in relazione ai colori, alla presenza tra le corna del cervo di un bicchiere a calice con tre lettere dell'alfabeto, nonché in relazione alla presenza di un elemento denominativo costituito dalla parola "Hubertus", e sottolineando come fosse frequente il ricorso alla figura del cervo per contraddistinguere bevande alcoliche.
Il Tribunale, con sentenza n. 686/2001 rigettava le domande avanzate dalla società attrice, con la condanna della medesima alla rifusione delle spese processuali.
Nella motivazione della pronuncia, il giudice di primo grado rilevava, in particolare, che "la riproduzione della testa del cervo sul prodotto ... non risulta di per sè idonea a caratterizzare il marchio ... giacché costituisce un singolo elemento che concorre unitamente agli altri elementi base a costituire l'immagine e rappresentazione visiva complessa del marchio dell'impresa attrice" ed aggiungeva che "tale elemento grafico (ossia la testa del cervo) se riguardato a se stante non contiene un connotato autonomamente individualizzante e tale da far acquisire all'immagine quel carattere di novità ed originalità richiesto per detto segno distintivo". Con atto notificato il 22 febbraio 2002, la società attrice impugnava la predetta sentenza, deducendo, a motivi del gravame, che il Tribunale aveva omesso di valutare il carattere forte del marchio ed aveva errato nell'escludere la confondibilità del marchi. In particolare, l'appellante sottolineava le similitudini tra i rispettivi marchi all'origine della lite, evidenziando come entrambi richiamassero la medesima iconografia religiosa ed evocassero la stessa immagine del "cervo di sant'Uberto", citando, a sostegno della dedotta confondibilità del marchi, ricerche di mercato svolte presso i consumatori italiani.
Ribadiva quindi le proprie domande, riproponendo anche la prova testimoniale dedotta in primo grado e disattesa dal tribunale. La società appellata contestava la fondatezza delle argomentazioni esposte nell'atto di impugnazione e chiedeva il rigetto dell'appello. Il Pubblico Ministero chiedeva il rigetto dell'impugnazione. La Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 3996/05, rigettava il gravame.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la Jagermeinster sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, cui resistono con controricorso la Budapesti Likoripari e la Zwack unicum r.t., quest'ultima a titolo di cessionaria della registrazione internazionale n. 580359, che hanno proposto altresì due motivi di ricorso incidentale condizionato cui resiste con controricorso la Jagermeinster.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 30 del 2005, art. 20 laddove la sentenza impugnata ha ritenuto non confondibile il marchio della resistente con quello di essa Jagermeister.
Con il secondo motivo lamenta la violazione dell'art. 12, lett. b), n. 1 laddove la Corte d'appello ha ritenuto che il marchio della Budapesti avesse il requisito della novità.
Con il terzo motivo contesta il rigetto della domanda di condanna per concorrenza sleale per confusione dei segni e parassitaria. Con il primo motivo di ricorso incidentale le resistenti deducono che, avendo nelle more del giudizio di secondo grado proposto la Jagermeinster azione di decadenza nei confronti della Zwack dal marchio n. 580359, era venuto meno l'interesse della ricorrente alla presente causa.
Con il secondo motivo assumono che l'assunto secondo cui l'immagine del cervo crocifero aveva una particolare e dirimente capacità distintiva costituiva una domanda nuova proposta solo in sede di comparsa conclusionale in appello.
I ricorsi vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..
Va preliminarmente esaminata la legittimazione della Zwack Unicum r.t.
a proporre controricorso e ricorso incidentale.
Questa Corte ha già affermato a tale proposito che la società che propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello emessa nei confronti di un'altra società, della quale affermi di essere successore (a titolo universale o particolare), è tenuta a fornire la prova documentale della propria legittimazione, nelle forme previste dall'art. 372 cod. proc. civ., a meno che il resistente non l'abbia - nel controricorso - esplicitamente o implicitamente riconosciuta, astenendosi dal sollevare qualsiasi eccezione in proposito e difendendosi nel merito dell'impugnazione. (Cass sez un 11650/06).
Nel caso di specie la società Zwack ha prodotto estratto del registro internazionale dei marchi internazionali presso l'OMPI ove risulta essere titolare della registrazione n. 580359 e tale circostanza non è contestata nel merito dalla ricorrente principale la quale ha proposto solo delle eccezioni di carattere processuale circa la possibilità della Zwack ad intervenire in grado di appello, dopo il deposito della prima conclusionale, e nella presente fase processo.
