procedimento arbitrale - in genere - atto di nomina - Cassaazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17099 del 10/07/2013
Arbitrato - Natura negoziale - Effetti processuali - "Vocatio in ius" - Configurabilità - Fondamento. Cassaazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17099 del 10/07/2013
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Cassaazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17099 del 10/07/2013 .
In materia di arbitrato, l'indubbia natura negoziale dell'atto di nomina non esclude che esso produca anche gli effetti della "vocatio in ius"; infatti, nel quadro normativo formatosi con la legge 5 gennaio 1994, n. 25, la notifica della domanda di arbitrato segna l'inizio, a tutti gli effetti, del procedimento arbitrale.
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17099 del 10/07/2013 .
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con scrittura privata del 21/2/1993, Andrea Ru.... Ma..... e Ru.... Maria Le.......zia promettevano il trasferimento in permuta di una quota dei propri immobili a Domenico Mo...., in vista della costruzione di un complesso turistico a carattere residenziale; il Mo.... si impegnava, in corrispettivo della cessione, a realizzare e cedere ai Ru.... una porzione degli erigendi fabbricati corrispondente alla restante quota.
Insorta controversia, il Mo.... instaurava giudizio arbitrale sulla base della clausola compromissoria contenuta nella scrittura, chiedendo la risoluzione del contratto e la restituzione della somma versata come caparra, pari a L. 300.000.000.
I Ru.... eccepivano l'inammissibilità della domanda e nel merito l'infondatezza, e chiedevano a loro volta la risoluzione del contratto.
Con lodo pronunciato il 7 giugno 2000, veniva dichiarata l'inammissibilità della domanda di risoluzione, per omessa specificazione della causa petendi nell'atto di accesso, a valere quale domanda giudiziale, nonché della domanda di nullità, per novità della stessa, tardivamente proposta, ed alla stregua della portata della clausola compromissoria, espressamente limitata alla interpretazione ed esecuzione del contratto.
Il lodo veniva impugnato dal Mo.....
La Corte d'appello, con pronuncia non definitiva del 4/2-12/2/2002, ha dichiarato la nullità parziale del lodo, in relazione alla declaratoria di inammissibilità della domanda di inefficacia del preliminare di permuta del 21 febbraio 1993, disponendo per il prosieguo come da separata ordinanza. Nello specifico, la Corte ha rilevato:
1) che a seguito delle modifiche integrative degli artt. 669 octies c.p.c., 2943, 2945, 2652, 2653, 2690 e 2691 c.c., dettate dalla L. n. 25 del 1994, è stato delineato un paradigma dell'atto introduttivo articolato nei tre elementi(intento di promuovere il procedimento, formulazione della domanda, designazione dell'arbitro);
2) che tale modello individua la domanda " qualificata", al fine della produzione degli effetti di cui alle norme indicate, per cui, ove priva di tali elementi, la domanda è inidonea a produrre detti effetti ( ovvero, ad impedire la caducazione del provvedimento cautelare, a determinare l'interruzione della prescrizione, e ad attivare la trascrizione) , ma conserva il suo valore al fine di dare avvio al giudizio arbitrale, spettando agli Arbitri fissare termini e modalità per l'integrazione della domanda;
3) che nel caso, gli Arbitri avevano fissato termine sino al 15 settembre 1999 per la presentazione di memorie e documenti, ed il Mo.... entro il termine aveva depositato memoria,nella quale aveva illustrato le ragioni a base della richiesta di restituzione della caparra, individuate nella "nullità e/o inefficacia della scrittura privata", conseguenti alla mancata approvazione del progetto regolarmente presentato al Comune ed alla irrealizzabilità del programma edilizio previsto nel preliminare; 4) che pertanto le circostanze dedotte dal Mo.... erano idonee a sorreggere la domanda di inefficacia del contratto, in relazione alla clausola sub 8), con la quale si era convenuto che: "in caso di mancata approvazione del progetto nei limiti sopra indicati, la presente scrittura diverrà a tutti gli effetti inefficace, senza colpa per alcuna delle parti e dalla predetta efficacia sorgerà il solo obbligo di restituzione della caparra già versata e dei competenti interessi di legge.";
5) che il Collegio arbitrale si era sottratto alla doverosa pronuncia nel merito sul punto, con ciò configurandosi il vizio di nullità del lodo ex art. 829 c.p.c., n. 4.
