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Farmacista -Attivita' medica a mezzo di ambulatorio

Farmacista -Attivita' medica a mezzo di ambulatorio - Non è possibile l'esercizio cumulativo delle professioni

Farmacista - Attività medica a mezzo di ambulatorio - Non è possibile l'esercizio cumulativo delle professioni (Consiglio di Stato , sez. IV, decisione 01.10.2004 n. 6409)

Consiglio di Stato , sez. IV, decisione 01.10.2004 n. 6409

D E C I S I O N E

sul ricorso in appello n.11526 del 2003 proposto da A.C. e M.Z., rappresentati e difesi dagli avvocati Giuseppe Abbamonte, Maria Gabriella Maggiora e Antonio Liuzzi, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via Dardanelli n.13,

CONTRO

Azienda USL 20 di Verona della Regione Veneto, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avvocato Ernesto Mancini e dall’avv.Sergio Viola, con i quali domicilia presso lo studio del secondo in Roma, alla via Nicolò Piccolomini n.34

Ordine dei Farmacisti della Provincia di Verona, in persona del l.r.p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Conti e Andrea Manzi, nel cui studio in Roma, alla via Federico Confalonieri n.5 elegge domicilio, Comune di Verona, in persona del legale rappresentante p.t., nonché commissione della azienda USL 20 di Verona per la vigilanza sull’esercizio delle farmacie, in persona del legale rappresentante p.t., non costituiti, per l’annullamento della sentenza n. 4866/2003 del 18.9.2003 del TAR Veneto, che ha respinto il ricorso degli odierni appellanti avverso il provvedimento del 27.6.2003 n.77241 prot.gen. dell’8.7.2003 del sindaco del comune di Verona di revoca dell’autorizzazione all’apertura del poliambulatorio.

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati, notificato in data 24 novembre 2003;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della azienda USL 20 e del comune di Verona;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 6 luglio 2004, il Dott. Sergio De Felice;

Uditi, altresì, gli avv.ti Abbamonte, Maggiora, Viola e Andrea Manzi;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

F A T T O

I ricorrenti hanno impugnato in primo grado il provvedimento con il quale è stata revocata la autorizzazione e inibita la prosecuzione dell’attività di poliambulatorio denominato Centro omeopatico, sito in Verona, Corso Porta Nuova n.3.

Il giudice di prime cure ha rigettato il ricorso, ritenendo legittimo il provvedimento impugnato, in base alla motivazione che la gestione di un centro poliambulatoriale, qualificato quale ramo di azienda della farmacia di cui è titolare il ricorrente, con oneri di gestione che confluiscono nella contabilità della farmacia, costituisca contrasto con la ratio sottesa alla previsione di cui all’art. 102 del r.d. 1265/1934, che ha la evidente finalità di impedire la commistione fra l’esercizio della attività di distribuzione e vendita delle specialità medicinali, affidata al solo farmacista, e la cura delle diverse patologie attraverso la prescrizione dei medicinali, affidata esclusivamente al medico.

La normativa indicata, avente finalità di interesse pubblico, mira pertanto a mantenere distinte le due professioni, non trovando deroga neanche nella ipotesi in cui venga utilizzato quale direttore del centro altro soggetto laureato in medicina, al posto dell’effettivo titolare.

Avverso la suddetta sentenza, ritenendola ingiusta, ricorrono i dottori C. e Z. deducendo quanto segue.

In primo luogo, si deduce che la autorizzazione revocata con il provvedimento impugnato in primo grado è stata rilasciata al dott. C. nell’anno 1989 ai sensi dell’art. 193 T.U. L.S., e tale autorizzazione è volta a controllare non la qualità professionale dell’attività medica, ma solo la idoneità degli strumenti materiali, personali e organizzativi utilizzati.

Deve distinguersi tra la organizzazione dell’apparato approntato per la esplicazione della attività professionale e lo svolgimento della attività professionale, in quanto l’apparato organizzativo può fare anche capo ad un soggetto che non sia medico, non essendo attività sanitaria.

