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famiglia - Impugnazione per difetto di veridicità - Onere probatorio dell'attore - Contenuto. Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17095 del 10/07/2013
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17095 del 10/07/2013
L'azione di impugnazione del riconoscimento del figlio naturale per difetto di veridicità postula, a norma dell'art. 263 cod. civ., la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che abbia inizialmente compiuto il riconoscimento sia, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio.
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Cassazione Civile Sez. 1, Sentenza n. 17095 del 10/07/2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9.10.1996 R..G.
conveniva in giudizio M..M. , vedova di G.G. ,
con cui si era sposata il (omesso) , e la di lei figlia G.N. , nata a (omesso) , per sentir accertare la
nullità per difetto di veridicità del riconoscimento di filiazione naturale, effettuato il 23 ottobre 1972, da suo fratello G.G. , nei confronti della convenuta M.N.G.I. .
A sostegno della domanda il ricorrente deduceva che all'epoca del concepimento il fratello, deceduto il (omesso) , viveva a XXXXXXX con lui e la madre e non conosceva ne' frequentava la M. , la quale risiedeva e lavorava a XXXXXX. Le convenute chiedevano il rigetto della domanda e la condanna dell'attore al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c..
Nel frattempo, a seguito di ricorso promosso ai sensi dell'art. 696 c.p.c., da R..G. , veniva espletata indagine medica avente ad oggetto il raffronto tra i marcatori del sangue e genetici dell'attore e della di lui madre M..L. . La causa era
istruita mediante acquisizione di prova documentale ed assunzione di prova per testi. Veniva inoltre disposta ctu ematologica che non veniva però espletata in quanto N..G. non si
sottoponeva al prelievo del campione di sangue necessario ai relativi accertamenti.
Con sentenza del 13.01.2004 l'adito Tribunale di Treviso respingeva la domanda introduttiva, condannando R..G. alla rifusione delle spese di lite. Il G. impugnava la sentenza del
Tribunale dinanzi alla Corte di appello di Venezia, che, nel contraddittorio delle parti ed in accoglimento del suo gravame, dichiarava, con sentenza n. 1130 del 2005, il difetto di veridicità del riconoscimento della figlia naturale da parte di G..G. . La sentenza d'appello, impugnata dalla M. e dalla G. , veniva cassata con rinvio da questa Corte di legittimità, con sentenza n. 10585 del 2009.
Con sentenza del 27.04-12.07.2011 la Corte di appello di Venezia, decidendo in sede di rinvio, respingeva la domanda proposta dal G.R. . La Corte territoriale premetteva che la precedente sentenza d'appello era stata cassata in quanto le ragioni della assunta decisione non si rivelavano aderenti al principio di diritto secondo cui l'impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di figlio naturale postulava a norma dell'art. 263 c.c. la dimostrazione dell'assoluta impossibilità che il soggetto che aveva compiuto inizialmente il riconoscimento fosse, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio. In particolare, richiamato anche il consolidato orientamento per il quale nei giudizi aventi ad oggetto la dichiarazione di paternità naturale il rifiuto aprioristico o ingiustificato della parte a sottoporsi ad esami ematologici rientrava tra gli argomenti di prova idonei a fondare il convincimento del giudice, era stato rilevato che i giudici d'appello, sebbene avessero potuto attribuire esclusivo e decisivo rilievo al contegno oppositivo della G. , tuttavia avevano valorizzato oltre al rifiuto da lei espresso, emerse circostanze di fatto, acriticamente recepite ed inidonee a dimostrare l'assoluta impossibilità che G..G. fosse il padre biologico di N. , di tal che tale conclusione si rivelava fondata su un ragionamento logico non esauriente e comunque insufficiente a giustificarla. Tanto premesso, i giudici del rinvio ritenevano non acquisita la prova di detta assoluta impossibilità con riferimento alla presumibile epoca del concepimento, ribadendo che la dimostrazione di essa non poteva essere tratta soltanto dal rifiuto opposto dalla N..G. a sottoporsi alle indagini ematiche ne'
esaustivamente desunta dalla valutazione di quel dato in rapporto all'incerto quadro probatorio emerso circa l'effettiva esistenza e durata di una relazione sentimentale tra la M. e G..G. e circa la distanza all'epoca esistente tra i rispettivi luoghi di residenza. Il fatto che alla presumibile epoca del concepimento la M. e G.G. si frequentassero ed intrattenessero una
relazione sentimentale era stato affermato dai testi A. , F. ed Al..Mu. , la quale aveva in particolare dichiarato di aver appreso dalla stessa interessata dello stato di gravidanza e che il padre era G.G. . Inoltre risultava che in quel
periodo la M. e G.G. si erano scambiati ampia
corrispondenza e d'altra parte non era nemmeno emerso che all'epoca la M. avesse intrattenuto una diversa relazione sentimentale. Avverso questa sentenza notificata il 28.03.2012, R..G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi, illustrati da meMo..a, e notificato il 25 -30.05.2012 agli eredi di M..M. ed a N..G. , la quale ha resistito con controricorso
