Azioni a difesa della proprietà - rivendicazione - prova - Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 705 del 14/01/2013
Domanda di rilascio di bene abusivamente occupato - Mancata allegazione della consegna della cosa in dipendenza di negozio giuridico venuto meno - Conseguenze - Qualificazione della domanda come azione di restituzione - Esclusione - Qualificazione come azione di rivendicazione - Configurabilità - Risarcimento in forma specifica della situazione possessoria ex art. 2058 cod. civ. - Inammissibilità - Fondamento. Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 705 del 14/01/2013
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 705 del 14/01/2013
La domanda con cui l'attore chieda di dichiarare abusiva ed illegittima l'occupazione di un immobile di sua proprietà da parte del convenuto, con conseguente condanna dello stesso al rilascio del bene ed al risarcimento dei danni da essa derivanti, senza ricollegare la propria pretesa al venir meno di un negozio giuridico, che avesse giustificato la consegna della cosa e la relazione di fatto sussistente tra questa ed il medesimo convenuto, non dà luogo ad un'azione personale di restituzione, e deve qualificarsi come azione di rivendicazione; né può ritenersi che detta domanda sia qualificabile come di restituzione, in quanto tendente al risarcimento in forma specifica della situazione possessoria esistente in capo all'attore prima del verificarsi dell'abusiva occupazione, non potendo il rimedio ripristinatorio ex art. 2058 cod. civ. surrogare, al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dal nostro ordinamento, un'azione di spoglio ormai impraticabile.
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Cassazione Civile Sez. 2, Sentenza n. 705 del 14/01/2013
RITENUTO IN FATTO
1. - Per provvedere alla costruzione della strada che collega Nerano alla Marina del Cantone, e del relativo piazzale terminale, l'Amministrazione provinciale di Napoli occupò alcuni suoli, tra i quali quello contraddistinto nel catasto del Comune di Massalubrense al foglio 16, particella 713, appartenente a Raffaele Po....., Marianna Sc...... e Aniello De......
Realizzata l'opera pubblica, e non essendo stata perfezionata l'avviata procedura espropriativa, questi ultimi convennero innanzi al Tribunale di Napoli l'Amministrazione provinciale di Napoli per ottenere il risarcimento del danno subito e la restituzione di parte del suolo.
La controversia, iniziata nel 1965, ebbe termine il 4 luglio 1980, data in cui le parti stipularono una transazione, con cui venne riconosciuta la proprietà della Provincia sulla parte dell'anzidetto suolo (1365 metri quadrati) utilizzato per la costruzione della strada, e l'ente pubblico si "obbligò a restituire la restante parte non utilizzata (713 metri quadrati) ad Aniello De....., una volta che questi avesse eseguito alcune opere nel dettaglio specificate.
2. - Con atto di citazione notificato il 30 gennaio 1988, la Provincia di Napoli dedusse che Salvatore Ca....., proprietario del ristorante "Taverna del Capitano", costruito su un suolo adiacente a quello che con l'anzidetta transazione si era impegnata a restituire ad Aniello De....., aveva occupato abusivamente quest'ultimo, realizzandovi un'impalcatura in legno e cemento armato a sostegno di una terrazza che aveva incorporato nel ristorante; e lo convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli, chiedendo che fosse condannato al rilascio dell'immobile e al risarcimento dei danni subiti.
Salvatore Ca..... si costituì facendo presente che aveva conferito il ristorante "Taverna del Capitano" alla omonima società in nome collettivo, ragion per cui eccepì la carenza della sua legittimazione passiva; sostenne poi che la domanda era infondata, e ne chiese il rigetto.
L'Amministrazione provinciale chiamò in causa la società in nome collettivo "Taverna del Capitano" e propose anche nei suoi confronti la stessa domanda avanzata contro Salvatore Ca...... La società si costituì e ne chiese il rigetto.
Giuseppe De....., Luigi De..... e Ga...... Antonietta, eredi di Aniello De....., intervennero nel giudizio, e chiesero a loro volta, nei confronti sia di Salvatore Ca....., sia della Provincia di Napoli, il rilascio dell'immobile, e il risarcimento dei danni.
Disposta ed espletata una consulenza tecnica di ufficio per accertare lo stato dei luoghi, il Tribunale di Torre Annunziata, al quale la causa venne trasmessa ai sensi della legge che l'aveva istituito, pronunziò il 14 aprile 1997 la sentenza n. 517, con cui condannò Salvatore Ca..... e la società "Taverna del Capitano" a restituire alla Provincia di Napoli il suolo oggetto di lite e quest'ultima a restituirlo a sua volta a Giuseppe De....., De..... Luigi e Antonietta Ga.......