Venendo all'esame del primo motivo del ricorso principale, va premesso che nel caso di specie risulta applicabile ratione temporis il R.D. n. 929 del 1942, art. 17, comma 1, lett e) (come sostituito dal D.Lgs. n. 198 del 1996). Ciò posto, la Corte d'appello ha ritenuto che nel caso di specie il marchio Jagermeinster fosse un marchio complesso costituito dalla denominazione Jagermeister e dalla testa di un cervo con la croce tra le corna ed ha ritenuto che potesse astrattamente attribuirsi la qualità di marchio forte poiché il detto elemento figurativo (testa di cervo) risultava del tutto scollegato concettualmente con il prodotto. Tuttavia, ha ritenuto che al caso di specie andasse applicato il principio secondo cui l'apprezzamento sulla confondibilità fra segni distintivi similari dev'essere compiuto dal giudice di merito non in via analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata valutazione di ogni singolo elemento, ma in via globale e sintetica, vale a dire con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici, visivi e fonetici, intendendosi con quest'ultimo termine tutti gli effetti acustici (cioè auditivi, tonici) delle espressioni usate, in relazione al normale grado di percezione delle persone alle quali il prodotto è destinato.
In tale contesto ha ritenuto che il segno figurativo costituito dal cervo doveva essere valutato assieme a quello denominativo che nella individuazione del prodotto assumeva un carattere predominante, e pertanto ha ritenuto che la denominazione "Hubertus" del marchio della resistente costituisse elemento sufficientemente differenziatore rispetto alla denominazione Jagermeister e che, pertanto, non esistesse nel caso di specie alcun rischio di confondibilità tra i due marchi, dovendo gli elementi figurativi essere considerati come elementi secondari.
Il principio affermato dal giudice di seconde cure in ordine ad una valutazione d'insieme del marchio è conforme a quanto ripetutamente affermato da questa Corte, ma non risulta però applicabile nel caso dei marchi complessi quale è pacificamente quello in esame. In relazione a tale tipo di marchio, questa Corte ha ripetutamente affermato il diverso principio secondo cui esso è riconoscibile nel segno risultante da una composizione di più elementi la cui forza distintiva è tuttavia affidata ad uno o più di tali elementi costituenti il ad. cuore, protetto per la sua originalità per cui l'esame da parte del giudice deve effettuarsi in modo parcellizzato per ciascuno degli elementi dotati di capacità caratterizzante. (Cass 7488/04; Cass 12860/05; Cass 10071/08; Cass 24620/10). Il marchio complesso si distingue, come è noto, da quello d'insieme in cui si ha la mancanza di un elemento caratterizzante (il c.d. cuore), essendo i vari elementi tutti singolarmente mancanti di distintività, ed essendo soltanto la combinazione cui tali elementi danno vita, ovvero appunto il loro insieme, che può avere, per come viene percepito dal mercato, un valore distintivo più o meno accentuato. In altri termini, mentre nel caso di marchio complesso ogni singolo segno che lo compone dotato di capacità distintiva è tutelatale autonomamente come marchio , nel caso del marchio d'insieme i singoli segni che compongono il marchio non sono autonomamente tutelabili come privative ma Io è soltanto il loro insieme.( Cass 10071/08;Cass 24620/10).
Va ulteriormente chiarito che il marchio complesso non necessariamente è di per sè un marchio forte, ma lo è solo se lo sono i singoli segni che lo compongono, o quanto meno uno di essi, ovvero se la loro combinazione riveste un particolare carattere distintivo in ragione della originalità e della fantasia nell'accostamento dei segni.
Nel caso invece in cui i singoli segni siano dotati di capacità distintiva ma quest'ultima (ovvero la loro combinazione) sia priva di una particolare forza individualizzante, il marchio, ancorché complesso, non può che essere definito debole.
Tale seconda fattispecie si differenzia dal marchio d'insieme in ragione del fatto che - come detto - i segni costitutivi di quest'ultimo sono privi di autonoma capacità distintiva essendolo solo la loro combinazione.
La motivazione della Corte d'appello basata sul principio che nel caso di specie la valutazione di ognuno dei due marchi dovesse essere fatta in modo complessivo e sintetico non risponde al diverso principio secondo cui invece nei marchi complessi è necessario individuare i singoli componenti del marchio siano essi figurativi o denominativi al fine di valutare se ciascuno di essi o anche più di essi abbiano una autonoma capacità distintiva e ,in quanto tali, siano protetti e di riflesso lo sia anche il marchio complesso. La motivazione è dunque erronea in punto di diritto.
Nel caso di specie la sentenza impugnata ha riconosciuto la capacità distintiva della testa di cervo crocifera, tanto è vero che ha affermato che tale segno figurativo poteva costituire un marchio forte, ma ha poi ritenuto che la diversa denominazione Hubertus all'interno del marchio della resistente rispetto a quella Jagermeister del marchio della ricorrente fosse l'elemento decisivo e predominante che impediva il rischio di confusione tra i due segni distintivi.