notificato il 3.07.2012.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il G. denunzia:
1. "Art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: Omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia.". Premesso che nel caso di specie la potestas iudicandi del giudice di rinvio, oltre ad estrinsecarsi nell'applicazione del principio di diritto, comportava la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti, nonché la valutazione di altri fatti, ove consentita dalle direttive impartite dalla Corte di Cassazione e sempre nel rispetto delle preclusioni e decadenze pregresse, sostiene che la sentenza impugnata è, anzitutto, censurabile, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere la Corte di Appello disatteso i principi di diritto enunciati nella sentenza della Corte di Cassazione n. 10585 del 2009 e per non avere adempiuto all'obbligo di considerare e vagliare i fatti indicati nella predetta sentenza e di fornire una motivata, logica e coerente argomentazione in merito. In particolare deduce che è stato disatteso il compito demandato al giudice del rinvio, per il quale, tra l'altro, il rifiuto della parte di sottoporsi gli ammessi accertamenti biologici, ben avrebbe potuto costituire unica e sufficiente fonte di prova della non veridicità del riconoscimento e non solo elemento di valutazione delle circostanze acquisite. Assume ancora che era anche divenuto intangibile il fatto che il rifiuto fosse stato ingiustificato.
2. "Art. 360 c.p.c., n. 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia: esistenza di una relazione sentimentale tra M..M. e G..G. ".
Sostiene che la Corte d'appello di Venezia in sede di rinvio, oltre a non avere effettuato alcuna valutazione sul valore da attribuire al rifiuto ingiustificato di N..G. , in sè e per sè
considerato, ne' avere specificato perché esso non fosse anche da solo fonte di prova sufficiente della non veridicità del riconoscimento, non ha neppure considerato detto elemento nel contesto di tutti gli ulteriori dati probatori emersi nel corso del procedimento, il che ribadisce essere a suo parere dipeso pure dall'erroneo convincimento della medesima Corte di non esserle demandato il compito di effettuare una nuova disamina delle risultanze in punto di fatto, in quanto già attuata in sede di legittimità e di dovere postulare l'inidoneità del rifiuto in questione a Ri....lvere la controversia ossia a dimostrare il difetto di paternità. Si duole poi che i giudici del rinvio si siano limitati a ricordare solo alcune delle circostanze emerse nel corso del giudizio senza, tuttavia, spiegare il motivo per cui esse dovessero essere decisive, che abbiano omesso ogni valutazione e comparazione di tutte le altre emerse circostanze, nettamente in contrasto con quelle evidenziate ed idonee ad offrire una diversa lettura dei fatti di causa, che non abbiano spiegato perché i testi, parenti della M. , fossero attendibili e le relative
dichiarazioni credibili e perché il tenore della corrispondenza all'epoca intercorsa tra la M. e G..G. potesse
essere messa in relazione con la nascita della bambina, evento rispetto al quale anzi il fratello aveva dimostrato assoluto disinteresse.
3. "Art. 360 c.p.c., n. 5: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia: asserita mancata allegazione e prova di una relazione sessuale alternativa di M.M. ".
Censura l'affermazione secondo cui non risultava che la M. intrattenesse all'epoca altre relazioni sentimentali, sostenendo non solo l'irrilevanza ai fini decisori della circostanza ma anche il suo contrasto sia con l'atteggiamento premuroso e munifico maniFe..to nei confronti della donna dai componenti della famiglia presso cui all'epoca del concepimento e della gestazione ella prestava servizio a Genova e rispetto ai quali sua figlia presentava evidente somiglianza, e sia con le successive condotte di vita della M. e con i profili della sua personalità in rapporto anche a quelli del presunto padre.
4. "Art 360 c.p.c., n. 5: omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia: lontananza tra M..M. e G.G. ". Deduce vizi motivazionali anche con riguardo alla mancata spiegazione dei motivi per i quali i diversi elementi probatori - tra cui la lontananza all'epoca del concepimento, il disinteresse di G..G. per la figlia, la circostanza che il riconoscimento fosse avvenuto soltanto quando quest'ultima aveva già dodici anni, al di la della considerazione preminente ed esaustiva che si sarebbe dovuta riservare al rifiuto ingiustificato di N. a sottoporsi alla CTU ematologica, sarebbero stati inidonei a comprovare l'impossibilità che G..G. fosse stato realmente il padre di N. . Ribadisce che dall'esame delle scritture di controparte, dalle prove testimoniali e dai documenti prodotti era emerso che all'epoca del concepimento della figlia, la M. , che sin dal 2.12.1960, aveva trasferito la sua residenza anagrafica a XXXXXX, non poteva avere avuto rapporti con G..G. , il quale nello stesso tempo si trovava a XXXXXXX, ricordando anche che la stessa M. mai aveva affermato che G..G.
si era recato a XXXXXX.
