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Il dovere di verità e lealtà dell’avvocato, fuori e dentro il processo

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Pardi, rel. Di Campli), sentenza n. 61 del 31 marzo 2021

 

Laddove l’avvocato si trovi nella condizione di non poter seguire allo stesso tempo verità e mandato, leggi e cliente, la sua scelta deve privilegiare il più alto e pregnante dovere radicato sulla dignità professionale, ossia l’ossequio alla verità ed alle leggi spinto fino all’epilogo della rinunzia al mandato in virtù di un tale giusto motivo, astenendosi dal porre in essere attività che siano in contrasto con il prevalente dovere di rispetto della legge e della verità ex art. 50 cdf (già art. 14 codice previgente), che ispira la funzione difensiva in coerenza con il dovere di lealtà espressamente previsto dall’art. 3 L. n. 247/2012 con riferimento alla professione forense in generale, nonché dall’art. 88 cpc con specifico riguardo al processo.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Pardi, rel. Di Campli), sentenza n. 61 del 31 marzo 2021