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Trasporto ferroviario - Presunzione di responsabilità a carico del vettor

Trasporti - Danni alle persone - Trasporto ferroviario - Presunzione di responsabilità a carico del vettore - Discesa del passeggero dal treno in movimento - Circostanza idonea ad integrare la prova liberatoria - Fondamento - Diretta violazione di regola cautelare. La circostanza che un viaggiatore abbia riportato danni alla persona scendendo da un treno in movimento è di per sé idonea a vincere la presunzione di responsabilità posta a carico del gestore del servizio ferroviario per i danni ai passeggeri prevista dall'art. 13 del r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, atteso che tale tipo di condotta viola direttamente la norma di cui all'art. 25 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, la quale vieta di aprire le poste esterne dei veicoli e di salire o discendere dagli stessi quando non sono completamente fermi . Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 9409 del 27/04/2011

Trasporti - Danni alle persone - Trasporto ferroviario - Presunzione di responsabilità a carico del vettore - Discesa del passeggero dal treno in movimento - Circostanza idonea ad integrare la prova liberatoria - Fondamento - Diretta violazione di regola cautelare.
La circostanza che un viaggiatore abbia riportato danni alla persona scendendo da un treno in movimento è di per sé idonea a vincere la presunzione di responsabilità posta a carico del gestore del servizio ferroviario per i danni ai passeggeri prevista dall'art. 13 del r.d.l. 11 ottobre 1934, n. 1948, atteso che tale tipo di condotta viola direttamente la norma di cui all'art. 25 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, la quale vieta di "aprire le poste esterne dei veicoli e di salire o discendere dagli stessi quando non sono completamente fermi". Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 9409 del 27/04/2011