La Corte del merito ha infine respinto il secondo motivo di impugnazione, relativo alla declaratoria di inammissibilità della domanda di nullità del preliminare. Con la sentenza definitiva dell'8/2-9/3/2010, resa nei confronti di Ru.... Ma..... Paolo ed Andrea, in proprio e quali eredi di Ru.... Maria Le.......zia, la Corte messinese ha dichiarato l'inefficacia del preliminare del 21/2/93, e condannato i Ru.... Ma..... a restituire al Mo.... la caparra, pari ad Euro 154.937,06, oltre interessi dal 22/9/98 al saldo, ed ha regolato le spese tra le parti. La Corte, richiamate le domande delle parti, da un lato, di inefficacia del preliminare da parte del Mo...., ex art. 8 della scrittura, e da parte dei Ru...., di risoluzione di diritto per inosservanza dei termini essenziali e, in subordine, di recesso dal preliminare per inadempimento della controparte, ha ritenuto realizzata la previsione di cui a detta clausola del preliminare, da cui l'inapplicabilità dei termini essenziali per la stipula del definitivo, per il pagamento del saldo della caparra e per la consegna degli immobili promessi in permuta, atteso che dalla C.T.U. risultava:
1) che il progetto di variante e di ampliamento del piano di lottizzazione presentato dal Mo.... al Comune era conforme al programma costruttivo previsto dalle parti nella citata scrittura, era idoneo sotto il profilo tecnico ed urbanistico, rimanendo l'approvazione subordinata ad un ritocco delle previsioni volumetriche, e che era possibile una tempestiva rielaborazione del piano, escludendosi la superficie di mq. 6675, mantenendo al piano le caratteristiche e la volumetria previste nella scrittura;
2) che il progetto di intervento edilizio non era stato approvato in quanto, pur presentato, non era stata neppure avviata l'istruttoria tecnica per la preliminare verifica, ne' mai sottoposto all'esame della Commissione Edilizia ne' del Consiglio Comunale. Per altro aspetto, continua la Corte del merito, non era imputabile a negligenza del Mo...., in difetto assoluto di elementi a conferma da parte dei Ru...., il mancato esame da parte del Comune del progetto edilizio, di grande rilevanza, "richiedente anche un consenso, per così dire, politico dell'Amministrazione comunale, indipendente dalla volontà e diligenza del Mo....". Avverso le pronunce non definitiva e definitiva ricorrono Paolo ed Andrea Ru.... della Floresta Matricardi, sulla base di quattro motivi (il quinto, relativo alle spese, non è autonomo e non costituisce una censura).
Si difende con controricorso il Mo.....
Ambedue le parti hanno depositato le memorie ex art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1.- Col primo mezzo, i Ru.... denunciano che la Corte del merito, una volta affermato che con l'atto di accesso agli Arbitri va proposta la domanda, avrebbe dovuto rigettare l'impugnazione del lodo, mentre ha concluso per l'accoglimento, affermando che la formulazione della domanda nell'atto di accesso non è prevista a pena di nullità, argomento non dedotto dalla difesa, così violando gli artt. 828 e 829 c.p.c.
Secondo i ricorrenti, inoltre, il Giudice messinese non ha tratto le debite conclusioni dalla premessa dell'inizio del procedimento arbitrale con l'atto d'accesso, che deve pertanto necessariamente contenere la domanda, come si evince dall'art. 669 octies c.p.c., nel rispetto dei principi generali del contraddittorio e del diritto di difesa, pur avendo deciso le parti di non adottare le norme del codice di rito, da cui la violazione dell'art. 24 Cost., e degli artt. 99 e 101 c.p.c..