Ciò che la normativa vuole evitare è soltanto il contemporaneo esercizio dell’attività di medico e di farmacista.

Nel caso di specie, esiste un direttore sanitario (il dott.Z.) preposto al poliambulatorio allestito dal dott. C..

La direzione tecnica sanitaria, sin dalla primaria autorizzazione, era affidata al dott. Bressan (e oggi al dott. Z.), sicché il dott. C. è soltanto stato semplicemente autorizzato ad attrezzare un ambulatorio mediante fornitura di mezzi e servizi.

Si lamenta, inoltre, violazione del principio dell’affidamento, della certezza delle situazioni soggettive, il difetto di motivazione dell’atto di ritiro, la tardività della adozione del provvedimento.

Si deduce violazione dell’art. 193 r.d.1934/1265, in quanto chiunque può richiedere e ottenere l’autorizzazione igienico-sanitaria di un ambulatorio, né sussiste l’obbligo di dichiarare la propria professione; di conseguenza, tale autorizzazione non è incompatibile con l’esercizio della professione di farmacista.

L’articolo suddetto consente a chiunque di ottenere la autorizzazione ad aprire un ambulatorio con obbligo, per chi non sia medico, di preporre alla gestione dell’ambulatorio, un medico in qualità di direttore tecnico che assuma la responsabilità di quella attività.

D’altronde, l’art. 45 r.d.1706/1939 consente dal punto di vista immobiliare la vicinanza tra farmacie e ambulatori, richiedendo soltanto che siano esistenti ingressi separati.

La revoca o ritiro della autorizzazione non poteva che essere disposta per il venir meno delle medesime ragioni che sono alla base del provvedimento positivo, e quindi per soli motivi riguardanti il punto di vista sanitario.

Si sono costituiti in giudizio il comune di Verona e il consiglio dell’ordine dei farmacisti della Provincia di Verona. Entrambi hanno chiesto il rigetto dell’appello perché infondato. L’Ordine dei Farmacisti ha dedotto altresì la inammissibilità del ricorso in appello, sia perché sono stati dedotti nuovi motivi in appello (con riferimento alla violazione dell’art. 193 r.d. 1265/1934), sia perché è stato impugnato il parere del suddetto ordine dei farmacisti.

Con atto per motivi aggiunti notificato in data 30.03.2004-1.04.2004, gli attuali appellanti hanno rappresentato di essere venuti a conoscenza, in data 17.02.2004, a seguito di giudizio di accesso, della nota del 21.5.2002, del Servizio di igiene e sanità, dalla quale si evince che l’amministrazione era perfettamente a conoscenza che la autorizzazione per l’ambulatorio era stata rilasciata al dott. C., titolare della farmacia; l’amministrazione esprimeva parere contrario alla revoca, in base alla normativa che consente l’apertura di ambulatori anche a chi non è medico, purché la direzione sia affidata ad un medico; si ribadiva che la normativa, che prevede la annessione degli ambulatori alle farmacie, non sembra escludere tale possibilità, in quanto in tale ambulatorio il farmacista non eserciterebbe alcuna professione.

Sulla base di tale parere, gli appellanti deducono il vizio di eccesso di potere sotto vari profili, essendo l’amministrazione ben a conoscenza di tale parere contrario, del quale non vi è menzione nel provvedimento impugnato.

In relazione a tali motivi aggiunti, la USL 20 di Verona e l’Ordine dei Farmacisti di Verona deducono la irrilevanza all’esterno di tale nota, insistendo per il rigetto dell’appello.

Alla udienza del 6 luglio 2004 la causa è stata introitata in decisione.