Corte di Cassazione, Sez. 3, Sentenza n. 9409 del 27/04/2011

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. La domanda di risarcimento dei gravi danni, subiti per effetto della caduta nella discesa da un treno in movimento (risalente all’ottobre del 1990), avanzata nel 1992 da Carlo Ba.. (dopo l’assoluzione perche’ il fatto non costituisce reato del capotreno), nei confronti dell’Ente Ferrovie dello Stato (ora Rete ferroviaria spa) e della Assicurazioni Generali spa (chiamata in manleva), veniva rigettata dal Tribunale di Reggio Calabria.
L’appello proposto dal Ba.. veniva rigettato (sentenza dell’8 febbraio 2008).
2. Il Ba.. ha proposto ricorso per cassazione con tre motivi, corredati da quesiti.
L’Assicurazioni Generali spa ha resistito con controricorso. La Rete ferroviaria spa, ritualmente intimata, non ha svolto difese. 3. La sentenza impugnata si fonda sulle seguenti argomentazioni: a) non e’ applicabile l’art. 13, comma 4, delle condizioni e tariffe per i trasporti, approvate con R.D.L. 11 ottobre 1934, n. 1948, (come risultante dalle modifiche introdotte dalla L. 7 ottobre 1977, n. 754, art. 1 al D.I. 13 dicembre 1956, art. 13 che aveva sostituito l’originario (art. 11) allegato del R.D.L.) - a prescindere dalla considerazione che la giurisprudenza di legittimita’ richiede la prova dell’anomalia del servizio da parte del viaggiatore - perche’ l’evento non si e’ verificato durante la permanenza, la salita e la discesa dal treno; dovendosi intendere per discesa normale discesa dal treno in sosta; b) il Ba.. cadeva dal treno dopo che questo era partito (come risulta provato dalle dichiarazioni di un testo attendibile, richiamate nella sentenza di assoluzione penale), violando il D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, art. 25 che sanziona amministrativamente la discesa dai veicoli non completamente fermi;
c) e’ applicabile l’art. 2043 c.c. ai sensi del quale il Ba.. avrebbe dovuto provare la responsabilita’ delle ferrovie; il che non e’ avvenuto non emergendo dagli atti prova in tal senso. 4. Con il primo motivo e il secondo motivo, che denunciano violazione e falsa applicazione della stessa disposizione (art. 13, comma 4, delle condizioni e tariffe per i trasporti, approvate con R.D.L. n. 1948 del 1934, convertito in L. 4 aprile 1935, n. 911, come risultante dalle modifiche introdotte dalla L. n. 754 del 1977, art. 1, al D.I. 13 dicembre 1956, art. 13 che aveva sostituito l’originario allegato del R.D.L.) in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, si deduce: a) l’aver considerato l’anormalita’ nell’esercizio ferroviario, secondo la giurisprudenza concernente la disposizione (allora R.D.L. cit., art. 11) prima della riforma del 1977; b) l’aver ritenuto non applicabile la disposizione prevista a partire dal 1977, perche’ la fattispecie regolata (normale discesa dal treno in sosta) era diversa da quella realizzata mediante la discesa dal treno in movimento; c) non aver considerato l’inversione dell’onere della prova, in base al quale al danneggiato spetterebbe provare solo il nesso tra l’evento dannoso e l’esercizio ferroviario. Con il secondo e il terzo motivo, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5, viene dedotta (anche, rispetto al secondo) la
contraddittorieta’ e l’insufficienza della motivazione. 5. Con riferimento alla parte in cui i motivi di ricorso concernono profili di violazione di legge, va detto che la sentenza impugnata, pur attraverso una lettura non rispondente alla portata precettiva dell’art. 13 in argomento e all’interpretazione che di esso ha dato la giurisprudenza di legittimita’, perviene ad una decisione corretta. Pertanto il ricorso va rigettato e la motivazione corretta, ex art. 384 cod. proc. civ., nei termini che seguono.
5.1. La disciplina della responsabilita’ dell’amministrazione ferroviaria per danno alla persona del viaggiatore e’ stata modificata nel tempo. L’originaria previsione contenuta nel R.D.L. n. 1948 del 1934, art. 11, p. 4, riportata nel Decreto Interministeriale del 1956, art. 13 e’ stata sostituita dalla novella all’art. 13, p. 4, del suddetto decreto interministeriale, apportata dalla L. n. 754 del 1977, art. 13. Quella originaria cosi’ stabiliva:
“Responsabilita’ per danno alle persone. - Se il viaggiatore subisce un danno nella persona in conseguenza di anormalita’ verificatasi nell’esercizio ferroviario, l’amministrazione ne risponde, a meno che provi che l’anormalita’ e’ avvenuta per caso fortuito o forza maggiore.”.
Nel 1977 veniva in tal modo modificata. Responsabilita’ per danno alle persone. Se il viaggiatore, durante la permanenza sui veicoli ferroviari ovvero al momento in cui vi sale o ne discende, subisce un danno alla persona in conseguenza di un incidente che sia in relazione con l’esercizio ferroviario, l’amministrazione ne risponde a meno che provi essere l’incidente avvenuto per causa ad essa non imputabile. Applicando le diverse norme ratione temporis, la Corte ha affermato che Ai sensi del R.D.L. 11 ottobre 1934, n. 1948, art. 11 la responsabilita’ dell’amministrazione ferroviaria per danno alla persona del viaggiatore sussiste quando tale danno sia stato determinato, sotto il profilo eziologico da una "anormalita’ del servizio", ossia da un fatto che ricollegabile a cause varie, costituisca nella sua obiettivita’ una deviazione rispetto all’ordinato e regolare svolgimento del servizio stesso. Pertanto, mentre in eccezione alle regole sulla responsabilita’ contrattuale, grava sul viaggiatore la prova della anormalita’ del servizio, che da origine ad una presunzione di responsabilita’ a carico dell’amministrazione, ricade, poi, su quest’ultima la dimostrazione liberatoria che il sinistro e’ avvenuto per caso fortuito o forza maggiore o per comportamento del sinistrato o di un terzo (Cass. 22 marzo 1996, n. 2487, e, da ultimo , Cass. 2 febbraio 2007, n. 2321). Invece, secondo la riforma del 1977, il viaggiatore non deve piu’ provare l’anormalita’ del servizio, ma solo il nesso eziologico tra il servizio ferroviario ed il danno subito, dal quale fatto discende una presunzione di colpa a carico dell’amministrazione ferroviaria, salvo che questa provi che l’incidente e’ avvenuto per causa non ad essa imputabile (Cass. 24 ottobre 2007, n. 22337; Cass. 9 novembre 1994, n. 9316; Cass. 14 luglio 1989, n. 3303).
5.2. L’incidente della controversia in argomento e’ accaduto nel 1990, con conseguente applicabilita’ della disciplina, come modificata nel 1977. Erroneamente, quindi, la Corte di merito richiama confusamente le due disposizioni succedutesi nel tempo (p. 7, 8) e le decisioni di legittimita’ ad esse relative. Erroneamente, esclude l’applicabilita’ della disciplina del 1977, ritenendo che la specie - discesa dal treno in movimento - non e’ contemplata dalla disposizione in esame, la quale ricomprenderebbe solo la normale discesa, quale sarebbe quella da un treno che si mette improvvisamente in movimento (p. 8). Infine, dopo tale esclusione, il giudice ritiene erroneamente applicabile la regola generale della responsabilita’ ex art. 2043 cod. civ..
5.3. Invero, la disciplina speciale che regola la responsabilita’ delle ferrovie e’ applicabile tutte le volte che l’incidente da cui sia derivato il danno sia in relazione con l’esercizio ferroviario. Ed e’ in relazione tutte le volte che vi sia una permanenza, una salita o una discesa sui o dai veicoli ferroviari, indipendentemente dalle modalita’ delle stesse. Queste rilevano, invece, ai fini della imputabilita’ o meno del danno alle ferrovie o all’utente, nel rispetto dell’onere della prova ivi previsto, secondo cui la responsabilita’ delle ferrovie si presume, a meno che non sia provata la non imputabilita’.
Nella specie, risulta provato che l’incidente non e’ imputabile alle ferrovie (e lo stesso giudice ne da atto, sia pure al fine di escludere la ricomprensione del tipo di evento nella disposizione in argomento) atteso che il Ba.., scendendo dal treno in movimento, ha violato la norma (D.P.R. n. 753 del 1980, art. 25) che vieta di aprire le porte esterne dei veicoli e di salire o discendere dagli stessi quando non sono completamente fermi.
6. Nella parte in cui i motivi secondo e terzo denunciano vizi motivazionali, sono inammissibili, secondo la giurisprudenza consolidata (Cass. 25 febbraio 2009, n. 4556) per violazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis. Infatti, censurano la motivazione della sentenza senza che l’illustrazione si concretizzi in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione.
7. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE
rigetta il ricorso e condanna Carlo Ba.. al pagamento, in favore della Assicurazioni Generali spa, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 6.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.
Cosi’ deciso in Roma, il 1 marzo 2011.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2011

 

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