Il Mo.... inoltre si era limitato alla generica denuncia della violazione dell'art. 829 c.p.c., ed all'omissione della indicazione dello specifico vizio ha supplito impropriamente la Corte d'appello;
il Mo.... aveva denunciato la violazione degli artt. 99 e 163 c.p.c. e dell'art. 112 c.p.c., deducendo che gli Arbitri dovevano attenersi alle regole di diritto, mentre la Corte ha affermato il principio opposto, da cui sarebbe dovuto conseguire il rigetto della domanda, accolta invece dagli Arbitri, in violazione degli artt. 828 e 829 c.p.c., rilevando d'ufficio il motivo di nullità. Secondo i ricorrenti,il Giudice del merito è pervenuto a conclusione contraddittoria, in quanto dal rilievo che non erano state richiamate le norme processuali, avrebbe dovuto coerentemente concludere per la reiezione del motivo dedotto.
La Corte del merito ha ritenuto che l'atto di accesso non poteva ritenersi sanzionato da nullità e che era stato raggiunto lo scopo, senza provocare sul punto il contraddittorio; ove a ciò fosse stato debitamente ottemperato, la parte avrebbe rilevato che l'atto di accesso privo della domanda deve ritenersi non nullo, ma inesistente, e comunque inidoneo al raggiungimento dello scopo.
1.2.- Col secondo motivo, i ricorrenti, in relazione alla sentenza definitiva, deducono che, vista la domanda proposta, di recesso dal preliminare, oltre che di risoluzione dello stesso, sarebbe stato necessario verificare il corretto adempimento degli obblighi da parte del Mo...., ex art. 1385 c.c., comma 2, e di tale prova questi era onerato, quale debitore della prestazione, anche nella ricorrenza del fatto del terzo, ed alla stregua dei generali principi di correttezza e buona fede, espressione del dovere di solidarietà sociale, ex art. 2 Cost..
Non dovevano i Ru.... dimostrare la negligenza del Mo...., ma questi provare la diligenza spiegata perché la progettazione potesse superare l'indagine preventiva in ordine alla regolarità amministrativa, per poi passare alla successiva istruttoria tecnica. La Corte messinese inoltre ha fatto riferimento ad una ragione non dedotta dalla parte, senza provocare il contraddittorio, ed i Ru.... avrebbero a riguardo dedotto che, una volta adottato lo strumento di pianificazione del territorio, il P.R.G., la stessa Amministrazione avrebbe dovuto rispettarne le prescrizioni.
Infine, deducono i ricorrenti che la sentenza definitiva, nel ritenere che l'omessa istruttoria preliminare integrasse la previsione contrattuale, ha alterato la ratio decidendi della non definitiva, che aveva devoluto al C.T.U. l'esame della possibilità di un progetto alternativo, suscettibile di esecuzione, pur sempre rispondente alle previsioni progettuali; e sul punto, v'è anche vizio di motivazione.
1.3.- Col terzo mezzo, i ricorrenti, in relazione alla reiezione della propria domanda di risoluzione del contratto, denunciano di avere dedotto nel giudizio arbitrale il mancato rispetto del termine essenziale solo in relazione al pagamento della seconda rata della caparra, di cui all'art. 7 della scrittura, non condizionato all'approvazione del progetto, e sul punto v'è anche vizio di motivazione, non avendo la Corte territoriale spiegato, una volta ammesso che il progetto poteva essere ripresentato, che cosa ostasse alla ripresentazione del progetto emendato.
1.4.- Col quarto motivo, i ricorrenti, in relazione all'art. 8 della scrittura, denunciano la mancata considerazione della interpretazione del richiamo nella clausola ai "limiti sopra indicati";
contraddittoriamente, la Corte territoriale ha fatto proprie le conclusioni del C.T.U., che ha concluso per la ripresentazione del progetto, e nel contempo ha ritenuto che si era perfezionata la condizione di inefficacia; la motivazione è anche insufficiente, non avendo spiegato che cosa impediva la ripresentazione del progetto con i correttivi indicati dal C.T.U.
