Sentenze fiscali - Rilascio copie per ragione di studio e di pubblicazione
Tributario - Sentenze fiscali - Rilascio copie per ragione di studio e di pubblicazione - Non sono solo della parte ma anche di chi ne abbia concreto interesse - trattasi di atti detenuti da pubblici depositari (Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile Ordinanza del 27 gennaio 2010, n. 1629)
Tributario - Sentenze fiscali - Rilascio copie per ragione di studio e di pubblicazione - Non sono solo della parte ma anche di chi ne abbia concreto interese - trattasi di atti detenuti da "pubblici depositari" (Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile Ordinanza del 27 gennaio 2010, n. 1629)
Corte di Cassazione Sezioni Unite Civile Ordinanza del 27 gennaio 2010, n. 1629
contro
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
- controricorrente -
in relazione al giudizio r.g.n. 128/2008 (sentenza 386/2008 depositata l'11/03/2008) del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE di TORINO;
udito l'avvocato Amedeo ELEFANTE dell'Avvocatura Generale dello Stato;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 15/12/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. Umberto APICE, il quale chiede che venga dichiarato inammissibile il ricorso.
RILEVATO IN FATTO
Il *** ha richiesto alla segreteria della commissione tributaria provinciale di Torino il rilascio in carta semplice di copia delle sentenze detenute, ai sensi dell'articolo 743 c.p.c..
L'ufficio interpellato ha rigettato le richieste sul rilievo che, nella specie, non troverebbe applicazione l'articolo 743 c.p.c., bensi' la norma speciale di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 38, che prevede il rilascio delle copie soltanto su richiesta delle parti.
Il ***, avvalendosi della procedura di cui all'articolo 745 c.p.c., comma 2, ricorreva al presidente della CTP di Torino, chiedendo l'annullamento dei provvedimenti di diniego. Contestualmente proponeva ricorso al TAR per il Piemonte, ai sensi della Legge n. 241 del 1990, articolo 25, per ottenere il riconoscimento del diritto di accesso alle sentenze pronunciate dai giudici tributari, con l'obiettivo di realizzare attivita' di studio, informazione e formazione sul contenzioso tributario.
Il presidente della CTP ha dichiarato improponibili i ricorsi perche' l'articolo 745 c.p.c., attribuisce la competenza a decidere sul diniego ad "un organo dell'autorita' giudiziaria ordinaria" e non al Presidente della CTP, che e' organo di una giurisdizione speciale; il quale inoltre non puo' applicare la citata disposizione codicistica, in forza del rinvio al c.p.c., operato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 1, trattandosi di attivita' estranea alla giurisdizione sul contenzioso tributario.
In attesa della decisione del TAR adito, la parte istante propone ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione, ai sensi dell'articolo 41 c.p.c., evidenziando che gia' in precedenza, in relazione ad una analoga vicenda processuale, il giudice amministrativo aveva escluso il diritto all'accesso "poiche' la relativa istanza non concerne atti riconducibili alla categoria dei documenti amministrativi".
Nelle more del giudizio, e' stata depositata in atti la, sentenza n. 386/2008 del TAR Piemonte, pronunciata il 6 marzo 2008 e depositata l'11 marzo successivo, con la quale il giudice amministrativo ha confermato la precedente giurisprudenza, rigettando il ricorso, sul rilievo che le sentenze non sono documenti accessibili ai sensi della Legge n. 241 del 1990, articolo 22, e che la visione e l'estrazione di copia delle stesse e' regolata da norme specifiche.
Il Ministero dell'Economia e delle Finanze resiste con controricorso, eccependo la improponibilita' ed inammissibilita' del ricorso.
Il P.G. ha concluso per la inammissibilita' del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, va rigettata l'eccezione di improponibilita' ed inammissibilita' del ricorso.
Il Ministero resistente, con adesione del P.G., eccepisce la improcedibilita'/inammissibilita' del ricorso, ostandovi le decisioni di merito del TAR ed il provvedimento di rigetto del Presidente della CTP.