5. "Art. 350 c.p.c., n. 5: omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia sotto ulteriore profilo". Sostiene che è stata sottovalutata la lontananza affettiva di G.G. dalla presunta figlia, perpetuatasi sino al matrimonio con la M. ed all'attuato riconoscimento.
6. "Art. 360 c.p.c., n. 5: omessa e insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia sotto ulteriore profilo". Sostiene che non è stato valutato il ritardo nel riconoscimento, anche a fronte del fatto che G..G. lavorava ed era
economicamente indipendente sin dal 1955. I sei motivi del ricorso, che essendo connessi consentono esame unitario, non hanno pregio. L'impugnata decisione appare infatti irreprensibile frutto, puntualmente e logicamente argomentato dai giudici d'appello, della compiuta valorizzazione nell'ambito degli emersi dati probatori, di quelli ritenuti più idonei ai fini della formazione del loro libero convincimento, condotta alla luce del principio di diritto, ribadito da questa Corte nella sentenza n. 10585 del 2009 ed alla quale la Corte distrettuale si è attenuta anche in sede di rinvio, secondo cui l'impugnazione per difetto di veridicità del riconoscimento di un figlio naturale postula, a norma dell'art. 263 cod. civ., la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto che abbia inizialmente compiuto il riconoscimento sia, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio.
Come No..., l'esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata. In particolare spetta al giudice di merito valutare l'opportunità di fare ricorso alle presunzioni semplici, individuare i fatti da porre a fondamento del relativo processo logico e valutarne la rispondenza ai requisiti di legge, con apprezzamento di fatto che, ove adeguatamente motivato, sfugge al sindacato di legittimità, dovendosi tuttavia rilevare che la censura per vizio di motivazione in ordine all'utilIz.. o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l'assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, nella specie non evincibile. Nè l'avversata conclusione in ordine alla portata non dirimente del rifiuto della figlia a sottoporsi alle disposte indagini genetiche appare assiomaticamente escludere che esso non avrebbe potuto essere in linea di principio sufficiente a dimostrare il difetto di veridicità del riconoscimento paterno, giacché la valutazione circa l'insufficienza probatoria di tale contegno oppositivo ai fini dimostrativi dell'impossibilità in questione, si rivela ancorata alle ulteriori risultanze istruttorie, contrastanti con l'assunto del ricorrente, segnatamente costituite da acquisizioni documentali e prove orali, oltre che, seppure implicitamente, influenzata dalle peculiarità del caso, quali la provenienza dell'impugnazione da soggetto diverso dal defunto autore del riconoscimento nonché il sopravvenuto matrimonio tra la madre di N..G. e G..G. , che contribuiva a connotare la tipologia del loro ben risalente legame affettivo.
D'altra parte in materia di prova testimoniale, non sussiste con riguardo alle deposizioni dei parenti di una delle parti alcun principio di necessaria inattendibilità connessa al vincolo di parentela ne' il ricorrente ha dedotto ulteriori elementi in base ai quali il giudice del merito avrebbe potuto inficiarne la credibilità (cfr tra le altre cass. n. 1109 del 2006). Inoltre la deposizione "de relato ex parte", con la quale cioè il teste riferisce dichiarazione resegli da uno dei contendenti, pure se priva di valore probatorio, isolatamente considerata, può fornire al giudice del merito utili elementi di convincimento, ove sia suffragata da altre risultanze oggettive o soggettive ad essa estrinseche, specie quando sia attinente a comportamenti intimi e riservati delle parti, non suscettibili di percezione diretta dai testimoni (cfr, tra le altre, cass. n. 1095 del 1990).
Per il resto il ricorrente svolge rilievi critici generici, non decisivi ed in parte apodittici e privi di autosufficienza. Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna del soccombente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna G.R. al pagamento, in favore di G.N. , delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 1.300,00 per compenso ed in Euro 200,00 per esborsi, oltre agli accessori come per legge. Ai sensi del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, comma 5, in caso di diffusione della presente sentenza si devono omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.
Così deciso in Roma, il 13 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 10 luglio 2013
Cod. Civ. art. 263