2.1.- Il primo motivo, in tutte le sue articolazioni, deve ritenersi infondato.
Va in prima battuta rilevato, che, come osservato nella pronuncia 19025/2003, nel solco delle precedenti 5457/03 e 10922/02, l'indubbia natura negoziale dell'atto di nomina non esclude che esso (contenendo l'intenzione di promuovere il procedimento arbitrale e la domanda) produca anche gli effetti della vocatio in ius; ed infatti, nel quadro normativo formatosi con la L. 5 gennaio 1994, n. 25 - in particolare, per effetto dell'aggiunta, con l'art. 11. cit., dell'u.c. all'art. 669 - octies c.p.c. (dettato per regolare i rapporti della domanda di accesso agli arbitri coi provvedimenti cautelari); della sostituzione, con l'art. 25 L. cit., del comma 4, all'art. 2943 c.c., e l'aggiunta del comma 4 all'art. 2945 c.c., in tema di prescrizione; nonché dell'introduzione, con l'art. 26 L. cit., dell'ultimo capoverso agli artt. 2652, 2653, 2690 e 2691 c.c., con cui, ai fini della trascrivibilità, la domanda di arbitrato è stata equiparata a quella giudiziaria - la notifica della domanda di arbitrato segna l'inizio, a tutti gli effetti, del procedimento arbitrale. Tale principio non è stato disatteso dalla Corte messinese, che ha distinto la domanda c.d. "qualificata", ovvero contenente i tre elementi (intenzione di promuovere il procedimento, formulazione della domanda comprendente parti, causa petendi e petitum, e designazione dell'arbitro), come tale idonea a determinare l'inizio del procedimento arbitrale ed a produrre gli effetti propri di salvare l'efficacia del provvedimento cautelare ante causam, di interrompere la prescrizione e di determinare la trascrivibilità dell'atto, dall'atto di accesso privo di uno o più di detti contenuti propri, ma comunque idoneo ad avviare il procedimento, basandosi sul carattere settoriale delle modifiche apportate dalla L. n. 25 del 1994, che non hanno toccato l'art. 810 c.p.c., e sul principio della libertà delle forme, di cui all'art. 816 c.c., comma 2 (su tale principio,sempre con riferimento alle modifiche apportate dalla L. n. 25 del 1994 e prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, inapplicabile ratione temporis nel caso di cui qui si tratta, vedi le pronunce 5274/07 e 3917/2011).
La Corte territoriale ha sul punto precisato che, dovendosi ritenere l'atto di accesso quale atto processuale, proprio in quanto inteso ad avviare il procedimento arbitrale, l'eventuale mancanza di taluno degli elementi costitutivi avrebbe dovuto essere sanzionato con la nullità, ex art. 156 c.p.c., nullità peraltro non specificamente prevista; ha anche aggiunto che, nel caso, non avendo le parti richiamato pattiziamente l'applicazione delle norme del codice di rito, al fine di garantire il rispetto del principio fondamentale del contraddittorio (il cui mancato rispetto comporta il vizio di cui all'art. 829 c.p.c., n. 9), spettava agli Arbitri fissare termini e modalità per l'integrazione della domanda, come nel caso avvenuto, avendo il Mo.... illustrato nella memoria depositata nel termine concesso dagli Arbitri "le ragioni della richiesta di restituzione della caparra nella "nullità e/o inefficacia della scrittura", conseguenti alla mancata approvazione del progetto regolarmente presentato al Comune di Gioiosa Marea ed alla irrealizzabilità del programma edilizio contemplato nel preliminare di permuta". Così decidendo, la Corte del merito ha reso corretta applicazione dei principi in materia, ritenendo la libertà delle forme processuali nel silenzio del previo richiamo delle parti alle norme del codice di rito, con il limite del rispetto delle norme di ordine pubblico, che fissano i principi cardine del processo, di rango costituzionale, come il principio del contraddittorio, rafforzato dalla specifica previsione della lesione di tale principio come motivo di nullità del lodo, ex art. 829 c.p.c., comma 9. Tale principio è evidentemente