espressioni sconvenienti od offensive non sono scriminate dalla provocazione altrui né dalla reciprocità delle offese - Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 16 aprile 2014, n. 47
Le espressioni sconvenienti od offensive non sono scriminate dalla provocazione altrui né dalla reciprocità delle offese - Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 16 aprile 2014, n. 47
L'avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione (quindi anche nella dimensione privata e non propriamente nell'espletamento dell'attività forense), con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l'avvocatura svolge nella giurisdizione (art. 5 c.d.f., ora 9 ncdf) e deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive (art. 20 c.d.f., ora 52 ncdf), la cui rilevanza deontologica non è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dalla reciprocità delle offese, né dallo stato d'ira o d'agitazione che da questa dovesse derivare, non trovando applicazione in tale sede l'esimente prevista dall'art. 599 c.p. (Nel caso di specie, nella propria comparsa di costituzione e risposta, l'avvocato aveva richiesto al giudice "l'adozione di provvedimenti di carattere disciplinare nei confronti della collega affinche´ smetta definitivamente di intasare la giustizia con liti temerarie a cascata, comportamenti scorretti, cattivi e vessatori, esposti al Consiglio dell'Ordine, denunce penali, opposizioni all'archiviazione e, quant'altro le suggerisca la sua fantasia". In applicazione del principio di cui in massima, il CNF ha rivenuto congrua la sanzione disciplinare dell' avvertimento).
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 16 aprile 2014, n. 47