D I R I T T O

1.Nella specie, deve giudicarsi della legittimità della revoca della autorizzazione all’esercizio di un ambulatorio (trattasi di centro omeopatico), motivata, a distanza di anni dal rilascio, in base alla regola del divieto, per il farmacista, di esercitare altresì la professione medica, sia pure in forma indiretta, in quanto la direzione dell’ambulatorio è affidata ad altro medico.

L’art. 193 R.D.1265/1934 stabilisce che <<nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, gabinetti di analisi, senza speciale autorizzazione del sindaco…. L’autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata la osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di pubblica sicurezza… Il prefetto (oggi, il sindaco) ordina la chiusura….(in caso di)…contestate violazioni delle prescrizioni contenute nell’atto di autorizzazione od altre irregolarità.>>

L’art. 102 r.d.1934 n.1265 stabilisce che il conseguimento di più lauree o diplomi dà diritto all’esercizio cumulativo delle corrispondenti professioni o arti sanitarie, eccettuato l’esercizio della farmacia che non può essere cumulato con quello di altre professioni o arti sanitarie.

Il divieto di cumulo di autorizzazioni sanitarie, postulato dall’art. 102 r.d. 1265/1934 riguarda l’esercizio cumulativo della professione di farmacista e di altre professioni sanitarie.

Gli istituti sanitari disciplinati dall’art. 193 r.d.1265/1934, sono quelli caratterizzati da una minima organizzazione di mezzi e persone diretta al fine di gestire l’attività sanitaria; pertanto, l’autorizzazione non è richiesta, ed esula il reato ivi previsto, se manca quella minima organizzazione strumentale e personale, che caratterizza l’istituto sanitario (ambulatorio, casa di cura privata, gabinetto di analisi) (Cassazione penale, sez.III, 19.11.1997,n.1345); laddove, al contrario, sussista quella minima organizzazione strumentale e personale dell’ambulatorio, non soltanto è richiesta la autorizzazione di cui al suddetto articolo, ma, in caso di cumulatività con l’esercizio della farmacia, sussiste giustificato e legittimo motivo di revoca.

Nella specie, l’ambulatorio omeopatico era gestito, e la circostanza non risulta affatto contestata, come ramo d’azienda della farmacia.

Come noto, la figura del farmacista è di tipo ibrido, in quanto il medesimo è al contempo professionista intellettuale, concessionario di pubblico servizio, e imprenditore, assoggettato, come tale, al fallimento.

Il farmacista è pertanto l’imprenditore titolare della farmacia. Il ramo d’azienda è definibile come quella parte di struttura dell’azienda dotata di autonoma organicità operativa in grado di riprodurre, su scala ridotta, il progetto aziendale.

L’interprete deve osservare che il concetto di ramo d’azienda non è contenuto nel codice civile; esso tuttavia è desumibile sia dall’art. 2573 in tema di trasferimento del marchio (ammesso in caso di trasferimento di quella parte di azienda che ad esso di riferisce), che dalla normativa generale (art. 2555) in materia di trasferimento di azienda.

Si ritiene che al ramo di azienda siano applicabili le norme dettate per il trasferimento d’azienda.

Si osservi pertanto che il ricorso al concetto di “ramo d’azienda” è non del tutto appropriato, nel caso di specie, in cui non si dà luogo ad alcun trasferimento, ma in cui l’esercizio della professione farmaceutica da un lato, e l’esercizio dell’ambulatorio dall’altro, fanno capo sostanzialmente ad una medesima azienda (nel senso di complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa) e ad un medesimo titolare.

D’altronde, anche in relazione all’attività di ambulatorio, il dott. C. non può non definirsi il titolare del medesimo, in quanto la intera vicenda nasce proprio dalla pretesa dello stesso di restare, formalmente e sostanzialmente, il titolare della autorizzazione all’esercizio sia della farmacia che dell’ambulatorio omeopatico con la stessa confinante.

Alla luce di quanto sopra, pare al Collegio che non possa ritenersi consentito il cumulo della attività di farmacista con quello di titolare di ambulatorio, sia pure a mezzo della designazione di un medico responsabile.