3. - Salvatore Ca..... e la società "Taverna del Capitano" proposero appello; sostennero che legittimati all'azione di rilascio erano i proprietari dell'immobile, non anche l'Amministrazione provinciale di Napoli; ribadirono che legittimata passiva era, comunque, solo la società in nome collettivo "Taverna del Capitano", non anche Salvatore Ca....., per via del conferimento di cui innanzi si è detto; contestarono gli accertamenti e le conclusioni del perito di ufficio; ed eccepirono infine di avere acquistato per usucapione la proprietà dell'immobile oggetto di lite. Nel contraddittorio con gli appellati, la Corte di Napoli, con la sentenza n. 1898, depositata il 29 luglio 1999, rigettò l'appello. La Corte dichiarò inammissibile l'eccezione di carenza di legittimazione attiva della Provincia, osservando che gli appellanti non avevano interesse a proporla, dal momento che per loro essere condannati alla restituzione dell'immobile in favore di De..... Giuseppe, Luigi De..... e Antonietta Ga......, anziché dell'Amministrazione provinciale, non avrebbe fatto differenza;
rigettò poi l'eccezione di carenza di legittimazione passiva proposta da Salvatore Ca....., affermando che quest'ultimo aveva trasferito alla società il godimento, non anche la proprietà dell'immobile per cui è causa; infine, dichiarò inammissibile l'eccezione di usucapione proposta dagli appellanti, perché i fatti allegati (segnatamente il momento in cui era iniziato a decorrere il relativo termine) erano stati esposti in modo generico. 4. - Con sentenza in data 2 agosto 2002, n. 11606, questa Corte, accogliendo il primo motivo del ricorso principale del Ca..... e della società in nome collettivo "Locanda del Capitano" (già "Taverna del Capitano"), e dichiarando assorbiti i restanti motivi ed i ricorsi incidentali della Provincia, da una parte, e del De..... e della Ga......, dall'altra, ha cassato la sentenza impugnata e rinviato la causa ad altra sezione della Corte d'appello di Napoli.
4.1. - La Corte ha rilevato che erroneamente la sentenza impugnata aveva dichiarato inammissibile l'eccezione con cui gli appellanti avevano sostenuto che l'Amministrazione provinciale non aveva diritto alla restituzione dell'immobile per cui è causa non essendone proprietaria. E ciò in quanto, "nel caso in cui due diversi attori chiedano al giudice, ognuno per sè, per identiche ragioni giuridiche o per ragioni giuridiche diverse, lo stesso provvedimento nei confronti dello stesso convenuto, non può negarsi a quest'ultimo il diritto di resistere ad entrambe le domande proposte nei suoi confronti, articolando in modo differenziato le sue difese, l'interesse a ciascuna delle quali non venendo meno nel caso di sua soccombenza ad una delle domande, se non altro in relazione al governo delle spese processuali". Nel caso di specie - ha proseguito la Corte - "tale interesse è stato addirittura aprioristicamente negato, senza neppure verificare la affermata soccombenza del Ca..... e della società "Locanda del Capitano" nei confronti del De..... e della Ga......". E ciò tanto più che la sentenza di primo grado ha condannato il Ca..... e la società a restituire l'immobile per cui è causa alla Provincia, non anche ai De..... e alla Ga......, i quali avevano pur essi proposto domanda di restituzione dell'immobile nei confronti del primo, ma nel giudizio di secondo grado non avevano proposto appello contro detta sentenza, che tale domanda non aveva accolto, essendosi limitati a chiedere il rigetto di quelli proposti dal Ca..... e dalla società. 5. - Pronunciando in sede di rinvio, la Corte di Napoli, con sentenza resa pubblica in data 6 settembre 2005, ha accolto l'appello del Ca..... e della s.n.c. Locanda del Capitano, e, per l'effetto, ha rigettato la domanda della Provincia di Napoli, con assorbimento di ogni altra decisione, ed ha compensato per intero tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio e della fase di rinvio. La Corte distrettuale ha, per un verso, rilevato che nei confronti del Ga...... - De..... si è formato un giudicato parziale di stretto merito, in termini di rigetto della rivendica da loro proposta con l'atto di intervento davanti al Tribunale. Per l'altro verso, la Corte di Napoli ha statuito che tutti i fatti utili per la qualificazione della domanda rendono palese che l'Amministrazione provinciale ha inteso esperire un'azione di rivendica. Di ciò - ha proseguito la Corte territoriale - si è resa conto la stessa difesa della Provincia di Napoli, che nella citazione in riassunzione si è "affannata" a prospettare fatti sui quali poter fondare il diritto di proprietà, e a giustificare cosi la propria legittimazione attiva. Ma questo tentativo di dimostrare l'esistenza di una proprietà, quantomeno temporanea, pur sorretto dai più vari argomenti, rivela - ha concluso la Corte del rinvio - "tutta la sua inconsistenza".