La Corte d'appello avrebbe invece dovuto rilevare, in base a quanto da essa stessa accertato, che il marchio era costituito da due elementi distintivi (cuori) il cervo e la denominazione, e di conseguenza avrebbe dovuto valutare in relazione a ciascuno di questi due elementi la similarità tra i due segni e quindi l'esistenza di una loro confondibilità tenendo, tra l'altro conto, che aveva già implicitamente riconosciuto la natura di segno distintivo forte alla testa di cervo con le conseguenze che da tale carattere derivano ai fini di valutare l'eventuale contraffazione (v. ex plurimis da ultimo Cass 1906/10).
Non appare a tale proposito condivisibile sotto il profilo logico la affermazione a carattere assoluto della prevalenza della parte del marchio contenente la denominazione rispetto ad altre parti figurative dello stesso.
Va a tale proposito rammentato che questa Corte, con sia pur risalenti decisioni, ha già osservato che la contraffazione del marchio registrato può sussistere anche se la riproduzione è inserita in un marchio complesso e che non vale ad escludere la contraffazione stessa la semplice aggiunta del nome del produttore ad un marchio tutelato. (Cass 1833/69, Cass 6128/87).
Non esiste infatti una astratta gerarchia tra gli elementi distintivi che compaiono in una marchio potendo in diversi casi avere gli elementi figurativi un carattere distintivo addirittura superiore rispetto a quelli denominativi per cui devono comunque essere protetti. Si aggiunge, sia pure superfluamente, che la motivazione risulta insufficiente anche rispetto agli stessi presupposti di principio su cui è basata (che come detto non sono applicabili al caso di specie). Se infatti la valutazione doveva essere complessiva, e non già basata su singoli elementi, la sentenza avrebbe dovuto esaminare in dettaglio tutti gli elementi grafici dei due marchi e non già la sola loro colorazione .In particolare avrebbe dovuto dar conto della loro forma, della dimensione delle due denominazioni, della forma del cervo e del suo posizionamento all'interno dei marchio, ed ogni altro elemento presente nei due marchi, al fine di potere affermare se all'occhio del consumatore medio la percezione complessiva ed immediata del marchio della resistente avrebbe potuto o meno indurlo a ritenere che si trattava di quello della Jagermeister confondendo così anche i prodotti.
Il primo motivo va pertanto accolto nei limiti dianzi indicati restando assorbite le ulteriori censure relative al motivo in esame nonché il secondo ed il terzo motivo del ricorso.
Venendo ora all'esame del primo motivo del ricorso incidentale si rileva che lo stesso, a prescindere da ogni questione sulla sua ammissibilità, è manifestamente infondato.
Il venir meno dell'interesse alla presente controversia da parte della Jagermeister potrebbe in ipotesi venir meno solo a seguito dell'accoglimento della sua domanda di decadenza per non uso del marchio n. 580359 svolta in altro giudizio mentre detto interesse sussiste e, anzi, risulta rafforzato proprio dalla pendenza dei due giudizi trattandosi di due azioni convergenti verso la medesima finalità ma che non si escludono l'una con l'altra potendo la società ricorrente in caso d'insuccesso nell'una ottenere comunque il venir meno della registrazione del marchio della resistente tramite l'altro giudizio.
Inammissibile, prima ancora che manifestamente infondato, è il secondo motivo con cui si deduce che la ricorrente avrebbe introdotto una domanda nuova in appello circa il carattere distintivo del cervo crocifero portatore di speciali valenze iconografiche e religiose. Le ricorrenti incidentali avrebbero dovuto infatti , in applicazione del principio di autosufficienza, indicare nel ricorso in quale degli scritti difensivi della fase d'appello avevano contestato siffatta circostanza, non risultando la stessa dalla sentenza impugnata. La mancanza di tale specificazione rende il motivo non scrutinabile in questa sede.
In ogni caso, la questione del carattere distintivo della testa di cervo costituisce di tutta evidenza una argomentazione difensiva svolta nell'ambito della domanda originariamente proposta e come tale proponibile anche in appello.
Quanto alla produzione documentale, la stessa, trattandosi di prove precostituite, era ammissibile risultando il processo regolato dalla legislazione anteriore alla riforma di cui alla L. n. 353 del 1990 entrata in vigore il 30 aprile 1995, essendo stata notificata la citazione nel 1993.
Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla Corte d'appello di Roma , in diversa composizione che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale nei termini di cui in motivazione , dichiara assorbiti il secondo ed il terzo, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia per nuovo giudizio ed anche per le spese alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione. Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2013