L'eccezione non puo' trovare accoglimento. La sentenza del TAR (6 - 11 marzo 2008) e' intervenuta soltanto dopo la proposizione del ricorso per regolamento preventivo (spedito a mezzo del servizio postale il 28 febbraio 2008 e ricevuto il 1 marzo successivo). Ne' rileva il fatto che non sia stato sospeso il processo gia' pendente. Infatti, questa Corte regolatrice ha gia' avuto modo di chiarire che "Qualora, proposto regolamento preventivo di giurisdizione, non sia disposta - ai sensi dell'articolo 367 c.p.c. - la sospensione del processo pendente, la pronuncia sul regolamento non e' preclusa dalla sentenza di primo grado, neppure se questa sia passata in giudicato, trattandosi di sentenza condizionata al riconoscimento della giurisdizione da parte della Corte di Cassazione" (Cass. 10703/2005; conf. 4508/2006). Naturalmente, non puo' attribuirsi valore vincolante, quanto alla giurisdizione, alla precedente pronuncia adottata dal giudice amministrativo su questione asseritamente analoga (Cass. 16779/2005, 27899/2005, 14854/2006), mentre l'eventuale sussistenza del giudicato sul merito va valutata dal giudice competente per la risoluzione della controversia.
2. Nel merito, va affermata la giurisdizione del giudice ordinario sulla base delle considerazioni che seguono.
Innanzitutto va chiarito che non sussiste un rapporto di specialita', se non in parte, tra il Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 38, che disciplina esclusivamente la richiesta di copie delle sentenze del giudice tributario avanzata da una delle parti, e l'articolo 743 c.p.c., invocato dall'ente richiedente, che disciplina, in linea generale, il rilascio di copie di atti da parte dei pubblici depositari (compresi i cancellieri e i segretari delle commissioni tributarie). In particolare, mentre la disposizione codicistica dispone che "Qualunque depositario pubblico, autorizzato a spedire copia degli atti che detiene, deve rilasciarne copia autentica, ancorche' l'istante o i suoi autori non siano stati parte nell'atto, sotto pena dei danni e w delle spese, salve le disposizioni speciali della legge sulle tasse di registro e bollo" (comma 1), l'articolo 38, citato si limita a ribadire l'obbligo del rilascio delle copie delle sentenze del giudice tributario, soltanto su richiesta di una delle parti, con la conseguenza che allorquando la richiesta sia formulata da un soggetto che non sia stata parte in causa, come nella specie, l'obbligo di rilasciare le copie trova la sua fonte legislativa nell'articolo 743 c.p.c.. Anzi, nella specie il richiamo all'articolo 743 c.p.c., non e' del tutto puntuale, perche' con specifico riferimento agli atti giudiziari, l'obbligo del rilascio di copie deriva dal successivo articolo 744 c.p.c., in forza del quale "cancellieri e i depositari di pubblici registri sono tenuti, eccettuati i casi determinati dalla legge, a spedire a chiunque ne faccia istanza le copie e gli estratti degli atti giudiziari da essi detenuti, sotto pena dei danni e delle spese". Pertanto, i segretari delle commissioni tributarie, ai quali e' attribuito il compito del rilascio delle copie delle decisioni (Decreto Legislativo n. 545 del 1992, articolo 35, comma 2), sono soggetti alla disciplina di cui all'articolo 744 c.p.c.. Ne deriva che, in mancanza di una disposizione specifica che preveda la possibilita' di ricorrere ai presidenti delle commissioni tributarie (al pari di quanto accade per i giudici ordinari) in caso di rifiuto o ritardo nel rilascio di copie di atti detenuti dai segretari - pubblici depositari, deve trovare applicazione la norma di carattere generale in forza della quale "l'istante puo' ricorrere al presidente del tribunale nella cui circoscrizione il depositario esercita le sue funzioni" (articolo 745 c.p.c., comma 2). Tale procedura, pero', a carattere di volontaria giurisdizione, non pregiudica la tutela in sede contenziosa, nel rapporto con la pubblica amministrazione depositarla dei documenti richiesti (v. Cass. 9234/1996, 10109/1993).