La Corte d'appello ha anche dichiarato inammissibile l'intervento, in sede di giudizio di riassunzione, della s.r.l. Taverna del Capitano, non parte del giudizio conclusosi con la sentenza della Corte di cassazione, intervento che era stato spiegato sul presupposto dell'essere, detta società a responsabilità limitata, acquirente in buona fede, tra l'altro, anche del terreno oggetto della domanda (mai trascritta) di condanna altrui alla restituzione.
6. - Per la cassazione della sentenza della Corte d'appello hanno proposto ricorso i De..... e la Ga......, con atto notificato il 25 ottobre 2006, sulla base di due motivi.
Anche la Provincia di Napoli, con atto notificato il 27 ottobre 2006, ha interposto ricorso, affidato a due motivi.
All'uno e all'altro ricorso hanno resistito il Ca..... e la s.n.c. Locanda del Capitano, proponendo, a loro volta, ricorso incidentale condizionato, sulla base di quattro mezzi.
Vi ha resistito, del pari, la s.r.l. Taverna del Capitano, proponendo, anch'essa, ricorso incidentale condizionato, con un motivo di censura.
In prossimità dell'udienza l'Amministrazione provinciale e i De..... con la Ga...... hanno depositato memorie illustrative.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. - Tutti i ricorsi - in via principale ed in via incidentale ed incidentale condizionata - devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ., essendo proposti contro la stessa sentenza. 2. - Con il primo motivo, rubricato "violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 99, 100, 112, 324 e 329 cod. proc. civ.);
omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d'ufficio; error in procedendo e in indicando; vizio di motivazione (con riferimento all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)", i ricorrenti in via principale De..... e Ga...... rilevano che già dalla lettura della citazione introduttiva del giudizio era evidente che l'Amministrazione provinciale di Napoli aveva inteso esperire un'azione personale di rilascio o di sgombero. Siffatta qualificazione - si sostiene - era stata data dal primo giudice e le controparti, nel loro atto di appello, non avevano sollevato una specifica impugnazione; di talché in appello non era possibile, d'ufficio ed in difetto di gravame sul punto, mutare la qualificazione ritenuta dal primo giudice.
Anche il secondo motivo del medesimo ricorso (violazione e falsa applicazione dell'art. 346 cod. proc. civ. e artt. 948, 2043 e 2058 cod. civ., nonché vizio di motivazione, omesso esame di documenti decisivi e omissione di pronuncia) lamenta che la Corte del rinvio non abbia qualificato come personale l'azione di restituzione dell'Amministrazione, a tanto legittimata in forza del decreto prefettizio di occupazione d'urgenza dell'area in questione. Questa qualificazione - si aggiunge - non poteva venir meno per effetto della contestazione del convenuto e per essersi questi difeso pretendendo di essere proprietario del bene. Con il motivo si denuncia, altresì, che la Corte del rinvio non abbia considerato - in relazione all'azione personale proposta nei confronti del Ca..... e della società in nome collettivo - che, essendo i De Simome e la Ga...... risultati vittoriosi nel giudizio di primo grado, non avevano bisogno di proporre appello.
3. - Censure in parte analoghe ha svolto la Provincia di Napoli nel suo ricorso in via incidentale.
Mentre con il primo motivo la Provincia, prospettando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, censura che il giudice del rinvio abbia impropriamente stabilito che la pretesa restitutoria fosse basata su una domanda di rivendicazione, quando in realtà era stata proposta un'azione personale di restituzione, con il secondo mezzo - che si muove nell'ambito del riconoscimento dell'esattezza della qualificazione data dalla Corte territoriale - si lamenta che sia stata esclusa la legittimazione ad agire dell'Amministrazione provinciale, nonostante essa avesse acquistato, con l'ultimazione dell'opera pubblica, la proprietà del bene occupato in via d'urgenza e delle relative pertinenze.