E’ vero che tale cumulo di professioni è formalmente cosa ben diversa dall’esercizio cumulativo della professione medica da parte del farmacista che sia altresì medico; tuttavia, la ratio di cui al divieto di cumulo deve essere riscontrata anche nella ipotesi, come nella specie, di “titolarità” dell’ambulatorio, da parte del farmacista.

L’art. 102 r.d. 27 luglio 1934 n.1265, in base al quale, per quanto più interessa nel caso di specie, l’esercizio della farmacia non può essere cumulato con quello della professione medica, e sono puniti con una sanzione amministrativa i sanitari che facciano qualsiasi convenzione con farmacisti sulla partecipazione agli utili della farmacia, legittimamente viene posto a base del provvedimento comunale con cui è vietata la prosecuzione della attività di un centro omeopatico, qualificato ramo d’azienda della farmacia di cui è titolare il medesimo soggetto e gli oneri di gestione del quale confluiscono nella contabilità della farmacia medesima.

Pertanto, viola il divieto di esercizio cumulativo delle professioni, il farmacista che svolga, direttamente o per interposta persona (ma in sostanza restandone il titolare), attività medica a mezzo di ambulatorio (omeopatico) affiancato al proprio esercizio.

2.Né coglie nel segno la censura relativa al limite della estensione dell’autorizzazione prevista dall’art. 193 suddetto, e quindi al potere di revoca.

Il rilascio delle autorizzazioni previste dagli artt. 193 e 194 T.U.1934/1265, concernenti la apertura di ambulatori, presuppone una congrua attività istruttoria sulla idoneità igienico-sanitaria che coinvolge non solo gli ambienti in senso stretto ma, più in generale, la affidabilità della struttura nel suo complesso, tenendo conto anche delle attrezzature, delle apparecchiature, e della loro organizzazione conduzione da parte del soggetto richiedente, nonché di ogni altra circostanza che possa comunque influire sulla qualità del servizio.

D’altronde, il medesimo articolo 193 su richiamato consente la revoca o il ritiro anche per qualsiasi irregolarità, oltre che per il venir meno delle condizioni poste a base della autorizzazione.

3.E’ altresì infondata la censura consistente nella violazione del principio dell’affidamento e dei principi in materia di atti di secondo grado.

E’ vero che allorché una situazione di fatto si sia protratta nel tempo con l’assenso dell’amministrazione, generando nei terzi affidamento in ordine alla legittimità di una attività, l’esercizio dell’annullamento di ufficio o della revoca dell’atto abilitativo o autorizzativo in via di autotutela, al fine di rimuovere gli atti pregressi dell’amministrazione, deve esplicarsi tenendo conto, in un quadro comparativo di interessi, anche delle posizioni acquisite dai terzi con motivato provvedimento.

Quando, tuttavia, in tale quadro comparativo, risulti la esigenza della necessità al ripristino della legalità per la patente violazione, di cui l’amministrazione prima non era a conoscenza, non si esclude che le posizioni acquisite e consolidate sia pure nell’affidamento di situazioni illegittime, siano destinate a recedere.

4.Risulta altresì infondata la censura di eccesso di potere per contraddittorietà (o, per altro verso, per mancata menzione) rispetto al parere del Servizio igiene e sanità, che si sarebbe espresso in senso contrario alla revoca. A parte la non vincolatività del suddetto parere, le motivazioni della necessità della revoca sono ben risultanti dal corpo dell’atto impugnato, con considerazioni sia in fatto che in diritto, sicché non si ravvedono ulteriori obblighi motivazionali rispetto a quelli osservati.

5.Le considerazioni che precedono impongono la reiezione dell’appello. Sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso in appello proposto da Attilio C. e M.Z. nei confronti della sentenza del Tribunale amministrativo per il Veneto, sezione seconda, n.4866 del 2003, così provvede:

rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 6 luglio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale- Sezione quarta