Il giudice amministrativo ha rigettato il ricorso della parte privata sul rilievo che nella specie mancano i presupposti che attribuiscono il diritto all'accesso ai documenti della pubblica amministrazione, di cui alla Legge n. 241 del 1990, articolo 22. La premessa e' giusta, ma sulla base di tale premessa i giudici amministrativi avrebbero dovuto declinare la giurisdizione. Infatti la richiesta della ***, diretta a conoscere la giurisprudenza del giudice tributario per ragioni di studio e pubblicazione, non puo' essere riferita al paradigma di cui alla Legge n. 241 del 1990, articolo 22, che e' inteso a garantire invece la trasparenza e la imparzialita' dell'azione della attivita' amministrativa rispetto ai soggetti che siano interessati alla tutela di specifiche situazioni giuridiche. La richiesta di copia delle sentenze, nella specie, non e' diretta a rendere trasparente l'attivita' della pubblica amministrazione, ma soltanto a conoscere il contenuto degli atti richiesti per ragioni di carattere informativo. A cio' si aggiunga che trattasi di atti detenuti da "pubblici depositari", a disposizione di chi abbia interesse ad averne copia, come si evince dal preciso tenore dell'articolo 743 c.p.c. e segg.. Infatti, come gia' ha avuto modo di evidenziare la giurisprudenza di questa Corte (con un intervento risalente ma che non risulta che sia stato poi sottoposto a revisione), il ruolo dei pubblici depositari va tenuto distinto da quello dei pubblici funzionari. I primi devono tenere gli atti a disposizione del pubblico, per cui per ottenerne copia non occorre attivare una procedura di accesso, e' sufficiente una semplice richiesta in base alla quale il richiedente ha diritto ad ottenere copia dell'atto richiesto (v. articolo 743 c.p.c., comma 1, secondo il quale il depositario "deve rilasciare copia autentica", e articolo 744 c.p.c., in forza del quale i cancellieri "sono tenuti" a spedire copie degli atti giudiziari detenuti). Diverso e' il caso in cui il richiedente intenda accedere ad atti che sono detenuti non esclusivamente per il pubblico, ma per l'esercizio di funzioni pubbliche, formati all'interno di procedure amministrative, in relazione ai quali l'accesso e' condizionato ad un interesse qualificato. In definitiva, ogni cittadino ha il diritto di ottenere copia degli atti detenuti per lui da un soggetto (notai, cancellieri, conservatori di registri, ecc.), cui la legge attribuisce la qualifica di pubblico depositario, nel senso che detiene non (soltanto) per se' (per l'esercizio di una pubblica funzione) ma (anche) per il pubblico, salvo che sussistano impedimenti previsti dalla legge (articolo 476 c.p.c., articolo 698 c.p.c., comma 3, tutela della privacy, ecc.). Va dunque confermata la giurisprudenza di questa Corte (che per quanto molto risalente, come gia' accennato, non e' stata oggetto di revisione) secondo la quale i pubblici depositari, sono "coloro ai quali la legge attribuisce la funzione fondamentale di tenere gli atti a disposizione del pubblico (notai, conservatori dei registri immobiliari, cancellieri ecc.)", con obbligo di rilasciarne copia ai richiedenti, nel cui interesse detiene gli atti stessi, la cui posizione e' differente da quella dei "pubblici funzionari i quali abbiano a disposizione gli Atti dell'ente pubblico per motivo del loro ufficio" (Cass. 456/1961).
Da quanto detto deriva che la tutela giurisdizionale del diritto di ottenere il rilascio di copia degli atti detenuti dai pubblici depositari a disposizione del pubblico va esercitata presso il giudice ordinario, dinanzi al quale vanno rimesse le parti.
Sussistono giuste ragioni per compensare le spese del giudizio per regolamento preventivo di giurisdizione, per la novita' della specifica questione prospettata.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, dinanzi al quale vanno rimesse le parti. Compensa le spese del giudizio di legittimita'.