4. - Le doglianze articolate dai ricorrenti in via principale e dall'Amministrazione provinciale sono infondate. 4.1. - Occorre preliminarmente escludere che sulla qualificazione della domanda nel senso dell'azione di restituzione si sia formato il giudicato interno.
È esatto che il potere-dovere del giudice di qualificazione della domanda nei gradi successivi al primo va coordinato con i principi propri del sistema delle impugnazioni, sicché deve ritenersi precluso al giudice dell'appello di mutare d'ufficio - violando il principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunziato - la qualificazione ritenuta dal primo giudice in mancanza di gravame sul punto ed in presenza, quindi, del giudicato formatosi su tale qualificazione (Cass., Sez. 3, 12 luglio 2005, n. 14573; Cass., Sez. lav., 1 dicembre 2010, n. 24339).
Ma - contrariamente a quanto prospettato dai ricorrenti - è da escludere che il Tribunale di Torre Annnunziata abbia inquadrato la domanda giudiziale della Provincia tra le azioni personali di restituzione, essendosi il primo giudice limitato a rilevare che "il Ca..... e la Taverna del Capitano s.n.c. hanno mantenuto la condotta illecita di occupazione abusiva del terreno nei termini sopra descritti, nonostante le varie diffide dell'attrice e degli intervenuti e la mancanza di un titolo idoneo al possesso o alla detenzione" e che "tale comportamento costituisce lesione dell'integrità dell'oggetto del diritto di proprietà, conseguente alla violazione di una norma di conservazione".
Del resto, la miglior riprova dell'assenza di un giudicato interno sulla qualificazione della domanda si ricava, per tabulas, dalla sentenza di questa Corte n. 11606 del 2002, la quale, nell'accogliere il primo motivo del ricorso principale del Ca..... e della s.n.c. Locanda del Capitano (già Taverna del Capitano) e nel cassare la sentenza della Corte di Napoli, ha demandato al giudice del rinvio il compito di procedere, non solo all'esame della fondatezza della tesi difensiva circa la carenza di legittimazione attiva della Provincia, ma anche alla "preventiva qualificazione dell'azione esperita dall'Amministrazione provinciale di Napoli", sul presupposto - evidentemente - che su questa non si fosse formato alcun giudicato interno.
Quanto, poi, alla domanda direttamente proposta nei confronti del Ca..... e della società in nome collettivo da parte del De Simome e della Ga......, è, ancora una volta, la sentenza di questa Corte n. 11606 del 2002 a sottolineare che, non essendo essa stata accolta dal Tribunale di Torre Annunziata, costoro avrebbero dovuto proporre gravame contro la pronuncia di primo grado.
4.2. - Superate la questione del giudicato e quella relativa alla necessità per i De..... e la Ga...... di interporre appello contro la sentenza di primo grado, ritiene il Collegio che correttamente la Corte d'appello ha escluso che la Provincia di Napoli abbia esercitato un'azione personale di restituzione nei confronti del Ca..... e della s.n.c. Locanda del Capitano. L'azione di rivendicazione e quella di restituzione sono entrambe dirette allo stesso risultato pratico del recupero del possesso del bene.
E tuttavia, l'azione di restituzione si differenzia da quella di rivendicazione per il fatto che la prima è di natura personale e presuppone che la detenzione della cosa sia stata trasferita al convenuto dall'attore o dal suo dante causa in forza di un rapporto successivamente venuto meno per invalidità, inefficacia, decorso del termine di durata o esercizio della facoltà di recesso, con il conseguente sorgere obbligo di restituzione (Cass., Sez. 2, 26 febbraio 2007, n. 4416; Cass., Sez. 2, 23 dicembre 2010, n. 26003). Nella specie quel che manca, secondo le stesse deduzioni della Provincia, è la base dell'azione di restituzione, ossia l'avvenuta consegna del bene al Ca..... o alla Locanda del Capitano in virtù di un titolo ed il successivo venir meno di quest'ultimo per qualsiasi causa (Cass., Sez. 2, 4 luglio 2005, n. 14135). Invero, dall'esame diretto degli atti processuali - consentito in ragione della natura processuale del vizio denunciato - si ricava che, con l'atto di citazione che ha dato ingresso al giudizio di primo grado, la Provincia non ha collegato la domanda proposta al venir meno di un negozio giuridico in capo al soggetto convenuto e tuttora nella relazione di fatto con la cosa.