inteso a garantire a chi è chiamato a contraddire nel procedimento, di conoscere per tempo le richieste e la posizione della controparte, al fine di predisporre adeguatamente le proprie difese; nella dinamica processuale e nell'incardinamento del procedimento arbitrale, è stato rilevato che occorre avere riguardo al modo in cui le parti abbiano potuto confrontarsi, nella individuazione della specifica elusione del diritto di difesa, da cui la deviazione dal modello legale, ove si alleghi il concreto pregiudizio al contraddittorio o al diritto di difesa (così la pronuncia 2201/2007), ma se così è, a fronte di un atto di accesso che si limiti a manifestare l'intenzione di far luogo all'arbitrato senza formulare in modo compiuto e specifico la domanda, spetta agli Arbitri fissare un termine per la precisazione dei quesiti, così da rispettare il principio fondamentale del contraddittorio, come avvenuto nella specie, con l'illustrazione da parte del Mo.... delle ragioni della richiesta di restituzione della caparra, per "nullità e/o inefficacia della scrittura privata" (in senso analogo, per la non necessaria specifica formulazione dei quesiti nell'atto di accesso ad arbitrato, nella disciplina anteriore al D.Lgs. n. 40 del 2006, e per la precisazione nel termine fissato dagli Arbitri, vedi la pronuncia 2201/2007).
Infondate sono le censure intese a far valere la violazione delle norme di cui agli artt. 828 e 829 c.p.c. da parte della Corte del merito, per avere "identificato " il vizio fatto valere come rientrante nell'829 c.p.c., n. 4; ed invero, dedotte dal Mo.... le ragioni della domanda di restituzione della caparra, la Corte ha semplicemente provveduto a dare veste giuridica, e quindi a qualificare la censura.
E come ritenuto, tra le ultime, nella pronuncia 10872/2007, l'interpretazione dell'effettivo contenuto dei quesiti posti al giudice arbitro in sede di procedimento arbitrale e l'apprezzamento della loro reale portata, identificando e qualificando giuridicamente i beni della vita destinati a formare oggetto del provvedimento richiesto "petitum") nonché il complesso degli elementi della fattispecie da cui derivano le pretese dedotte in giudizio ("causa petendi"), costituisce un'operazione rientrante nei compiti istituzionali del giudice del merito, da compiersi sulla base sia della formulazione letterale dei quesiti stessi sia, soprattutto, del loro contenuto sostanziale, in relazione alle finalità perseguite dalla parte e al provvedimento richiesto in concreto, desumibile non solo dalla situazione dedotta in causa, ma anche dalle eventuali precisazioni e specificazioni formulate nel corso del giudizio; da ciò consegue che il sindacato su un'operazione interpretativa così condotta, in quanto non riferibile a un vizio in procedendo, è consentito al giudice dell'impugnazione del lodo ed alla Corte di cassazione nei limiti del giudizio di legittimità, ovverosia solo con riferimento alla motivazione addotta a sostegno del risultato ermeneutico cui è pervenuto il giudice del merito.
Nè si vede come possa a riguardo configurarsi il rilievo d'ufficio della nullità da parte della Corte territoriale, essendosi questa limitata a qualificare sub art. 829 c.p.c. la fattispecie fatta valere dal Mo...., mentre, anche ad aderire all'interpretazione più rigorosa, sarebbe configurabile il vizio di nullità della sentenza nel caso di mancata segnalazione da parte del giudice di una questione, rilevata d'ufficio per la prima volta in sede di decisione, ma solo qualora questa comporti nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti, così modificando il quadro fattuale della controversia, e privando le parti del diritto di difesa, dell'esercizio del contraddittorio e della facoltà di modificare domande ed eccezioni, allegare fatti nuovi e formulare richieste istruttorie ( così le pronunce 11928/2012 e 10062/2010). 2.2.- Il secondo motivo è infondato.
