Procedimento disciplinare - destituzione dal servizio - sanzione disciplinare
Procedimento disciplinare - destituzione dal servizio - sanzione disciplinare - comportamenti assenteistici del dipendente - le censure di eccesso di potere prospettate nell’impugnativa non possono che ritenersi fondate ed assorbenti, tenuto conto anche del fatto che per ben tre volte l’Amministrazione ha insistito nel valutare in via strettamente disciplinare un comportamento, di cui venivano segnalati – sia nella sede disciplinare stessa che in quella giudiziaria – profili clinici da sottoporre ad accertamenti adeguati. (Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio Sez.I Quater Sentenza n. 7985/007 )
Procedimento disciplinare - destituzione dal servizio - sanzione disciplinare - comportamenti assenteistici del dipendente - le censure di eccesso di potere prospettate nell’impugnativa non possono che ritenersi fondate ed assorbenti, tenuto conto anche del fatto che per ben tre volte l’Amministrazione ha insistito nel valutare in via strettamente disciplinare un comportamento, di cui venivano segnalati – sia nella sede disciplinare stessa che in quella giudiziaria – profili clinici da sottoporre ad accertamenti adeguati. (Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio Sez.I Quater Sentenza n. 7985/007 )
Tribunale Amministrativo regionale per il Lazio Sez.I Quater Sentenza n. 7985/007
SENTENZA
sul ricorso n. 225/06, proposto dal sig. C. F., rappresentato e difeso dagli Avvocati G. De Giovanni e A. Colatei, con elezione di domicilio presso il primo in Roma, via Tacito, 23;
contro
IL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA – DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege presso la sede di Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del decreto n. 0201587-2005/59400 del 24.10.2005, notificato il 28.10.2005, con il quale è stata irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio;
Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata; Viste le sentenze interlocutorie n. 7330/06 del 22.8.2006 e 711/07 in data 1.2.2007; Visti gli atti depositati, in esito agli accertamenti clinici disposti con le citate sentenze; Visti gli atti tutti della causa; Relatore, alla pubblica udienza del 17 maggio 2007, il Consigliere G. De Michele e uditi, altresì, gli Avvocati delle parti, come da verbale di udienza in data odierna; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO E DIRITTO
Torna, ancora una volta, all’esame del Collegio il ricorso n. 225/06, attraverso il quale il sig. F. C.. – Agente scelto nel Corpo di polizia penitenziaria – impugnava, per violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, il provvedimento di destituzione dal servizio, emesso a suo carico con decreto in data 24.10.2005.
La misura disciplinare anzidetta risultava emessa a conclusione di una lunga serie di assenze ingiustificate dal servizio, già causa di precedenti sanzioni disciplinari (pena pecuniaria e sospensione dal servizio per mesi uno, nonché due precedenti provvedimenti di destituzione, il primo dei quali annullato dal TAR del Lazio per difetto di istruttoria e di presupposti – in presenza di accertamento medico che riconosceva una patologia psichiatrica del ricorrente, tale da determinare inidoneità al servizio del medesimo come agente di polizia penitenziaria – il secondo provvedimento pure impugnato, sospeso in via cautelare ed ancora “sub iudice”).
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ribadiva la fondatezza del nuovo procedimento disciplinare, contestando puntualmente i singoli motivi di gravame e sottolineando sia la prosecuzione di comportamenti assenteistici del dipendente in questione, sia la sussistenza di nuove certificazioni mediche, che avrebbero escluso per il medesimo qualsiasi patologia invalidante (verbale di accertamento della seconda Commissione Medica Ospedaliera di Roma in data 16.3.2004, nel quale si attestava – in sede di accertamento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “sindrome ansioso depressiva reattiva” – che il ricorrente sarebbe stato idoneo al servizio, in quanto affetto da “reattività ansioso-depressiva di grado non inabilitante”) In precedenza peraltro (8.1.2000) la prima Commissione Medica Ospedaliera, incaricata dall’Amministrazione Penitenziaria di determinare l’idoneità, o meno, al servizio incondizionato del ricorrente stesso come agente, aveva restituito inevasa la pratica, non essendo indicata nel biglietto d’entrata alcuna specifica patologia.
In data 10.3.2006, inoltre, era stata depositata consulenza medico-legale di parte a firma del dott. Simeone I., psichiatra e ufficiale medico, che collegava ad un pregresso episodio traumatizzante, riferito dall’interessato ed avvenuto nell’espletamento del servizio, un “disturbo d’ansia con evitamento fobico”, che avrebbe determinato l’idoneità al servizio di istituto del soggetto in questione.