Essa ha infatti dedotto, come causa petendi: (a) di avere occupato, in forza di titolo legittimo, le aree necessarie per la costruzione della strada Nerano - Marina del Cantone e relativo piazzale terminale, compresa la zona di terreno facente parte della particella n. 713 del foglio 16 del Comune di Massalubrense; (b) di avere proceduto all'esecuzione dell'opera pubblica, senza che fosse intervenuto il perfezionamento della procedura espropriativa; (c) di avere raggiunto, con i proprietari del terreno, un accordo transattivo nel senso della restituzione della porzione non trasformata a seguito della realizzazione dell'opera pubblica; e (d) di essere nella impossibilità di adempiere a detto accordo transattivo, avendo il Ca..... proceduto alla occupazione del terreno con un "impalcato di legno con tettoia coperta da materiale plastico costituente una parte del ristorante Taverna del Capitano". Su questa base, l'Amministrazione provinciale ha chiesto di "dichiarare abusiva ed illegittima l'occupazione della zona di terreno in questione", con conseguente condanna del Ca..... "all'immediato rilascio della zona stessa"; e di condannare il Ca..... "a risarcire i danni derivati e derivanti all'istante Amministrazione dalla denunziata abusiva occupazione". 4.3. - D'altra parte, neppure potrebbe ritenersi che l'azione proposta dall'Amministrazione provinciale sia qualificabile come di restituzione perché con essa la P.A. tenderebbe a rimediare ad un illecito aquiliano mediante il ripristino, in forma specifica, della situazione materiale in capo ad essa esistente prima del verificarsi dell'abusiva occupazione da parte del terzo.
Sebbene la restituzione in pristino costituisca modalità di risarcimento in forma specifica e sia sottratta al limite della lesione di un diritto reale del danneggiato (Cass., Sez. 2, 16 marzo 1988, n. 2472), tuttavia il ripristino della situazione possessoria, attraverso il rimedio della tutela ex art. 2058 cod. civ., non può surrogare, al di fuori dei limiti in cui il possesso è tutelato dal nostro ordinamento, un'azione di spoglio oramai impraticabile. E nella specie non vi sarebbero le condizioni sostanziali per una reintegra a tutela del possesso della P.A. attraverso il rimedio della reintegrazione in forma specifica ex art. 2058 cod. civ.: sia perché la superficie in questione, interessata dalla denunciata occupazione abusiva da parte del Ca..... e della società Locanda del Capitano (già Taverna del Capitano), pur essendo compresa in un (oramai remoto) decreto di occupazione d'urgenza (risalente all'anno 1959), non è stata irreversibilmente trasformata per effetto della realizzazione dell'opera pubblica (la quale insiste su una porzione diversa della stessa particella); sia perché la domanda giudiziale è stata proposta anni dopo che il Ca..... aveva iniziato a materialmente occupare una parte della detta superficie, costruendovi un'impalcatura in legno e cemento armato a sostegno di una terrazza incorporata nel vicino ristorante.
4.4. - Corretta è la qualificazione dell'azione proposta in termini di rivendicazione.
Nella sua domanda, infatti, la Provincia si è fondata sulla titolarità, in capo ad essa, del diritto di proprietà a seguito della vicenda connessa alla realizzazione dell'opera pubblica in forza della dichiarazione di pubblica utilità, mirando, per questa via, al raggiungimento del risultato pratico del riottenimento della disponibilità materiale del bene, necessaria per poi essere in grado di restituire, al verificarsi dell'indicata condizione, la porzione del bene in questione agli espropriati in via di fatto. Ma altrettanto correttamente la Corte d'appello ha escluso che la Provincia abbia dimostrato di essere proprietaria del bene sul quale insiste la denunciata occupazione abusiva.
È pacifico, infatti, che la Provincia ha occupato, in forza di titolo legittimo, le aree necessarie per la costruzione della strada Nerano - Marina del Cantone e relativo piazzale terminale, compresa la zona di terreno, oggetto della presente controversia, facente parte della particella n. 713 del foglio 16 del Comune di Massalubrense, ed ha proceduto all'esecuzione dell'opera pubblica, senza che sia intervenuto il perfezionamento della procedura espropriativa.