Va a riguardo rilevato che nel giudizio arbitrale, di contro alla domanda di inefficacia del contratto per la clausola sub 8 esercitata dal Mo...., i Ru.... avevano proposto domanda di recesso dal preliminare e di risoluzione per colpa del Mo.....
Orbene, posto che la domanda di recesso dal preliminare ex art. 1385 c.c. si caratterizza quale particolare forma di risoluzione per inadempimento (così la pronuncia 4023/78 e più di recente, la 9367/2012), è di palese evidenza la priorità logico giuridica della domanda di inefficacia, che determina effetti ex tunc, rispetto a quella di recesso e risoluzione, con effetti ex nunc, da cui consegue che correttamente la Corte d'appello, dato atto degli esiti della C.T.U., ha ritenuto realizzata la fattispecie di cui alla clausola contrattuale, che di per sè comportava l'inefficacia del contratto, non residuando alcuna indagine sull'inadempimento del Mo...., una volta presentato il progetto rispondente alle pattuizioni e di per sè suscettibile di approvazione, previo il ben possibile ritocco delle previsioni volumetriche, mantenendosi le caratteristiche al piano e la volumetria previste nella scrittura.
Non a caso, le ulteriori argomentazioni della Corte del merito sono precedute dalla proposizione "Per altro aspetto...", proprio perché la Corte si è posta anche l'ulteriore profilo della imputabilità al Mo.... della mancata approvazione, anzi del mancato esame del progetto edilizio da parte del Comune, indagine invero ultronea, una volta ritenuta la realizzazione della previsione di cui alla clausola contrattuale.
In ogni caso, la Corte del merito ha correttamente escluso l'imputazione al Mo.... di detto mancato esame, richiamando la grande rilevanza e l'impatto sul territorio della lottizzazione edilizia ed urbanistica e la natura discrezionale e non di atto dovuto dell'approvazione del progetto; ed infatti, come ritenuto nella pronuncia 18980/2011, che richiama le precedenti 5120/2011, 18511/07 e 2771/07, l'approvazione di un piano di lottizzazione, pur se conforme al piano regolatore generale o al programma di fabbricazione, non è atto dovuto, in quanto costituisce sempre espressione di un potere discrezionale dell'autorità amministrativa, chiamata a valutare l'opportunità di dare attuazione alle previsioni dello strumento urbanistico generale, essendovi tra questo e gli strumenti attuativi un rapporto di necessaria compatibilità, ma non di coincidenza, per cui questi ultimi possono essere modulati in considerazione delle esigenze dinamiche che si manifestano in certe condizioni di tempo e di luogo.
3.1.- Il terzo motivo è infondato.
Corretta è la statuizione della Corte del merito, della inapplicabilità dei termini essenziali (nella specie, in relazione al pagamento della seconda rata della caparra), a fronte della mancata approvazione, o meglio, del mancato esame del progetto edilizio, presupponendo gli stessi, logicamente, la pregressa approvazione del progetto medesimo; così statuendo la Corte d'appello ha reso corretta applicazione dei canoni ermeneutici, dandone congrua motivazione, ed invero è di immediata evidenza come, diversamente opinando, il pagamento della rata sarebbe rimasto privo di ogni causa giustificativa.
3.4.- Il quarto motivo è da ritenersi infondato, per il rilievo già avanzato nel precedente paragrafo, rimanendo la relativa questione assorbita comunque dal mancato esame del progetto.
4.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso; le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate per compenso in Euro 7000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2013
riferimenti normativi|blue
Cod. Proc. Civ. art. 669 octies
Cod. Proc. Civ. art. 810
Cod. Proc. Civ. art. 816
Cod. Civ. art. 2652
Cod. Civ. art. 2653
Cod. Civ. art. 2690
Cod. Civ. art. 2691
Cod. Civ. art. 2943
Cod. Civ. art. 2945