Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) - imposta sul valore aggiunto (i.v.a.) - accertamento e riscossione - Corte di Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 12231 del 17/05/2017
Depositi fiscali ai fini IVA - Immissione in libera pratica di beni non comunitari - Esenzione dall'IVA all'importazione - Condizioni - Effettivo immagazzinamento - Necessità - Violazione - Obbligo d'immediato versamento dell'imposta - Operatività del meccanismo del "reverse charge" - Sussistenza - Sanzioni ed interessi - Accertamento di fatto.
L'Amministrazione finanziaria non può pretendere il pagamento dell'imposta sul valore aggiunto all'importazione dal soggetto passivo che, non avendo materialmente immesso i beni nel deposito fiscale, si è illegittimamente avvalso del regime di sospensione di cui all'art. 50-bis, comma 4, lett. b), del d.l. n. 331 del 1993, conv., con modif., dalla l. n. 427 del 1993, qualora costui abbia già provveduto all'adempimento, sebbene tardivo, dell'obbligazione tributaria nell'ambito del meccanismo dell'inversione contabile mediante un'autofatturazione ed una registrazione nel registro degli acquisti e delle vendite, atteso che la violazione del sistema del versamento dell'IVA, realizzata dall'importatore per effetto dell'immissione solo virtuale della merce nel deposito, ha natura formale e non può mettere, pertanto, in discussione il suo diritto alla detrazione, come chiarito dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 17 luglio 2014, in C-272/13, a tenore della quale detta violazione può essere punita, in relazione allo scarto temporale tra la dichiarazione e l'autofatturazione, con una specifica sanzione per il ritardo - non fissa e che può consistere anche nel computo degli interessi di mora, purché sia rispettato il principio di proporzionalità - la cui adeguata determinazione, implicando un accertamento di fatto, compete al giudice di merito.
Corte di Cassazione Sez. 5, Sentenza n. 12231 del 17/05/2017