Ora, la realizzazione dell'opera pubblica sul fondo illegittimamente espropriato è in sè un mero fatto, non in grado di assurgere a titolo dell'acquisto, ed è come tale inidonea, da sè sola, a determinare il trasferimento della proprietà, in tal senso deponendo la costante giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo (Seconda Sezione, 30 maggio 2000, Belvedere Alberghiera s.r.l. c. Italia, n. 31524/96; Terza Sezione, 12 gennaio 2006, Sciarrotta c. Italia, n. 14793/02), la quale ha più volte affermato la non conformità alla Convenzione (in particolare, al Protocollo addizionale n. 1) dell'istituto della cosiddetta "espropriazione indiretta", censurando la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento espropriativo. Ad avviso del Collegio, non è pertanto più predicabile il principio (da ultimo ribadito in Cass., Sez. 2, 16 gennaio 2007, n. 869, e in Cass., Sez. 1, 7 marzo 2008, n. 6195) secondo cui l'occupazione appropriativa per fini di pubblica utilità non seguita da espropriazione determina, comunque, l'acquisto della proprietà, in capo alla P.A., dell'area occupata per effetto della realizzazione dell'opera pubblica (e delle zone accessorie, in quanto componenti indispensabili per il completamento e la funzionalità dell'opera). Ciò è confermato dalla presenza, nel sistema del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità (D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327), di una norma, il D.L. 6 giugno 2011, n. 98, art. 42-bis, aggiunto dall'art. 34, comma 1, il quale, anche con riguardo ai fatti anteriori alla sua entrata in vigore, disciplina le modalità attraverso le quali, a fronte di una utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di pubblico interesse, è possibile - con l'esercizio di un potere basato su una valutazione degli interessi in conflitto - pervenire ad una acquisizione, non retroattiva, della titolarità del bene al patrimonio indisponibile della P.A., sotto condizione sospensiva del pagamento, al soggetto che perde il diritto di proprietà, di un importo a titolo di indennizzo, nella misura superiore del dieci per cento rispetto al valore venale del bene.
Nella specie, tra l'altro, l'assenza di un titolo proprietario in capo all'Amministrazione sulla porzione in contestazione (mq. 713 della particella 713 del foglio 16), un tempo occupata in via di urgenza ma non direttamente utilizzata per l'esecuzione dell'opera pubblica, è confermata dalla più volte citata transazione del 4 luglio 1980. Con essa, infatti, le parti (la Provincia, da una parte;
Raffaele Po..... con la coniuge Marianna Sc...... e De..... Aniello, dall'altra) - mentre per un verso si sono accordate affinché la superficie incontrovertibilmente destinata all'opera pubblica venisse trasferita all'Amministrazione, dietro il pagamento del giusto prezzo, a mezzo di apposito decreto di espropriazione o di atto di compravendita - per l'altro verso hanno stabilito l'obbligo della P.A. di restituire la rimanente porzione (quella che viene qui in considerazione) al legittimo proprietario, sia pure subordinando l'esecuzione di detto obbligo di rilascio alla realizzazione, da parte dell'avente diritto, di determinate opere a sostegno e a corredo della sede stradale (e precisamente la posa in opera di una paratia di pali trivellati in conglomerato cementizio armato sormontati da cordoli in cemento armato e la messa a dimora di una piantagione di pitosfori ed oleandri).
Pertanto, poiché la Provincia è priva del diritto di proprietà sull'area pertinenziale all'anzidetta opera pubblica, il cui acquisto non discende dalla vicenda connessa alla realizzazione della stessa, essa non ha neppure la legittimazione attiva all'esercizio dell'azione reale di rivendicazione per far cessare, attraverso la condanna al rilascio, l'occupazione abusiva del terzo. 5. - Per effetto del rigetto dei ricorsi, principale del De..... ed incidentale della Ga...... e della Provincia, resta assorbito l'esame dei ricorsi incidentali condizionati della società Taverna del Capitano e del Ca..... con la società Locanda del Capitano. 6. - La complessità delle questioni trattate giustifica l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte, riuniti i ricorsi:
- rigetta il ricorso principale di Giuseppe De..... ed altri (RGN 28102 del 2006) ed il ricorso incidentale della Provincia di Napoli (RGN 29426 del 2006);
- dichiara assorbiti i ricorsi incidentali in via condizionata della società Taverna del Capitano (RGN 34380 del 2006) e di Ca..... Salvatore ed altra (RGN 34382 del 2006);
- dichiara interamente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione 2 civile della Corte suprema di Cassazione, a seguito di riconvocazione, il 17 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2013
Cod. Civ. art. 948
Cod. Civ. art. 1168
Cod. Civ. art. 2043
Cod. Civ. art. 2058
Cod. Proc. Civ. art. 99
Cod. Proc. Civ. art. 112