Nella situazione sopra descritta, con sentenza interlocutoria n. 7330/06 del 22.8.2006 veniva disposto un ulteriore accertamento clinico d’ufficio, da affettuare in contraddittorio fra le parti, anche assistite da medici di fiducia, con facoltà di produzione della documentazione clinica in possesso di ciascuna. Detto accertamento veniva affidato al Collegio Medico Legale, operante in Roma presso il Ministero della Difesa (via S. Stefano Rotondo, n. 4), con richiesta di valutazione – ad opera di specialisti per le patologie psichiche denunciate dal ricorrente – del comportamento di quest’ultimo, per il periodo che rileva ai fini del provvedimento impugnato, al fine di definire se tale comportamento fosse apprezzabile sul piano disciplinare o dovesse essere ricondotto a grave patologia neuropsichiatrica, tale da rendere inidoneo l’interessato al lavoro, o esclusivamente al servizio quale agente di polizia penitenziaria. A tal fine si richiedeva che gli accertamenti fossero effettuati previa comunicazione presso il domicilio eletto, anche via fax, del luogo, del giorno e dell’ora del relativo svolgimento sia al ricorrente, sia al resistente Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, almeno 5 (cinque) giorni prima della data fissata.
Alla data prevista per la trattazione della causa, tuttavia, gli accertamenti sanitari previsti risultavano non ancora espletati, di modo che – con ulteriore sentenza interlocutoria n. 711/07 in data 1.2.2007) – veniva assegnato un nuovo termine per l’effettuazione dei medesimi. In data 30.4.2007, infine, l’istruttoria è stata espletata, con atti depositati in giudizio dall’Organo sanitario incaricato e su tale base la causa è stata trattenuta in decisione, con esito che non può non confermare la linea difensiva della parte ricorrente.
Con ampia e puntuale relazione, infatti, il già citato Collegio Medico Legale presso il Ministero della Difesa ricostruisce le vicende di servizio (caratterizzate da una “lunga serie di assenze ingiustificate” dal lavoro) del dipendente in questione e sottolinea la già avvenuta emanazione di due precedenti provvedimenti di destituzione per i medesimi fatti, entrambi privi di esito per intervento del Giudice Amministrativo, in presenza di una segnalata patologia psichiatrica, il cui accertamento doveva ritenersi pregiudiziale per la valutazione di possibili procedimenti disciplinari. Circa la sussistenza, o meno, di tale patologia, nella relazione peritale si ricostruiscono i precedenti sanitari del soggetto interessato e se ne valutano i presupposti, dal medesimo fatti risalire ad una esperienza traumatica, subita per ragioni di servizio (minacce di aggressione da parte di detenuti), con conclusivo riconoscimento di un “disturbo d’ansia” quale causa di “anomalie comportamentali (reazioni di esitamento fobico), somatizzazioni a vari livelli” e “ricaduta depressivo-disforica (secondaria)”.
In base al quadro clinico rilevato, nella medesima relazione si giudica “verosimile” che il dipendente di cui trattasi – già “personologicamente instabile” – abbia sviluppato un “persistente disagio psichico interiore definibile in termini (psico) nevrotici”, per le ragioni di servizio dallo stesso evidenziate, con effetti che inducono il Collegio medico a dichiarare “riconducibile a diagnosticata patologia neuropsichiatria il comportamento del ricorrente, per il periodo che rileva ai fini del provvedimento impugnato”.
Si precisa poi che detta patologia “rendeva il ricorrente assolutamente e permanentemente inidoneo al servizio quale agente di polizia penitenziaria”, con “grado di riduzione della capacità lavorativa, riconducibile alla medesima pari al 45-50% del totale (VI ctg. Tab A (D.P.R. 834/1981)” e con possibilità di impieghi alternativi correlati a tali limiti.
In tale situazione, le censure di eccesso di potere prospettate nell’impugnativa non possono che ritenersi fondate ed assorbenti, tenuto conto anche del fatto che per ben tre volte l’Amministrazione ha insistito nel valutare in via strettamente disciplinare un comportamento, di cui venivano segnalati – sia nella sede disciplinare stessa che in quella giudiziaria – profili clinici da sottoporre ad accertamenti adeguati.
Il Collegio ritiene, pertanto, che il ricorso debba essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di destituzione impugnato e rinvio alle opportune valutazioni dell’Amministrazione stessa, per le misure da assumere in ordine alla riconosciuta inidoneità del ricorrente a svolgere le funzioni di agente di Polizia Penitenziaria, a seguito di infermità contratta in servizio; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, (Sez. I Quater) – ACCOGLIE il ricorso n. 225/06, specificato in epigrafe e, per l’effetto ANNULLA il decreto n. 0201587-2005/59400, con cui veniva irrogata al ricorrente la sanzione disciplinare della destituzione dal servizio, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione; COMPENSA le spese giudiziali.
Depositata in Cancelleria il 21.08.2007