Avvocato – Norme deontologiche – Dovere di correttezza e probità – Rapporti con i terzi – Espressioni offensive – Illecito deontologico – Ipotesi di insussistenza - Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 giugno 2003, n. 186
Pone in essere un comportamento deontologicamente corretto l’avvocato che in uno scritto difensivo usi espressioni forti per definire il comportamento del un terzo accusatore, ove le stesse siano state poste in essere per la piena realizzazione del dovere di difesa. (Nella specie è stato assolto il professionista che in una memoria difensiva, relativa ad un procedimento disciplinare, aveva tacciato la parte accusatrice di “pochezza intellettuale ed umana”, ed aveva denunciato da parte della stessa “atteggiamenti arroganti, prepotenti e umiliati nei confronti dei colleghi”). (Accoglie il ricorso avverso decisione C.d.O. di Roma, 21 marzo 2002).
Consiglio Nazionale Forense, sentenza del 27 giugno 2003, n. 186